(Photo credit: Honeyville Farms)

Il pane alle mele: l'idea ricalca un po' quella del famosissimo banana bread americano, e cioè il pane alle banane, dolce al punto giusto con il salato tipico del pane. Buonissimo, no? Oggi vi proponiamo quindi una ricetta deliziosa ma soprattutto sfiziosa perché preparata nei barattoli di marmellata!

Il pane alle mele in barattolo: la ricetta del pane "in a jar", dolce e salato al punto giusto

 

Ricalcare le cortecce

Lunedì, 16 Ottobre 2017 14:35

(Photo credit: WikiHow)

Uscite in giardino. Andate a fare una passeggiata. Recatevi al parco. Fate una gita in pineta. In montagna. Al mare. In campagna. Dovunque! Perché di alberi c’è pieno il mondo, e gli alberi sono quanto più di fantastico possiamo ammirare. Possiamo guardarli da vicino, toccarli, annusarli, arrampicarli… E poi possiamo fare arte proprio con loro, sfruttandone la bellezza naturale in tutto il suo splendore.

Ricordate i giochi all’aperto per l’inverno? Tra essi c’erano i calchi con la pasta modellabile, il colorare i vecchi rami caduti con i gessi, i pennelli fatti con le foglie degli abeti… Bene, l’attività che vi proponiamo oggi entra nel solco di queste: si può fare tutto l’anno (e inverno è bellissimo!), è artistica, ci fa scoprire cose nuove e il risultato è una fantastica opera d’arte da appendere in casa.

Ricalcare le cortecce: un’attività da svolgere all’aperto tutto l’anno per stimolare la creatività e conoscere gli alberi

Il gioco è semplicissimo: armati di carta e pastelli colorati (normali o a cera vanno benissimo, così come una semplice matita) usciamo in giardino o facciamo una passeggiata nel bosco. Quando incontriamo un albero, appoggiamo il foglio sulla corteccia e tenendo leggermente i pastelli coloriamo il foglio.

Sul nostro foglio compariranno così le venature della corteccia dell’albero, affascinanti e bellissime.

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(WikiHow)

Con i pastelli a cera, poi, possiamo colorare il foglio appoggiando il pastello di traverso, steso, sperimentando così un nuovo modo di fare arte.

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(Oak Tree Visit)

Ancora, possiamo utilizzare diversi colori sulla stessa corteccia, creando un effetto stupefacente e iper creativo.

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(Mess Cipes)

L’attività è già bella di per sé, ma possiamo renderla ancora più divertente o educativa a seconda di come vogliamo passare la giornata.

Per rendere tutto più affascinante e avventuroso, basterà cercare diversi alberi e colorare i fogli con diversi colori a seconda della corteccia. I bambini si accorgeranno così che ogni albero ha una sua corteccia, così come ha una sua particolare foglia. Attaccando ai fogli con le cortecce ricalcate le foglie corrispondenti, creeranno una sorta di catalogazione dei diversi alberi.

Possiamo quindi uscire portandoci un libro dedicato agli alberi (come l’Inventario degli alberi), cercando il nome e la specie proprio mentre stiamo colorando i nostri fogli.

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(Amazon)

Un’altra attività è quella del confronto diretto. Stampando su fogli A4 il nostro schema (che potete scaricare semplicemente salvandolo dall’immagine qui sotto), i bambini possono ricalcare diverse cortecce sullo stesso foglio, cercando le differenze e le similitudini, scrivendo il nome dell’albero e catalogando così in maniera ancora più schematica ma divertente.

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Baby Sitter 2.0, il corso per aspiranti tate

Lunedì, 16 Ottobre 2017 07:50

 

Che amiate occuparvi dei bambini o che cerchiate un lavoro serio e appagante a tempo pieno, abbiamo una segnalazione per voi: Openjobmetis organizza infatti a Milano il primo corso di formazione per aspiranti babysitter che vogliono rendere il lavoretto occasionale qualcosa di serio, certificato e professionalmente impeccabile, seguendo lezioni con professionisti del settore della neonatologia e della puericultura e diventando tate qualificate, sicure e più che affidabili.

