Come molte verdure, i broccoli dovrebbero essere consumati crudi per assicurarsene tutti i benefici. E in effetti quando parliamo di questo ortaggio il concetto è ancora più importante, poiché cuocendoli viene persa una sostanza davvero fondamentale per l’organismo: il sulforafano. Cos’è? Ora ve lo spieghiamo. E vi spieghiamo anche come riuscire ad assicurarsi di assumerlo attraverso i broccoli!

Il sulforafano, la sostanza anticancro contenuta nei broccoli: cos’è questa sostanza e come fare per assumerne nonostante la cottura

Partiamo per gradi. Il sulforafano altro non è che una sostanza che da anni si è scoperto essere alleata dell’organismo per la lotta e la prevenzione di varie patologie, come il cancro, l’artrite e il diabete (poiché aiuta a riparare i danni all’apparato cardiocircolatorio provocati dall’iperglicemia). È inoltre antinfiammatorio e antibatterico. Insomma, è una botta di vita.

Il problema è che nei broccoli questo sulforafano si trova sotto forma di glucorafanina (detta anche sulforafanina), e cioè una forma praticamente inattiva della sostanza. Non basta quindi mangiare molti broccoli per assicurarsi i benefici del sulforafano. Per attivarsi e diventare sulforafano questa glocorafanina deve entrare in contatto con l’enzima mirosinasi, e questo avviene solo quando il broccolo viene scomposto, e cioè durante la masticazione oppure la frullatura, la centrifugazione o il pestaggio. Questo semplicemente perché le due sostanze, la glocorafanina e l’enzima mirosinasi, si trovano in due scomparti cellulari differenti della pianta, e per produrre il sulforafano devono incontrarsi.

In poche parole: il sulforafano è dato dall’incontro tra la glucorafanina e l’enzima mirosinasi, che si uniscono solo quando la pianta viene scomposta.

Il problema è che la cottura è deleteria, poiché la glucorafanina si scioglie in acqua e l’enzima mirosinasi non è immune al calore (ma anzi, viene distrutto). Ecco perché la bollitura, che è la forma di cottura con la quale i broccoli vengono preparati la maggior parte delle volte, è davvero sconsigliata!

Sembrerà quindi un’idea bizzarra e impraticabile, ma d’ora in poi sappiate che sarebbe sempre meglio consumare i nostri broccoli crudi. Non temete, però. Non vi stiamo proponendo di prendere le cimette dei broccoli e di mangiarle così, come fossero carote o sedano in pinzimonio. Se proprio non amate la consistenza, ci sono altri modi per consumarli mantenendo tutte le proprietà e soprattutto senza distruggere il sulforafano.

Innanzitutto, tenete presente che più si masticano e più i broccoli producono sulforafano, e quindi questo concetto può essere esteso al pesto, sugo che prevede la macinazione delle verdure e che quindi riproduce la masticazione. Prendete quindi 4 o 5 broccoli freschi, lavateli bene e metteteli nel frullatore con qualche mandorla, sale e pepe. Frullate e aggiungete a filo dell’olio, fino a che non risulterà tutto cremoso (se serve, aggiungete un po’ d’acqua!).

Perfetti sono anche i germogli di broccolo, che contengono, in concentrazione, molta più glucorafanina dei broccoli normali! Utilizzateli quindi nelle insalate, a crudo, oppure pestateli nel mortaio con un filo d’olio per un pesto saporito che può essere utilizzato spalmato sulle fette di pane integrale.

Ultima idea per gustarli crudi è tagliare i broccoli finissimi, per il senso della lunghezza, e aggiungerli alle vostre insalate.

Tuttavia, se volete continuare a cuocerli, una soluzione c’è, e la risposta viene proprio dalla chimica. Come dicevamo il sulforafano è il prodotto di glucorafanina+mirosinasi. Se la misorinasi viene distrutta dal calore, la glocorafanina invece è più resistente, pur essendo debole quando viene immersa in acqua. Basterà quindi utilizzare una cottura che mantenga la glucorafanina (quindi in padella o al vapore), aggiungendo poi alla ricetta, a fine cottura, un alimento contenente mirosinasi che sia buono anche da crudo. Ad esempio? La senape! Se quindi avete preparato un sugo di broccoli, ad esempio, o se semplicemente li avete fatti saltare in padella per mangiarli come contorno, spolverateli con dei semi di senape e abbiate cura di masticare benissimo per sprigionare tutto il sulforafano di cui avete bisogno!

