Cerchi un bambino? Comincia ad amare il tuo corpo

Mercoledì, 13 Febbraio 2019 10:07

È difficilissimo amare il proprio corpo. Ma non a causa nostra: sono le pressioni esterne (dei media, della società, dell’immaginario comune) a rendere difficile questo compito. Ma è un nostro dovere.

Amare il nostro corpo significa accettarlo, amarlo, prendersene cura, coccolarlo. Significa stare bene con se stesse, cercando il benessere, la salute e una visione del nostro corpo che sia armoniosa e soddisfacente. Non per gli altri, ma per noi stesse.

Soprattutto quando cerchiamo un bambino. Perché lo stress della non accettazione di sé non è salutare, né per noi né per il nostro futuro bambino. E non solo a causa dello stress, ma anche a causa degli standard assurdi ai quali ci hanno abituato.

Cerchi un bambino? Comincia ad amare il tuo corpo: perché l’accettazione del proprio corpo e il benessere fisico sono fondamentali quando si cerca un bambino

Avere una sana relazione con il proprio corpo è fondamentale, soprattutto per la vita di una donna, che è bombardata costantemente dai media, dai social e dall’immaginario comune con immagini di corpi irraggiungibili, malsani e distorti. Sì, distorti, perché la perfezione non esiste: esiste solo il corpo femminile, sempre diverso, dalle mille forme e dai mille colori.

Questa relazione complicata con il corpo diviene però protagonista soprattutto quando si cerca un bambino, poiché non staccarsi da questa immagine significa mettersi in pericolo. È normale volere essere sempre in forma, ma che forma abbiamo in mente? Quella filiforme delle modelle di intimo? Quella ipertronica delle attrici che passano cinque ore al giorno in palestra? Quella photoshoppata delle influencer su Instagram? Be’, guardiamoci in faccia: quella non è la realtà.

Quando però non abbiamo focalizzato questo concetto, il pericolo è quello di ricreare questo standard sul nostro corpo, non solo ammazzandoci di diete, ma anche non accettandoci, e questo ha un’influenza assolutamente negativa sul nostro benessere psicologico, che ricade inevitabilmente anche su quello fisico.

Stare bene è fondamentale, su questo non ci piove: non stiamo infatti parlando di sana alimentazione e di sana attività fisica. Quelle sono imprescindibili. Stiamo invece parlando della malsana idea di volere essere semplicemente “più magre” anche quando il nostro peso forma è lì che ci guarda dalla bilancia, perché stiamo già bene così come siamo. È questo che porta a stili di vita sbagliati.

Il problema è che quando decidiamo di avere un bambino, dopo una vita passata a compararci con queste immagini di magrezza, è difficile rinunciarvi. E, soprattutto, l’insoddisfazione nei confronti del nostro corpo influisce moltissimo sul concepimento e sulla gravidanza. Perché le sensazioni che proviamo quando pensiamo al nostro stato fisico e alla nostra forma sono importantissime mentalmente e fisicamente. Stare bene con se stesse significa essere felici, ed essere felici significa abbassare notevolmente i propri livelli di stress psico-fisico, che sono al centro dell’attenzione quando parliamo di gravidanza.

Ecco perché quando decidiamo di diventare mamme la prima cosa che dovremmo fare sarebbe lavorare su noi stesse, cercando di stare bene e in salute: accettiamoci, stiamo bene con noi stesse, mangiamo bene, muoviamoci, ma sempre tenendo conto del benessere vero, non quello imposto dagli standard della società. Perché la maternità non cancellerà i nostri problemi di autostima, non farà scomparire i nostri complessi. Dobbiamo quindi lavorarci prima, dobbiamo abbracciare la nostra fisicità con la consapevolezza che il nostro corpo sarà al centro di un processo miracoloso. E questo vuol dire che avrà bisogno di coccole, di attenzione, di dolcezza. Non di critiche e stress da parte nostra.

Dobbiamo sempre essere consapevoli del rapporto strettissimo che c’è tra il nostro corpo e la nostra mente. Perché stare bene mentalmente e pensare in maniera positiva al nostro fisico farà miracoli: l’auto accettazione di sé è miracolosa, sì. Ci dà forza. Ci dà sicurezza.

Il nostro corpo diventerà la prima casa di nostro figlio. Ed entrambi meritano cura, mentale e fisica.