Baby Sitter 2.0, il corso per aspiranti tate: dal 26 ottobre 2017 a Milano il primo corso professionale per diventare babysitter qualificate e provare a rendere il lavoro occasionale una professione a tempo pieno

Lasciare i propri bambini alla baby sitter è quasi sempre un problema. Un po’ perché si fatica a trovarle, un po’ perché, almeno le prime volte, è sempre implicito il doversi fidare senza avere la certezza della serietà della persona, basandosi solo sulle referenze di altre mamme. Soprattutto, le babysitter sono spesso ragazze che ancora non hanno un lavoro a tempo pieno, o che per arrotondare svolgono questo lavoro accanto allo studio universitario. In ogni caso, anche laddove c’è serietà (e fortunatamente la si trova la maggior parte delle volte), non c’è mai la certezza della bontà e della professionalità. Anche perché corsi specifici non ce ne sono (se non i corsi universitari di scienze dell’educazione che portano però le ragazze a laurearsi e a diventare maestre, e non babysitter).

E se vi dicessimo che ora esiste un corso per diventare tate certificate? Un corso al termine del quale le ragazze potranno finalmente avere in mano un pezzo di carta semplice ma prezioso, che testimonierà la loro dedizione nel seguire lezioni specifiche per prendersi cura dei bambini, dai più piccoli ai più grandi.

Questo corso avrà luogo il 26 ottobre 2017 a Milano e durerà 12 ore: una full immersion al termine della quale, dopo un test finale, alle aspiranti tate verrà rilasciato un attestato.

L’obiettivo del corso (al quale è possibile iscriversi mandando il CV all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e svolgendo un test di ingresso) è quello di formare personale preparato a gestire tutti bambini, da quelli di pochi mesi ai più grandi, attraverso un percorso che dia loro gli strumenti culturali e scientifici necessari. Un’infarinatura, insomma, su tutte le nozioni necessarie per affrontare la gestione di un bambino, dalle questioni quotidiane semplici a quelle rischiose come le malattie, i segni clinici, i rischi domestici e le manovre di primo soccorso (come quelle di antisoffocamento).

A tenere il corso saranno sue specialisti del settore: il dottor Massimo Agosti, neonatologo e pediatra (nonché professore a contratto presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università dell'Insubria per l'insegnamento di "Terapia Intensiva Neonatale”), e Graziosa Giussani, infermiera pediatrica.

Le aspiranti tate seguiranno così le loro lezioni (presso Biomedia a Milano, centro di divulgazione scientifica e organizzazione congressuale, editore in ambito sanitario) che dureranno circa 12 ore e che comprenderanno “Note di medicina del neonato e del bambino” (con info su ittero, calo fisiologico, sostituti del latte materno, eritema da pannolino, pianto protratto, allergie, intolleranze, ecc…); “Note di osservazione, comunicazione e comportamento” (sul ritmo sonno-veglia, le tappe nauromotorie, lo sviluppo psicologico, il gioco, eccetera); “Il rischio domestico”, per capire i traumi, le ingestioni incongrue, l’asfissia, le ustioni, gli avvelenamenti, i maltrattamenti…

Giulia Mandrino

Cappuccetto rosso e un palloncino rosso: una favola tenera e sgangherata, che non ha nulla a che vedere con quella che abbiamo in mente. Perché qui Cappuccetto Rosso affronta le sue paure, ma in maniera assurda, strampalata e innocente!

Il mio palloncino: quando la favola di Cappuccetto Rosso viene stravolta, il risultato è qualcosa di davvero meraviglioso

No, nel bosco non c'è solo il lupo cattivo: ci sono un lupo che fa jogging, una giraffa in incognito con impermeabile e occhiali da sole (ma vi immaginate provare a nascondere una giraffa?), un elefante impegnato a raccogliere un mazzolino di fiori per la sua topolina (e dire che siamo abituati a pensare che gli elefanti abbiano paura dei topi!), fenicotteri in cerca di gamberetti... Insomma, un bosco un po' insolito, non c'è che dire.

