Sfumiamo con del vino bianco o rosso”: una frase che leggiamo spesso scritta nelle ricette, soprattutto in quelle tradizionali o con cottura lunga (ma non solo). E le mamme e i papà, soprattutto alle prime armi, si chiedono se questo possa fare male ai bambini.

È una domanda lecita, perché è giusto preoccuparsi della quantità di alcool che involontariamente diamo ai nostri figli. Ma non preoccupatevi: basta qualche accorgimento per ridurre quasi del tutto la concentrazione alcolica.

Cucinare con l’alcool, come comportarsi con i bambini: quali sono le cotture più indicate e quali i consigli per diminuire l’alcool nelle ricette quando a tavola ci sono bimbi piccoli

Il vino bianco e il vino rosso si utilizzano in molte ricette, per sfumare i soffritti o per insaporire. Ma anche per marinare (e qui si aggiunge la birra, qualche volta). Ma la domanda, quando a tavola ci sono bambini, continua a frullarci in testa: ma l’alcool contenuto in queste bevande evaporerà proprio del tutto?

In aiuto ci vengono uno studio pubblicato molti anni fa sul Journal of the American Dietetic Association e un articolo di Dario Bressanini pubblicato sul suo blog ospitato su L’Espresso.

Il primo studio, condotto da ricercatori americani nel 1992, mostra come sei diverse cotture con alcool si comportino nei confronti di quest’ultimo, ovvero quanto alcool rimanga a fine cottura dopo aver usato bevande alcoliche con diversi tipi di cottura.

Si parla, qui, di cotture che chiaramente non ci interessano, perché prevedono non la cottura lunga, ma l’aggiunta di alcol verso la fine oppure la tecnica del flambé (come la Torta Alexander, le ostriche impanate o le ciliegie jubilee). In questi casi l’alcool rimane, e anche in gradazione alta: di parla di 40-85% di gradazione. Ed è abbastanza scontato (sono ricette che solitamente si evitano con i bambini piccoli).

Tuttavia il brasato, che prevede l’utilizzo di alcool a inizio cottura e che ha bisogno di tempo per cuocere bene, alla fine risulta alcolico per il 4-6%. Una buona notizia, perché il brasato è da prendere proprio come esempio dell’utilizzo dell’alcool nei nostri piatti che prevedono lo sfumare il soffritto e la cottura lunga (ad esempio i risotti, che proponiamo spesso ai bimbi).

La cottura molto lunga a fuoco basso (e quindi a temperatura costante) risulta quindi la più efficace per rendere più innocuo l’alcool. Ma vediamo più in dettaglio, come spiega Bressanini.

“L’alcol etilico puro bolle a 78 °C”, spiega sul blog, “una temperatura notevolmente inferiore a quella dell’acqua. A molti viene quindi spontaneo pensare che cuocendo a temperature superiori alla fine l’alcol se ne sia andato completamente. Preparando un cibo che contenga una miscela di acqua e alcol etilico i vapori che si sviluppano saranno più ricchi di alcol, rispetto al liquido di partenza, perché più volatile dell’acqua. La produzione di distillati si basa proprio su questo principio. E poiché l’alcol evapora più velocemente, la sua concentrazione nel liquido diminuisce. Tuttavia anche se all’assaggio l’alcol sembra scomparso in realtà potrebbe essere ancora presente”.

Ciò significa che in effetti l’alcool non scompare del tutto. Tuttavia possiamo stabilire che aggiungere l’alcool all’inizio e non alla fine e utilizzare una cottura lunga può essere la soluzione migliore. Anche se naturalmente dobbiamo prendere altri accorgimenti.

Bressanini spiega infatti come altri fattori (la dimensione della padella, la presenza di ingredienti come il pane che assorbono gli altri elementi, la temperatura…) influiscano sulla quantità di alcool che rimarrà nel piatto. Ha quindi portato un altro esempio di ricerca, stavolta danese, che mostra come si comportino alcune cotture con la birra rispetto all’alcool. Ciò che hanno scoperto gli studiosi danesi è che utilizzando un coperchio rimarrà nel piatto meno alcool.

Per riassumere: prediligiamo le cotture lente e uniformi (quindi con pentole basse e larghe, piuttosto che alte e strette), sfruttiamo il coperchio e utilizziamo il vino o la birra subito, a inizio cottura, per lasciare più tempo all’alcool di evaporare il più possibile (cercando di non aggiungere subito altri liquidi, ma attendendo che il vino sia effettivamente evaporato).

Giulia Mandrino

Attività Montessori ispirate a San Valentino

Venerdì, 09 Febbraio 2018 14:44

(Photo Credit: Nicole Danielson)

Si sta avvicinando San Valentino! E al di là di regali, regalini, cioccolatini e smancerie, abbiamo voglia di dedicare qualche attività montessoriana alla festa degli innamorati, sfruttando il romanticismo della più classica forma: quella del cuore.

