10 bellissimi ponti da visitare con i bambini

Martedì, 12 Settembre 2017 12:55

Vai in città, vai in montagna, vai al mare: i ponti ci sono dovunque ci sia un corso d’acqua. E spesso sono bellissimi, con le loro architetture uniche e il fascino delle costruzioni secolari che ancora ammaliano e stupiscono.

L’Italia ne è piena, e se queste architetture vi seducono, sappiate che ce ne sono davvero moltissime imperdibili. Proprio come queste dieci, da Nord a Sud, da attraversare dopo aver visitato le campagne, le montagne o le città circostanti.

10 bellissimi ponti da visitare con i bambini: i 10 ponti italiani più affascinanti da Nord a Sud, per una giornata a cavallo tra fiumi, mari e laghi

Dolceacqua, Imperia

Accoccolato tra le alture, ecco il ponte romanico di Dolceacqua, nella splendida Imperia, che affascinò nel diciannovesimo secolo anche il pittore impressionista Claude Monet (che lo inserì in ben quattro opere). Da qui è possibile intraprendere una bella passeggiata attorno alla cittadina, nell’entroterra ligure.

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Ponte delle Torri, Spoleto

Questo ponte non è solo un ponte: è anche un acquedotto romano, epoca alla quale risale questa architettura. Si trova tra il colle Sant’Elia e il Monteluco, e si chiama così un po’ per la struttura che ricorda delle torri, un po’ per le due costruzioni che si trovano ai lati: la Rocca Albornoziana e il Fortilizio dei Mulini, che serviva per vigilare il ponte.

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(http://www.comunespoleto.gov.it/)

Ponte di Bevagna, Perugia

Bevagna, in Umbria, era già stata insignita del titolo di Comune Gioiello d’Italia. Una visita è d’obbligo, quindi, tanto per il fascino della cittadina (ricca di siti romani, come le terme e il tempio) quanto per la bellezza del suo ponte, sotto al quale si può ammirare un antico lavatoio.

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(http://www.bikeinumbria.it/strada/it/itinerari/facili/itinerario05.htm)

Ponte di Groppello d’Adda

Semplice, senza fronzoli, ma assolutamente affascinante: il ponte di Groppello d’Adda, sul fiume Martesana, è affiancato da una grandissima ruota ad otto pale del diciassettesimo secolo, che serviva per alzare il livello del fiume. Da qui possiamo superare il ponte e fare una capatina all’ecomuseo Adda di Leonardo da Vinci.

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(http://www.cancelloedarnonenews.it/buon-sabato-con-ponte-di-groppello-dadda-lombardia/)

Ponte del Diavolo, Lanzo Torinese

È del 1378, ma sembra molto più antico e intriso di fascino fantasy: il ponte del Diavolo collega Lanzo Torinese con le altre valli della provincia ed è completamente in pietra (e infatti è anche detto “ponte del roch”, pietra, in piemontese). È un ponte a schiena d’asino, quindi quello che ricalca l’immaginario dei bambini, ed è molto bello anche per il fatto di sovrastare la Stura, che ha scavato una stretta gola a precipizio.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_del_Diavolo_(Lanzo_Torinese))

Ponte dei Saraceni, Sicilia

Anche questo in pietra, risale al periodo romano ma fu ricostruito nel dodicesimo secolo e in realtà non è saraceno, ma probabilmente Normanno. Collega Adrano (Catania) con Centuripe (Enna) e si trova presso il passo del Pecoraro.

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(http://turismo.provincia.ct.it/itinerari/galleria-fotografica/natura/default.aspx?detail=1847)

Ponte Coperto, Pavia

Sul Ticino, a Pavia, ecco un Ponte Vecchio che in realtà non è quello di Firenze. La sua particolarità sta nel fatto di essere coperto da una struttura in legno, pietra e mattoni e di presentare sul percorso una piccola cappella religiosa. Fu costruito nel quattordicesimo secolo, ma la versione che vediamo è in realtà quella del 1949, anno nel quale fu fedelmente ricostruito.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Coperto_di_Pavia)

Ponte Vecchio, Bassano del Grappa

Altro Ponte Vecchio, di nuovo non di Firenze: quello di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, detto anche Ponte degli Alpini. È davvero bellissimo, con la sua struttura in legno progettata nel 1209 e ricostruita nel 1569 da nientemeno che Andrea Palladio.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Vecchio_(Bassano_del_Grappa))

Ponte della Maddalena, Lucca

Anche questo, come quello di Lanzo Torinese, è detto Ponte del Diavolo, ed è uno tra i più famosi d’Italia. Si trova vicino a Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca, e attraversa il Serchio. Perché si chiama Ponte del Diavolo? Perché la leggenda narra che il muratore costruttore fece un patto con il demonio per ultimare i lavori in tempo, ma con l’aiuto del parroco riuscì a raggirare il diavolo, facendolo infuriare e scappare.