Quello di cui parliamo è il bosco di Mario Ramos e del suo "Il mio palloncino", libro bellissimo edito da Babalibri (casa editrice tra le migliori, che come sempre non delude, con i suoi classici per bambini e le novità più meritevoli), perfetto a partire dai 3 anni.

Una sorta di favola di Cappuccetto Rosso rivisitata: la bambina che tutti conosciamo c'è, e sta attraversando il bosco. Ma non per portare il cibo alla nonna: stavolta vuole mostrarle il suo bellissimo palloncino, rosso come lei. E, come nella fiaba a cui siamo abituati, ha molta paura del lupo. Peccato che questo lupo si riveli solo alla fine, solo dopo la sfilza di buffi animali intenti nelle loro faccende, infastiditi da questa piccola bambina che li disturba con il suo palloncino!

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Bene, il lupo arriva. Ma non se la mangia, la bambina, anche se vorrebbe. Finale a sopresa per tutti bambini (ma anche per noi grandi!), quindi. Un finale divertentissimo, che fa scompisciare i bambini che a tratti fa dire un "poverino!" nei confronti di quel lupo cattivo che ci fa tanta paura!

Una favosa riscritta con ironia, simpatia e dolcezza, che mischia paura e risate: Mario Ramos, con le sue illustrazioni semplici e coinvolgenti, porta i bambini in una storia fatta equamente di parole e immagini che si rincorrono, con colpi di scena, risvolti nascosti e risate dietro l'angolo per smorzare un po' il tono lugubre della favola originale, senza estrarre fucili e senza fare male a nessuno!

Mario Ramos purtroppo non c'è più. Ma rimangono questi suoi libri teneri e geniali, che stanno benissimo sulla libreria e che i bambini possono tirare fuori quando vogliono, leggendoli e rileggendoli imparando così a memoria la storia, per rendere sdi volta in volta la favola ancora più divertente e appassionante!

Mario Ramos ribalta gli stereotipi, tiene i bambini incollati al libro con i suoi cliffhanger e attraverso una semplicissima narrazione aiuta i piccoli a capire che a volte le paure possono essere superate, perché basta guardare da vicino le situazioni per temerle un po' meno, affezionandocisi anche un po'.

Sara Polotti

(Photo: Boy and The Rabbit)

Noi adoriamo i pancake. La domenica mattina è sempre dedicata a loro, che siano preparati con la ricetta tradizionale per pancake o che siano con farina di canapa senza glutine. Stavolta vi proponiamo una versione davvero fantasiosa, che li scompone ma che ne mantiene la golosità, in una veste divertente e tutta nuova!

I pancake in barattolo: la ricetta dei tradizionali pancake rivisitata e preparata nelle mason jar

 

12 ottobre 2017: segnate la data sul calendario, se non l’avete già fatto, perché certamente i bambini non staranno più nella pelle. Arriva infatti nelle sale il film d’animazione Lego Ninjago, ultima fatica della serie firmata dall’azienda di mattoncini più famosa al mondo!

Noi l’abbiamo visto in anteprima, e abbiamo capito perché l’amore nei confronti di queste pellicole è viscerale! Non serve essere fan dei Ninjago per capire che il mondo Lego ha di nuovo fatto centro.

Lego Ninjago, il nuovo film nei cinema da domani: perché non dovremmo perderci la nuova pellicola targata Lego, con la sua azione ma soprattutto il suo divertimento intelligente

Se già i film della Lego vi hanno appassionato, questo sicuramente prenderà il suo posto sul podio, soprattutto nei cuori di quei bambini che (come i nostri) sono super fan della linea Ninjago, quella dei personaggi ninja calati in una modernissima città orientale che prende spunto dalle culture giapponese, cinese, tailandese e, in generale, del Sol Levante, proprio come nell’immaginario di un bambino.