Possiamo infatti organizzare in questi giorni che precedono San Valentino qualche attività montessoriana per i nostri bambini, per passare con loro qualche momento di gioco educativo in maniera dolcissima e romantica, stimolando la manualità, il conteggio, le parole, la coordinazione occhio-mano e l’indipendenza, proprio come piace a Maria Montessori.

Ecco dunque qualche attività di vita pratica Montessori declinata in chiave “San Valentino”!

Attività Montessori ispirate a San Valentino: i giochi educativi montessoriani da proporre ai bambini in questi giorni della festa degli innamorati

Partiamo con i classici vassoi montessoriani per sperimentare travasi e attività manuali che stimolino la coordinazione.

Prendiamo quindi i nostri cestini e vassoi e sistemiamo alcune perline rosse e bianche e degli scovolini sottili (quelli in fil di ferro che si piegano molto bene). I bimbi dovranno semplicemente infilare le perline nello scovolino (un ottimo esercizio di precisione) e dargli poi la forma a cuoricino (da regalare a chi vogliono il 14 febbraio!).

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(Photo credit: Montessori from the heart)

Il secondo gioco richiama quello del serpente di bottoni (che vi avevamo spiegato qui), un animaletto da creare con stoffa, nastri e bottoni. Per renderlo sanvalentiniano basta ritagliare la stoffa (meglio se rossa o rosa) a forma di cuore!

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(Photo credit: School time snippets)

Anche il classico gioco dei travasi solidi montessoriani può essere declinato in maniera amorosa semplicemente cercando oggetti che ricordino gli innamorati: le teglie per muffin a forma di cuore sono perfette come contenitore, e come oggettini da travasare possiamo utilizzare dei cuori in plastica oppure dei confetti.

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(Photo credit: Trillium Montessori)

Utilizzare le forbici è decisamente montessoriano, perché aiuta con la manualità, con l’indipendenza, con la precisione e con lo sviluppo del senso di pericolo (importantissimo per i bambini). Su alcune strisce di carta disegniamo dei cuori, quindi delle linee abbastanza regolari. I bambini dovranno seguirle ritagliando i cuori con la forbice.

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(Photo credit: Montessori from the heart)

Nella vita pratica di Maria Montessori indicatissimo è il cucinare con i genitori: prepariamo quindi insieme una torta o dei biscotti a forma di cuore!

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Infine, altra attività montessoriana di vita pratica pensata stavolta in relazione alla festa degli innamorati è il ricamo. Quello semplice, che diventa anche una bellissima decorazione. Come questo: basta disegnare un cuore a matita, bucare con un ago il contorno (a buchini) e passare il filo di lana da un punto all’altro con l’aiuto di ago e ditale.

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(Photo credit: Hative)

Giulia Mandrino

Autoritratti corporei per bambini

Venerdì, 09 Febbraio 2018 09:26

Proprio ieri vi abbiamo parlato di un libro favoloso che introduce i bambini al concetto di autoritratto, non solo spiegandolo ma coinvolgendoli in attività creative decisamente educative, interessanti e curiose.

Oggi vi presentiamo quindi un’altra attività dedicata all’autoritratto per bambini. L’autoritratto per bambini è infatti un esercizio davvero molto utile, oltre che divertente, perché permette ai bambini non solo di esprimere la propria creatività ma di aumentare la propriocezione, ovvero la consapevolezza della propria fisicità e della propria persona (anche a livello interiore).

Ecco dunque gli autoritratti corporei per bambini: un esercizio creativo super divertente e coinvolgente per stimolare creatività e autoconsapevolezza

Non il solito autoritratto per bambini: pensando all’autoritratto, infatti, pensiamo subito al primo piano del volto disegnato su un foglio o su una tela A4 o poco più grande. È normale, perché si tratta della consuetudine. Quello che vi proponiamo ora è tuttavia qualcosa di diverso: un autoritratto per bambini a figura intera, a grandezza naturale. Non in scala, insomma!

Per prima cosa, prendiamo dei grandissimi fogli di carta. Va benissimo di riciclo, oppure basta chiedere in cartoleria quella da pacchi oppure quella per le tovaglie usa e getta (molto comoda perché arrotolata: ce ne resterà per moltissimi altri progetti d’arte!).

Dopodiché iniziamo: la prima volta, i bambini si sdraieranno sul foglio, mentre noi (o qualche amichetto/fratello) ne tracceremo il contorno. Alzandosi, sarà rimasta la loro silhouette sul foglio.