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Ponte di Fermignano, Pesaro e Urbino

Il Ponte di Fermignano (in provincia di Pesaro e Urbino) attraversa il fiume Metauro e ha un’origine romana. Si trova esattamente nel centro storico di Fermignano e accanto ad esso svetta una bellissima torre difensiva nello stesso stile.

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(http://rete.comuni-italiani.it/foto/2012/158884)

 Giulia Mandrino

(Photo credit: Facebook)

Fateci caso: quando andiamo a prendere i nostri bimbi a scuola o all’asilo, non capita di rado che, entrando, abbiamo la sensazione di essere circondati da un’aria pesante, densa, insalubre. Questo perché, per quanto gli insegnanti si sforzino di aprire le finestre per fare girare l’aria, l’aria viziata è quasi inevitabile, in questi ambienti nei quali almeno una ventina di bambini stanno chiusi dalla mattina fino al pomeriggio.

Come sempre il consiglio migliore è naturalmente quello di scegliere scuole che prediligano l’insegnamento all’aperto, con vari momenti della giornata dedicati al gioco e alla didattica fuori dalle aule (non solo per i risvolti salutari, ma anche per quelli educativi).

E se queste scuole facessero fare anche il pisolino all’esterno, cosa ne direste? Anche in inverno. Anche con la pioggerella leggera. Beh, c’è una scuola materna, in Australia, che lo scorso anno ha deciso di provarci. Ed è andata davvero molto bene.

L’esempio dell’asilo che porta il sonnellino all’aperto: in Australia, la scuola materna che porta i bimbi a dormire fuori, anche in inverno, per prevenire i malanni stagionali

Esatto: nel titolo diciamo “per prevenire i malanni stagionali”. E non è un ossimoro l’associazione "dormire al freddo/ammalarsi meno". Anzi. È lo stesso discorso della salubrità del fare giocare i bambini all’esterno anche quando fa freddo, o quello dei bambini sporchi che a quanto pare sono davvero più sani. Semplicemente, siamo abituati ad un altro stile di vita, che ci porta a pensare che più ci copriamo e più stiamo al caldo e più non ci ammaleremo. Non è così.

In Scandinavia e in Islanda lo sanno bene, da molto più tempo di noi. Dormire al freddo, ben coperti, fa molto bene al sistema immunitario, e basta fare una passeggiata nelle loro città per vedere come applicano bene questa regola: fuori dai locali è zeppo di carrozzine con i bimbi che se ne dormono tranquilli, mentre i genitori bighellonano nei bar o fanno compere.

Sulla falsa riga di queste esperienze nordiche, un direttore d’asilo dall’altra parte del mondo, in Australia, ha fatto suo il motto “non esiste cattivo tempo, solo cattivo abbigliamento” e ha deciso di provare a portare i bambini fuori per proteggerli dai malanni di stagione.

Per circa 11 settimane Ken Scott Hamilton ha così portato i bimbi tra i due e i cinque anni della sua scuola (la Little Learners Early Develompment and Education Centre di White Gum Valley) a dormire di fuori, anche quando cadeva una leggera pioggia (con il permesso dei genitori: l’asilo dava naturalmente la possibilità di scegliere se farli uscire o se lasciarli in classe). Ben coperti e vestiti a dovere e seguendo qualche regola (ad esempio, non li si portava fuori se c’era il 40% di probabilità di pioggia o meno di 16 gradi, e in estate si evita di dormire all’aperto se la temperatura supera i 30 gradi), hanno portato le brandine fuori dalla scuola materna (ma anche semplici teli, perché i bimbi possono scegliere dove dormire!) ed è lì che i bimbi hanno fatto il loro sonnellino pomeridiano.

Il direttore ha fatto sapere che è arrivato a questa iniziativa dopo essersi documentato sui malanni stagionali che affliggono sempre di più i bambini durante l’inverno. La conclusione era semplice: dormire all’interno insieme a tanti altri bambini non è salutare, ma, anzi, influisce negativamente sulla salute dei bimbi, che respirano aria viziata e densa di germi e batteri. Al contrario, dormire all’esterno significa respirare aria pulita, pura, fresca e preziosa perché stimola il sistema immunitario.