La trama del film è semplice: Sensei Wu è un anziano maestro di spinjitzu che insieme ad una squadra di ninja deve salvare l’isola di Ninjago dall’attacco di Sensei Garmadon. Come sempre la trama si arricchisce di tutto ciò che sta a lato: l’umorismo fine, il divertimento, le immagini impeccabili che portano i bambini, come in un sogno, in un vero mondo fatto di mattoncini Lego… Non mancano, poi, voci che piaceranno moltissimo ai bambini: tra gli interpreti e doppiatori italiani, infatti, ecco Leonardo Decarli, youtuber e attore, e Lasabrigamer, la modella icona del moderno mondo dei videogiochi.

Presentato nelle sale in 2D e in 3D a partire da giovedì 12 ottobre, il film Lego Ninjago è la perfetta continuazione delle prime due pellicole del franchising Lego, intrise di umorismo, ironia e avventura (un umorismo fatto per i bambini, ma anche per gli adulti!): come sempre non sono solo gli elementi superficiali ad emergere, ma anche, importantissimo, i valori che i film vogliono trasmettere, e cioè la scoperta di se stessi, la storia intima tra figli e genitori e la ricerca dei propri punti di forza, dei propri talenti e della propria identità.

Non solo: punto a super favore del film è l’elogio che i personaggi, alla fine della storia, fanno dell’interiorità in contrasto con l’esteriorità e la tecnologia. In un mondo fatto di aggeggi tecnologici invitanti e succulenti, ciò che Sensei Wu riesce a trasmettere ai suoi allievi è l’importanza di ciò che abbiamo dentro, della nostra forza interiore, così come del fare squadra e dell’amicizia.

Per realizzare il film, che riproduce in maniera digitale i mattoncini in maniera super veritiera, ci sono voluti quattro anni: negli uffici di Los Angeles i produttori hanno ripreso “in mano” i mattoncini digitali utilizzati per il primo film Lego, creandone 3463 nuovi. Qualche numero: la città e le montagne circostanti sono state costruite virtualmente con 12 milioni e 700 mila mattoncini e il mondo del film è grande circa 78 mila metri quadrati, suppergiù come la Piramide di Giza.

Insomma: il nuovo film Lego Ninjago è un connubio perfetto di divertimento, umorismo, fascino infantile, avventura e arti marziali, il tutto inserito in un viaggio emozionale e interiore delicato e profondo, che tocca il cuore di tutti, grandi e bambini, proprio come le vecchie favole intrise di avventura e morale.

Nota per i bambinoni adulti: la versione originale ha tra i suoi doppiatori Jackie Chan, che ha anche interpretato le scene d’azione e che ha reso l’avventura ancora più autentica. Insieme ai suoi stunt ha coreografo i combattimenti, e i bambini di un tempo riconosceranno certamente l’impronta dei suoi film!

Giulia Mandrino

Il topponcino Montessori

Mercoledì, 11 Ottobre 2017 12:32

(Pinterest)

Conoscete tutti gli strumenti inventati dalla pedagogista Maria Montessori nel secolo scorso? Abbiamo le learning tower (che possiamo comprare o provare a costruire); l’alfabeto tattile; le scatole dei materiali; i vassoi e i contenitori...

C’è però un altro strumento montessoriano, stavolta dedicato ai più piccoli. Ma proprio ai piccoli piccoli! Si tratta del topponcino, o cuscino della sicurezza, pensato esattamente per i primi giorni di vita. Un cuscino, quindi, che più che per educare serve per venire in aiuto alle mamme e ai papà, ma che è altrettanto utile, comodo e geniale.

Il topponcino montessori: il cuscino della sicurezza inventato da Maria Montessori per non avere paura di maneggiare i bambini nei primi giorni di vita

No, non abbiate paura a dirlo: chi afferma con arroganza di non avere mai avuto paura di prendere in braccio un neonato sta mentendo. Forse non ricorda più la prima volta che l’ha fatto, ma certamente tenere tra le braccia un piccolo esserino di pochi giorni, settimane o mesi è terrificante. Perché abbiamo paura di fargli male involontariamente, ed è normalissimo. I bambini sembrano così delicati… SONO così delicati… Non dobbiamo temere di ammettere che nei primi giorni dopo l’ospedale eravamo quasi pietrificati durante le poppate, il bagnetto e nei momenti in cui li abbracciavamo.