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(Photo credit: My Poppet)

Ora è tempo di colorare, disegnare e riempire la silhouette, lasciando decidere al bambino se il colore e i tratti saranno veritieri e ispirati al reale oppure astratti, magari ispirati alle emozioni di quel momento. Oppure, ancora, se vorrà disegnare “ciò che vuole essere”, “ciò che sente di essere”, “come sarà da grande”, “come lo vedono gli altri”… Ogni scelta è un esercizio molto utile e interessante.

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(Photo credit: My Poppet)

Le volte successive possiamo variare il tema. Al posto di lasciare tracciare la silhouette a qualcun altro, lasciamo che i bimbi la disegnino a mano libera, esercitandosi così nella percezione e nelle misure.

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(Photo credit: Artfulparent)

Possiamo anche decidere di fare autoritratti a mezzo-busto, bellissimi anche da appendere (rispetto a quelli a figura intera che, diciamolo, sono stupendi ma un po’ ingombranti!).

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(Photo credit: Meri Cherry)

Altra variazione è il medium: gli autoritratti a figura intera sono bellissimi se disegnati e colorati con pastelli e tempere, ma anche con i pastelli a cera, oppure con il collage, con il dripping, con gli acquerelli, con le foglie...

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(Photo credit: Childhood 101)

Giulia Mandrino

Miele, proprietà e degustazione

Venerdì, 09 Febbraio 2018 08:54

Nel nostro portale abbiamo parlato più volte di miele, e sapete già quando questo alimento sia prezioso per la salute. 

Giovedì scorso ho però avuto modo di scoprire tantissime nuove informazioni sul miele, sia dal punto di vista della salute che da quello del gusto: sono andata infatti a visitare Mielizia, azienda  che da più di 35 anni è il marchio degli apicoltori di Conapi, cooperativa di apicoltori che raccolgono le migliori produzioni italiane di miele, polline, pappa reale e propoli.

L’azienda ha sede a Monterenzio, sulle colline bolognesi. In questa sede i mieli subiscono i processi di analisi, lavorazione e confezionamento: tutti questi passaggi avvengono secondo un processo meticoloso al fine di selezionare i migliori mieli e preservare le proprietà organolettiche e nutrizionali per non alterarli. La filiera è fondamentale per Mielizia: il rispetto non solo del prodotto ma anche dell’animale e degli apicoltori è qualcosa che emerge appena arrivati in azienda. È interessante, inoltre, sapere che il 62% degli apicoltori Conapi sono giovani e oltre il 20% delle aziende apistiche che compongono la cooperativa sono gestite da donne!

Ecco quindi il perché di questo articolo: con le nuove informazioni forniteci da Mielizia sappiamo ora indicarvi tutte le proprietà dei mieli e il loro ottimale utilizzo.

Miele, proprietà e degustazione: grazie a Mielizia, ecco tutte le indicazioni necessarie per conoscere i vari tipi di miele e utilizzarli al meglio

Miele di bosco

Di colore tendenzialmente ambrato, tendente allo scuro, ha un odore fruttato e dolce, un po' speziato, con note pepate e profumo di chiodi di garofano. Il sapore non è troppo dolce, e ricorda il rabarbaro e la liquirizia. Ottimo con i formaggi freschi, questo miele è ideale per addolcire il tè nero e per completare ricette con spezie scure e verdure. 

È un miele ricco di antiossidanti, ed è l’unico che non deriva dai fiori ma dalla melata, una secrezione zuccherina emessa dagli insetti che succhiano la linfa degli alberi.

Miele di castagno

Anche questo miele è scuro e ambrato con note amarognole che ricordano tabacco e cioccolato. Molto liquido, viene raccolto nei castagneti delle Alpi e degli Appennini a fine estate. Utilizziamolo per accompagnare le carni e i formaggi stagionati (soprattutto ovini), o comunque con alimenti dai sapori forti o affumicati. Buonissimo anche con il tè nero, tè dal sapore deciso e amaro.

Miele di acacia

È forse il più conosciuto. Liquido, chiaro e cristallino, il miele di acacia ha un sapore più dolce e delicato, setoso, che ricorda la mandorla. Anche il profumo ricorda la mandorla, ma anche i fiori e la vaniglia. Essendo così zuccherino, delicato e dolce, il miele di acacia è il più indicato per addolcire le bevande, anche grazie alla sua consistenza liquida che si scioglie facilmente. Lo si può utilizzare anche negli impasti al posto dello zucchero oppure nelle macedonie. Ottimo con la ricotta ovina stagionata. Lo si raccoglie in tutta Italia, a primavera.

