Ricordate quando facevamo le barchette di carta o le bamboline con i vecchi giornali? Era estremamente educativo, oltre che divertente! Con la carta possiamo realizzare insieme ai nostri bambini un sacco di forme e personaggi. Perché quindi non imparare insieme a loro qualche realizzazione base partendo da questa antica arte orientale?

Gli origami per bambini, perché sono importanti e qualche idea: come gli origami aiutano manualità e pazienza dei bambini e alcuni esempi per realizzarli insieme a loro

Tutte quelle attività che implicano le mani, creative o meccaniche, sono importantissime per i nostri bimbi. Disegnare, avvitare, cucinare... E anche realizzare gli origami! Quando parliamo di origami intendiamo quella antica arte orientale (nata in Giappone ma conosciuta e sviluppata anche in Cina e in Arabia) che prevede la realizzazione di modelli e oggetti a partire dalla piegatura della carta.

Sì, creare forme complesse è estremamente complicato. Ma non esistono solo oggetti difficili che prevedono un numero esagerato di piegature per arrivare al risultato finale. Come per tutto, anche con gli origami si può partire da esempi base, semplici e (relativamente) veloci. Sono questi che sono perfetti per insegnare ai bambini l’antica arte.

Le implicazioni didattiche e pedagogiche che stanno dietro agli origami sono semplici ma importantissime: innanzitutto, protagonista qui è la manualità fine, elemento imprescindibile per la crescita dei bambini, che sviluppandola acquisiscono a poco a poco la loro indipendenza. Il disegno, le working station, le stazioni dei travasi, il finger knitting... Sono tutte attività che implicano precisione, proprio come l’origami: il bambino attraverso questi compiti divertenti allena sempre di più le sue dita alla precisione, implementando la coordinazione occhio-mano e supportando così anche il suo intelletto, che, proprio come dice Maria Montessori, passa prima di tutto dalle sue mani.

In secondo luogo gli origami, forse anche per la loro origine orientale (sappiamo bene che le culture dell’Est sono molto più quiete e riflessive), sono un ottimo esercizio per impiegare il bambino in un’attività che prevede la concentrazione. Gli origami sono molto precisi (ogni piega deve essere perfetta per far sì che il risultato sia ottimale), ma soprattutto abbastanza lunghi (anche se le tempistiche variano con l’aumentare della difficoltà), e il bambino è “obbligato” (anche se obbligato è una parola grossa quando si parla di creatività e divertimento) a concentrarsi, a focalizzarsi su una determinata attività. E questa degli origami è una concentrazione mirata e molto educativa, poiché insegna al bambino che la pazienza porta a risultati bellissimi e concreti.

Ma quali sono i migliori origami per iniziare?

La barchetta è certamente da provare: semplice e d’effetto, piace sempre ai bambini! Utilizzate una vecchia mappa geografica come carta-base e l’effetto sarà ancora più divertente.

(Foto credits: Pinterest)

Altra proposta è la volpe: da realizzare con del cartoncino marrone, prevede meno di dieci piegature e alla fine otterrete un animale con cui poter giocare liberamente.

(Foto credits: Craft your Home)

Creazione divertente e apprezzata può essere il fiore, un classico dell’arte dell’origami. I passaggi qui sono 11 e la precisione sarà sempre più importante.

(Foto credits: Origami Resource Center)

Perfetto come regalino oltre che come lavoretto è il cuore origami: ecco qui le istruzioni. Perché poi non ne create una ventina e realizzate un bouquet di cuori da regalare ad una persona amata?

(Foto credits: Parents)

E guardate che carini i cappotti di carta: utilizzate vari pattern e giocate poi a stendere i panni come i grandi (un’altra attività super montessoriana, che insegna a raggiungere l’indipendenza imitando i gesti adulti!)

(Foto credits: Juntines)

E dove trovare la carta adatta a questi lavori? La carta per origami solitamente (se è “ufficiale”) non è molto economica. Ci sono però molti siti (a partire da “1000 origami”) che vendono pacchetti con 100, 200 o più fogli. L’importante è che la carta non sia troppo sottile, altrimenti l’effetto è completamente diverso da quello dei veri origami! Interessanti sono poi i libri di Mayumi Jezewski: “1000 origami”, “1000 origami divertenti” e “1000 origami originali”: ogni libro contiene 1000 fogli 15x15 abbastanza spessi e coloratissimi (tutti con fronte e retro differente, in modo da ottenere origami deliziosi!), oltre a qualche breve spiegazione per eseguire le forme più disparate.

Il 13 marzo sapremo qualcosa di più: è fissata infatti per quel giorno l’udienza davanti al giudice. Il motivo? In poche parole, Sara è diventata mamma, la sua azienda l’ha trasferita a più di 250 km di distanza. E via con la denuncia, passo obbligato da un sistema che quando decide di licenziarti e non può farlo ricorre a tutte le strategie più basse.

La storia di Sara Guerriero, quando il mobbing è davvero troppo: se diventare mamma diventa un intralcio per il datore di lavoro, dobbiamo lottare per i nostri diritti

Ed ecco quindi la storia di Sara Guerriero spiegata passo passo: Sara lavora per un’azienda tricologica italiana, la Farmasuisse S.r.l. (o Istituto Helvetico Sander, per come la conosciamo). Poco tempo fa è diventata mamma, e guarda caso l’azienda ha deciso di trasferirla da Cosenza a Salerno. Via da casa, insomma. Mica facile decidere così su due piedi. Soprattutto con un bambino piccolo.