Bene, Maria Montessori ha pensato anche a questo. E ha progettato per tutti i genitori un cuscino che prima di tutto protegge il bambino, e in secondo luogo dà sicurezza agli adulti che stanno per prendere in braccio quel bambino.

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(Etsy)

Si chiama cuscino della sicurezza, ma ultimamente lo si chiama anche topponcino montessoriano, e si tratta semplicemente di un piccolo materassino di dimensione appena superiore a quella di un bambino di pochi mesi. È di forma rettangolare con gli angoli tondeggianti (di forma ellittica, insomma) e al suo interno prevede una leggerissima imbottitura, quella che servirà, appunto, a prevenire e attutire i colpi al bambino. In sostanza, è una federa leggera imbottita con un mollettone altrettanto leggero.

Il topponcino si usa in maniera semplicissima: grazie alla sua forma e alla sua leggerezza è molto più maneggevole e meno ingombrante di un materassino, quindi lo si utilizza tenendolo sempre sotto la schiena del bambino. Essendo un po’ più grande del neonato, il topponcino sporgerà da sopra la testa e da sotto i piedini, come una copertina più rigida.

Quando lo allattiamo, quando dorme, quando lo prendiamo in braccio, quando lo teniamo tra le nostre braccia (per non fare ciondolare la testa), quando lo spostiamo o lo cambiamo: il topponcino lo si usa sempre e grazie al suo aiuto il bambino viene protetto. Il secondo risvolto positivo è il fatto che i genitori grazie alla sua presenza acquisiscono sicurezza e familiarità con i movimenti, fino al momento in cui il cuscino della sicurezza non servirà più.

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(Feeding The Soil)

Il topponcino è semplicissimo da realizzare, quindi basta un po’ di manualità con la macchina da cucire: lo si crea come un normale cuscino, tenendo la forma che dicevamo e imbottendolo con un “mollettone”.

Altrimenti, lo si può tranquillamente comprare: su Etsy, ad esempio, oppure su Amazon. In questo caso troviamo una comoda custodia, da riempire con un’imbottitura leggera.

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(Amazon)

Giulia Mandrino

Che giungla questa febbre!

Mercoledì, 11 Ottobre 2017 09:10

Ieri pomeriggio abbiamo partecipato ad un evento davvero interessante per tutti noi: “Che giungla questa febbre”, patrocinato dalla Casa Pediatrica Fatebenefratelli-Sacco, ha presentato la ricerca SWG sul comportamento delle mamme in relazione con gli episodi di febbre dei propri figli.

Come ci comportiamo? Quando iniziamo a preoccuparci? Chiamiamo il pediatra troppo presto o troppo tardi? Quando la febbre è collegata ad altro di più importante? A queste domande e a molte altre hanno risposto gli esperti, presentando le statistiche e chiarendo quali sarebbero, invece, i comportamenti da adottare quando ai nostri piccoli viene la febbre.

Che giungla questa febbre: i risultati della ricerca SWG sul comportamento delle mamme quando compare la febbre nei bambini


Lo studio ha preso in considerazione un campione di donne italiane con figli tra gli 0 e i 10 anni, chiedendo loro il loro comportamento durante gli episodi di febbre dei loro bambini.

I dati che balzano più all’occhio? Il numero di mamme che ancora si affida ai metodi della nonna e quello delle madri che iniziano ad agitarsi nel momento stesso in cui la temperatura aumenta. Ma entriamo nel dettaglio: ad allarmarsi immediatamente è una mamma su quattro (e per allarmarsi si intende che chiama subito il pediatra o addirittura porta il bambino direttamente al pronto soccorso), mentre ad affidarsi ai rimedi tradizionali è addirittura l’81% delle madri. Il problema è che questi metodi tradizionali comprendono sia l’applicazione della borsa del ghiaccio sulla testa, sia spugnature con alcool o acqua su testa, polsi e caviglie, pratiche che in realtà potrebbero portare all’effetto contrario di quello sperato (l’abbassamento della febbre - che, in realtà, nella maggior parte dei casi non andrebbe abbassata, ma lasciata agire in quanto meccanismo di difesa del nostro organismo)

Lo studio ha inoltre portato alla luce il fatto che nonostante le mamme siano effettivamente preparate sulla teoria (l’88% dichiara di sapere che la febbre è un meccanismo di difesa, come abbiamo già detto), in realtà nella pratica si lasciano prendere dal panico o dall’insicurezza: ecco allora che il 59% delle madri rimane incerta su quando misurare la febbre (e solo il 41% la prova, come giusto che sia, ogni due ore).

