Il pesto è una di quelle ricette che non mancano mai nella nostra cucina, perché semplicissimo, perché gustoso e soprattutto perché comodo: basta infatti congelare quello rimasto per avere un'altra cena pronta in pochi minuti! Non parliamo però solo del pesto di basilico alla genovese. Anche quello alla siciliana è buonissimo!

Pesto alla siciliana: la nostra ricetta del pesto tipico della Sicilia a base di pomodori, basilico e ricotta

 

I gamberetti dispettosi

Venerdì, 07 Luglio 2017 09:18

Se i vostri bimbi amano i libri coloratissimi, beh, questo fa davvero al caso loro. Perché Anna Vivarelli ha affidato a Andrea Astuto le illustrazioni del suo nuovo libro “I gamberetti dispettosi” (Interlinea, 12 euro) e il risultato è una lettura da svolgersi non solo per lettere, ma anche per bellissimi disegni!

I gamberetti dispettosi: il nuovo libro di Anna Vivarelli per i primi lettori

Le Rane Interlinea è una linea editoriale che ci piace molto, perché è semplice e pensata per tutti i bambini. Con storie facili ma divertenti, aiuta i bimbi a prendere confidenza con le lettere facendoli appassionare a storie esilaranti ma anche riflessive.

“I gamberetti dispettosi” fa proprio questo: la storia è divertente e leggera, fino a quando, sempre con leggerezza, arriva la svolta.

La trama è questa: in mare vivono tantissimi pesci, di tutte le specie. Tra di loro, però, ci sono dei piccoli esseri dispettosi e fastidiosi: i gamberetti. Fanno scherzi, si intrufolano nelle vite dei pesci, li spaventano (con atteggiamenti da “al lupo al lupo” che insegnano anche a non tirare troppo la corda: se gridi “al peschereccio” e un giorno questo peschereccio arriva, allora chi ti crede più??).

Un giorno, tuttavia, arriva proprio il peschereccio interessato ai gamberetti: sulla costa stanno nascendo ristoranti a base di crostacei! Ed ecco che i gamberetti cominciano a scomparire, un po’ perché pescati e un po’ perché scappati un altro mare, intimoriti dal pericolo di essere presi nelle reti dei pescatori.

E allora cosa accade? Che i pesci si rendono conto che quei mostriciattoli arancioni mettevano pepe nelle loro vite, rendendole divertenti e spiritose. Insomma, ai pesci mancano i gamberetti!

Il bello del libro è che è scritto in maniera semplice ma non scontata. Certe espressioni sono perfette per le prime letture, perché permettono di indagare la lingua un po’ più a fondo, ma senza difficoltà. Soprattutto, Anna Vivarelli ha certe trovate davvero ironiche che i bambini potranno cogliere nelle varie letture: sappiamo che ai bimbi piace rileggere i loro libri, e certe battute (come l’”uomo d’aprile” appiccicato sulla schiena di un pesce, i pesciolini che fanno solletico al polpo con delle piume o il cartello “tonno subito”) le capiranno piano piano, una volta presa confidenza con questo libro coloratissimo che li appassionerà!

E non è tutto: come molti libri Interlinea anche “I gamberetti dispettosi” ha un’anima digitale: basta scaricare l’applicazione let.life su App Store o su Google Play, inquadrare il codice a barre del libro e scoprire tutte le funzionalità aggiuntive! Perché la tecnologia, quando educativa, è davvero utile e divertente!

 

10 ricette di bruschette estive

Venerdì, 07 Luglio 2017 08:43

Estate: tempo di cibi freschi, leggeri, stuzzicanti. Tempo di bruschette! A noi piacciono moltissimo perché permettono di accostare cibi buoni, di stagione, freschi e leggeri, completandoli con la bontà del pane integrale grigliato, che è sempre delizioso!

Spesso ci troviamo a proporre in tavola, anche come aperitivo o spuntino, la solita bruschetta olio, pomodorini e basilico. Buonissima, per carità. In realtà però possiamo davvero sbizzarrirci, con accostamenti più o meno audaci che non ci faranno mai stancare delle bruschette e ci permetteranno di prendere il meglio dalla verdura e dalla frutta di stagione.

10 ricette di bruschette estive: dieci ricette per proporre in tavola bruschette dal sapore estivo diverse dalla solita pomodoro e basilico

Partiamo da una premessa: la bruschetta va sempre preparata con una fetta di pane (noi scegliamo sempre quello integrale o ai cereali!) grigliata sul barbecue o abbrustolita in padella, quel tanto che basta per sentirla croccante in superficie. Dopodiché via con gli ingredienti!

1) La prima bruschetta estiva è simile alla classica bruschetta al pomodoro, ma a noi piace farla con le melanzane. Mentre grigliate le fette di pane, grigliate anche delle fettine di melanzane sottili. Una volta pronto il pane, strofinate molto leggermente uno spicchio di aglio sbucciato sulla fetta, quindi adagiate la melanzana grigliata e condite con dell’olio e poco sale.

2) Sempre a base di melanzane è la bruschetta al babaganoush, la crema di melanzane mediorientale che a noi piace da matti. Preparate la babaganoush, quindi adagiatene un cucchiaino sulla fetta di pane tostato, guarnendo poi con qualche seme di girasole e di zucca.