A molte verrebbe in mente di licenziarsi, è normale. Ma è proprio questo l’intento dell’azienda: spingere al licenziamento una persona che non potrebbero licenziare ma che in quel momento sta loro stretta. Perché la legge in effetti tutela le mamme: al datore di lavoro è vietato licenziare la madre lavoratrice dall’inizio del periodo della gravidanza sino al compimento di un anno d’età del suo bambino.

No, Sara non vuole licenziarsi. Quel lavoro è giustamente un suo diritto. Ed è così che ha deciso di lottare, portando anche alla luce la sua storia (grazie ad un articolo uscito sul “Manifesto”, scritto da Claudio Dionesalvi e Silvio Messinetti). Ha fatto quindi ricorso con il suo avvocato Giuseppe Lepera (in sede civile ai sensi dell'ex articolo 700 - provvedimento d'urgenza - del Codice Civile) e l’ha vinto.

Ma l’azienda farmaceutica non ha accettato la sentenza del giudice Silvana Ferrentino (la decisione era che il trasferimento non era accettato, dal momento che la scusa dell’azienda, e cioè un “calo di redditività della sede” era chiaramente solo una scusa - e pure falsa) e l’ha comunicato a Sara. Che l’ha comunicato al suo nuovo avvocato, Elena Montesano. Che ha quindi sporto immediatamente, insieme all’avvocato Lepera, un’altra denuncia-querela al procuratore della Repubblica di Cosenza contro l'azienda, per non aver rispettato la sentenza della Ferrentino. Ecco di cosa si tratterà il 13 marzo: della nuova udienza relativa al secondo ricorso di Lepera a seguito della seconda lettera di trasferimento che Sara ha ricevuto dall'azienda pochi giorni dopo la prima sentenza della Ferrentino che dichiarava il trasferimento illegittimo e discriminatorio e ordinava il reintegro immediato a Cosenza.

La storia di Sara fa riflettere moltissimo. Come può un’azienda potersi ancora nascondere dietro al dito del “il trasferimento è un nostro diritto poiché in questo momento c’è bisogno così” quando, palesemente, si tratta di vessazioni per spingere un elemento al licenziamento spontaneo? Come si può cedere a questo sistema? E come si può dire di “sì” quando ti peggiora la vita e dire di “no” peggiorandola ulteriormente?

L’altra considerazione allarmante sorge se guardiamo i numeri diffusi dall’Osservatorio Nazionale Mobbing, poiché i mobbing strettamente legati alla maternità sono davvero moltissimi. Dal 2011 al 2016 i casi in Italia sono aumentati addirittura del 30%. Negli ultimi due anni almeno 350.000 donne (sì, 350.000!) sono state discriminate a causa della maternità, per il semplice fatto di essere rimaste incinte o perché hanno chiesto, come loro di diritto, la possibilità di conciliare lavoro e famiglia.

Questi dati fanno orrore. Le aziende considerano le mamme lavoratrici un peso. E non sapendo come “sbarazzarsene” ricorrono a tristi trucchetti che purtroppo la maggior parte delle volte hanno successo.

Ma che ne è della maternità tutelata? Ma nessuno guarda ai paesi nordici, nei quali le mamme e i papà hanno molti più diritti e permessi e l’economia continua ad essere impeccabile?

Alla fine resistere diventa difficile e doloroso. Non tutte hanno la forza di Sara. Tuttavia, un aiuto esiste. Quando sentite di essere vittime di questo bullismo psicologico da parte della vostra azienda, rivolgetevi all’Osservatorio dedicato o alla Consigliera di Parità. Sapranno certamente consigliarvi come procedere, come difendervi. E soprattutto ricordatevi che non siete sole, che non siete solo voi in questa condizione, e che l’unico modo per evitare che il fenomeno continui a diffondersi è, almeno, alzare la voce e dire a tutti il trattamento che state ricevendo.

Cos’è Cristalfarma? Un’azienda farmaceutica davvero innovativa che tratta finalmente la fitoterapia con la serietà e la dignità che le spetta. Siamo andati a conoscerli e l’esperienza ci ha davvero aperto gli occhi: non solo è totalmente in linea con il nostro pensiero concentrato sulla salute naturale, ma i suoi prodotti sono efficienti, sicuri e adatti a tutti. E adatti a tutte le esigenze!

Ecco Cristalfarma, l’azienda fitoterapica di cui ci fidiamo: vi presentiamo la nostra giornata all’interno dell’azienda alla scoperta dei prodotti più innovativi che guardano alla tradizione

Lunedì ho avuto il piacere di conoscere una realtà farmaceutica non solo guidata dall’interesse, ma anche dal cuore: lo si legge negli occhi delle persone che lavorano a questo grande progetto. Ho infatti partecipato alla presentazione della linea Junior Cristalfarma all’interno della sede aziendale: è sempre bello conoscere realtà che uniscono progetti imprenditoriali alla volontà di diffondere un’autentica cultura della salute e del benessere naturale per la famiglia.  