Dopo una prova di 11 settimane il direttore si è accorto che meno dell’1% dei bambini è rimasto a casa per malattia; un fenomeno incredibile, se pensiamo che parliamo di una scuola materna.

Bambini felicissimi, ma soprattutto più sani. E genitori estasiati. Ecco perché Ken Scott Hamilton vorrebbe implementare il programma portandolo in diversi asili. Un’iniziativa che sarebbe da supportare in tutto il mondo.

 Giulia Mandrino

Si chiama Hydrotour, ed è tra le visite più affascinanti che ci possano essere. Per gli adulti, ma soprattutto per i bambini. Già, perché a Riva del Garda è presente una delle centrali idroelettriche più interattive d’Italia, e una visita è d’obbligo per scoprire come dall’acqua si possa ricavare un’energia pulita e vivissima!

Il viaggio a Riva del Garda, alla scoperta dell’energia pulita: a Riva del Garda ecco l’Hydrotour, la visita guidata nella centrale idroelettrica più bella d’Italia

Tra i metodi per produrre energia pulita non ci sono solo il solare e l’eolico. Esistono anche le centrali idroelettriche, che trasformano l’energia dell’acqua in energia elettrica per le nostre case a partire dalla massa d’acqua in movimento.

Se siete passati da Riva del Garda non avrete potuto fare a meno di ammirare la centrale idroelettrica che svetta sulle pendici sopra la città. È davvero bellissima, grazie al fatto che a progettarla fu all’inizio del Novecento Giancarlo Maroni, l’architetto di Gabriele D’Annunzio, colui che già progettò il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (e anche lì una visita è consigliatissima!).

Questo gioiello di architettura e di ingegneria (che si trova in via Giacomo Cis 13), come dicevamo, svetta sulle rive del lago di Garda e la bella notizia è che è possibile programmare una visita guidata per scoprire direttamente e concretamente (anche attraverso vari elementi interattivi!) come qui l’energia dell’acqua venga trasformata in elettricità. Possiamo scegliere la visita individuale (con biglietti a 15 euro l’intero e 8 il ridotto, con possibilità di tariffe speciali per le famiglie), quella in gruppo (con un costo di 10 euro a persona a fronte di un gruppo di almeno 20 persone) o quella per le scuole (5 euro a studente con un minimo di 18 partecipanti) (http://www.hydrotourdolomiti.it/content/it/riva-del-garda). Tutte e tre sono davvero incredibili e imperdibili.

La visita dura circa due ore, durante le quali i bambini (e noi adulti!) possono girare per la centrale accompagnati da esperti che mostrano loro come le leggi della scienza e della fisica studiate sui libri di scuola abbiano un’applicazione concreta, che possono vedere con i loro occhi.

Il percorso della visita è estremamente interattivo e didattico, e per questo ci piace molto. Vedendo direttamente con i loro occhi queste meraviglie dell’ingegneria i bambini non solo comprendono l’importanza delle energie rinnovabili e non solo capiscono come l’energia dalla natura arriva alle nostre case, ma soprattutto imparano meglio. Meglio che sui libri di scuola, meglio che attraverso lo studio a memoria e gli esercizi. Questo perché toccare con mano (in questo caso nemmeno metaforicamente) l’argomento fa sì che i concetti rimangano bene impressi.

Il bello, poi, non sono solo le spiegazioni, ma anche il contesto e l’ambiente. I macchinari giganteschi, i cunicoli, i caschetti indossati e l’atmosfera da scienziati pazzi affascinano incredibilmente i bambini, che spesso, qui, anche se solo per un attimo (ma c’è chi rimane sulla propria strada anche da grande!) decidono che in futuro la scienza sarà il loro mestiere!

Per prenotare le visite si rimanda all’ufficio booking, al numero 0461/032486, attivo tutti i giorni dalle 9:00 alle 17:00.

Giulia Mandrino

Le bolle dell’autocontrollo per i bambini

Lunedì, 11 Settembre 2017 13:46

L’autocontrollo è un aspetto della vita innato, ma che se non viene coltivato rischia di svanire. I bambini sono capaci, insomma, a controllarsi, a misurarsi e a capire quando non superare i limiti. Ma non sanno di esserlo.

Ci sono molti metodi per insegnare questo autocontrollo, e su tutti troviamo certamente il dialogo con il bambino (che deve essere sempre spronato a parlare ad alta voce dei propri sentimenti e delle proprie emozioni, per capirle e gestirle meglio). Ma se vogliamo provare a giocare per capire meglio di cosa parliamo e per farlo capire ai bambini, ecco un’attività divertente e riflessiva.