3) Se amate l’avocado, le bruschette di avocado sono buonissime. Potete prepararle tagliando a fettine l’avocado, adagiandole sulla fetta di pane abbrustolito e condendole con olio, sale e pepe.

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4) Oppure potete preparare della guacamole e spalmarla direttamente sulla bruschetta!

5) Tradizionale e mediterranea è la bruschetta alla crema di olive, nere o verdi a piacimento: frullatene 200 grammi (denocciolate) con un goccio d’olio e mezzo spicchio d’aglio, quindi spalmate sulla bruschetta, guarnendo con della granella di mandorla che stempererà eventualmente il sapore decisissimo delle olive.

6) Prendete del formaggio di capra spalmabile o del tofu, quindi tagliate delle fragole a dadini o a fettine: spalmate il formaggio sul pane e guarnite con i frutti rossi, per una bruschetta strana ma deliziosa, davvero super estiva grazie alla freschezza delle fragole.

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7) Se avete del pesto rimasto dalla pasta del giorno prima, o se avete del basilico profumato a cui non resistete, potete preparare le bruschette al pesto: sul pane tostato spalmate la vostra crema di basilico (qui la ricetta del nostro pesto). Adagiate poi sopra della frutta secca oppure delle striscioline di verdura, come delle carote o delle zucchine alla julienne.

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8) Spalmate del formaggio di capra spalmabile o della feta sulla bruschetta, quindi completate con dei pomodorini confit (basta tagliali a metà, disporli su una teglia, condirli con olio, sale e zucchero di canna integrale e cuocerli a 140 gradi per un paio d’ore): una bomba di gusto.

9) La ricotta o la ricotta di mandorle si prestano benissimo alla preparazione della bruschetta ricotta e fichi: spalmate la ricotta sul pane, quindi completate con dei fichi a fette, della rucola, dell’olio e del sale.

10) Infine la bruschetta più semplice, tradizionale e normale, quella che non stanca mai: pane, olio e sale. Potete prima strofinare uno spicchio d’aglio sulla fetta di pane (ma se non gradite potete saltare questo passaggio), e poi condire con poco sale e un filo d’olio evo.

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10 idee di Buddha Bowl

Giovedì, 06 Luglio 2017 12:52

Cos’è una Buddha Bowl? Sono insalatone, ma non sono semplici insalatone. Sono ciotole, ma non sono semplici ciotole. Insomma: le Buddha Bowl sono pasti completi, nutrienti, sani e gustosi inseriti in ciotole ciccione come la pancia del Buddha, perfetti perché comprendono tanti benefici e tanti super alimenti amici della salute.

Perfette per i pranzi fuori (basta prepararle prima nella schiscetta!) o per cene estive che non appesantiscano, le Buddha Bowl sono anche bellissime da vedere (ogni ingrediente deve stare nella sua sezione, separato, per poi mischiarlo con gli altri al momento del pasto!). Ecco le nostre 10 idee.

10 idee di Buddha Bowl: 10 ricette di ciotole-pasto complete e nutrienti, sane e gustose, per prendere il meglio dalla verdura estiva

1) Basta rivisitare la nostra ricetta dei ceci dolci alla cannella rendendoli salati (senza quindi mettere lo sciroppo d’acero ma solo un pizzico di sale) per una bowl proteica naturale: ceci alla cannella, quinoa bollita, spinacini verdi e freschi e avocado, tagliato a listarelle. Condite tutto con un goccio d’olio e un pizzico di sale.

2) L’insalatina va benissimo nelle Buddha Bowl, basta renderla più sfiziosa: accostatele delle carote a listarelle, del cavolo viola crudo (così da assicurarcene tutte le proprietà) e dei pinoli. Aggiungete in un angolo anche dell’hummus di ceci, per intingerci le carote e condire il tutto.

3) La nostra insalata di pomodori, ceci e olive sta benissimo nella ciotola insieme a del riso venere bollito con un pizzico di sale e dell’olio, una manciata di ribes, una di gherigli di noci e della menta fresca sminuzzata e sparsa su tutti gli ingredienti.

4) Avete mai provato le patate dolci? Si cucinano, bollendole con la buccia, esattamente come le patate normali, ma hanno un sapore sfizioso davvero sorprendente. Accanto alle patate dolci a fette mette un mix di orzo, farro e riso bolliti e saltati in padella con dell’olio e del radicchio rosso, quindi tagliate a fette una mela e completate il tutto con della guacamole.

5) In un angolo mettete della quinoa rossa decorticata e bollita, quindi completate la Buddha Bowl con degli edamame, delle cipolle rosse a fettine e dell’avocado a fette condito con olio e sale alle erbe.

6) La base della sesta Buddha Bowl sarà il riso integrale bollito. Accanto ad esso un po’ di insalatina, dell’ananas a fette, una sezione con carote alla julienne. Il tutto condito con la salsa giapponese: un frullato di carote, salsa di soia, due cucchiai di aceto e due di olio, semi di sesamo, cipolla, un pezzetto di zenzero e dello zucchero di canna integrale.

7) Le olive e arance all’egiziana sono sempre buonissime. Nella nostra bowl staranno benissimo insieme a dell’amaranto bollito, degli spinaci freschi e delle carote a pezzetti.