L'unico integratore attualmente presente sul mercato è il Carbitech,a base di Sulforafano, Quercetina, Piperina, Vitamina D, Zinco gluconato. 

SULFORAFANO: come abbiamo detto è la sostanza contenuta nelle crucifere, possiede azione diretta sullo sviluppo delle cellule tumorali provocando l’inibizione della divisione cellulare e favorendo l’apoptosi di cellule anomale. Azione equilibrante ormonale, favorendo la riduzione di estrone 16 (16 OH) a favore di estrone 2 (2OH) riducendo il rischio di patologie mammarie. Le principali attività di estrone 2 sono quelle di mantenere un’attività ormonale giovane e rallentare i processi di senescenza della ghiandola mammaria. Ha effetto batterio statico e battericida sull’ helicobacter pilori.

QUERCETINA: ha azione antiossidante e protegge la doppia elica del DNA dall’ossidazione dei radicali liberi. La quercetina inibisce numerose fasi che portano alla liberazione di Istamina ed alla produzione di prostaglandine ad azione proinfiammatoria.

PIPERINA: inibisce il citocromo p450 favorendo una maggiore biodisponibilità del principio attivo (sulforafano). Ha azione antiossidante e termogenica.

VITAMINA D: azione antiossidante.

ZINCO: rafforza il sistema immunitario potenziando l’attività dei linfociti T, cellule CD4, NK.

 

 Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Lo diciamo sempre e non ci stancheremo mai di ripeterlo: il tempo con i bambini è importantissimo, e soprattutto è fondamentale quel tempo passato insieme facendo piccole cose, non grandi gesti. Il nostro suggerimento è quindi sempre quello di prendersi un quarto d’ora al giorno nel quale giocare, rilassarsi o inventarsi attività con i propri figli, un tempo nel quale il cellulare deve essere staccato e l’attenzione non deve spostarsi dai bambini.

Il rischio, tuttavia, è che questi momenti, diventando abitudine, perdano di significato. L’importante, quindi, è focalizzarsi e sintonizzarsi fino in fondo con il tempo passato insieme ai bambini, per non correre il pericolo di mostrarci distaccati ai loro occhi.

Come rendere il tempo con i bambini davvero significativo: perché è fondamentale sintonizzarsi sui momenti passati con i propri figli e come aiutarsi in questo importante proposito

Come dicevamo, ogni giorno bisognerebbe staccare la spina e prendersi un quarto d’ora da dedicare ai bambini. Sembra semplice, e sembra scontato, ma pensateci: quando giocate con i bambini o vi prendete del tempo per stare con loro, siete davvero mentalmente sgombri e pronti a immergervi completamente nel loro mondo? Oppure avete ancora quel pensiero rivolto al lavoro, alla spesa e alla suocera?

Il primo passo, quindi, è quello di spegnere il cellulare. Un gesto concreto ma anche simbolico, che vi aiuterà inconsciamente a focalizzarvi davvero sulla situazione, dedicandovi completamente ai bimbi.

Tuttavia, quando questi momenti divengono un’abitudine, il rischio che si trasformino in qualcosa di scontato è dietro l’angolo. Ed ecco che in testa rispuntano automaticamente quei pensieri rivolti alla scadenza sul lavoro, alla scadenza del formaggio in frigorifero, a quella chiamata che dovete fare alla vostra amica in difficoltà. È normale, purtroppo, ma questo implica conseguenze importanti. In primis su voi stessi, che vi perdete tutto quel prezioso tempo con i bambini e che - sì, capita - iniziate ad annoiarvi o a pensarlo come una perdita di tempo; in secondo luogo sui bambini, che inevitabilmente sentono questo vostro distacco.

Il discorso certamente verte quindi più sulla qualità del tempo passato insieme, più che sulla quantità. La soluzione è cercare di immergersi completamente, con il corpo e con la mente, in questi momenti, consapevoli della loro importanza.

La consapevolezza è la chiave di tutto. E questa consapevolezza dovrebbe essere praticata tutto il giorno, non solo in quei momenti con i bambini, in modo da trasformare qualcosa di abitudinario in qualcosa di naturalmente normale, ma in senso più profondo e, appunto, consapevole. Provate quindi a cambiare quelle piccole cose nella vostra vita che vi rendono ansiosi e frettolosi. E il resto (e cioè il tempo passato con i bimbi) verrà da sé e ne beneficerà.