Miele di arancio

Più denso e cristallizzato degli altri, il miele di arancio ricorda i fiori di zagara da cui proviene e ha un forte odore di buccia d’agrume. Il sapore è acidulo e fruttato e quindi si presta molto bene all’accompagnamento di dessert, alla preparazione di dolci da forno e per vinaigrettes estrose. Sta molto bene con il pesce crudo, ma anche con i formaggi a pasta filata, come la mozzarella, la scamorza, il caciocavallo o la provola. Viene prodotto soprattutto nel Sud Italia, zona ricca di alberi d’agrume.

Miele di sulla

Anch’esso cristallizzato e quindi un po’ più denso del solito, viene raccolto a primavera nelle zone centrali e meridionali della nostra penisola. Il colore è molto chiaro, quasi bianco ghiaccio, e il profumo floreale e delicato. Il suo sapore è fresco e dolce, però mai stucchevole. Lo troviamo soprattutto nei torroni duri ma anche nei dolci da forno. Come quello di acacia, anche se meno liquido, sta bene per dolcificare le bevande calde.

Miele di eucalipto

Ambrato, quasi color mattone, il miele di eucalipto ha un sapore particolare, dolce ma con una punta salata e balsamica, quindi fresca, ed è dunque consigliato per accompagnare i piatti da tavola, salati, come le insalate, le carni, i formaggi come il pecorino oppure con le verdure saltate in padella. Da provare anche nelle vellutate, nelle minestre e nei piatti a base di legumi. Viene raccolto nel centro e sud Italia.

Miele di coriandolo

Deriva dalla stessa spezia che conosciamo, ma il profumo, come il sapore, è decisamente differente, più rinfrescante e dolce. Ricorda un po’ la noce di cocco, sulla lingua, ed è ideale per un accostamento con il pollo e con i formaggi stagionati. Come il miele di sulla, anche quello di coriandolo lo troviamo spesso nella produzione di torroni duri, e in casa può essere utilizzato come dolcificante nelle bevande calde.

Giulia Mandrino

Cosa intendiamo con "sperimentare l'arte su se stessi"? Semplicemente provare a tirare fuori la creatività sfruttando la nostra identità. L'autoritratto, infatti, è un esercizio davvero utile, educativo e prezioso: permette di esprimere la propria creatività ma al contempo aiuta i bambini a riflettere sulla loro identità, su loro stessi, sul loro essere e sul loro corpo.

Ecco perché questo libro della bravissima Patrizia Geis (autrice, tra gli altri, di "Guarda che artista: Matisse") ci piace da impazzire: non è solo fatto benissimo, ma è anche uno strumento utilissimo per la crescità intellettuale, manuale e creativa dei nostri figli.

"Autoritratti", un libro carinissimo per sperimentare la creatività su se stessi: dalla serie "Quaderni d'artista" l'eserciziario curato da Patrizia Geis per sperimentare la pittura di se stessi

"Autoritratti" è edito da Franco Cosimo Panini Editore, ed è, come tutte le loro collane dedicate all'arte per bambini, una lettura preziosa. Perché non è solo una lettura: il libro di Patrizia Geis propone infatti una selezione di grandi artisti presentati attraverso le parole e le immagini. E coinvolge direttamente i bambini.

Aprendo il grande quaderno si nota l'impostazione chiara e coinvolgente: i 18 artisti presenti nel libro (e tra poco parleremo anche della selezione di questi artisti, notevole) sono presentati ai bambini in maniera omogenea e costante. Sulla pagina di sinistra ecco uno degli autoritratti che hanno eseguito in vita, corredato da una spiegazione sulla vita e sull'arte dell'artista. La pagina di destra è invece vuota (anche solo ad un primo sguardo: per quasi tutti i maestri c'è qualcosa che caratterizza il foglio, dalla grana spessa da "dipinto a olio" a qualche numero qua e là, dal cappello di Van Gogh sotto il quale disegnarsi alla pagina completamente nera da colorare con il bianco...). Starà al bambino riempirla, disegnando se stesso, quindi attraverso un autoritratto, lasciandosi ispirare dalla vita o dallo stile dell'artista.

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Gli artisti proposti, dicevamo, sono fantastici, perché non semplicemente "conosciuti", ma qualitativamente sempre altissimi. Accanto ai più conosciuti Van Gogh, Picasso, Magritte e Frida troviamo dunque Malevic, Melito, Dubuffet, McNeill Whistler, Muniz... Insomma, una buona occasione per conoscere davvero l'arte, non solo quella mainstream.

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E come propone l'autoritratto ai bambini l'autrice? Paragonandolo ad un selfie. Perché effettivamente di selfie si tratta, ma con un po' di creatività e romanticismo in più. Soprattutto, Patrizia Geis spiega ai bambini che non serve per forza immortalarsi "come si è", ma è fondamentale disegnare e realizzare ciò che si vuole. Un autoritratto può infatti essere molte cose, non solo la rappresentazione di chi siamo in realtà: può essere il disegno idealizzato di come ci vediamo, di come vorremmo essere, di come ci sentiamo, di come pensiamo gli altri ci vedano, di come siamo dentro, di come siamo fuori, di come eravamo, di come saremo...