8) Di nuovo il riso venere, ma stavolta accostato a dei piccoli hamburger di ceci, alle noci e a dell’insalatina di prezzemolo, il tutto completato con della baba ganoush di melanzane.

9) Fate ammollare in acqua salata calda per cinque minuti dei noodles di soia. Saltateli in padella con olio e sesamo, quindi accostateli a del cipollotto, melanzane e zucchine grigliate, delle mandorle, dell’avocado e del mais.

10) Broccoli saltati in padella, uova sode, tofu, riso integrale, semi di chia e mirtilli: l’ultima Buddha Bowl è la più sostanziosa, per pranzi energetici estivi in ufficio!

 

 

Valentina, la mamma spendacciona e precisa; Sara, la mamma alternativa e tatuata; la mamma tradizionale con 3 bambini, cioè mamma Lucia; e infine Beatrice, la mamma più giovane di tutte che a soli 22 anni ci ha mostrato una maturità da fare invidia. Ieri sera è andato in onda il sesto episodio di 4 Mamme, il nuovo programma di Fox Life che mette a confronto quattro madri diverse tra loro, premiando poi quella più votata dalle altre mamme e dal team composto da Flavio Montrucchio, Georgia Luzi e tata Roberta. Come al solito non vi sveleremo chi ha vinto, ma rifletteremo insieme su ciò che mi ha più colpito della puntata. Perché ogni settimana gli spunti di riflessione sono moltissimi!

4Mamme, la sesta puntata: i bambini che mangiano davanti alla tivù e l’importanza dei pasti insieme

Al di là dei quattro approcci educativi che mamma Valentina, mamma Sara, mamma Lucia e mamma Beatrice adottano, oggi vorrei parlare di bambini che mangiano davanti alla tv. 

Come sapete, se avete letto i miei articoli e se seguite il nostro portale, sono convinta fermamente che essere mamme sia il lavoro più difficile del mondo. Da qui il mio essere molto tollerante e assolutamente comprensiva, forse più con gli altri che con me stessa, ma questo è un altro discorso. Una cosa però, davvero, mi lascia un po' senza parole: ma quanti bambini mangiano sul divano davanti alla tv!!! In tutte le puntate ne troviamo tantissimi!

Ci può stare un paio di volte al mese una cena davanti a un film, è bello e rilassante, e anche abbastanza divertente. Ma per me il pasto si deve assolutamente consumare senza tv e rigorosamente a tavola: sono quelle cose che per me sono pilastri assoluti. I miei bambini lo sanno. Quindi, chiaramente, non essendoci mai state eccezioni, non ci sono da parte loro capricci o tentativi di cambiare questa regola. 

I pianti infastiditi e le urla dei bambini che non accettano di mangiare se non davanti al televisore acceso derivano quindi dall’abitudine: è chiaro che se iniziamo a concedergli questo modo di cenare, per loro sarà la normalità, e quando tenteremo di scostarli da questa abitudine sarà normale assistere a capricci e malesseri.

Questa abitudine è davvero frequentissima in Italia (e in tutto il mondo, oserei dire). Perché? Perché è normale e comprensibile che i genitori, arrivati stanchi alla sera, si affidino alla babysitter elettronica per riposare un po’ la mente. Tuttavia è un’abitudine davvero malsana e deleteria, e vi spiego il perché.

Innanzitutto, perché in questo modo i bambini non si concentrano sul cibo. Non possiamo lamentarci del fatto che non assaggino tutto o che siano schizzinosi a tavola: potremmo anche proporgli ogni sera sapori differenti, sani e deliziosi; ma con la tivù accesa la loro attenzione va ad altro, e ciò che sta nel piatto passa in secondo piano, diventando irrimediabilmente uniforme e uguale. 

Dall’altra parte della barricata c’è un altro rischio molto forte: i bambini che passano molto tempo davanti alla tivù e quelli che addirittura mangiano davanti allo schermo (che sia il televisore, il pc, il tablet o lo smartphone) sono più soggetti all’obesità. L’ha rivelato anche uno studio scientifico pubblicato sulla rivista americana Pediatrics e condotto dalla dottoressa Catherine Birken presso l’Hospital for Sick Children di Toronto. I bambini, bombardati da immagini ipereccitanti, colorate e soprattutto pubblicitarie, sono attratti non dai cibi sani che gli vengono proposti nel piatto, ma dalle merendine, dagli snack, dagli hamburger succulenti e dai cibi spazzatura che passano continuamente davanti ai loro occhi. Lo fanno in maniera passiva, e quindi anche incoscientemente. Ma resta il fatto che queste immagini restano dietro ai loro occhi, e quindi è logico che non apprezzano più i piatti di mamma (quando sani, anche se saporiti).

Terzo risvolto negativo riguarda la sfera sociale: per me il mangiare a tavola tutti insieme è un momento di condivisione, di conversazione, di piacevolezza in famiglia. Quando la tivù è accesa, magicamente l’attenzione di tutti si sposta e viene rapita dalla scatola magica. È inutile, non si può fare nulla. Fateci caso: anche noi adulti veniamo ipnotizzati dalla tivù. Immaginate quindi i bambini!