"A volte mi annoio"

Martedì, 12 Febbraio 2019 15:04

Questo libro potrebbe essere scambiato per un libro contro la noia (ricordate “Ufff…”?). E potrebbe anche esserlo, in certi sensi, perché mostra ai bambini come la fantasia possa essere sfruttata in maniera naturale e veloce per riempire i momenti più noiosi delle giornate!

Tuttavia basta sfogliarne qualche pagina per capire che nasconde molto, moltissimo di più: perché “A volte mi annoio” di Juan Arjona e Enrique Quevedo è un libro che apre un mondo, che mostra la bellezza della diversità, la meraviglia della fantasia, la stupefacente forza dell'essere noi stessi, con illustrazioni magiche che aprono mondi verosimili e parole semplici e dirette che conquistano tutti i bambini.

“A volte mi annoio”: da Coccole Books un libro contro la noia che mostra ai bambini l’importanza di essere se stessi

Come si fa ad essere se stessi quando dentro di noi abbiamo mille volti? È normale! Ed è normale anche volere essere qualcun altro, di tanto in tanto. Proprio come quando il protagonista di questo libro si annoia e veste i panni di una papera, di una mucca, di un informatico, di un’ambulanza…

“A volte mi annoio”, scritto da Juan Arjona e illustrato da Enrique Quevedo, è uscito recentemente per Coccole Books e ha subito conquistato i nostri occhi dalla copertina: quanto incuriosiscono le mille facce che ci guardano come da un bizzarro album di fugurine? Be’, sono tutte le facce che ogni giorno possiamo fare quando ci annoiamo, e i nostri bimbi lo sanno bene: basta fare una faccia da mostro per essere davvero un mostro, un leone, una principessa, un camion, una ciabatta…

Nel libro, insomma, viene messo in parole e in bellissimi disegni un gioco quotidiano dei nostri bimbi: quello dei travestimenti (anche senza travestimento! Basta recitare!), che nei momenti soprattutto di noia sfrutta la fantasia un po’ per scappare dalla realtà del momento, un po’ per sperimentare il mettersi nei panni di qualcun altro (e perché no, qualcos’altro).

Scorrendo le pagine si legge quindi la storia del protagonista che ogni giorno decide di essere qualcosa di diverso, portando gli altri a dire: “Eh già, è proprio una papera, è proprio un’ambulanza, è proprio un informatico!”. Recita così bene la sua parte da confondere tutti…

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…Anche quando recita quella della “persona normale”, che legge, gioca con gli amici, va a scuola. Ma cosa significa “normale”? Basta sfogliare il libro fino alla fine. Perché la sorpresa della normalità è semplicemente non rinunciare a chi siamo davvero, con le nostre fantasie e le maschere che ci piacciono, perché è bello volere essere ciò che ci sentiamo ed è bello poterlo fare senza essere giudicati. Non servono molte parole: per questo il libro è bellissimo. Perché sfrutta moltissimo le immagini, piene di piccoli particolari, super ironiche e dettagliate, che alla fine parlano più delle parole, anche all’ultima fondamentale pagina.

“A volte mi annoio e faccio le facce. E non mi interessa”. Il “non mi interessa” si riferisce a ciò che dice la gente. Ed è bellissimo vedere quante cose possiamo fare e possiamo essere quando ce ne freghiamo del giudizio altrui. “A volte mi annoio” è quindi un libro perfetto per l’accettazione di se stessi, per imparare a non giudicare e a rispettare gli altri, per apprezzare la diversità che c’è attorno a noi.

Sara Polotti

10 attività Hygge per bambini

Venerdì, 08 Febbraio 2019 09:56

La filosofia Hygge è uno stile di vita nordico che, dati alla mano, rende più felici. I genitori danesi sono felici e crescono figli felici, e tutto questo è dato proprio dall’Hygge, ovvero da uno stile di vita confortevole e amorevole che trasmette ai bambini fin da piccoli il valore dell’empatia, dell’altro e del lavoro di squadra.

Una vita Hygge significa una vita piena di confortevolezza e coccole, significa una casa sicura e piena d’amore, significa giornate insieme nelle quali ognuno dà il suo contributo, significa cercare di fare stare bene l’altro e stare bene con noi stessi.

Ma come possiamo rendere l’Hygge a misura di bambino?