Il problema alla base, probabilmente, è la mancanza di informazioni che, parrebbe un ossimoro, è in realtà effetto della troppa quantità di informazioni che si trovano in rete: il 50% delle mamme, infatti, cerca di risolvere i suoi dubbi affidandosi a internet, quando in realtà questo prezioso strumento dovrebbe essere utilizzato con cautela, essendo presenti sì molte informazioni esatte, ma anche moltissimi falsi miti (http://www.mammapretaporter.it/salute/salute-ben-essere-mb/5-risposte-a-5-miti-sulla-febbre-dei-bambini), credenze e informazioni false.

Tuttavia, fortunatamente, il 63% delle madri si affida ancora al pediatra, figura di riferimento quando si tratta di chiedere consigli o di chiarire quando e quali farmaci somministrare ai bambini.

Insomma: mala-informazione e ansia sono molto presenti tra le mamme, che devono quindi sapersi destreggiare tra le informazioni della gente (le famose zie Ignazie che tutti conosciamo), di internet e del pediatra (al quale in realtà dovrebbero dare molta più fiducia).

Detto questo, l’ansia dovrebbe essere tenuta sottocontrollo: non preoccupiamoci prima dei 3 giorni di febbre! È questo, infatti, il momento giusto per chiamare il pediatra: se il bambino ha 40 di febbre ma salta, gioca e corre, non preoccupiamoci troppo e non somministriamo farmaci.

Anche questa dei farmaci, infatti, è una questione delicata, poiché è ancora presentissima la credenza secondo cui a 38.5 gradi di temperatura è obbligatorio somministrare paracetamolo. Il paracetamolo deve essere somministrato solo in caso di dolore, e non basandoci semplicemente sulla temperatura! Come dicevamo, infatti, l’innalzamento della temperatura corporea, e quindi la febbre, è un meccanismo assolutamente naturale di difesa che il nostro organismo mette in atto per combattere i virus, quindi cercare di abbassarla a priori è davvero controproducente.

Le regole da seguire sarebbero quindi opportunamente queste:

- La febbre è da considerarsi meccanismo naturale del corpo, quindi una temperatura tra i 36.5 e i 37.5 è assolutamente normale. Consideriamola “febbre” solo dai 37.5 in poi, senza comunque allarmarci subito. Quindi dopo una partita di calcio, la sera o quando siamo accaldati è assolutamente normale per alcuni di noi avere 37,3 -37,4.

- Per misurarla, affidiamoci alla misurazione ascellare con un semplice termometro digitale. La misurazione sublinguale e quella rettale non sono sicure.

- Per trattare la febbre, se scegliamo terapie non farmacologiche evitiamo sempre le coperte calde e i vestiti pesanti, così come la vicinanza alle fonti di calore, anche se il bambino ha freddo. Idem no alle docce fredde, alle borse del ghiaccio e alle spugnature. Da evitare assolutamente l’alcool!!! Sì, invece, a tenere il bambino idratato facendogli bere molta acqua.

- Le terapie farmacologiche andrebbero sempre concordate con il pediatra, che saprà indicare (sempre in caso di dolore e non solo di temperatura alta!) l’ibuprofene (che è analgesico, antinfiammatorio e antipiretico) o il paracetamolo (antipiretico e analgesico), in base al peso del bambino e alla fascia d’età.