Abituarli a mangiare davanti alla tivù significa quindi abituarli a pasti in famiglia solitari, nei quali ognuno è perso nei suoi pensieri (passivi) e davanti allo schermo. Niente chiacchiere, niente racconti della giornata. Solo un mangiare meccanico. E a me questa cosa spaventa molto. Anche perché quel cibo è frutto del lavoro di mamma e papà, sia in termini economici che di tempo impiegato nella preparazione: ed è un aspetto che non deve assolutamente essere dato per scontato e i bambini lo devono sapere e comprendere bene fin dall’infanzia. 

Ecco perché dovremmo inserire qualche regola, soprattutto partendo dall’esempio che noi stessi vorremmo che i nostri figli seguissero: iniziamo noi stessi a spegnere la tivù a tavola, anche quando siamo da soli o in coppia; dopodiché mettiamo qualche paletto, come un tempo limite di televisione al giorno (proprio come i 30 minuti massimi di tablet, ad esempio).

E prendiamo qualche accorgimento dettato dal buonsenso: la sera guardiamo la tivù insieme, ma scegliendo insieme i programmi e commentandoli, in modo da non ridurre ad una visione passiva l’attività; e infine evitiamo di lasciare guardare la tivù ai figli da soli, almeno fino ai 5 anni.

 

Giulia Mandrino

 

Foto credits

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Ogni tanto fa bene leggere pensieri positivi per tirarci su. Perché non siamo supereroine, anche se tentiamo di esserlo. La maternità è bellissima, ma anche un bel fardello, almeno in certe giornate. Ecco perché non dovremmo mai dimenticarci quanto siamo forti: sì, siamo delle bombe, delle forze della natura! Ognuna a modo suo. Ognuna in maniera incredibile.

Mamme, la maternità è la sfida più pesante, ma siamo fortissime: tutto ciò che una mamma deve ricordare per non farsi buttare giù da una giornata “no”!

Non serve inventare o cercare episodi particolari: la maternità è ogni giorno una sfida. Una bellissima sfida, che ci porta così tante gioie che ogni volta ogni pensiero negativo viene spazzato via! Ma guardiamo un attimo alla realtà: a volte è estenuante. Ma ricordare tutti i momenti “no” che una mamma deve affrontare non serve solo a buttarsi giù, anzi! Pensateci bene: se da mamme riusciamo sempre a cavarcela, vuol dire che siamo proprio indistruttibili!

Perché?

Perché portiamo per nove mesi con noi una persona, e magari riusciamo anche a fare qualche squat e camminate rigeneranti, e a mantenere così il culo sodo. Oppure no, ma chissenefrega: stiamo già costruendo un essere umano!

Perché anche se quel figlio non lo portiamo in grembo, affrontiamo anni di burocrazie per portare a casa quel bambino nato da un'altra madre ma cresciuto nel nostro cuore, e nel mentre rafforziamo la carriera, partecipiamo a riunioni, costruiamo una casa accogliente e perfetta.

Perché non dormiamo. E approfittiamo di ogni pisolino che i bambini ci concedono. Ma appena sveglie, anche se solo dopo dieci minuti di dormiveglia, riusciamo a preparare la cena e a organizzare il pranzo del giorno dopo per papà.

Perché mentre allattiamo o diamo il biberon al nostro bambino di tre mesi leggiamo quel libro che sappiamo che ci farà crescere lavorativamente, oppure aiutiamo nostro marito con quella consegna, oppure supervisioniamo i compiti del primogenito.

Perché quando c’è bisogno diventiamo ingegneri meccanici e gestionali, per evitare crisi in casa o per facilitare la vita a tutti.

Perché non abbiamo tempo per comprare una maglietta bianca, che non ne abbiamo più nell’armadio perché tutte erano troppo macchiate per tornare riutilizzabili, ma riusciamo a correre a prendere quel giocattolo o quel libro che vogliamo fare trovare la mattina del compleanno sul tavolo, bene incartato e, chi lo sa, apprezzato oppure no.

Perché riusciamo ad essere davvero multitasking, in barba a quello che dicono gli uomini. Scommettiamo che loro durante la presentazione davanti al capo e ai colleghi non si sognano nemmeno di scrivere in un angolo del foglio “banane, caffè, latte”, perché nel pomeriggio devono andare a fare la spesa.

Perché nonostante al primo sguardo l’agenda sia estremamente piena, riusciamo a trovare spazio anche per gli amici, senza per questo toglierlo ai figli. Sembra impossibile, ma noi mamme siamo davvero funambole sulla delicata corda del tempo!

Perché cambiamo pannolini nei posti più assurdi, perché allattiamo nei luoghi più strani, perché riusciamo a dare la pappa ai bimbi cinque minuti prima di un impegno improrogabile, perché prepariamo colazioni, pranzi e cene e rispondiamo alle mail di lavoro e cambiano pannolini e facciamo la spesa e controlliamo i compiti e torniamo al super perché abbiamo dimenticato l’insalata e facciamo addormentare i bimbi esattamente prima della call importantissima da Hong Kong (oppure quella della nostra migliore amica lasciata dal fidanzato. Che è altrettanto importante!).

Ce la facciamo. Siamo fortissime!

 

Comparare i figli? Non serve a nulla, anzi!