10 attività Hygge per bambini: i passatempi, gli insegnamenti e i giochi perfetti per rendere le giornate dei bambini Hygge

Fare giardinaggio, in giardino o in casa

La natura e il verde sono un pilastro dello stile di vita Hygge. Perché, certo, l’Hygge è una caratteristica della “casa”, ma “casa” prima di tutto è inteso come famiglia e come vita, e in secondo luogo non può esistere confortevolezza senza un po’ di verde. Il giardinaggio con i bambini è quindi un’attività perfetta per trasmettere ai bambini l’amore per la natura, la responsabilità, il senso ecologico, ma anche la bellezza delle attività svolte tutti insieme. Avete mai provato il giardinaggio in inverno con i bambini?

Giocare all’aperto (anche in inverno)

Come il giardinaggio, anche il giocare all’aperto è super Hygge. L’Hygge viene dai paesi scandinavi, e lì l’aria aperta è vitale. Prendiamo spunto dai danesi e usciamo ogniqualvolta ne abbiamo l’occasione!

Fare arte con ciò che la natura offre

La creatività deve essere sempre stimolata, e ogni gioco artistico è super Hygge. Lasciamo che i bambini si esprimano artisticamente ogni volta che ne sentono il bisogno e riempiamo casa con le loro opere d’arte! E per coniugare arte e natura possiamo svolgere attività artistiche che prevedono l’uso di materiali naturali che scoviamo durante le passeggiate con i bambini che scoviamo durante le passeggiate con i bambini.

Bere bevande calde sul tappeto tutti insieme

Le bevande calde sono un must per la filosofia Hygge: un tappeto peloso, un caminetto acceso, qualche candela per creare un’atmosfera calda e un Pumpkin Spice Latte (la cui ricetta trovate qui) da preparare tutti insieme sono la ricetta perfetta per una serata Hygge meravigliosa.

Passare le serate a leggere…

La lettura è una delle attività più Hygge che esista e se siete appassionati lettori lo sapete bene. Anche i bambini possono scoprire la bellezza di questo hobby: basta che noi per primi mostriamo loro quanto è bello! Ma come appassionarli alla lettura? Ecco un articolo che vi può interessare: Come appassionare i bambini alla lettura.

…Magari un libro sull’empatia

Tra i libri più belli da leggere tutti insieme nelle serate a casa ci sono certamente quelli con un messaggio importante. Come questi, divertenti, appassionati e carinissimi, per trasmettere ai bambini il valore dell’empatia.

Fare il campeggio in salotto

La tenda è il luogo perfetto nel quale sentirsi sicuri, accolti e in intimità (proprio come vuole la filosofia Hygge!) e i bambini la amano tantissimo. A loro bastano delle coperte e qualche cuscino per creare un meraviglioso nascondiglio in salotto, ma perché non portare la cosa al livello successivo e organizzare un campeggio in casa? Bastano una tenda (o qualche coperta arrangiata in maniera precisa), delle abatjour, una cena al sacco, qualche libro e qualche gioco in scatola per rendere una semplice serata in un’avventura favolosa. Qui trovate alcune idee per realizzare questo campeggio in salotto trovate alcune idee per realizzare questo campeggio in salotto.

Insegnare la gratitudine

La gratitudine, come l’empatia, è uno dei pilastri Hygge, un aspetto della vita che attraverso le sane abitudini di accoglienza e amore viene trasmesso ai bambini. Uno dei giochi che più amiamo (che in realtà non è un gioco, ma molto, molto di più) è il barattolo della gratitudine: i bambini (e noi) scriveranno ogni giorno qualcosa per i quali sono grati, che ha fatto loro piacere o che li ha particolarmente colpiti in positivo. Il barattolo si riempirà e potrà essere letto a fine settimana. L’esercizio è quotidiano ed è favoloso vedere come piano piano gli occhi vedranno sempre più positività attorno a loro!

Costruire una casa nella quale i bambini stiano bene

Creare routine condivise, dare uno spazio a tutti, accettare un po’ di disordine, aprire la casa agli amici, inondarla di musica: sono molti gli elementi che rendono una casa Hygge e a misura di bambino e qui trovate qualche esempio e qualche consiglio.