Prima regola, quindi, è quella di rallentare. Tutti ormai hanno vite frenetiche, lavori che prendono moltissimo tempo, case da mantenere e da pulire, turni da organizzare e cene da preparare. Tuttavia il segreto è non farsi prendere dall’ansia, respirando quando ci rendiamo conto della fretta che ci sentiamo addosso. Rallentate, quindi, prendete una profonda boccata d’aria e mettete ordine nei pensieri. Rallentare diventerà così naturale per sentirsi meglio, e i momenti che vi prendete con i bambini vi parranno molto più necessari e naturalmente rilassanti.

In secondo luogo, cercate di comunicare a parole, e non solo a gesti, la gratitudine e l’orgoglio che provate nei confronti di chi amate. Prima di tutto il vostro compagno, ma soprattutto i bambini, ai quali sentirsi dire “sei stato bravissimo” o “mi piace questo gioco che hai inventato!” fa sempre un piacere immenso. Per non parlare dei semplici “ti voglio bene”!

Terza regola, fondamentale, riprende il concetto del tempo passato insieme di cui parlavamo all’inizio. Quando state in famiglia, cercate di esserci. E non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Cercando, soprattutto, di connettervi con gli altri. A volte si è in famiglia, a tavola, ma ognuno ha i suoi pensieri, ognuno ha le sue mail alle quali rispondere. Posate il cellulare, mettete da parte i pensieri, e date un abbraccio a chi vi sta accanto.

Piccoli gesti e abitudini? Sarà. Ma fanno la differenza.

Di star in prima fila a favore dell’allattamento (in privato e in pubblico) ce ne sono a bizzeffe. Tuttavia, non sono molte quelle che parlano anche di quelle mamme che non si sentono di allattare, o in generale del non giudicare le scelte altrui. Olivia Wilde l’ha fatto, e le sue parole fanno riflettere. 

Le belle parole di Olivia Wilde sull’allattamento: perché nessuna donna dovrebbe giudicare le scelte delle altre mamme

“Se allatti si crea un legame più forte”. Vero. “Se allatti aumenti le difese immunitarie del tuo bambino”. Vero anche questo. “Se allatti sei una mamma migliore”. No, questo no. E’ falsissimo. Perché non sono le scelte (o le non-scelte, poiché non è sempre una scelta l’allattamento o il latte artificiale) a fare di una donna una buona madre!

Tra le attrici che hanno parlato dell’argomento, recentemente si è unita Olivia Wilde, la bellissima moglie di Jason Sudeikis. Lei e il marito hanno due figli, Otis Alexander (che quest’anno compirà tre anni) e Daisy Jospephine, nata lo scorso ottobre.

Sin da subito Olivia si è sentita di allattare il suo bambino, e l’ha fatto anche con la secondogenita Daisy. Senza vergogna, nemmeno in pubblico, tanto che ha postato sul suo profilo instagram un bellissimo scatto della sua pupa attaccata al seno, commentandolo simpaticamente “la mia compagna di bevute”.

Dopo qualche giorno, ad un’intervista alla rivista People, ha quindi espresso il suo punto di vista su questo delicato argomento materno. 

Sì, lei ha scelto di farlo, ma ha anche dichiarato che dal suo punto di vista non le piace l’idea che qualcuna sia forzata a farlo, o che possa sentirsi in colpa se non lo fa. “Allattare non è semplice - ha rivelato - ed è anche disordinato. Per il 90% del tempo sei ricoperta do latte. Ma per me, personalmente, è stata un’esperienza meravigliosa”.

Nella stessa intervista ha parlato anche dell’essere mamma di un maschio e di una femmina, per portare la conversazione su qualcosa di più sfizioso. “Otis - ha detto - ama moltissimo essere un fratello maggiore ed è stato molto accomodante. Siamo fortunati perché è una persona dolcissima. Il contrario di noi!” ha scherzato. E per quanto riguarda Daisy, la femminuccia, Olivia ha ammesso che non avrebbe mai pensato di diventare una mamma “femminile”, attenta al rosa e alle cose da principesse. “Credevo che avrei rinnegato tutto ciò, ma alla fine ho abbracciato anche questo aspetto”.

Ma Olivia non ha parlato solo della sua esperienza, recentemente. E’ di qualche settimana fa, infatti, un post davvero divertente (ma purtroppo vero e grottesco), riguardo alla pubblicità di un tiralatte su Amazon. Insomma, Olivia Wilde ha smascherato le pubblicità fasulle, quelle che fanno pensare alle neomamme di essere sbagliate perché non in forma e non perfette dopo il parto. Guardate da voi l’immagine, e poi leggete il pensiero di Olivia!