Lunedì, 03 Luglio 2017 08:10

Sarà capitato a tutte, perché tutte abbiamo amiche o conoscenti con figli della stessa età, più o meno. Sarà capitato quindi a tutte, dicevamo, di comparare i propri figli con quelli delle altre. È normale: con i bambini della stessa età dei nostri, è naturale osservare i progressi e pensare “Ma il mio lo sa fare?”, “Ma lui sa già contare fino a dieci come il mio?”. 

È normale, certo, ma non è benefico. Non è benefico per noi mamme, che aggiungiamo stress dove non dovrebbe esserci. E non è benefico per i nostri bimbi, che volenti o nolenti questo stress lo sentono e se lo mettono sulle spalle.

Comparare i figli? Non serve a nulla, anzi: come uscire dalla trappola dei paragoni con i figli delle altre

Razionalmente, se ci pensiamo, sappiamo benissimo che i paragoni, in generale nella vita, spesso sono una cattiva idea. Potrebbero essere benefici, ma solo nel momento in cui riguardano noi e solo se a monte c’è volontà di miglioramento. Diventano invece pericolosi quando riguardano altri. Soprattutto i nostri bambini.

Da genitori, è naturale e amorevole guardare, osservare e studiare i nostri figli. Guardiamo come si comportano, cosa imparano, che persone stanno diventando. Ed è bellissimo. L’insidia è però dietro l’angolo, perché in un nonnulla ci ritroviamo ad osservare non solo i nostri figli, ma anche quelli delle nostre amiche.

Ci sarà sempre il bambino che a pochi mesi ha già imparato a fare ciao con la manina, quello che conta fino a dieci quando il tuo non ha ancora imparato i colori, quello che impara a leggere a tre anni e mezzo, quello che parla prima di tutti gli altri e quello che quando gli altri gattonano sta già correndo. È assolutamente normale. Ma dentro di noi ne facciamo piccole tragedie. Perché? Perché automaticamente facciamo il paragone con i nostri figli.

“Il mio bambino non sa ancora gattonare. Il mio bambino non sa ancora distinguere i colori. Il mio bambino dice solo “mamma”, e nessun’altra parola”. È vero, ok. Ma cos’altro sa fare, o saprà fare, il tuo bambino mentre gli altri magari non ci sono ancora arrivati? Solitamente è così: ogni bambino è più forte degli altri su una data attività.

Ma in generale, esistono bambini che arrivano più con calma a tutto. Anzi: sono la maggior parte. Il pensiero importante che dobbiamo fare, l’unico che dobbiamo sempre tenere a mente, è solo uno: i bambini arrivano alle cose secondo i loro tempi! Senza fretta. Senza affannarsi. Senza preoccuparsi. Semplicemente, ci arrivano con più calma in modo da sapere padroneggiare meglio le cose, che si tratti delle parole, del camminare, dei numeri, dei colori, degli animali, dei calcoli, della scrittura...

Detto questo, care mamme, è ora di scansare completamente la voglia di paragoni dal nostro essere. Perché comparare i figli fa malissimo a tutte. Perché aggiunge ansia in un momento comunque già di per sé delicato. Perché fa sentire in colpa (“sarà colpa mia, se ancora non dice “mamma”?), perché insinua dubbi e perché non è giusto né nei nostri confronti, né in quelli dei nostri figli.

Non è giusto nei nostri confronti perché, ognuna a modo suo, stiamo tutte facendo un ottimo lavoro, impegnandoci al massimo e imparando a gestire situazioni che magari cinque anni fa non ci saremmo sognate di essere in grado di gestire. E non è giusto nei confronti dei nostri figli perché, come dicevamo, non hanno bisogno di sentire il fiato sul collo per ragioni inutili come i paragoni, perché ognuno di loro ha i suoi tempi, e ognuno di loro imparerà al momento giusto tutto ciò che dovrà sapere per affrontare la vita.

Per togliere di mezzo questa ansia, pensate solo ad una cosa, un semplice ragionamento che potrebbe farvi sentire più tranquille: perché stressarsi per qualcosa che non è in nostro potere controllare? Certo, possiamo aiutare i nostri figli a imparare tutto ciò che devono imparare offrendogli i migliori strumenti. Ma poi starà a loro decidere come e quando sfruttare questi strumenti. Quindi tranquille: non affanniamoci su qualcosa che è fuori dal nostro controllo, ma semplicemente godiamoci i progressi dei nostri bambini esattamente quando saranno pronti!

 

Ovvero: l’obbedienza. Perché, perché (troppo) spesso dobbiamo chiedere ai nostri figli di fare le cose cinque volte prima che lo facciano o che almeno ci rispondano? La verità è che tutti i genitori si trovano in questa situazione: “vai a fare il bagno”, “staccati dal tablet”, “è ora di fare i compiti”: sono solo pochi esempi delle richieste a cui i bambini sembrano moltissime volte non dare ascolto. Bisogna ripeterle. E ripeterle. E ripeterle. Ma perché deve essere così?

Ma perché i bambini non fanno quello che gli chiediamo al primo invito? I motivi per i quali i nostri figli non ci ascoltano, e cosa possiamo fare per cambiare un po’ la situazione

I motivi sono moltissimi. Dal metterci alla prova al non sentirsi ascoltati. Vediamo quindi insieme i principali, e cosa possiamo fare come genitori per provare a cambiare la rotta andando incontro ai nostri figli.