Un metodo per insegnare l’autocontrollo ai bambini: attraverso le bolle di sapone insegniamo ai bambini che è possibile controllare i propri impulsi e le proprie emozioni

Questo giochino apparentemente innocuo e divertente ma dai risvolti importanti e profondi può essere eseguito quando volete, anche in una situazione di disagio, quando, ad esempio, il vostro bimbo sembra aver intrapreso la strada dell’esplosione di emozioni senza motivo o quando una classe è sempre irrequieta e non ricettiva.

Ai bambini piace molto, in primo luogo perché contempla l’utilizzo di qualcosa che amano (le bolle di sapone) e in secondo luogo perché per loro è una sfida.

Innanzitutto, prendiamo la boccetta con le bolle di sapone, oppure prepariamole in casa, versando il liquido in un vecchio contenitore con l’apposito aggeggio per soffiare le bolle. Noi togliamo le etichette, e incolliamo al loro posto questa (che potete salvare e stampare!):

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Fatto questo, è ora di iniziare il gioco.

Facciamo sedere i bambini e cerchiamo di creare una situazione di calma e concentrazione, spiegando poi l’attività: i bimbi dovranno stare fermissimi, anche mentre noi soffieremo le bolle. La regola è: non scoppiarle, non toccarle e non sfiorarle! Insomma, dovranno stare molto, molto fermi.

In primo luogo si lamenteranno, perché avranno super voglia di scoppiare quelle bolle! Ma basterà trasformare il gioco con questa frase: “Le bolle di sapone dovranno cadere sul pavimento senza che voi le abbiate toccate. Secondo me siete proprio capaci di stare fermi e di non scoppiarle!”.

Una delle prime reazioni? Rispondere alla sfida dicendovi che sì, sono capacissimi di resistere, di stare fermi e di non scoppiarle! E in effetti molto probabilmente non lo faranno, e staranno buonissimi e immobili per vincere il gioco.

Una volta terminata questa semplice attività sarà quindi ora di dialogare, come sempre. Dopo essersi complimentati per la loro bravura, basterà fare notare che sono stati in grado di controllarsi, di fermarsi nel momento in cui gli era stato chiesto di farlo e di non rompere una regola imposta.

Basterà poi dirgli questo segreto: quando saranno sopraffatti dalle emozioni, quando non riusciranno a fermarsi, quando si sentiranno euforici e sarà impossibile smettere di giocare, di urlare, di piangere o di correre, sarà sufficiente ripensare a quanto gli era riuscito facile il gioco delle bolle dell’autocontrollo!

Insomma: tutti siamo in grado di autocontrollarci. Basta esserne consapevoli e sapere quando e come mettere in pratica il nostro autocontrollo.

Giulia Mandrino 

Come creare una busy board per i bambini

Lunedì, 11 Settembre 2017 08:40

Photo credit: Flickr

“Busy board”: letteralmente, una “bacheca indaffarata”. Una bacheca per tenersi occupati. Una piccola parete per divertirsi.

Le busy board, semplicemente, sono delle bacheche (un po' come le sensory wall montessoriane) zeppe di elementi affascinanti per i bambini, di oggetti da toccare, da usare, da esplorare e da curiosare, creando storie, giochi e attività. Le busy board sono uno stimolo efficace e interessantissimo, e ci vuole davvero poco per realizzarle: solo un po’ di fantasia, manualità e oggetti di recupero che invece che essere gettati nel cassonetto possono trovare una nuova vita per i nostri bimbi.

Come creare una busy board per i bambini: come realizzare una bacheca per giocare e tenersi occupati, esplorando e curiosando gli oggetti quotidiani in maniera nuova

Noi genitori siamo sempre giustamente impegnati a trovare giocattoli belli, educativi e curiosi, che sappiano anche (male non fa!) tenere indaffarati, concentrati e occupati i nostri bambini. La buona notizia è che non c’è bisogno di entrare in un superstore di giocattoli per trovare qualcosa di questo genere. Tutto ciò che ci occorre è proprio davanti al nostro naso.

Ciò che dobbiamo procurarci sono semplicemente una bacheca in legno (anche di recupero: basta andare da un falegname e chiedere uno scarto di produzione), delle viti, un avvitatore e tutto ciò che abbiamo in casa e che non utilizziamo più. Ad esempio?