Un quaderno favoloso, a nostro avviso, che permette di esercitare la bellezza, la creatività, l'autoconsapevolezza, il sentimento e le emozioni, approcciandosi in maniera qualitativamente altissima alla storia dell'arte dei grandi maestri, per cominciare ad amarla fin da piccoli.

Sara Polotti

Lavare le bambole, un’attività Montessori

Giovedì, 08 Febbraio 2018 10:36

Insegnare l’igiene personale ai bambini è fondamentale. Ed è un aspetto molto montessoriano della vita, se ci pensiamo, perché l’indipendenza passa anche attraverso la cura di se stessi. Maria Montessori dava molta importanza all’insegnamento della vita pratica: vestirsi, lavarsi, allacciarsi le scarpe.

Un’attività montessoriana per fare passare concretamente e in maniera ludica il concetto dell’importanza dell’igiene personale è il lavaggio delle bambole.

Unendo quindi le attività di travaso con l’acqua e l’insegnamento dell’igiene personale otteniamo questo gioco davvero educativo, che aiuta la coordinazione occhio mano, che diverte e che stimola i bambini ad apprezzare l’igiene.

Lavare le bambole, un’attività Montessori: come creare una stazione per lavare le bambole e giocare divertendosi con un’attività montessoriana

Ciò che possiamo proporre ai bambini è dunque una stazione per lavare le bambole (quelle di plastica, e non in stoffa). Partiamo da un tavolino basso, che può essere semplicemente quello della cameretta o della stanza dei giochi (il solito che usano i nostri bambini, insomma).

Se i bimbi sono molto piccoli stiamo certi che schizzeranno acqua dappertutto (ma è normale e giusto così). Possiamo quindi optare per una bella giornata e farlo all’aperto, oppure scegliere un angolo della casa non troppo delicato. Quando i bimbi cresceranno e acquisiranno una migliore coordinazione, allora questo gioco lo si potrà fare tranquillamente in casa. Anzi, è anche meglio: in questo modo calcoleranno i rischi di rovesciamento dell’acqua e miglioreranno moltissimo la loro coordinazione.

Sul tavolino appoggiamo quindi una vaschetta per il bagnetto dei bambini, oppure una semplice bacinella per il bucato a mano. Accanto ad essa sistemiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno: dei piccoli asciugamani, delle salviettine umidificate, uno spazzolino, del sapone delicato (perché in ogni caso andrà a contatto con le mani dei bambini, anche se alle bambole non fa male nulla!), una spugna, una spazzola.

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Dopodiché riempiamo la bacinella di acqua e lasciamo che i bambini lavino le loro bambole.

Si parte con le salviettine umidificate, per pulire lo sporco più grosso. Si passa poi allo spazzolino (bagnato con dell’acqua) per arrivare negli angolini più difficili (gli occhietti, il nasino…). E poi si immerge la bambola nella bacinella riempita con acqua tiepida.

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(Photo credit: The imagination tree)

Ecco il bagnetto vero e proprio: con sapone e spugna si lavano capelli e corpo della bambola, con delicatezza, risciacquandola poi molto bene.

E poi via con l’asciugatura con gli asciugamani, la spazzolatura dei capelli e l’asciugatura con un asciugacapelli delicato.

Se vogliamo, possiamo mettere alla bambola anche un vero pannolino da neonato (usa e getta o lavabile!), per completare l’esperienza in maniera ancora più reale. Sì alla polvere per il culetto, tanto non fa male alle bambole!

Altra attività montessoriana che stimola molto la coordinazione e la manualità e che rientra nella “vita pratica Montessori” è avvolgere poi la bambola in una fasciatura per neonati: è divertente da imparare e da provare, e piano piano il bambino imparerà benissimo a realizzarla!

Qui trovate le semplicissime regole per fasciare un neonato (ops, una bambola!).

Giulia Mandrino

Il cioccolato fa bene? Il cioccolato fa male? A questa domanda avevamo già risposto. Quindi bando alle ciance: noi al cioccolato diciamo sì (con qualche regola!) ed è per questo che la prossima settimana sappiamo già dove faremo una capatina: a Milano infatti ritorna il Salon du Chocolat, la fiera dedicata alle eccellenze del cioccolato, dove immergersi nel gusto e nel profumo di cacao da mattina a sera (anche con i bambini!).