La prima causa potrebbe essere, come accennato, il volere metterci alla prova. I bambini lo fanno, è naturale: crescendo, studiano il mondo attraverso loro stessi, le loro risorse. E ad un certo punto la risorsa sarà appunto il non ascoltare, vedendo fino a che punto arrivano i genitori. In base quindi a ciò che farete, capiranno quali sono le conseguenze. Se li lasciate fare, resteranno sempre incollati all’attività che state facendo, perché nel tempo hanno imparato che la richiesta non è importante fino a che non si arriva alle urla e alle sgridate. Se invece con fermezza non permettete che continuino, anche spiegando la situazione o accompagnandoli (toccare il bambino fa moltissimo: crea una connessione), allora capiranno che la richiesta è valida.

La seconda causa è di nuovo naturale, e sta nello sviluppo della corteccia frontale. I bambini rafforzano la loro corteccia piano piano, e quando sembra che non stiano ascoltando è perché il loro cervello sta decidendo cosa è importante tra il ciò che stanno facendo loro e ciò che noi stiamo chiedendo. Insomma, stanno capendo l’auto-disciplina. Se fanno subito ciò che chiedete, allora stanno piano piano comprendendo cosa significa fare qualcosa per un bene maggiore e non per loro stessi; se invece bisogna ripeterglielo cinque volte, questo processo è ancora in atto, e sarebbe meglio chiedere le cose con empatia, spiegando, dialogando e accompagnando, aiutandoli così ad allenare il cervello.

C’è poi il fatto di non sentirsi ascoltati. A volte i bambini non vogliono assolutamente fare il bagno o i compiti, e non solo non vi ascoltano dopo cinque volte, ma urlano e piangono con forza. In quel caso a volte bastano poche parole che gli facciano capire che avete compreso che proprio non gli va, ma che è necessario (“Ho capito che non vuoi fare il bagno, sei stanco e hai ragione, preferiresti giocare. Ma ora è tempo di farlo. Da grande deciderai tu. Oggi preferisci il bagno o la doccia?”: perché a volte il senso di indipendenza e responsabilità, proposto come scelta, fa moltissimo!).

Potrebbe poi esserci di mezzo un sentimento di distacco e di disagio. I bambini piccoli si fidano di noi, sentono che ci prendiamo cura di loro, e quando questa sensazione c’è solitamente eseguono ciò che chiediamo loro, appunto per la fiducia. Tuttavia ci sono momenti o giorni nei quali non sentono più questo legame di cura, magari perché al mattino avete litigato (voi avete dimenticato, loro no!), oppure perché in quel periodo siete proprio stressati per il lavoro. In questo caso c’è bisogno di un momento speciale insieme, per ristabilire l’armonia ma soprattutto il legame, che è normale che si allenti ogni tanto.

Infine, calcolate sempre che i bambini non hanno le nostre priorità, ed è per questo che non capiscono quale sia l’importanza di fare il bagno proprio in quel momento, o di staccarsi dal tablet, o di fare i compiti, o di riordinare la cucina. Quando stanno giocando o sono nel mezzo di un’attività, non dobbiamo sminuire la cosa, perché per loro il gioco è lavoro, il gioco è ciò attraverso cui scoprono il mondo. Quando state chiedendo loro qualcosa mentre giocano o disegnano o sono impegnati, quindi, evitate di strapparli immediatamente alla cosa, ma approcciatevi gradatamente: “wow, che bel disegno! Cosa rappresenta? Ora però è tempo di lavarci. Che ne dici se ti lascio ancora cinque minuti e poi andiamo a fare il bagno?”. Un affare è un affare, e anche loro lo capiranno!

 

Non parliamo di essere un “buon” genitore. Quello sta alle scelte di ognuno, e ognuno sa qual è l’educazione migliore da dare ai propri figli. Stiamo parlando piuttosto dello stress, delle preoccupazioni e degli atteggiamenti che non ci permettono di goderci fino in fondo questo aspetto della nostra vita.

Essere genitori è certamente una sfida. È difficile, a volte. È stressante e preoccupante, è vero. Ma è anche meraviglioso. E basta davvero poco per viversi appieno la genitorialità! Non solo per noi stessi, ma anche per i nostri figli: genitori felici spesso si traduce in bambini felici. E in persone felici anche nella vita adulta!

10 atteggiamenti da lasciarsi alle spalle per essere un genitore felice: quali sono i pensieri a cui dovremmo dire addio per goderci fino in fondo l’essere genitori

FARE I PARAGONI

I paragoni sono deleteri. Quelli tra i due genitori (chi si impegna di più in casa? Chi è più coinvolto nell’educazione dei figli? Ogni genitore fa la sua parte: meglio essere una squadra piuttosto che due giocatori ai due lati del campo) ma anche quelli con gli ALTRI genitori, e cioè con le altre mamme e gli altri papà (“ma guarda quella, gli fa mangiare troppi dolci”, “la mamma di Tizio è proprio insopportabile alle riunioni a scuola”, “io sono molto più presente di loro”). Meglio preferire la tranquillità e il confronto produttivo, piuttosto che le critiche e le gelosie (perché ogni genitore è diverso dagli altri, così come ogni bambino è unico e necessita un’educazione ad hoc!).