Fare le pulizie tutti insieme

Una casa Hygge è una casa confortevole, e al di là di un po’ di sano disordine è importante che sia sempre pulita e accogliente. Fare le pulizie tutti insieme diventa quindi un’attività perfetta e super Hygge: i bambini si divertono, si responsabilizzano, acquisiscono indipendenza e soprattutto contribuiscono a creare l’ambiente perfetto della famiglia!

Come rendere i bambini responsabili

Mercoledì, 06 Febbraio 2019 15:13

Non solo consapevoli, ma anche responsabili: è questo ciò che ogni genitore si augura. Di crescere figli responsabili, ovvero rispettosi, con la testa sulle spalle, consapevoli dei propri doveri, dei propri diritti e del proprio ruolo nel mondo.

Ma come fare per crescere i nostri bambini responsabili? Innanzitutto con il nostro esempio. E poi seguendo queste semplicissime regole quotidiane, che permetteranno non solo di crescere adulti responsabili, ma che renderanno la vita in famiglia molto più serena e rispettosa.

Come rendere i bambini responsabili: 7 consigli per crescere figli responsabili e rispettosi

Rendere le faccende divertenti

Perché, guardiamo in faccia la realtà: nessun bambino sano di mente HA VOGLIA di occuparsi delle faccende domestiche. Rendiamo quindi la cosa più divertente, innanzitutto facendole tutti insieme, magari prendendo una mattina specifica a settimana, scegliendo ognuno il compito che più gli si addice e aiutandosi a vicenda. Mettiamo della musica in sottofondo, scelta ogni volta da un membro della famiglia, balliamo, sorridiamo!

Inculchiamo il concetto “Chi rompe paga”

E non solo in senso concreto, ma anche figurato: ognuno deve comportarsi sapendo che ogni azione ha una conseguenza. E che le conseguenze bisogna affrontarle, belle o brutte che siano, prendendosi le proprie responsabilità, chiedendo scusa quando sbagliamo e senza giudicare l’altro. Ma questo è un concetto che si diffonde anche a livello pratico: quando i bimbi rompono qualcosa o combinano disastri, lasciamo che siano loro a porvi rimedio, pulendo (ad esempio). Certo che possiamo aiutarli, ma devono capire che la responsabilità prima di tutto è loro!

Lasciamo che ci aiutino

Lo sappiamo: a volte quando ci sentiamo dire “Mamma, papà, vi aiuto io”, vorremmo non aver mai sentito, perché quando siamo di fretta o quando qualcosa ci sta particolarmente a cuore e vorremmo fosse fatta con tutti i crismi l’aiuto dei bambini si rivela disastroso. Sì, è vero, ma è anche vero che per loro è importantissimo sapere che il loro aiuto è per noi prezioso, che la collaborazione è apprezzata e che il loro contributo è importante. Idem quando vogliono fare qualcosa senza il nostro aiuto: lasciamo che provino.

Non diamo ordini, ma lasciamo che ci arrivino da soli

Nelle piccole cose quotidiane, soprattutto quelle consolidate, non stiamo sempre a dare ordini e a dettare regole: piuttosto chiediamo ai bambini cosa devono fare, quali sono i loro compiti della giornata e cose del genere, per far sì che pensino con la loro testa e prendano pian piano l’abitudine di responsabilizzarsi da soli. La mattina, ad esempio, non elenchiamo i compiti (“Lavati i denti”, “prepara lo zaino”, “metti la giacca”), ma chiediamo loro cosa devono fare (“Ora cosa devi fare?”, “è già ora di uscire?”, eccetera).

Mostriamo che noi siamo responsabili, spiegando il perché

L’esempio è sempre la migliore educazione. Noi per primi, quindi, facciamo ogni giorno scelte responsabili, anche le più piccole. Mostriamole ai bambini spiegando anche il perché. Ad esempio, quando aspettiamo che ci sia un cestino per buttare la cartaccia che abbiamo in mano; quando non parcheggiamo al posto riservato ai disabili; quando al supermercato scegliamo solo la frutta di stagione; quando chiediamo scusa perché riconosciamo di aver sbagliato…

Non diciamo mai “Sei un irresponsabile”.

Mai. Perché ha l’effetto del “Sei proprio stupido”. Per un bambino sentirsi dire ciò che è significa essere certo di quella cosa. Loro “sono” ciò che diciamo loro e non capiscono che stanno facendo gli stupidi in quel momento o che il loro comportamento è irrispettoso, non loro come persone.