Prima una deliziosa colazione veg in compagnia di amiche blogger come Veronica di Verobiologico e Raffaella di Baby Green; successivamente siamo entrati nella sala riunioni, dove appesi alla parete abbiamo trovato le scritte Sogno e Relax. Sono le linee guida che ogni giorno ispirano il lavoro di Cristalfarma:  “Naturale” è la parola d’ordine, e questo già ci piace. Perché la mission di Cristalfarma è quella di trattare in maniera rigorosamente scientifica ciò che la natura ci offre, le componenti attive delle piante, con la stessa serietà che contraddistingue il mondo farmaceutico.

 cristalfarma banner

Il concetto è quindi quello di riprendere le conoscenze tradizionali dell’uomo, che esistono da quasi 4000 anni, e renderle di nuovo efficaci e dignitose, attraverso seri studi che coinvolgono medici e farmacisti. Così tutti i loro prodotti li troveremo solo in farmacia: non hanno bisogno di prescrizione, ma questo la dice lunga sulla serietà. E come loro siamo certi che i farmacisti e i medici sapranno raccomandarvi i prodotti studiati su misura per voi e le vostre famiglie! Già, perché a Cristalfarma hanno anche una linea dedicata proprio al bambino, e noi ne siamo contenti: finalmente avremo dei prodotti fitoterapici studiati apposta per loro, in modo da contrastare fastidi e disturbi vari solo attraverso la natura e le sue risorse.

Ma quali sono questi prodotti?

Partiamo con Vagostabil Junior: spesso i bambini soffrono periodi in cui faticano ad addormentarsi, o addirittura si svegliano ripetutamente durante la notte. Questo accade per svariati motivi, dovuti soprattutto allo stress, al nervosismo e alla somatizzazione di problemi familiari o scolastici. Attraverso la Passiflora, e l’Escolizia Vagostabil aiuta il bambino gradualmente a ritrovare il suo naturale ritmo del sonno: bastano due somministrazioni, una al mattino e una alla sera, fino alla scomparsa del fastidio, e il bambino ritroverà le sue forze e la sua vitalità, oltre che al benessere fisico e mentale che probabilmente era scomparso in quei momenti in cui si hanno problemi di sonno 

 

Il secondo prodotto perfetto per i nostri figli è certamente Imoviral Junior, l’integratore a base di Echinacea, Acerola (ricchissima di vitamina C), Arabinogalattano e Beta Glucano che li aiuta a rafforzare le proprie difese immunitarie in quei periodi di abbassamento e pericolo, come i cambi di stagione o i momenti in cui l’alimentazione non è bilanciata. Le malattie stagionali o le infezioni sono sempre dietro l’angolo, quindi, quando riteniamo sia il momento adatto per una profilassi, Imoviral ci viene assolutamente in aiuto, con cicli preventivi o come coadiuvante durante la malattia.

Relaxcol Junior è pensato invece per un altro problema tipico dell’infanzia, e cioè il gonfiore addominale e la cattiva digestione. Le piante qui coinvolte sono il finocchio, la melissa e le carrube, che, attraverso il trattamento, riducono il gonfiore e la tensione addominale, eliminano le coliche gassose e frenano meteorismo e flatulenza. Allo stesso tempo, però, aiutano nella normalizzazione della flora intestinale, grazie all’apporto integrativo di fruttoligosaccaridi.

Infine utilissimo è anche Cutamir il prodotto pensato per la pelle della famiglia, soprattutto per quella più sensibile che risente dei cambiamenti climatici, della sudorazione o dello stress. Da utilizzare quando se ne sente la necessità, Cutamir va in aiuto quando sentiamo prurito, irritazioni o secchezza, a prescindere dalla causa, che può essere lo smog, un’allergia, il pannolino, una scottatura o la sudorazione…

Giulia Mandrino 

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Recentemente vi abbiamo parlato di una interessantissima statistica che mostra come il tempo passato a casa sui compiti non significhi per i bambini un successo scolastico assicurato. O meglio: più ore di compiti non significa più apprendimento. E a dimostrarlo è anche la classifica dei migliori sistemi scolastici mondiali, che vede ai primi posti Corea e Finlandia, paesi nei quali le ore di compiti a casa sono davvero molto meno rispetto ad altri stati (come il nostro), stati che tuttavia scendono agli ultimi posti.

Troppi compiti a casa sono per noi onestamente deleteri. Ma cosa succederebbe se si decidesse davvero di eliminarli? Una scuola americana ci ha provato. Questo era il compito quotidiano assegnato agli alunni:

Politica del “niente compiti”: ecco le assegnazioni quotidiane per gli alunni.
- Leggete un libro alla vostra portata (e coinvolgete i vostri genitori)
- Uscite a giocare (e ciò non significa guardare più tivù)
- Cenate con la vostra famiglia (e aiutate ad apparecchiare e a sistemare)
- Fatevi una bella dormita

E questo è il risultato.

L’esempio concreto di una scuola che ha eliminato i compiti a casa: come cambia l’apprendimento quando i compiti vengono sostituiti da lettura e gioco libero

Innanzitutto, c’è da premettere che parliamo naturalmente di scuola elementare. Crescendo è giusto che i ragazzi si impegnino nello studio a casa, sia per apprendere meglio e raggiungere il successo scolastico che si prefiggono, sia per imparare a gestire il proprio tempo e ad affrontare le proprie responsabilità. Un bambino alle elementari, d’altro canto, è ancora piccolo, ha molte attività extrascolastiche, deve giocare (sì, deve!), deve leggere. Insomma, due ore al giorno di compiti dopo la scuola sono davvero troppe.

La pensava allo stesso modo Mark Trifilio, il dirigente scolastico di una scuola elementare, la Orchard School, nel Vermont (USA). Vedeva attorno a sé classi dello stesso anno con quantità differenti di compiti, classi di anni differenti con stesse quantità e altre stranezze dovute alle decisioni dei singoli insegnanti. Così ha iniziato a documentarsi e come noi si è imbattuto in differenti studi che provano che una maggiore quantità di compiti non è correlata con un migliore apprendimento o successo accademico (eccetto per la lettura: quella è l’unica attività davvero producente). Così all’inizio dello scorso anno scolastico durante la riunione di istituto ha fatto una proposta al suo corpo docente.