- Un vecchio telefono (ormai chi li usa più, con i cellulari che li hanno sostituiti?).

- Dei lucchetti

- Dei porta rotoli di carta igienica

- Delle maniglie

- Una calcolatrice malandata

- Dei piedini con rotelle

- Degli specchietti

- Vecchi interruttori

- Palline antistress

- Ciondoli (da inserire, per esempio, in una maniglia prima di fissarla alla bacheca, creando così dei manubri divertenti)

- Rotelle di vecchi mobili

- Vecchie tastiere di vecchi computer

- Lampadine a led

- Elastici per tapparelle (con la loro carrucola, per imparare anche ad usarle!)

Non c’è una regola. Semplicemente, selezioniamo ciò che troviamo in casa e che riteniamo sicuro, interessante e divertente per i bambini.

Dopodiché, prendiamo la nostra bacheca in legno e aiutandoci con le viti e l’avvitatore e un po’ di fantasia e manualità appendiamoci tutto.

Il risultato è sempre strepitoso, e mai uguale. Guardate ad esempio questa, con la carta igienica, le luci e anche una vecchia teglia utilizzata come base per appiccicare le calamite.

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(Huffington Post)

Qui, invece, troviamo anche delle zip, ottime perché stimolano la manualità (e queste sono davvero semplici da applicare, perché basta della colla liquida abbastanza forte).

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(Laughing Kids Learn)

Lo stesso discorso vale per i bottoni e i nastri, un’attività per i bambini divertente ma allo stesso tempo educativa e propedeutica alla manualità.

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(LM Shunk)

Se siamo super manuali, ecco una busy board davvero bellissima, solida e curiosa per i bambini, che ci permette di applicare molti più oggetti, triplicando quindi divertimento e concentrazione.

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(Pinterest)

Non diamo quindi limite alla fantasia e ogni volta che scoviamo in casa un vecchio oggetto senza più vita teniamolo da parte per completare la nostra busy board! Un’attività sostenibile, educativa, divertente e rilassante (per noi genitori che per un attimo possiamo dimenticarci dei bambini concentrati a studiare a fondo il loro nuovo gioco preferito!).

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(Etsy)

Giulia Mandrino

Gli oli di frutta secca

Venerdì, 08 Settembre 2017 09:51

Per condire l’insalata e tutti gli altri nostri piatti siamo soliti utilizzare l’olio di oliva (extravergine o no). E per cucinare spesso ci affidiamo agli oli di semi. In realtà però non esistono solo loro. Esistono anche quelli di frutta secca, che hanno un sapore delizioso e particolare e che sono ricchi di nutrienti diversi da quelli dei soliti oli. Se non li conoscete ancora, ecco una carrellata per presentarveli.

Gli oli di frutta secca: da quello di nocciole a quello di pistacchi, ecco gli oli derivati dalla frutta secca, ricchi di acidi grassi polinsaturi

Olio di mandorle

Il suo sapore è inconfondibile, perché ha un retrogusto che ricorda decisamente il frutto da cui deriva. Esiste in due varianti: dolce o amaro, in versione più naturale e più vicina alla mandorla. Più che per condire, questo olio ricco di proteine vegetali, di vitamina E, vitamine B, proteine, sali minerali e acidi grassi Omega3 e Omega6, è utilizzato per aromatizzare dolci e per preparare gli amaretti. È però buonissimo anche a freddo per preparare i vari pesti al posto dell’olio di oliva.

Olio di nocciole

Tra gli oli di frutta secca questo è il più conosciuto e diffuso, e non farete fatica a trovarlo nei negozi di prodotti bio. Il suo gusto è più leggero rispetto a quello dell’olio di mandorle ed è un’ottima alternativa al burro nei dolci. Ottimo anche per condire le bruschette e sulla pasta ai pomodorini e ai broccoli.

Olio di pistacchi

Se amate il pistacchio o il gelato al pistacchio, questo olio è per voi. È il più adatto per condire l’insalata, poiché la sua dolcezza si sposa benissimo con il salato. Tuttavia è giustamente utilizzato anche nei dolci, per preparare creme o nelle torte al posto del burro o dell’olio di semi.

Olio di noci

In Italia lo si conosce soprattutto in Piemonte, perché nella ricetta originale della Bagna Cauda c’è proprio un bicchierino di olio di noci. Questo olio si presta però come gli altri al condimento delle insalate, dei formaggi e delle bruschette, grazie al suo gusto molto delicato con una punta amarognola che lo rende unico.