“Velocemente, faccio una breve pausa dallo shopping natalizio online (quello delle persone pigre) per sparare merda su questa pubblicità per un reggiseno tiralatte, perché questa signora chiaramente non ha partorito recentemente e non ha bisogno di un tiralatte per pompare il latte. Vorrei inoltre dare un abbraccio virtuale a questa modella che ha dovuto fingere di aver partorito poco fa quando, chiaramente, ha speso il suo ultimo anno sollevando pesi leggeri e meditando. (Un’altra nota: come mai Amazon inserisce pubblicità di tiralatte in ogni maledetta ricerca che faccio? Non sono più sul mercato, Amazon! Falla finita!). Ps. Io questo reggiseno ce l’ho, ed è pazzesco”.

La ricetta originale prevede l'utilizzo della farina bianca. Tuttavia, noi amiamo anche questa versione preparata con la farina di sorgo, che è naturalmente senza glutine, e quindi perfetta per i celiaci e gli intolleranti, e ricca di fibre e nutrienti. E l'aggiunta dello yogurt greco direttamente nell'impasto rende il tutto ancora più digeribile.

Ecco la nostra ricetta per crepes senza glutine alla banana e yogurt greco: l'alternativa gluten free alle crespelle dolci per celiaci e intolleranti al glutine

 

Negli ultimi anni un sempre maggiore numero di persone si è scoperto essere intollerante al glutine, o in altre parole celiaco. Ciò non significa che sia una “moda” passeggera, o una tendenza degli ultimi anni. Significa solo che i sintomi prima erano difficilmente collegabili a questa intolleranza, e perciò la malattia non veniva diagnosticata (con conseguenze anche molto forti). Ma cosa significa essere celiaci? E perché il glutine è così mal sopportato da tante persone?

Il glutine e la celiachia, tutto ciò che c’è da sapere: una guida semplice ed esaustiva per capire come il grano sia davvero pericoloso per alcune persone, la storia, il perché e come comportarsi

Innanzitutto, è bene fare un excursus storico per capire appieno l’intolleranza al glutine. L’uomo ha iniziato a coltivare il grano solo 10.000 anni fa. Prima era un cacciatore, e all’agricoltura è passato solo recentemente, selezionando i semi grezzi e giungendo al grano che abbiamo oggi nei nostri campi. Di conseguenza, il grano coltivato oggi è frutto di modifiche e cambiamenti che hanno reso la sua struttura genetica estremamente complessa.

Le versioni precedenti del grano erano più povere in glutine (la proteina complessa presente in frumento, segale e orzo), mentre quella a cui l’uomo è giunto ora è più ricca, appunto, di glutine e di amido, ha semi più grandi ed è più semplice da trebbiare. Il problema è che questo cambiamento è stato repentino (si è arrivati a questa quantità di glutine solo in un paio di secoli), e ciò a cui l’organismo umano è stato abituato per decine di migliaia di anni si è modificato. Ecco perché molte persone ancora non lo tollerano, ed ecco da dove nasce la celiachia, una infiammazione cronica dell’intestino tenue scatenata da questo glutine, una malattia autoimmune che distrugge e atrofizza i villi intestinali (le piccole particelle adibite all’assorbimento dei nutrienti - per questo a volte uno dei sintomi è l’anemia derivante da carenza di ferro).

Dolore addominale, dissenteria, forti dimagrimenti, stanchezza, vomito, ma anche ritardo della crescita nei più piccoli e dolori ossei e articolari: i sintomi sono diversi e non univoci, e per questo la celiachia è diagnosticabile solo attraverso un esame del sangue e una biopsia della mucosa duodenale. Per prima cosa, quindi, vengono somministrati al paziente degli anticorpi anti-gliadina (AGA) e degli anticorpi anti-tranglutaminasi tissutali (tTG), e se ne osserva il comportamento. Dopodiché la diagnosi procede attraverso, appunto, il test biopico, che viene effettuato tramite una gastroscopia.