La proposta era un esperimento: nessuna classe avrebbe più avuto compiti a casa. Gli insegnanti avrebbero semplicemente chiesto agli alunni di leggere ciò che volevano, a casa, da soli o in compagnia di fratelli e genitori (anche in base all’età e al grado di capacità, naturalmente). Favorevoli? Tutti e quaranta gli insegnanti. Sì, tutti e quaranta!

Sul sito internet della scuola ora è quindi spuntata questa pagina, che attraverso le quattro semplici regole che vi abbiamo riportato sopra spiega la politica della scuola.

Dopo sei mesi, qual è il risultato? Per il dirigente, un successone. Gli alunni non sono peggiorati, ma anzi migliorati. E le famiglie, anche quelle che inizialmente storcevano il naso, sono contentissime, poiché i bambini ora hanno più tempo per giocare ed essere creativi, per seguire le loro passioni.

La lettura è uno dei migliori insegnanti: è questo ciò che si è capito. Attraverso essa, infatti, i bambini imparano ciò che sentono di volere imparare (anche perché i libri non sono imposti, ma solo consigliati, e piano piano sono gli alunni stessi a capire di cosa hanno bisogno e cosa davvero vogliono leggere).

Non solo: non essendoci compiti, le insegnanti in classe hanno molto più tempo (senza doverli correggere e senza dovere stare dietro all’ansia dei bambini e dei genitori - si sa, attorno ai compiti c’è sempre quest’ansia che aleggia, no?) e le lezioni sono molto più complete. Ad esempio, due ore di matematica adesso sono realmente due ore. I bambini alla fine della quinta sono quindi preparatissimi per le scuole medie, proprio come i loro colleghi che i compiti continuano normalmente a farli (se non di più).

(Immagine: http://bluebellsandcockleshells.com/how-to-make-a-waldorf-skip-counting-board/)

Per imparare le tabelline ci sono moltissimi metodi, da quello mnemonico a quelli più logici. Anche Maria Montessori ne aveva ideato uno, molto semplice, d’effetto e bello da vedere!

Stiamo parlando della ruota delle tabelline, o mandala delle tabelline (per la forma che si ottiene adoperandolo), uno strumento in legno semplicissimo da realizzare, ma soprattutto da utilizzare: il bambino utilizzerà dei fili di lana da avvolgere attorno ai chiodini esterni (numerati dallo 0 al 9), in maniera sequenziale.

Vedendo la lunghezza sempre identica o contando di volta in volta i numeri collegherà, ad esempio, il 2 al 4 e poi all’8 e poi allo 0 (che sarà il 10), di nuovo al 2 (che sarà il 12), eccetera. E così con tutti i numeri: per il 3 passerà al 6 e poi al 9 e poi al 2 (che significherà 12), al 5, e così via.

Ma come realizzare questo progetto? Ecco qua le istruzioni!

Come creare una ruota montessoriana o mandala delle tabelline: come realizzare a casa una tavola di legno perfetta per diventare un mandala per imparare le moltiplicazioni

Il procedimento è semplicissimo. Iniziate prendendo da un falegname o in un negozio di ferramenta o di fai da te una tavola tonda in compensato, non eccessivamente grande (contate che il bambino potrà tenerla tra le mani in maniera comoda) e, opzionalmente, dei piccolissimi cilindretti (sempre in legno: quelli per le giunture dei mobili che utilizzano i falegnami vanno benissimo).

Una volta a casa attrezzatevi con un trapano e un pennarello: saranno gli unici strumenti che vi serviranno.

Con il trapano, prendete la misura dei cilindretti e mettete la punta giusta. Fate quindi 10 buchi sulla vostra tavola di compensato (a circa 1 centimetro dal bordo), prendendo la misura dal centro in modo che siano regolari e a uguali distanza, aiutandovi con un filo o con un compasso.

Infilate quindi nei buchi che avete realizzato i vostri cilindretti, fissandoli con una goccia di colla in modo che non si stacchino in un secondo momento. In alternativa potete decidere di usare delle puntine da disegno (di quelle con l’impugnatura più alta e sagomata), infilandole bene nel legno con un martello. Tuttavia la prima soluzione è certamente la più indicata, poiché più stabile e soprattutto più sicura per essere maneggiata da un bambino.

Scrivete ora con un pennarello indelebile i numeri dallo 0 al 9 sotto ai cilindretti, uno per tacca.

(Immagine: http://bluebellsandcockleshells.com/how-to-make-a-waldorf-skip-counting-board/)

Et voilà! La tavola montessoriana per le moltiplicazioni è terminata. Ora serviranno solo dei fili di lana (meglio se di differenti colori: in questo modo i bambini potranno eseguire più tabelline nella stessa sessione, differenziandole con i diversi colori e creando al contempo bellissimi disegni geometrici).

(Immagine: http://bluebellsandcockleshells.com/how-to-make-a-waldorf-skip-counting-board/)

Il biologico dovrebbe essere la norma. Perché? Perché non possiamo e non dobbiamo dimenticarci che il cibo vero e autentico è solo quello biologico.

Paradossalmente oggi si ritiene il bio un'eccezione, un plus. Dobbiamo invece renderci conto che fino a settant’anni fa le coltivazioni erano naturalmente biologiche. Me lo ricordava sempre mia nonna, cresciuta in campagna in una famiglia contadina: "mio papà era molto preoccupato quando ha visto che iniziavano a usare pesticidi e sostanze chimiche nei campi".

Vorrei che i miei bimbi capissero il valore di un'agricoltura autentica, di un equilibrio sano e rispettoso tra la terra e l'uomo: solo in questo modo il suolo può offrirci frutti in grado di nutrirci davvero, non solo sfamarci.