Olio di pinoli

I pinoli, lo sappiamo, sono preziosi, e in effetti sono un po’ cari. Lo stesso vale per questo olio: meno diffuso e più difficile da trovare, è delicatissimo e delizioso come i pinoli da cui proviene. Potete utilizzarlo nelle ricette che prevedono i pinoli per aumentarne l’intensità di sapore (come i pesti o la torta della nonna), oppure azzardarlo in ricette tradizionali come la pasta al forno, quella con i broccoli, oppure, ancora, come base per il pinzimonio o come alternativa all’olio di oliva nell’hummus.

Giulia Mandrino

©Gianluca Di Ioia - La Triennale

Storia, arte, architettura, archeologia, scienza. Di musei e di mostre ce ne sono moltissimi e portare i bambini a visitarli è sempre un’idea azzeccata (soprattutto se sappiamo rendere le visite appassionanti e divertenti!). Ma dove lasciamo il design? Anche il design è super affascinante, ed è giusto avvicinare i bambini a questa arte che influenza l’estetica e la praticità del nostro quotidiano.

A Milano, in Triennale, è in programma proprio in questo periodo una mostra perfetta per questo scopo: “Giro giro tondo. Design for children” è un’esposizione pensata apposta per i bimbi, per iniziare ad interessarli all’argomento in maniera divertente, semplice e coinvolgente!

“Giro giro tondo”, la mostra di design per bambini in Triennale: un’esposizione di design fatta apposta per i più piccoli

Sarà visitabile fino al 18 febbraio 2018: la mostra di design per bambini “Giro giro tondo” è allestita alla Triennale di Milano (Palazzo della Triennale, viale Alemagna 6) ed è aperta dal martedì alla domenica dalle 10.30 alle 20.30 (con biglietti che vanno dagli 8 euro per l’intero ai 5,50 per il ridotto).

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©Gianluca Di Ioia - La Triennale

Questa esposizione è una perfetta occasione per iniziare i bambini al mondo del design, l’arte applicata agli oggetti di uso comune. Non una semplice mostra di oggetti di design: la Triennale ha voluto concentrarsi sulla storia del design italiano dedicata proprio ai bambini e all’infanzia, ai designer e agli architetti che si sono messi a loro disposizione, progettando giocattoli, immagini ed edifici dedicati al loro mondo.

Come sappiamo, il design e l’architettura a misura di bambino sono molto importanti: pensiamo solo a Maria Montessori e alle sue teorizzazioni sulla necessità di fornire ai bambini arredi a loro misura, per contribuire al raggiungimento dell’indipendenza, ma che siano anche belli, per stimolare la voglia di utilizzo.

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©Gianluca Di Ioia - La Triennale

I bambini e le famiglie, entrando nel museo, si immergono così in un percorso fatto di design ludico, di arredi, di giocattoli, di fumetti, di disegni, di architetture, di animazioni, di strumenti musicali, di complementi… Tutto rievoca l’infanzia, tutto è pensato per i bambini, e tutto ha una forte componente figurativa e una spiccata anima pop. Ecco perché piace molto ai bimbi, che immersi nei colori e nelle linee diverse e variegate si trovano a stupirsi della bellezza di tutti questi oggetti.

Cosa troviamo nel percorso, in concreto? La sedia-gioco-scala K3140 di Marco Zanuso e Richard Sapper di Kartell, ad esempio; e poi i giochi di Enzo Mari, il cavallo a dondolo rivisitato H-Horse di Nendo (sempre per Kartell), i vassoi di Alessi con gli omini traforati, le versioni baby delle sedie più iconiche, come la Vanity, il cagnolino di Eeno Aarnio, l'armadio Globe by Gufram...

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©Gianluca Di Ioia - La Triennale

Accanto agli oggetti in mostra, ecco poi dei focus dedicati alle figure più importanti del panorama italiano del design, della pedagogia e dell’affabulazione. Ma si parla anche di metodi pedagogici come quello montessoriano, fino ad arrivare alla da noi tanto amata rivoluzione della Scuola senza Zaino.

È possibile anche prenotare la visita guidata, per non perdersi nulla e godersi davvero appieno l’esposizione: i “Giro giro tondo tour” si tengono il sabato e la domenica alle 15.30. Basta prenotarsi obbligatoriamente a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Giulia Mandrino 

Cosa vuol dire essere una mamma single

Giovedì, 07 Settembre 2017 14:58

Se non lo sei, non sai che vuol dire. Se non lo sei, non sai che è difficilissimo, ma che ti dona anche moltissimo. Se non lo sei, non sai quanta fatica si faccia. E se lo sei, ti impegni tantissimo, e nonostante i momenti di sconforto la gioia di vedere crescere il proprio figlio ripaga sempre ogni sforzo.