Naturalmente non esiste solo la celiachia, ma anche un’intolleranza più lieve, che tuttavia è bene non trascurare, cercando di eliminare il glutine dalla propria dieta. Nel caso invece di soggetti celiaci, questa eliminazione del glutine è tassativa e obbligatoria, poiché l’unica terapia è proprio questa, e cioè la totale assenza di glutine dalla dieta. E quando si parla di totale assenza, purtroppo, vogliamo intenderla davvero in modo drastico: chi soffre di celiachia, infatti, non può nemmeno ingerire alimenti che sono stati a contatto con il glutine. Per questo è pericolosissima anche solo la contaminazione!

In casa, quindi, se è presente qualcuno con la celiachia abbiate sempre cura di non contaminare nulla, evitando di spargere farina sui taglieri e di utilizzare le stesse pentole per diversi tipi di cibi che potrebbero contenere glutine. Attenzione anche ai cucchiai di legno e ai matterelli, ma anche ai tostapane (su cui potrebbero rimanere briciole e impercettibili residui di pane). Meglio sempre utilizzare zone divise per le preparazioni gluten-free e per quelle “normali”, etichettando anche gli strumenti di lavoro e gli avanzi in frigorifero (così come le preparazioni in freezer).

È necessario poi stare davvero attenti quando si comprano i propri alimenti. Solitamente, si può andare sul sicuro scegliendo carne, pesce, frutta e verdura, latte, burro e bibite come il vino, il caffè e il tè, ma per tutto il resto è doveroso controllare sempre le etichette, che dovranno avere la dicitura e il marchio gluten-free (il simbolo della spiga sbarrata, quello ufficiale della AIC, Associazione Italiana Celiachia).

Mangiare fuori, poi, può sembrare un’impresa. Basta tuttavia fare un pochino di attenzione, e non esitare a chiedere alla cucina la sicurezza effettiva degli alimenti, che non devono essere stati contaminati. Ormai i ristoranti sono abituati, e se lo chiederete con gentilezza anche loro saranno esaustivi e gentili! Le uniche preparazioni e gli ingredienti a cui fare attenzione sono le fritture (poiché nell’olio la farina ci naviga e se non hanno pentole separate potrebbe essere pericoloso), le spezie e la frutta secca (poiché spesso vengono tenute in contenitori che vengono utilizzati per stivare differenti alimenti). In ogni caso, chiedete sempre allo chef, senza timore, se ha preso misure preventive per evitare queste contaminazioni.

Detta così, naturalmente, può sembrare difficilissima, e in effetti la celiachia non è una passeggiata, soprattutto per chi prima amava pasta, pane e carboidrati in generale. Tuttavia non abbattetevi, e sappiate che ci sono moltissime ricette e preparazioni che vi soddisferanno, senza farvi sentire la mancanza del glutine (anzi, una volta diagnosticata la celiachia e iniziata la nuova dieta vi sentirete subito meglio, e certamente sarete un pochino grati alla diagnosi). Anche noi di mammapretaporter vogliamo venirvi incontro, e per questo sul nostro sito tra pochissimo potrete trovare moltissime ricette apposta per i celiaci e gli intolleranti al glutine!

In generale, comunque, cercate di non vivere la malattia come una privazione costante, ma piuttosto vedetela come un miglioramento della qualità della vostra vita. E trovate le vostre alternative perfette.

Ad esempio, a colazione, al posto delle fette biscottate potrete prepararvi muffin con farine gluten-free, o yogurt e smoothie bowl guarniti con frutta fresca, succhi di frutta ed estratti o, alla inglese, uova strapazzate. A pranzo potrete gustarvi della quinoa o della pasta di grano saraceno, mentre a cena perfette saranno le zuppe o delle omelette, così come delle bistecche ai ferri o del petto di pollo alla griglia, accompagnati da una buona insalata condita.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Il pianto del bambino è il suo principale strumento di comunicazione. O meglio. Quello più immediato e riconoscibile. Ma se in effetti capiamo al volo che vuole dirci qualcosa, più difficile è il capire “cosa” in particolare. Vi avevamo già quindi parlato di quali sono i differenti tipi di pianto, come si riconosce il pianto da fame, quello da sonno, di come esistano posizioni in grado di prevenire il pianto inconsolabile e di cosa questo significhi realmente.

Ora però arriva un’altra tecnica. Una tecnica in realtà antichissima, la cui efficacia sulla sua capacità di calmare il pianto dei bimbi (che fanno impazzire i genitori, che non dormono più...) è stata dimostrata proprio recentemente. Parliamo dell’agopuntura, studiata in relazione al pianto dei bambini da un team svedese.