Ecco perché abbiamo fatto una chiacchierata con Veronica Bagnacani, la fondatrice di Vero Biologico (http://www.verobiologico.it), un blog unico che vuole essere punto di incontro per lo scambio di informazioni veritiere su un tema così sensibile come il discorso sul “bio”.

Perché il biologico deve essere la norma, e non l’eccezione: l’intervista interessantissima alla fondatrice di “Vero Biologico”, che ci spiega l’importanza del “bio”

Veronica, com’è nata l'idea di aprire un blog sul mondo del biologico?

VeroBiologico è nato dalla semplice constatazione che non esisteva un “contenitore” fruibile in rete sui temi del biologico e di scelte di vita sostenibile che si basasse su esperienze di vita vissuta e informazioni chiare e semplici sull’argomento. Dalla nascita di mio figlio, ho iniziato un percorso di condivisione di informazioni e approfondimenti di temi tutti legati al mangiare sano, scelte consapevoli per il benessere delle famiglie e la tutela dell’ambiente, tutti temi che dovrebbero avere la massima attenzione da parte di tutti.

Molte di noi dopo i recenti servizi di Report si sono un po’ preoccupate: investiamo molto del nostro budget per cercare di comprare prodotti con il marchio bio e poi scopriamo che non lo sono. Ci sentiamo molto deluse. Ma quindi il biologico è una fregatura o esiste davvero?

Per me questo servizio di Report è stato, al contrario di quanto pensano in molti, una grande opportunità per il biologico di mostrare il suo volto migliore.
La tesi del servizio era che esistono truffe nel mondo del bio della grande distribuzione e che i controlli non sono adeguati. E queste sono due verità assolute. Il messaggio positivo che è passato in modo meno palese è che esistono piccole realtà virtuose che invece operano in modo serio e responsabile per tutelare non solo la nostra salute e l’ambiente, ma anche il benessere degli operatori del settore agricolo escludendo l’uso di pesticidi e sostanze chimiche di sintesi. È a queste realtà virtuose che dobbiamo rivolgerci e che dobbiamo premiare con i nostri acquisti.
Bisogna aggiungere che truffe esistono nel biologico come nel convenzionale, sta a noi riuscire a diventare consumatori più attenti e consapevoli.
Io ad esempioa chi ci rivolge ogni giorno questa domanda: “Come posso evitare di essere truffato? Dove trovo prodotti veramente bio?”, rispondo che esistono realtà virtuose e una soluzione può essere entrare a far parte di un gruppo d’acquisto solidale; un’altra opzione è frequentare i farmers market della propria zona; e infine ci si può rivolgere direttamente ai produttori con cui instaurare un rapporto di fiducia diretto, evitando, per quanto possibile e compatibilmente con il proprio stile di vita, di fare la spesa unicamente presso la grande distribuzione.

Come fare per riconoscere davvero un prodotto bio?

I veri prodotti biologici seguono delle regolamenti precisi e l’etichetta certifica e, in generale, garantisce che il prodotto commercializzato provenga da agricoltura biologica. Mi spiego meglio:
- Le diciture “bio” o “biologico” in assenza di una etichettatura chiara, che segua le regole descritte di seguito, non sono affidabili. Un prodotto biologico deve essere sempre sottoposto a verifiche da parte di un ente di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole per poter essere venduto in Italia.
- Nome e indirizzo dell’operatore, del proprietario e del venditore del prodotto: sui prodotti bio deve essere sempre presente il nome dell’ultimo operatore che ha maneggiato il prodotto, ad esempio produttore, trasformatore o venditore. Nel caso che i prodotti non siano confezionati, il cliente può richiedere la certificazione che attesti che si tratti di un prodotto biologico certificato correttamente da un ente autorizzato.
- Nome del prodotto, che deve essere accompagnato da un riferimento al metodo di produzione biologico nella denominazione di vendita per i prodotti con almeno il 95% in peso degli ingredienti di origine agricola bio.
- Numero di codice. È il numero di codice attribuito dallo Stato all’organismo di controllo del biologico che ha effettuato le proprie verifiche sul produttore o sul più recente passaggio di trasformazione. - In Italia il numero di codice inizia con la sigla IT. Deve anche esserci il codice numerico che in Italia viene attribuito dal Ministero delle Politiche Agricole.
- Logo europeo: è la famosa foglia verde formata dalle stelline bianche. Accanto al logo UE, la dicitura Italia (IT) quando le materie prime bio alla base del prodotto siano state coltivate in Italia. Se i prodotti hanno provenienza mista, UE ed extra UE, potreste trovare sulle confezioni una dicitura doppia, ad esempio “Agricoltura UE – Non UE”.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Quando il vostro bimbo inizia ad interagire, comincia anche quel periodo durante il quale i momenti quotidiani come la pappa o il bagnetto diventano finalmente divertenti, attimi familiari che si trasformano in occasione per giocare e per passare il tempo con il proprio bimbo, che apprezza moltissimo quando una situazione apparentemente obbligatoria si trasforma in qualcosa di ludico!

Oggi vi parliamo proprio del bagnetto: la solita paperella è ormai superata, e il nostro partner nel progetto salute Miniland Baby con il suo Bath Kit ci ha dato la giusta idea, scatenando la nostra fantasia! Ecco quindi le nostre 10 idee per godersi ancora di più il momento del lavarsi!