Cosa vuol dire essere una mamma single: la fatica, il dolore, i sorrisi e la gioia di crescere da sole un figlio

Cosa vuol dire essere una mamma single?

Vuol dire avere bisogno di aiuto, ma non dirlo. E non solo non dirlo. Non volerlo. Perché inizialmente l’orgoglio o la vergogna di chiedere aiuto sono troppi. Vorresti sentirti invincibile, capace, perfetta e supereroina. E preferisci arrivare esausta e sfiancata a fine giornata piuttosto di delegare.

Vuol dire chiedere aiuto, capendo alla fine che non è un delitto. Perché dopo essersi sfiancate arriva un momento di consapevolezza: chiedere aiuto è normale. È un diritto. E capisci anche che le persone che ti stanno più vicine sono contente di farlo. Perché non è né razionale né realistico, non voler chiedere aiuto. E nel momento in cui lo chiedi ti domandi perché non l’abbia fatto prima. Fa un po’ male, all’inizio. Ma poi è una bellissima sensazione, non sentirsi sole e sapere che qualcuno disposto a tendere una mano nel momento del bisogno c’è sempre!

Vuol dire impegnarsi per cercare di avere una vita sociale. Ma anche se questa non esiste e fatica a tornare, alla fine non importa, perché ciò che conta è il proprio bambino. E per avere una vita sociale, manco a dirlo, c’è bisogno di quell’aiuto che abbiamo tanto riluttato a chiedere, ma che alla fine arriva provvidenziale. Perché se anche “vita sociale” ora vuol dire una vita che include in tutti i modi nostri figlio, uscire ogni tanto solo tra adulti fa molto bene. Mooolto, bene. Sì, è solo “ogni tanto”, ma tant’è.

Vuol dire dolore ogni volta che si parla del padre assente. E questo accade soprattutto quando il bimbo inizia a crescere. Perché prima anche noi abbiamo chiuso gli occhi, tentando di pensarci il meno possibile per istinto di conservazione. Ma quando tuo figlio torna a casa da scuola e chiede spiegazioni sul perché si sia solo in due in famiglia, allora i pensieri tornano. È normale, e fa bene anche pensarci, non cacciando la testa sotto la sabbia. Fa bene a noi, e fa bene ai bambini. Che dovrebbero sempre e comunque percepire la serenità, e non la negatività della situazione. Ecco perché le risposte bisogna pensarle prima, non lasciandosi prendere alla sprovvista!

Vuol dire diventare delle maghe del risparmio. Perché ora non ci siamo solo noi, e non c’è nessun altro che ci aiuta. Quindi via con i libretti, i conti-accumulo, le polizze vita e tutto ciò che potrebbe, euro dopo euro, poco a poco, trasformarsi in un gruzzolo per il futuro. È difficile, perché i conti sono lì che ci dicono che i soldi sono pochi, che si è in due. Soprattutto perché si cerca di non fare mancare assolutamente nulla al piccolo. Ma la realtà non è da sottovalutare, e allora diventare dei criceti della finanza diventa qualcosa di imprescindibile.

Vuol dire, infine, cercare di fare spazio anche agli appuntamenti. Riuscendoci anche (qualche volta!). Non da subito, perché uscire con un nuovo partner i primi anni sembra impossibile (mentalmente, fisicamente e praticamente). Ma poi ricominciamo, ad uscire dalla nostra tana, e tutto è strano e diverso da com’era prima. Perché adesso non si può pensare solo al “mi piace?”. C’è anche la domanda più insidiosa: “Gli piacerà?”. E poi c’è il tempo, che è ridotto all’osso. E quando qualcuno ti piace davvero, allora diventa divertente anche incastrare gli sms tra una minestrina e una lettura di fiabe prima di andare a dormire.

Giulia Mandrino

I parchi più strani da visitare in Italia

Giovedì, 07 Settembre 2017 14:03

Di parchi e luoghi meravigliosi in Italia ce ne sono a bizzeffe. Basta girarsi di qua e di là per trovare siti bellissimi nei quali passare una giornata in famiglia. Se però avessimo voglia di cambiare un po’ le carte in tavola, scostandoci dalla solita rotta, potremmo scoprire che esistono anche luoghi magici, strani e bizzarri, da visitare insieme ai bambini per vederli con gli occhi sgranati.