Contro il pianto del bambino è efficace l’agopuntura: uno studio svedese dimostra come l’antica tecnica orientale aiuti contro le crisi di pianto dei neonati

Essendo moltissimi i bambini che soffrono di pianti serali dovuti a coliche o ad altri motivi più reconditi, ed essendo che questi pianti sconvolgono le vite di molti genitori (che non riuscendo a dormire o a rilassarsi ne sentono tutto il peso), cercare una soluzione al problema sembra doveroso. Ma un team di ricercatori svedesi ha scoperto che questa soluzione non era da cercare in qualcosa di nuovo o in tecniche innovative. La risposta era dietro l’angolo, ed era una tecnica conosciuta da secoli.

Naturalmente, questo studio non voleva trovare una soluzione totale al pianto, poiché questo, come accennavamo, è l’unico segnale di comunicazione che possiedono i bambini, e di conseguenza azzerarlo è deleterio e non auspicabile. L’obiettivo, quindi, era quello di trovare una soluzione blanda ed efficace al problema in quei bambini nei quali le crisi di pianto sono effettivamente lunghe, frequenti ed esasperanti (più di tre ore al giorno).

L’agopuntura, insomma, non è una tecnica utilizzabile solo dagli adulti, ma anche dai più piccoli, che possono trovare sollievo a questo problema la cui causa risiederebbe nella presenza di piccole bolle di gas nell’intestino, difficili da individuare e davvero insidiose.

Quattro centri di salute infantile in Svezia sono stati quindi coinvolti nello studio, che ha visto porre il focus su 147 bambini colpiti da colica del lattante, tutti facenti parte della fascia d’età 2-8 settimane di vita. Divisi per gruppi, i bambini hanno così sperimentato come l’agopuntura praticata per due volte a settimana per due settimane (con pressioni per 2-5 secondi su un solo punto di applicazione il primo gruppo, per 30 secondi su 5 punti di applicazione il secondo) - oppure non praticata per niente - avesse conseguenze su questo pianto.

Come fisiologicamente ci si aspettava, al temine delle due settimane di trial per tutti i bambini il pianto diminuiva a prescindere che fossero trattati con agopuntura o meno (poiché le coliche tendono a diminuire con il passare del tempo), ma il dato significativo si è verificato proprio durante la seconda settimana di analisi, periodo nel quale i bambini trattati con l’agopuntura smettevano già di piangere, a differenza dei coetanei non trattati.

L’altro dato significativo si poi verificato una volta concluso il trial. Nei giorni successivi, infatti, i bimbi che avevano beneficiato dell’agopuntura tendevano a piangere meno dei loro “colleghi”, per i quali le crisi di pianto persistevano in maniera più massiccia.

Da dove proviene, quindi, questa efficacia? L’agopuntura, nello specifico, prevede l’applicazione di aghi su alcuni punti corporei e lungo determinate linee fisiche che, a seconda della patologia da trattare, toccano punti nevralgici adibiti alla produzione di endorfine. E queste agiscono spesso come antidolorifico (in questo caso sull’intestino del bambino). Per questo motivo, però, il trattamento sarà efficace probabilmente solo su quei neonati che effettivamente soffrono di coliche, e non di altri disturbi meno riconoscibili (come possono essere la difficoltà di comunicazione, il sonno o il bisogno di contatto).

 

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Quali sono i migliori tipi di tè nero

Lunedì, 30 Gennaio 2017 08:55

Dopo avervi parlato del tè verde, di cui esistono una decina varietà, ecco che oggi vi vogliamo parlare di un altro tè tra i più bevuti al mondo, e cioè quello nero, prodotto per la maggior parte in India e dal contenuto più alto in teina (ma ha anche lui le sue buone proprietà!). Ricco in flavonoidi (antiossidanti e quindi alleati della giovinezza e della prevenzione dei tumori), il tè nero riduce il rischio di ictus e aiuta moltissimo la circolazione.

Ma quale scegliere? Ecco la nostra guida.

Quali sono i migliori tipi di tè nero: una guida alla scelta del proprio tè nero preferito, con le caratteristiche e il gusto di ognuno

Il tè Darjeeling: prende il nome dalla regione indiana in cui è coltivato (anche se poi varia da raccolto a raccolto - in base alle prime foglie o alle ultime) ed è considerato dai più il migliore tè nero in circolazione. Ed effettivamente è il più bevuto. Delicato, fruttato, floreale e leggero: forse per questo piace moltissimo, ed è perfetto per essere consumato senza zucchero.