Il Salon du Chocolat, dal 15 al 18 febbraio a Milano per tutti i golosi: al MiCo Lab torna la fiera dedicata interamente al cioccolato in tutte le sue declinazioni

Preparate le papille gustative: il prossimo weekend, da giovedì 15 a domenica 18 febbraio 2017, il Padiglione MiCo LAB presso lo Spazio Fiera Milano (vicinissimo al quartiere CityLife) si trasforma nel Paese dei Balocchi per gli amanti del cioccolato in tutte le sue forme.

Il Salon du Chocolat torna infatti nella città meneghina per portare al pubblico la più grande manifestazione mondiale dedicata al cacao, quella nata 23 anni fa a Parigi che ha fatto tappa in tutto il mondo, da Londra a Seul, da Tokyo a Mosca fino a Beirut.

Tra gli stand del Salone del Cioccolato le famiglie potranno così assaggiare, scoprire, gustare con il palato, con gli occhi e con il naso il meglio del cioccolato di tutto il mondo: sono infatti più di 8000 i metri quadrati di esposizione. Moltissimi stand, tre palchi con tantissime attività da seguire (le possiamo trovare tutte qui) e varie proposte per imparare a cucinare il cioccolato, per degustarlo o per abbinarlo ai cibi più comuni.

A presentare gli eventi ci saranno chef nazionali e internazionali, che con i loro show cooking sveleranno tutti i loro segreti, siano essi cuochi, artigiani o mastri pasticceri. Svariate le marche presenti, dalle più conosciute e amate a quelle più piccole, artigianali, tutte da scoprire e da adorare!

Ma non solo cucina: al Salon du Chocolat hanno organizzato anche una sfilata di moda dedicata al cioccolato, così come “Chocolate&Spirits” (per gli amanti dei cocktail e dei vini e liquori in abbinamento al cacao). Non mancherà nemmeno un’area dedicata allo shopping.

E poi gli eventi dedicati alla famiglia: al Salon du Chocolat è presente infatti un’area family (oltre ad un’area relax). Qui i bimbi dai 4 ai 10 anni possono giocare ed esplorare il mondo del cioccolato grazie ai laboratori creativi organizzati apposta per loro, ai giochi e alle attività. Grembiule al collo e cappello in testa, i nostri figli potranno diventare piccoli mastri cioccolatieri, preparando per mamma e papà piccoli dolcetti con le loro mani.

Al Salon du Chocolat si arriva entrando dall’ingresso in Piazzale Carlo Magno 1 a Milano. Giovedì 15 febbraio ci sarà la serata di inaugurazione (dalle 18 alle 23), mentre da venerdì a domenica sarà visitabile dalle 10 alle 19 (info a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - tel. 02 499888).

I bimbi fino ai 13 anni non pagano il biglietto, mentre per gli adulti il costo del biglietto d’ingresso al Salon du Chocolat è di 12 euro.

Giulia Mandrino

“Immersive experience”: esperienza immersiva. Ci possiamo quindi immergere, lasciandoci coinvolgere e lasciandoci portare alla deriva dalla bellezza. Parliamo di Vincent Van Gogh e della sua arte, che fino al 25 febbraio 2018 è possibile ammirare a Napoli, con la “Immersive Experience” che ci porterà direttamente dentro il lavoro favoloso di questo artista.

Gli ultimi giorni per visitare la Van Gogh Immersive Experience a Napoli: perché portare i bambini a visitare la mostra immersiva su Vincent Van Gogh a Napoli

Van Gogh - The immersive experience” è il titolo dell’esposizione interattiva e multimediale ospitata nella meravigliosa Basilica di San Giovanni Maggiore a Napoli fino al prossimo 25 febbraio. Se non ci siete ancora stati, vi diamo un consiglio spassionato: portateci i bambini. Perché conoscere così, magari per la prima volta, questo artista incredibile e pazzesco è un’esperienza unica e irripetibile. Sì, “esperienza”, proprio come dice il titolo. Perché la “Vang Gogh immersivi experience” non è la solita mostra, ma è un’immersione profonda nei colori, nelle linee e nell’immaginario di Vincent Van Gogh.

Non avendo bisogno questo artista di presentazioni, passiamo subito a capire perché è fondamentale che, avendo la possibilità di recarvici, ci portiate i bambini: perché, esattamente come questo artista ha esternato le sue emozioni attraverso i colori e le linee, i disegni e i dipinti, così i bambini potranno fare esperienza della bellezza, della tristezza, della gioia e dei sentimenti in una maniera unica, coinvolgente come mai accaduto prima.

Se infatti le esposizioni dedicate a Van Gogh non mancano (se ne trovano in tutto il mondo), una mostra così attraente e completa è difficile da trovare. I quadri e le opere del grande maestro (dai Girasoli alla Notte Stellata, dagli Autoritratti alla sua camera) sono proiettati alle pareti, le stanze sono immerse nell’oscurità, e i suoi colori emergono prepotentemente entrandoti nel cuore e nella mente.