I parchi più strani da visitare in Italia: da Bomarzo a Consonno, i luoghi più bizzarri in Italia per organizzare una giornata all’insegna delle stranezze

- Bomarzo è probabilmente il “parco strano” più famoso in Italia. Si trova in provincia di Viterbo e lo troviamo citato con vari nomi: il parco dei mostri, il Sacro Bosco o la villa delle meraviglie. Si tratta di un complesso monumentale davvero fantastico, immerso in un bosco e rappresentante animali mitologici, mostri e divinità. Tutte le sculture, in basalto, sono maestose, paurose (quanto basta!) e affascinanti, e una passeggiata in questo parco si trasforma facilmente in un’avventura con i bambini. Questo viaggio nel grottesco fu ideato addirittura nel XVI secolo, nel 1547, da Pirro Ligorio, architetto e antiquario che su commissione di Pier Francesco Orsini progettò tutta la pianta del bosco.

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- Un po’ più su, in Toscana, ecco il Giardino dei Tarocchi, un’idea della bravissima artista Niki De Saint Phalle (scomparsa nel 2002). Si trova a Capalbio, in provincia di Grosseto, e la sua costruzione è iniziata nel 1979. Dopo 17 anni il parco era completo: 22 sculture ispirate ai tarocchi (tutte in acciaio e cemento e ricoperte di vetro, specchi e ceramiche) e costruite grazie all’aiuto di vari scultori contemporanei (tra i quali il marito di Niki, Jean Tinguely, scomparso nel 1991) punteggiano questo giardino meraviglioso.

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(Il giardino dei Tarocchi)

- Pensate, poi, che a Consonno (in provincia di Lecco) esiste addirittura una città fantasma. Non è propriamente un parco, ma la si può visitare (esternamente: gli edifici sono pericolanti), facendo anche una tappa nel bar ricostruito nello stile dell’epoca. L’epoca alla quale ci riferiamo sono gli anni Sessanta, periodo nel quale il Conte Mario Bagno decise di costruire in questo paese una Las Vegas nostrana, fatta di alberghi, ristoranti, casinò, luci e attrazioni. Dopo aver raso al suolo le case esistenti (tranne l’antica chiesa del XIII secolo), costruirono così un castello medievale, un minareto, una pagoda cinese e vari alberghi. Tutti, appunto, abbandonati.

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- Torniamo in Toscana, perché a Siena, e più precisamente a Radicofani, è presente il Bosco Isabella, un parco costruito dalla famiglia Luchini a fine Ottocento, voluto da Odoardo Luchini, botanico che volle portare in questa zona varie piante provenienti da tutto il mondo creando un giardino intitolato alla moglie. Questo parco è definito romantico ed esoterico e in effetti passeggiandoci si provano proprio questi due sentimenti: ciò che ricorda l’esoterismo è in particolare una piramide a base triangolare, elemento molto massonico. Passeggiarci è molto interessante non solo perché si incontra questa piramide, ma per tutti i diversi alberi in cui ci si imbatte (sequoie del nord America, tassi, cedri del Libano, tigli, aceri…), per i resti di un fortino senese che monitorava la via Francigena e per tutta la natura che sta attorno.

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(Legendareum)

- In Sicilia, a Sciacca, ecco infine un vero Castello Incantato, quello di Filippo Bentivegna, ai piedi del monte S. Calogero. Filippo Bentivenga fu uno scultore che visse a cavallo tra Otto e Novecento. Dopo aver trascorso vari anni negli Stati Uniti (anni durante i quali un incidente alla testa durante una rissa gli causò seri danni mentali) tornò in Italia, trascorrendo una vita eremitica in questo castello e scolpendo una quantità enorme di teste, su pietre e su alberi, scavando cunicoli sotto al castello e dipingendo. Il castello e il suo giardino zeppo di queste sculture sono ora visitabili (a pagamento; sono aperti tutto l’anno) e passeggiarci con i bambini è un'esperienza davvero al limite del sogno.

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Giulia Mandrino 

Una ricetta povera che a noi, da piccoli, piaceva moltissimo e che ora amiamo proporre ai nostri bambini. Basta avere in casa del pane raffermo del giorno prima e il gioco è fatto! Una delizia semplicissima che salva spesso la cena (e gli avanzi di pane).

Polpette di pane: la ricetta della cucina povera a base di mollica di pane per polpette vegetariane deliziose nella loro semplicità

 

Sara

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Cecilia

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