Il tè Ceylon: stavolta andiamo in Sri Lanka, terra le cui alture limitano le coltivazioni di tè ma che produce questa varietà di tè nero corposa, ricca e forte, che tende a sapere di cioccolato e spezie. Molto comune, il tè Ceylon è alla base di molti Earl Grey. Quindi, anche se consideriamo quest’ultimo molto british, in realtà è super esotico.

L’Earl Grey: parliamo quindi dell’Earl Grey, alla cui base tra spesso il tè Celyon. L’Earl Grey prende il nome dall’omonimo primo ministro inglese, il primo che, nel lontano 1830, ricevette in dono questa miscela agrumata. Già, perché è una miscela, e non una foglia, l’Earl Grey. Questa miscela è fatta di diverse varietà di tè e soprattutto dall’aroma di bergamotto, aggiunto attraverso il suo olio essenziale.

Il tè Yunnan: lo Yunnan è una provincia cinese nella quale, appunto, viene coltivato e prodotto l’omonimo tè nero. La particolarità sta nel fatto che le foglie vengono lasciate parzialmente fermentare, e per questo il tè Yunnan acquista un sapore forte, speziato, dolce e dalle mille sfumature.

Il tè Assam: viene dall’India, e più precisamente da una regione a Nord Est. L’Assam è alla base dell’English Breakfast Tea, e tende a sapere di malto, in maniera corposa e gustosa. Spesso è accompagnato, per il suo gusto potente, da un un goccio di latte, ma non serve zucchero perché è naturalmente dolce. E il retrogusto è sorprendentemente fresco! State però attenti: i veri intenditori sanno che il miglior tè Assan è quello derivato solo dalla seconda raccolta dell’anno.

Il tè Keemun: è un altro tipo di tè cinese, e tra quelli provenienti dalla Cina è considerato il migliore. Rispetto agli altri tè neri, che solitamente sono forti, questo è più leggero, con un aroma fruttato e un retrogusto quasi affumicato. Ricorda un po’ il cioccolato non zuccherato, quello amaro, e per questo piace agli amanti del cacao. E’ molto corposo e fluido e il profumo ricorda quello delle orchidee.

Il tè nero keniota: esatto, keniota. Perché non sono solo India e Cina ad esportare, ma anche il Kenya. Non è una produzione esagerata, ma comunque importante. La pianta più diffusa è quella del tè Assamica, che produce foglie più rossastre che nere (ma la varietà è comunque tè nero). Corposo e dal sapore forte, il tè keniota tuttavia è meno amaro degli altri tè neri, e quindi è possibile berlo anche senza zucchero o dolcificanti.

Tutti questi tè possono essere combinati insieme, magari anche con aromi e spezie, a formare i vari “breakfast tea” e le miscele più comuni. Ma di questo vi parleremo un’altra volta: iniziate a gustarvi le foglie nella loro naturalezza!

 

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Nei nostri soggiorni estivi in montagna a Bardonecchia non manca mai la tappa nella mia amata Briancon: generalmente andiamo soli io e mio marito per concederci qualche ora di relax senza bimbi e per goderci un pranzetto tipico in un posticino tipico francese che noi adoriamo. Camino acceso, sapori autentici della montagna e un vino rosso che delizia. 

Un must have di questo pranzetto è un'insalata incredibilmente buona che almeno una volta al mese preparo anche a casa, sopratutto nei mesi di freddo. 

E' l'insalata francese con formaggio di capra su crostino caldo: la salade au chévre chaud, un'insalata buonissima perfetta per i mesi invernali 

 

 

Quando sei troppo stanca per fare la mamma

Domenica, 29 Gennaio 2017 06:30

Ci sono momenti nella vita in cui si è esauste. E nella vita di una mamma questi momenti a volte sono davvero molti. Esatto: a volte tutto, davvero tutto, si somma e la vita nel caos sembra esplodere: il bambino che ha deciso che da un mese a questa parte non si dorme la notte, l’altro che sembra rifiutarsi di mangiare quello che ha nel piatto, quella scadenza al lavoro che non ti fa chiudere occhio, e il tutto nella settimana in cui sei così impegnata da non riuscire nemmeno a farti una doccia completa, con conseguenti capelli da Maga Magò. Tranquille. Capita. Ma è anche normale sentirsi non capite.