Come rendere il momento del bagnetto divertente con 10 giochi: le nostre 10 proposte per attività acquatiche da poter svolgere insieme al vostro bimbo tutti i giorni, durante il lavaggio quotidiano nella vaschetta o nella vasca da bagno

Preparate quindi vaschetta, acqua calda e sapone! Si inizia con la stimolazione dei sensi, che può essere un gioco eseguito da subito ma che diventa davvero divertente a partire dai quattro mesi, quando il bambino comincia ad afferrare gli oggetti con le sue manine. Approfittate dei materiali usuali che utilizzate durante il bagno e lasciate che i bimbi li tocchino, scoprendoli con le mani, con il corpo e con la bocca: spugne di diverse consistenze (come ad esempio quella contenuta nel Bath Kit di Miniland), salviette di tessuti differenti (da quelle in spugna a quelle in cotone, bagnate o asciutte), saponette naturali...

Divertente è anche dotare la vasca di uno specchio (ce ne sono fatti apposta di plastica per non rischiare pericoli), continuando una di quelle attività montessoriane che solitamente eseguiremmo in situazioni “normali”, fuori dalla vasca, e cioè il gioco dello scoprirsi attraverso il proprio riflesso.

Anche se il bagnetto già di per sé è ricco di bolle, perché non aumentarne la quantità? Prendete una di quelle pistole giocattolo per creare le bolle, o i soliti aggeggi per soffiarle con il fiato, e tutto sarà ancora più divertente.

Con delle spugne abbastanza grandi e basic potrete ritagliare delle maschere o dei cerchietti per trasformare i bimbi in principi, principesse, re, supereroi o chiunque loro vogliano essere. Fateglieli indossare durante il bagnetto, dopodiché leggete una storia o inventatene una insieme, giocando un po’ alla recita.

Per rendere il bagnetto ancora più interessante esistono poi dei naturali coloranti per acqua adatti ai bambini, in forma di pastiglie o palline che si sciolgono. Fategli trovare l’acqua ogni volta di un colore differente, inventandovi poi la storia più intrigante: il rosso è un geyser pericoloso, il blu è il brodo di mago merlino che vuole papparsi quel bambino, il rosa è il bagnetto delle principesse...

Ma i giochi con i colori non finiscono qui, perché in commercio esistono dei pennarelli fatti apposta per essere utilizzati durante il bagnetto: disegnare sul proprio corpo è una delle attività più affascinanti per i bambini, anche perché è un po’ un “tabù” e un divieto durante il resto della giornata!

A volte la tradizione è la migliore scelta. Perché se sono diventati un classico, un motivo c’è, e sta tutto nel divertimento: parliamo dei pupazzi da bagnetto, che ai bambini piacciono sempre e che sempre devono avere con loro durante il lavaggio. Fanno loro compagnia, li stimolano, permettono di inventare storie e giochi liberi... Prendete ad esempio quelli del Bath Kit di Miniland Baby: un orso polare e un ippopotamo che diventano in un attimo amici. Nel kit, poi, è inclusa anche una simpaticissima tigre-termometro da appendere tra il doccino e il tubo: serve essenzialmente ad evitare che il bambino si scotti per l’acqua troppo alta (grazie all’indicatore visivo e immediato), ma rende il momento molto più divertente rispetto ai soliti termometri noiosi e “da adulti”.

Scommettiamo che avete in casa le famose letterine magnetiche da appendere al frigorifero. Prendetele e gettatele nella vasca: basterà creare una canna da pesca con un bastoncino, un filo e un pezzetto di metallo per organizzare una simpaticissima pesca alfabetica durante il bagnetto!

Prendete poi le marionette da mani, quei pupazzetti alti tre o quattro centimetri da infilare su ogni dito. Il momento del bagnetto si trasformerà così in una divertente scenetta di pupazzi: inventate la storia man mano insieme ai bimbi e divertitevi a immergere i pupazzi nell’acqua!

Infine, tirate fuori dalla borsa del mare maschera, boccaglio e occhialini: si può fare immersione anche in casa! E cosa c’è più affascinante per un bambino del poter guardare con i suoi occhi cosa succede sotto il pelo dell’acqua? Potrete anche disseminate, oltre ai pupazzi da bagnetto, dei sassolini, delle finte alghe e altri materiali che affondano: la ricerca sarà ancor più coinvolgente!

Parlare dei temi di attualità con i bambini sembra sempre difficilissimo. Lo sembra perché in tivù ci presentano le cose come disastrose, strane, difficili e chi più ne ha più ne metta. Anche se queste situazioni difficili lo sono, c’è sempre un modo per parlarne ai bambini facendo sì che capiscano fino in fondo, ragionino con la loro testa e prendano la loro (naturale) posizione, senza tutto ciò di accessorio che sta attorno.

Questo modo è semplicissimo: è la lettura. C’è sempre, sempre un libro capace di trovare per noi le parole che non riusciamo a dire. Perché è vero, spesso è difficile parlarne, e non dobbiamo vergognarci di questo. Ecco perché farsi aiutare da un libro non è mai una cattiva idea. Anzi! Come sapete siamo promotori della lettura a tutte le età! Anche quando sembra che questa attività sia il nemico giurato dei nostri bambini.

Oggi vogliamo quindi darvi qualche consiglio di lettura per quanto riguarda un tema oggi davvero sentito e attuale: l’immigrazione. Perché questo argomento ha moltissimi risvolti (l’immigrazione “normale”, quella clandestina, i barconi che tragicamente naufragano ogni giorno, l’integrazione...) e per ognuno di essi c’è un libro per bambini e ragazzi che vuole parlare per noi, spiegando in maniera leggera ma profonda tutto ciò che i bambini hanno bisogno di sapere.