- Il pediatra andrebbe chiamato: prima dei trenta giorni di vita se il bambino ha qualsiasi linea di febbre; prima dei tre mesi di vita quando supera i 38 gradi; dai 3 ai 6 mesi quando la febbre è associata ad altri sintomi, o comunque nelle prime 24 ore dell’insorgere della febbre; dopo i sei mesi, solo quando sono presenti altri sintomi, quando il bambino ha dolore e quando la temperatura supera i 38.5 gradi.

Capitolo a parte meritano le convulsioni febbrili, molto presenti tra i bambini. Se è la prima volta che accade, controlliamo la durata della crisi, mettiamo il bambino su un fianco, non apriamo la bocca né muoviamo la lingua e portiamolo subito al pronto soccorso (se è il primo episodio, se la crisi dura più di cinque minuti o se il bambino ha più di sei anni). Non allarmiamoci: nella stragrande maggioranza dei casi le convulsioni non hanno assolutamente conseguenze sul bambino e non si verificano a causa di febbre elevata, ma probabilmente l’evento scatenante è un repentino cambiamento di temperatura.

Giulia Mandrino

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Dura la vita da duro

Martedì, 10 Ottobre 2017 13:38

"Non è neanche brutto, ma riesce ad essere cattivo, veramente cattivo, soprattutto con me": il libro parte con il pensiero di tutti i bambini che almeno una volta nella vita sono stati vittime di bullismo. Ogni giorno se lo ritrovano lì, quel ragazzino che li ha presi di mira. E ogni giorno andare a scuola diventa pesantissimo, psicologicamente e fisicamente, cone quelle fitte allo stomaco e il cuore martellante che non sembrano mai andare via.

Dura la vita da duro: il libro di Daniela Valente per parlare di bullismo, comprenderlo, non lasciarsi sopraffare e trovare una soluzione

"Dura la vita da duro" (scritto da Daniela Valente, illlustrato da Margherita Micheli e edito da Coccole Books) è un libro illuminante: a volte sono proprio i libri a guidarci nella comprensione della vita, portandoci l'esempio metaforico di chi come noi sta passando la stessa situazione. Passivamente o attivamente, perché non dobbiamo concentrarci solo su chi il bullismo lo subisce, ma anche su chi lo fa, andando a guarire il problema dalla radice. Ecco perché la storia è raccontata da due punti di vista che si alternano: quella del gatto perseguitato e quella del gatto cattivo.

Il libro parla di due gatti: uno perseguitato a scuola da un personaggio cattivo, e l'altro prepotente. Ogni mattina, il prepotente se la prende con il più debole, inventando di volta in volta nuovi e crudeli scherzi.

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Daniela Valente, l'autrice, è molto brava: descrive alla perfezione le sensazioni dei due, così come la situazione, che sembra ripetersi in tutti i casi di bullismo. Il prepotente che gira con il suo gruppetto, il malcapitato che si sente come un topo con i gatti, le risa che fanno sbellicare la gang e che fanno venire voglia di urlare dall'altra parte della barricata.

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Poi, la svolta: una micina si avvicina al gatto indifeso e gli chiede qualcosa. La prima cotta. Ecco cosa spinge lui a capire di dover chiedere aiuto, di raccontare cosa gli accade, di trovare alleati per porre fine alla situazione. Per non avere più PAURA. 

Ma la svolta arriva anche per il bullo: la stessa ragazzina non vuole avere niente a che fare con lui, lui che ha fatto il figo solo per essere bello ai suoi occhi e che invece ne esce sconfitto, perché a lei non sta bene il suo comportamento. Anche lui, così, comincia a capire di avere sbagliato. 

Da una parte il parlare, il dialogo, l'esternare che fa bene e che finalmente libera. Dall'altra parte la consapevolezza di avere sbagliato grazie a qualcuno che finalmente ti dice apertamente cosa pensa del tuo comportamento. Due liberazioni, che passano solo dalla consapevolezza.

Immaginarsi il bullismo come qualcosa di pesantissimo è giusto, ma dobbiamo ricordarci che sono anche i piccoli gesti, gli insulti pacati, i dispetti costanti e quelle mille altre piccole cose che i bambini e i ragazzini intavolano ogni giorno ad essere deleterie.