Quando sei troppo stanca per fare la mamma: se lo stress sembra sopraffarti non buttarti giù, perché è assolutamente normale

Esatto, è normale. Capitano a tutte i periodi così, e non c’è da vergognarsi se in terra si crea qualche gatto di polvere, se i piatti si accumulano nel lavandino, se i bambini per una settimana sono costretti a mangiare tè senza biscotti o barrette snack spazzatura a colazione perché, beh, non hai nemmeno il tempo di fare la spesa.

Spesso le mamme si sentono sopraffare dalla situazione (temporanea, ve lo assicuriamo) di caos casalingo e personale. E l’imbruttirsi inevitabile che ne consegue (capelli spettinati all day long, borse sotto gli occhi, bambini con i vestiti spaiati perché le lavatrici sono in stallo…) rende tutto più pesante, più inaccettabile. Pensateci: se in casa e nella routine settimanale ci fosse il caos, ma voi foste in ordine, pettinate e con le gambe depilate a dovere, non ci sentireste meglio? Probabilmente sì. Ma è difficilissimo.

A tutto questo si somma il senso di colpa, per non saper fare tutto a dovere, per stressare i famigliari, per disturbare vostro marito, che, non gli si può fare nessuna colpa, è bravissimo a svegliarsi la notte dandovi i turni ma che non potrà mai capire come vi sentite in questo momento.

Perché questo momento è proprio “bleah”, “fa schifo”, proprio come quella frase che proibite di dire ai vostri bambini davanti alla cena ma che stavolta ci sta proprio e allora potete legittimamente dirla, ve lo assicuriamo.

Come far sì allora che questo schifo passi? O che almeno possa essere accettato un po’ più a cuor leggero? Perché in questo sta la soluzione, nel prenderlo più serenamente. Semplicemente, accettate il fatto di essere troppo stanche per fare le mamme. O almeno per fare le mamme perfette.

Ora, focalizzatevi. Siamo sicure che anche voi stiate saltando quelle lunghe docce con trattamento capelli (lavandovi a pezzi) perché avete paura che lasciare per un secondo da soli i bambini possa trasformare la casa in un campo di battaglia, con le Lego sparse a terra mescolate ai cereali della colazione. Perché è molto probabile che succeda, no?

Tuttavia non dovreste rinunciare a questa doccia, che metaforicamente rappresenta il tempo per voi. Sì, tempo per voi che potrebbe essere letto come egoismo. Ma a questo punto al diavolo tutto, e siate un po’ egoiste! Solo così ridurrete lo stress e solo così l’armonia potrà tornare. Perché lo stress è come l’acqua che riempie goccia goccia un vaso, e quest’acqua prima o poi straborderà. E non sarà peggio?

Esatto, siate un po’ egoiste, e pensate che se quel pupo che amate alla follia può farvi ascoltare la stessa canzone per 56 volte di fila, se può lanciarvi addosso la pappa che non gli piace con sguardo provocatorio (anche i bimbi più gentili ogni tanto sbroccano), se può disegnare con i pastelli a cera sulle pareti di casa appena tinteggiate, allora voi, se Dio vuole, potete prendervi un’oretta per voi!

Approfittatane naturalmente quando vostro marito torna a casa, o quando la nonna viene a trovare i cuccioli. Non nascondete la vostra stanchezza: ditelo, che siete esauste, e che avete bisogno di un bagno rilassante con piega ai capelli come si deve per tornare in riga, per tornare ad essere una mamma non-perfetta ma almeno non-stressata.

Fa benissimo, rilassarsi: una mamma, per natura, non si ferma mai, fisicamente e mentalmente, ed è quindi un diritto prendersi questo tempo. Un tempo che vi aiuterà a distendere i nervi, a fare chiarezza in testa, a scollegare un attimo l’udito dal caos di casa, riprendendo le energie necessarie per tornare ad essere divertenti, per affrontare con il sorriso una quotidianità che non è perfetta come speravamo.

Insomma, in conclusione, non vergognatevi di essere stanche di fare le mamme: esserlo significa anche questo, ma non per questo dobbiamo soccombere allo stress!

Gli involtini sono divertenti, no? Siamo sicuri che quando andate al giapponese o al cinese ai bimbi piace prendere quelli primavera. A noi piace quindi sfruttare questa forma per fare mangiare ai bambini le verdure di stagione, avvolgendole dentro a verdissime foglie di verza, crucifera tra le più benefiche.

Gli involtini di verza ripieni di verdure: la nostra ricetta semplicissima per ottimi involtini di verdure che piaceranno ai bambini

 

Sara

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Cecilia

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