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Il tutto grazie ad un sistema di proiezioni 3D mapping e a grandissimi schermi che hanno invaso la Basilica di San Giovanni Maggiore (una chiesa monumentale situata proprio nel centro della città, in Rampe S. Giovanni Maggiore). Questo contrasto tra l’antico e il moderno è fenomenale, e già questo dovrebbe valere la visita. Ogni superficie, in questo modo, diviene il medium dell’artista.

Questa mostra è perfetta da visitare con i bambini: permette di entrare fino in fondo nel lavoro e nelle emozioni di Van Gogh, ma soprattutto sa stupire, entusiasmare e sgranare gli occhi, e sa immergere nell’arte attraverso più sensi, non solo la vista. Anche l’udito, infatti, è coccolato, grazie ad una colonna sonora creata ad hoc.

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La mostra, aperta come dicevamo fino al 25 febbraio, è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19, il sabato dalle 10 alle 20 e la domenica dalle 14 alle 19. Gli adulti pagano 12 euro, mentre i bambini fino ai 12 anni 10 euro. Per i bimbi fino ai 3 anni, invece, l’ingresso è gratuito.

(Foto tratte da https://vangoghimmersion.com)

Giulia Mandrino

Avvicinare i bambini alla musica classica è possibile sin dai primi anni. Non pensiamo sia una musica per adulti: la musica classica arriva a tutti, anche ai più piccoli. Anzi, soprattutto a loro, che stanno scoprendo il mondo e che ascoltano queste meravigliose note (che magari noi fatichiamo a comprendere o ad apprezzare fino in fondo) per la prima volta, con la mente e le orecchie sgombre, cogliendo tutte le emozioni che la musica sa dare.

Per fare conoscere la musica classica ai bambini ci sono molti modi, e di certo l’ascolto è il primo passo. Teniamola sempre in sottofondo in casa, oppure in macchina, e sproniamoli a ballare e ad esprimere ciò che sentono ascoltando queste note!

Un altro metodo è quello di dedicarsi a letture che li immergano subito e attraverso un linguaggio adatto a loro nella musica classica. Come con questi piccoli libri, deliziosi, che noi consigliamo a tutti! (E sono un bellissimo regalo, no?).

Piccoli e bellissimi libri per imparare la musica classica: la musica classica per bambini passa anche attraverso queste letture di Emilie Collet

Noi abbiamo scoperto questi libri sulla musica classica per bambini con “Il mio piccolo Beethoven”. Da lì abbiamo scoperto un’intera collana dedicata ai principali e più conosciuti compositori di musica classica della nostra storia, e insieme ai bambini abbiamo scoperto un mondo.

Il mio piccolo Beethoven”, quindi, è solo uno dei libri. Ci sono anche “Il mio piccolo Beethoven”, “Il mio piccolo Bach” e “Il mio piccolo Mozart”. Tutti sono scritti da Emilie Collet con le illustrazioni della bravissima Séverine Cordier.

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La caratteristica è questi libri sono libri sonori, una feature imprescindibile quando parliamo di musica, no? I bimbi in questo modo possono conoscere la storia dei quattro compositori leggendo brevi testi che introducono loro la storia dei brani e il loro spirito e vedendo direttamente le vicende attraverso le illustrazioni.

Tutti e quattro i libricini sono composti da sei brani, uno ogni due pagine, da leggere, da imparare a memoria e da guardare.

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Dopodiché si passa all’ascolto degli estratti delle opere (la musica parte azionando un semplicissimo chip tra le pagine e esce da piccolissime casse posizionate sui fogli - è divertentissimo per i bambin): per Vivaldi abbiamo “Le quattro stagioni”, “Concerto per mandolino” e “La follia” (tra le altre); per Beethoven “Per Elisa”, “Concerto per violino in re maggiore”, “Minuetto in sol maggiore” e l’“Inno alla gioia”; per Bach “Suite per violoncello n.1”, “Preludio n.1” e “Corale”; e infine per Mozart “L’alfabeto”, la “Marcia turca”, “Piccola serenata notturna” e “Sonata facile”.

È bellissimo leggere queste storie la sera e addormentarsi con il suono degli estratti della musica classica per bambini in sottofondo, come una ninna nanna!

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Giulia Mandrino

Le caratteristiche degli asili steineriani

Mercoledì, 07 Febbraio 2018 10:16

Gli asili steineriani, come le scuole elementari steineriane, seguono il metodo Waldorf teorizzato da Rudolf Steiner nel secolo scorso. Un metodo che al centro vede il bambino con la sua crescita, e che dà molto spazio all’individualità di ogni bimbo, da sviluppare secondo le proprie potenzialità.