Facciamo attenzione ai piccoli segnali da parte dei nostri bambini: potrebbero essere vittima di altri ragazzini, oppure potrebbero essere loro stessi i bulli. In ogni caso leggere "Dura la vita da duro" può fare davvero bene!

Mercoledì scorso noi di mammapretaporter siamo state ad un evento davvero favoloso. Spoiler: abbiamo potuto assaporare il cappuccino più buono della nostra vita! Non esageriamo: schiumoso in maniera esagerata, saporito e bilanciato. E non eravamo in un bar. No. Ma era meglio di quello del bar!

L’evento era il lancio della linea di capsule Barista di Nespresso: un’edizione limitata di tre cialde pensate per chi (come noi) ama la colazione al bar e vorrebbe provare il piacere di gustare caffè e cappuccino a regola d’arte anche a casa.

Il cappuccino più buono che abbiamo mai provato: con Nespresso Lattissima One e le cialde Barista in edizione limitata ecco il cappuccino sano e perfetto anche a casa

Partiamo da un presupposto forse scontato ma che ci teniamo a ribadire: fare il caffè è un’arte. Lo sappiamo bene noi italiani, che quando andiamo in giro per il mondo ci prepariamo alle smorfie che compariranno sul nostro viso ogni volta che berremo un caffè inevitabilmente peggiore del nostro.

Il caffè è un’arte, dicevamo, perché le variabili sono davvero tante: innanzitutto, è la mano del barista che fa moltissimo. Quanto bisogna pressare il caffè nella macchina? Quanto caffè dobbiamo mettere? Insomma: una tazzina di caffè è un fiocco di neve: è impossibile prepararne una esattamente identica ad un’altra. Be’, lo stesso vale per il cappuccino, altro must della caffetteria italiana e inimitabile nel mondo: la quantità di schiuma e lo spessore della stessa variano sempre, perché non è una preparazione meccanica, ma fatta da una mano umana che conosce a menadito l’arte che sta dietro alla preparazione di un cappuccino.

Nespresso ha pensato quindi di ispirarsi all’arte dei baristi veri, unendola al piacere di prendersi il caffè al bar. Il risultato sono queste tre cialde, Barista Chiaro (per un cappuccino dolce); Barista Scuro (per un Espresso macchiato intenso e super cremoso); e infine Barista Corto (per preparare un Ristretto Nero intenso ed estremo).

Se già conoscete le cialde Nespresso, allora saprete che il loro sapore è inconfondibile e inimitabile, e che effettivamente sono le capsule di caffè che più si avvicinano al sapore del caffè preso al bar. Be’, queste sono ancora più incredibili, perché si ispirano direttamente all’esperienza dei baristi più esperti.

Abbinando alle capsule Barista la macchina per caffè Lattissima One (che in questi giorni è in promozione: la possiamo comprare a 199 euro, invece dei soliti 249!), ecco quindi che la nostra esperienza di baristi a casa si completa: grazie alla funzione per preparare una perfetta schiuma di latte, i nostri cappuccini e caffellatte casalinghi sono davvero perfetti. Ve lo possiamo assicurare!

Durante l’evento Nespresso abbiamo potuto assaggiare la combinazione capsule Barista+schiuma di Lattissima: non esageriamo se diciamo che era il cappuccino più schiumoso e godurioso che abbiamo mai assaporato!

Il bello è che con Lattissima One (che per noi mamme è super comoda, poiché oltre all’essere compatta è parzialmente lavabile in lavastoviglie!) possiamo prepararci a casa dei cappuccini, del caffellatte e delle bevande schiumose (a noi sono venuti subito in mente il Pumpkin Spice Latte e il Matcha Latte!) assolutamente sane e naturali.

Basta utilizzare al posto del latte vaccino quello vegetale. Il nostro consiglio? Il latte vegetale migliore per ottenere una schiuma perfetta per il cappuccino è certamente quello di soia. Ma anche quello di mandorla non è da disdegnare: la schiuma sarà meno corposa, ma il sapore finale del cappuccio e del caffellatte è certamente delizioso.

Giulia Mandrino 

Sara

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Cecilia

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