URLARE

Sappiamo che a volte è nella natura delle persone, e che quindi è difficile abbassare il tono. Ma a livello di subconscio sentirsi urlare contro (anche se magari non lo stiamo facendo in maniera cattiva, ma solo, appunto, per il nostro tono di voce) fa male, ci fa sentire in difetto. Ecco perché a volte, anche quando siamo proprio arrabbiati, è meglio scendere di qualche tono: in questo modo sarà il dialogo ad avere la meglio, e sarà più semplice ritrovare la pace e la tranquillità!

L'ESIGENZA DI ESSERE PERFETTI

Nessuno è perfetto, e nessuno ha la ricetta ideale della genitorialità. Ecco perché anche se attorno a noi, soprattutto oggigiorno grazie ai (o per colpa dei) social, vediamo solo (apparente) perfezione, dobbiamo entrare in una dimensione mentale differente, che ci faccia vedere che in realtà siamo perfetti nella nostra imperfezione, perché ognuno è diverso, ogni famiglia è unica e ogni approccio genitoriale è assolutamente dignitoso.

AVERE PAURA DEL PROPRIO PASSATO RIFLETTENDOLO SUI FIGLI

Tutti abbiamo un passato di figli, non possiamo nasconderlo. Ma spesso più che prendere il buono dalla nostra esperienza tendiamo a tenere strette a noi solo le paure, solo i disagi. C’è chi da piccolo faticava a scuola, chi arriva da una famiglia disagiata economicamente, chi ha fatto i conti con genitori violenti. Tutti abbiamo avuto problemi, ma è sempre meglio evitare che il fantasma di questi si rifletta sui nostri figli! Anche per il nostro bene, non solo per il loro: affrontiamo le paure, non teniamole latenti, e concentriamoci finalmente sul buono.

COMMENTARE NEGATIVAMENTE

Ci sono modi e modi per porsi ai bambini. “Sei cattivo”, “Non capisci niente”, “Non ti sopporto”. Oppure: “Sai, meglio non comportarsi così, perché quello che hai fatto ha fatto male a qualcuno”; “So che capirlo è difficile, dimmi cosa non comprendi che proviamo a riflettere insieme”; “Oggi sei nervoso? Proviamo a calmarci insieme? Cosa ti ha turbato?”. Piano piano si creerà un circolo virtuoso più soft e tranquillo, più aperto al dialogo, e più positivo.

IL SENSO DI COLPA

Provare senso di colpa è deleterio (come dicevamo, nessuno è perfetto), ma nemmeno fare sentire i propri figli in colpa (perché, ad esempio, abbiamo dovuto rinunciare per loro alla nostra carriera). Riflettiamo sul buono, concentriamoci sui risvolti positivi della nostra vita!

CONTROLLARE OGNI MINUTO DEI FIGLI

Certo, noi genitori siamo la loro guida, e, inoltre, siamo responsabili della loro sicurezza. Ma tra il tenerli al sicuro e l’opprimerli c’è una linea sottile. Quando stiamo troppo attenti a loro, non lasciando che facciano da soli le loro esperienze, creiamo un nido troppo stretto, dal quale faticheranno a staccarsi e che non permetterà loro di sviluppare una sana tendenza all’intraprendenza e all’indipendenza, requisiti fondamentali quando cresceranno! E poi ogni tanto staccare la spina fa bene anche a noi!

ESSERE TROPPO AUTORITARI

Essere dittatori non aiuta, è meglio il dialogo. Anche per il nostro benessere, perché solo così ci saranno meno frustrazioni. Perché i bambini sentiranno di non essere solo pedine, ma di avere una loro (seppur piccola) voce in capitolo, e (incredibile!) piano piano collaboreranno con più entusiasmo e meno crisi.

TROPPE PREOCCUPAZIONI

Esatto. Lasciamo andare le preoccupazioni accessorie: non ne abbiamo bisogno, e non ne hanno bisogno i nostri bambini. Respiriamo, e mettiamo le cose nella giusta prospettiva!

TROPPE FILOSOFIE

Certo, fa benissimo informarsi, leggere, analizzare i diversi punti di vista riguardanti la genitorialità. Ma alla fine è bene ricordarsi che siamo noi i genitori, e che conosciamo noi i nostri figli. Quindi sappiamo noi cosa è più giusto per loro. E la filosofia più giusta sarà la nostra, quella cucita ad hoc addosso alla nostra famiglia!

 

 

Chi c’era ieri sera in tivù? C’erano Memi, la mamma sprint dedita a palestra e benessere; Giada, la mamma bon ton e sofisticata che a dispetto dei tempi punta ancora moltissimo a insegnare al piccolo Leonardo il galateo; Cristina, la mamma amante della natura e degli animali che in casa non tiene solo cani e gatti, ma anche una gallina; e infine Francesca la mamma sbrigativa, che cerca di velocizzare i compiti di casa così da prendersi qualche (importantissimo) momento per sé.