8 libri per bambini per parlare di immigrazione e migranti: i nostri consigli di lettura sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione per quando non troviamo le parole

Innanzitutto, il nostro consiglio è sempre quello di partire da un libro di favole o di culture del mondo. Evitare i pregiudizi, conoscere gli altri popoli e interessarsi alle culture è il primo passo verso il rispetto di tutti. Ecco perché prima di parlare di immigrazione è bene parlare del mondo intero! Siamo tutti uguali, ma tutti abbiamo le nostre bellissime tradizioni e abitudini. Il libro più completo in questo senso è “Popoli e culture del mondo” di Mack. Puoi comprare qui questo libro.

Passiamo quindi ai libri che parlano prettamente di immigrazione. Perfetto è “L’immigrazione spiegata ai bambini - Il viaggio di Amal” di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, edito da Becco Giallo Editore. Parla di un gruppo di animali su una barca che, aiutati da piccoli padroncini, tentano di scappare dal loro paese, distrutto da uomini cattivissimi. Una storia davvero molto simile alla realtà che spiegherà con dolcezza ai bambini il “perché” più gettonato: “Mamma, perché quelle persone decidono di mettersi in viaggio se sanno che poi naufragheranno?”. Puoi comprare qui questo libro.

C’è anche un altro libro che risponde alla domanda “Cosa spinge le persone ad andare via dal loro Paese?”: “L’immigrazione a piccoli passi” di Sophie Lamoureux e Guillaume Long, che parlano ai bambini di quanto è difficile adattarsi ad una nuova lingua, ad una nuova cultura, al cibo diverso e anche alle persone ostili. Stimolando così l’empatia dei nostri bimbi. Puoi comprare qui questo libro.

Il Battello a Vapore ha invece pubblicato un bellissimo libro che parla in maniera semplice ma molto veritiera di un viaggio di una mamma e di una figlia che scappano da un paese in particolare: l’Eritrea. Il libro di intitola “Dall’altra parte del mare” e l’autrice è Erminia Dell’Oro. Il viaggio che racconta è un viaggio di speranza e di pace, e per questo ci piace. Puoi comprare qui questo libro.

Bellissimo è anche “A braccia aperte - Storie di bambini migranti”, una raccolta di racconti che parlano di bimbi che arrivano da Sarajevo, dalla Siria, dalla Polonia, ma anche dal sud al nord e dal nord in Svizzera. Un po’ di tutto, per immedesimarsi davvero in ogni situazione. Puoi comprare qui questo libro.

“L’isola del grano blu” è un libro di Giovanni Calvino e parla in maniera specifica delle migrazioni attraverso il mare, e cioè quelle in primo piano in questo periodo nei telegiornali e sui media. Immigrazione, guerra, tutela dei minori, legge del mare e accoglienza: tutti temi difficili da spiegare a parole, ma trattati molto bene e con delicatezza. Puoi comprare qui questo libro.

“Cinque cuccioli di animali si ritrovano insieme su una zattera alla deriva in mezzo al mare. Hanno con sé delle valigie in cui conservano i doni dei loro genitori, insieme ai sogni, alle speranze e alle paure di quello che li aspetta al di là del mare”: questo il tema di “La zattera” di Lucia Salemi, libro che insegna il valore di “aprire la propria valigia” condividendo le proprie esperienze con gli altri. Puoi comprare qui questo libro.

Infine, ecco “Sogni al di là del mare - storie di migranti tra realtà e fantasia”, libro che raccoglie una serie di racconti più o meno romanzati di bambini e ragazzi protagonisti di storie, più o meno difficili, di emigrazione. Puoi comprare qui questo libro.

 La redazione di mammapretaporter

 

No, non vogliamo le mimose. Non le vogliamo perché c’è ancora troppa violenza nei confronti delle donne, troppa discriminazione. E non è un fiore a cambiare le cose. Forse un gesto più concreto può valere di più, può sensibilizzare meglio. Ecco perché l’iniziativa di “Non una di meno” ci piace: uno sciopero femminile di 24 ore per la giornata dell’8 marzo.

Niente mimose l’8 marzo, è meglio uno sciopero: l’invito di “Non una di meno” allo sciopero femminile per sensibilizzare contro la violenza sulle donne nella giornata a loro dedicata

L’iniziativa dello sciopero nel giorno dell’8 marzo non sarà lieve: ad essere coinvolti sono più di 40 paesi nel mondo (anche gli USA, che continueranno la lotta contro Trump iniziata con la Women’s March del mese scorso), che grazie a questo grido silenzioso (ma non troppo) sperano di sensibilizzare finalmente in maniera concreta su un tema a noi molto caro: quello della violenza sulle donne.

Sul sito di “Non una di meno” (l’organizzazione che certamente ricorderete per aver portato in piazza, lo scorso novembre, più di 200.000 persone per manifestare contro la violenza maschile e i femminicidi) c’è il Vademecum di “Sciopero Lotto Marzo”: l’invito è quello a scioperare (fisicamente o metaforicamente), a partecipare ad assemblee dedicate, a organizzare cortei nelle città e a partecipare a flashmob o proteste sul web, il tutto per continuare a tenere vivo questo importante tema.

Lo sciopero, in particolare, è l’iniziativa che più ci colpisce: se davvero tutte lo prendessimo in considerazione, l’eco sarebbe enorme e rilevante! Ecco perché chi vuole è invitata a fermarsi: lavoratrici dipendenti, autonome, pubbliche, ma anche disoccupate e casalinghe. Tutte, per 24 ore, dovranno posare lo strumento di lavoro, con l’assicurazione di essere legittimate da una copertura sindacale (indipendentemente dal fare parte o meno di un sindacato: qui trovate il Vademecum).