Le scuole materne steineriane sono quindi caratterizzate da elementi ben precisi, elementi che a nostro parere sono molto validi e che rendono gli asili steineriani un ambiente molto positivo nel quale crescere i nostri figli.

Le caratteristiche degli asili steineriani: 6 aspetti particolari che distinguono una scuola materna Waldorf da una normale

La sensorialità

Come per Maria Montessori, anche per Rudolf Steiner riteneva i cinque sensi parte fondamentale della crescita mentale e fisica del bambino, anche in relazione ai movimenti del corpo. Integrare la sensorialità, infatti, aiuta attivamente il bambino a processare e organizzare le sue sensazioni, un aspetto imprescindibile per imparare, soprattutto attraverso la vista e l’udito, ma anche il tatto, il gusto e l’olfatto.

Per stimolare la sensorialità i bambini negli asili steineriani sono spronati a prendersi vari intervalli durante la giornata (anche all’aperto - ci torneremo dopo), a mettere in disordine in classe (e poi a rimettere in ordine), a giocare con la sabbia, con il fango, sotto la pioggia, nella neve e al sole, a rotolarsi nell’erba, a raccogliere pietre e fogli… Ma anche a cucinare, a modellare la creta, a scolpire la cera e a impegnarsi in attività artistiche in generale.

Per quanto riguarda l’udito, gli asili steineriani sono probabilmente tra gli unici che danno molta importanza alla musica (e anche alla danza).

L’importanza del gioco libero

Entrando negli asili steineriani molti percepiscono una caratteristica in particolare. E cioè il loro essere più spogli rispetto alle scuole materne “classiche”. In realtà i giocattoli ci sono (soprattutto i giocattoli steineriani), ma i bambini sono stimolati a giocare liberamente, e non con un oggetto specifico.

Questo perché il gioco libero ha negli asili steineriani moltissima importanza: la creatività del bambino (grazie anche ai colori tenui delle stanze e all’abbondanza del legno, che danno armonia) è spronata a crescere e a correre. E giocando liberamente, inventando giochi di ruolo o attività, il bambino impara molto più che attraverso un gioco guidato da un oggetto o da un adulto.

La centralità del fisico del bambino

Secondo la pedagogia Waldorf, l’essere umano subisce fortissimi cambiamenti ogni sette anni di vita. L’asilo steineriano, dunque, è una tappa fondamentale poiché forma il bambino nel suo primo settennio, il più importante. Gli asili steineriani sanno che è una tappa delicata e importante, e cercando dunque di accompagnare più che di plasmare i bambini, che vengono stimolati a conoscere il proprio corpo attraverso la manualità, le esperienze fisiche e la memoria muscolare (e cioè a livello inconscio).

Primi approcci alle materie scolastiche

Attraverso le attività proposte negli asili steineriani (il gioco libero e creativo, le materie artistiche, la lettura delle storie e l’esplorazione del mondo esterno) i bambini costruiscono attivamente già nel primo settennio le competenze scolastiche che gli serviranno poi, come lo sviluppo del linguaggio, la collaborazione con i compagni, le basi della matematica, la capacità di ascolto, la memoria, la creatività…

Lo fanno soprattutto attraverso la loro manualità: negli asili steineriani, infatti, è data molta importanza alla falegnameria e al cucito (pensate a quanto si impara, concretamente, riguardo alla geometria e alle forme), alla scultura con la cera, al disegno libero, al finger knitting...

Coinvolgimento nelle attività quotidiane dell’asilo

I bambini, negli asili steineriani, vengono coinvolti nelle attività quotidiane della scuola materna, quindi non solo nella pittura, nella scultura e nel gioco ma anche nella cucina, con ad esempio l’impasto del pane, la preparazione delle marmellate e la creazione dei giochi che verranno poi eseguiti tutti insieme.

Contatto con la natura

La natura, come tutte le pedagogie serie che si rispettino, ha un ruolo fondamentale nella scuola materna Waldorf. Gli asili steineriani considerano il gioco all’aperto parte integrante dell’educazione e della crescita. Stare all’aria aperta, a contatto con la natura, è infatti per i bambini uno stimolo unico e prezioso per le loro capacità cognitive e per la scoperta del mondo, ma è anche fondamentale a livello psicologico perché riduce l’ansia e aiuta a migliorare le prestazioni in tutti i campi. E poi è un sistema super efficace per aumentare le difese immunitarie in maniera naturale.

Ecco perché non importa il tempo (come nei paesi scandinavi, gli asili steineriani fanno loro la frase “Non esiste cattivo tempo, ma solo cattivo abbigliamento): i bambini negli asili steineriani escono ogni qual volta possibile per giocare con la natura, correre, rotolarsi e sporcarsi, creare con il verde e imparare in maniera concreta.

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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