Cosa mi ha colpito stavolta? L’accenno all’uso della tecnologia, un argomento importantissimo quando si parla di figli, poiché viviamo in un tempo nel quale è ormai impossibile non farci i conti. Ecco perché mi piace questo programma tv di Fox Life Italia: perché mette in luce tantissime questioni interessanti e fondamentali, mettendo a confronto quattro mamme che rappresentano senza dubbio un campione di tutte le mamme che esistono oggi. Una bella riflessione, insomma!

4Mamme su Fox Life, il nostro commento alla quinta puntata: quando la tecnologia diventa un problema?

 

Partiamo da un esempio, per parlare di tecnologia, e cioè dalla filosofia Waldorf, quella che seguono le scuole basate sugli insegnamenti pedagogici di Rudolf Steiner. Gli steineriani sconsigliano vivamente la tecnologia, e suggeriscono di non avvicinarle i bambini almeno fino ai sette anni. Qual è il mio pensiero in questo senso? Be’, la penso un po’ come tata Roberta: secondo l’esperta che affianca Georgia e Flavio nella conduzione del programma, viviamo in un mondo in cui non si può fare finta che essa non esista, perché è ormai ovunque. Cercare di eliminarla sarebbe quindi controproducente.

Innanzitutto, perché ormai tutti i bambini sono nativi digitali, e questo significa che tutti sono capaci di utilizzare i device tech, strumenti che ormai serviranno loro per tutta la vita, lavorativamente e quotidianamente. Non imparare significherebbe quindi negargli la possibilità di stare al passo con il mondo. In secondo luogo, la tecnologia, pur essendo pericolosa, ha anche qualche beneficio per i bambini: esistono videogiochi e app educative, che aiutano loro nei compiti, nella scrittura, nell’imparare certi concetti…!

Detto questo, come accennato i pericoli ci sono, e perciò non bisognerebbe mai fare a meno della regola che limiti l’utilizzo degli smartphone e dei tablet a un tempo giornaliero (proprio come fa Francesca, la mamma frettolosa). Io, per esempio, concedo trenta minuti al massimo. I miei bambini ormai lo sanno, e sanno anche che non ci sono eccezioni, e per questo non contestano. Quando i bambini fanno capricci o piangono, danno il tormento e tentano in tutti i modi di prolungare al massimo questo tempo, spesso è perché dopo un po’ ottengono ciò che vogliono. Quindi la regola deve essere ben ferrea, e senza alcuna eccezione, in modo che diventi un’abitudine.

Questa tendenza riguarda non solo la tecnologia, ma le regole in generale: quando si dà ai bambini una regola, è sempre bene spiegarla (in modo che capiscano i motivi e non la vedano come un’imposizione fine a se stessa) e poi evitare le eccezioni, in modo da limitare i capricci, stroncandoli sul nascere. Certo, ci saranno pianti o urla qualche volta, ma probabilmente sarà semplicemente perché i bimbi sono particolarmente stanchi o provano qualche malessere di sorta; ma questa è un’altra cosa.

E chiariamo una cosa: limitare l’uso dei tablet, dei computer e degli schermi in generale non è un capriccio dei genitori. Questo consiglio ha basi solide, poiché purtroppo, ormai si sa, l’abuso di tecnologia ha pericoli veri sulla salute cognitiva del bambino. Quando abituati a passare troppe ore davanti allo schermo, i bambini sviluppano una tendenza comportamentale a chiudersi, a diventare scontrosi, a fare i famosi capricci. Questo per due motivi principali: un accumulo di adrenalina in primis (che poi sfocia quando non sono davanti al tablet); e, in secondo luogo, il non viversi la socialità, esplorando così il mondo solo attraverso se stessi (e il tablet).

Se quest’ultimo motivo è però più evidente nell’adolescenza (dato che i ragazzi vogliono utilizzare gli smartphone soprattutto per chattare e socializzare con gli amici - qui, quindi, sì per un motivo sociale, ma sempre chiusi dietro allo schermo - chiedere a mamma Memi, la mamma sportiva, per credere!), nella fascia di età 1-9 le richieste principali sono quelle di guardare i cartoni animati o di giocare.

Il problema alla base, quindi, è principalmente la mancanza di tempo dedicato ai figli (e anche la mancanza di tempo passato nel verde e nella natura). Mi spiego meglio: credo che a molti bambini venga purtroppo dedicato poco tempo, e soprattutto che non venga permesso loro di uscire all’aperto (per scelta ma più probabilmente per non-abitudine). Stare all’aperto è un’esigenza primaria e naturale del bambino. Solo così può sfogarsi e muoversi, essere a contatto con il verde in spazi aperti (e raramente si annoierà, se portato fuori, poiché giocherà con sassi, pietre, piume…) e giocare con materiale destrutturato (terra, erba, acqua…), che gli permette di capire, sperimentare, creare, studiare e inventare, sviluppando così una mente attiva, curiosa e intraprendente.

Limitare quindi l’utilizzo di tecnologia è il nostro consiglio. Ma, soprattutto, ricordiamoci che i bambini ci imitano e imparano dal nostro esempio. Come può un bambino rispettare la regola del non abusare dei videogiochi quando vede mamma e papà sempre attaccati a questi aggeggi? I bambini imparano dall’esempio, e non dalle parole, e “4Mamme” ce lo sta mostrando sempre più concretamente di settimana in settimana!

 

 

Sara

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Cecilia

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