E le lavoratrici nel campo della comunicazione? A loro è affidato un altro compito, e cioè quello di unirsi alla mobilitazione scioperando ma anche veicolando, quel giorno ma non solo, contenuti di denuncia contro i media sessisti, quei media che creano pubblicità mercificanti, che esaltano il trash della violenza in tivù e che difendono gli stereotipi più retrogradi.

Lo sciopero è stato proclamato ufficialmente da diversi sindacati (tra cui la CGIL) e ciò permetterà di potersi fermare, per 24 ore, nel giorno dedicato alle Donne per urlare al mondo il proprio supporto alla causa. L’iniziativa arriva infatti alla fine di un percorso che è iniziato lo scorso 26 novembre nelle piazze e che è continuato il 4 e il 5 febbraio a Bologna (quando mille e seicento femministi si sono ritrovati nelle aule di Giurisprudenza per confrontarsi su otto tavoli tematici: lavoro e welfare, femminismo migrante, diritto alla salute sessuale e riproduttiva, educare alle differenze, percorsi di fuoriuscita dalla violenza, sessismo nei movimenti, narrazioni della violenza attraverso i media, piano legislativo e giuridico): ad essere messo in discussione è il piano contro la violenza sulle donne varato nel 2015 dal governo, troppo debole, al quale è stata affiancata la proposta di “Non una di meno” per un Piano Femminista Contro la Violenza.

Astenetevi dunque dal lavoro produttivo e riproduttivo, mercoledì 8 marzo; fate sì che le 24 ore della giornata siano colorate con il nero e il fucsia che distinguono la matrioska simbolo di “Non una di meno”; indossate il vostro “pussyhat”, il cappello rosa con orecchie di gatto che ha contraddistinto la marcia femminile negli Stati Uniti (qui trovate tutto ciò che c’è da sapere, insieme a qualche pattern per cucirvelo da sole!).

(Immagine)

Ma soprattutto, sovvertite l’indecente tendenza degli ultimi anni, quella delle frivole “girls night out” (che si possono organizzare tutte le sere, ma magari l’8 marzo evitiamolo, va’), quella delle serate negli strip club a vedere spogliarelli maschili che, non so a voi, ma a noi fanno solo esclamare un bel “bah...”, quella della giornata della donna intesa come femminismo sbagliato, tutto frufru e mimose, tutto bacini tra amiche e gridolini da ochette. Quello non è femminismo.

“Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo”, è lo slogan dello sciopero. E allora anche a noi viene voglia di metterci a braccia conserte. Finché davvero non capiranno il nostro valore.

(Foto: Evan Crouch)

Ieri vi abbiamo parlato dei negozi online dove comprare la learning tower montessoriana, e cioè lo sgabello fatto apposta per i bambini, per alzarli al livello della cucina in modo che possano lavorare e cucinare insieme a noi, sviluppando le loro capacità di indipendenza e di manualità.

Se però vi sentite in vena di DIY, se avete quindi tempo per mettervi in gioco e darvi al fai da te, sappiate che costruirne una con le proprie mani non è così difficile come si potrebbe pensare! Soprattutto perché c’è una base perfetta ed economicissima: una scaletta Ikea che sembra fatta apposta per partire a costruire la nostra learning tower!

Come costruire la learning tower con le proprie mani: partendo da una scaletta Ikea, ecco lo sgabello montessoriano DIY per il raggiungimento di manualità e indipendenza

Il primo passo è quindi quello, semplicissimo (e divertente: è pur sempre shopping!), di comprare la scaletta/sgabello Bekvåm, disponibile in legno naturale oppure già laccata di bianco, comoda quindi se scegliete di dipingere la vostra learning tower di questo colore neutro. Costa solo 15 euro, e il materiale successivo certamente non sarà eccessivamente caro.

(Immagine: Ikea)

Comprate poi in un negozio per il fai da te un listellone quadrato in faggio, lungo almeno 3 metri e largo circa 4/5 centimetri. Tipo questo, da Leroy Merlin. Questo costa 3.70: capite che il prezzo è davvero accessibile.

Con una sega, tagliate da questo listello quattro pezzi lunghi 40 centimetri l’uno. Tenete da parte il restante materiale, che vi servirà per collegare i listelli e costruire la protezione.

Iniziate costruendo una sorta di gabbia che sia larga e lunga quanto il gradino superiore dello sgabello ikea, utilizzando in altezza i quattro listelli da 40 centimetri e collegandoli tra loro con altri listelli, aiutandovi con trapano e viti.

(Immagine: http://happygreylucky.com/ikea-hack-toddler-learning-tower-stool/)

Prendete poi questa gabbia e montatela sul gradino superiore dello sgabello, fissandola con delle viti.

(Immagine: http://happygreylucky.com/ikea-hack-toddler-learning-tower-stool/).

Montate poi il resto dello sgabello ikea e fissate, con del collante per legno oppure con altre viti, un altro listello sulla cima superiore della gabbia, in modo da formare la “protezione” anticaduta (meglio se il listello è tondo: anche questo lo si trova nei negozi di carpenteria e fai da te).

(Immagine: http://happygreylucky.com/ikea-hack-toddler-learning-tower-stool/)

Se volete, potete anche dipingere la vostra learning tower, scartavetrando il legno e spruzzando una vernice spray atossica (molto più comoda della pittura classica!), scegliendo il vostro colore preferito!

(Immagine: http://onefreehand.com/learning-tower-diy)

Sara

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Cecilia

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