Non parliamo di “colpe” ma amiamo incondizionatamente

Dare la colpa ai nostri bambini significa farli sentire male. Certo, avranno anche colpa, ma nel momento in cui si prendono le loro responsabilità e, ad esempio, chiedono scusa, allora si stanno comportando in maniera responsabile. Piuttosto che puntare il dito, quindi, parliamo delle situazioni, cercando di capire cosa fare e mostrando che c’è sempre un modo per risolvere i problemi anche quando la colpa è nostra. I bambini si sentiranno più sicuri e saranno meno inclini a mentire e a dare la colpa a qualcun altro. Perché è normale: se hanno paura di essere colpevolizzati, ci spiegheranno in mille modi che non è colpa loro (perché nella loro testa è così, non ci stanno nemmeno mentendo), non prendendosi le proprie responsabilità. È quindi un circolo virtuoso del quale dobbiamo fare parte attivamente anche noi mostrano come si possa essere responsabili, consapevoli e rispettosi sempre, anche quando sbagliamo.

Il Chicco di Felicità a sostegno dell’infanzia

Mercoledì, 06 Febbraio 2019 08:51

Forse molti di voi già lo conosceranno, perché sono anni che Chicco è in prima linea nella difesa dell’infanzia, e il Chicco di Felicità è ormai un cult: l’anima solidale dell’azienda di puericultura torna quindi a brillare nel 2019, e stavolta lo fa con un nuovo simbolo, luccicante, bellissimo e dal cuore grande.

Un piccolo bracciale per aiutare le famiglie e i bambini in difficoltà: il Chicco di Felicità ci piace perché è bello, ma soprattutto perché umanamente prezioso.

Il Chicco di Felicità a sostegno dell’infanzia: un bellissimo bracciale per sostenere con Chicco il Centro di Aiuto ai Minori e alla Famiglia in crisi

Semplice e prezioso, ricco d’amore e di lucentezza, proprio come la luce che Chicco e CAF vogliono portare alle famiglie e ai bambini in difficoltà: il Chicco di Felicità proposto in questo 2019 è davvero bellissimo, indossabile ogni giorno, e diventa così simbolo quotidiano di speranza e aiuto, vita e solidarietà.

Come ogni anno, Chicco propone il suo Chicco di Felicità (ad oggi sono 550.000 le persone che hanno contribuito a ridare il sorriso ai bambini negli anni grazie a questa iniziativa!): quest’anno si tratta di un graziosissimo braccialetto con piccole maglie e una perlina colorata (un chicco!), semplice e delicato, disponibile in sei varianti a simboleggiare un diverso valore: verde per l’Accoglienza, rosa per il Rispetto, rosso vermiglio per la Solidarietà, nero per la Giustizia, bianco per la Speranza e lilla per la Fiducia. Indossandolo, quindi, porteremo sempre addosso il nostro messaggio di cura e speranza verso i bambini meno fortunati, che grazie al nostro gesto riceveranno anche un prezioso aiuto concreto grazie a specialisti che hanno a cuore il benessere dei bambini e delle loro famiglie.

Il ricavato delle vendite del Chicco di Riso, infatti, andrà a sostegno dell’Associazione CAF, il Centro di Aiuto ai Minori e alla Famiglia in crisi, e al progetto solidale per un programma di sostegno alle famiglie fragili, sostenendo l’accoglienza e la cura di bambini allontanati dalle proprie famiglie perché in gravi difficoltà.

L’obiettivo è quello di sostenere e proteggere le famiglie fragili, nelle quali i bambini si trovano in difficoltà, per fare ritrovare loro la fiducia negli adulti, la serenità e l’equilibrio. Tutto questo anche attraverso interventi specialistici, per prevenire il maltrattamento dei minori e per recuperare le competenze per preservare le relazioni tra genitori e figli.

Acquistando quindi il Chicco di Felicità nei negozi Chicco in tutta Italia o sull’e-commerce Chicco (qui le informazioni di servizio) contribuiremo ad un progetto davvero importante: costa 5 euro ed è perfetto come bijoux per noi o come regalo.

E accanto al Chicco di Felicità troviamo anche la linea Auguri di Cuore, con confezioni regalo e biglietti d’auguri che sostengono il progetto. Nei negozi Chicco in Italia potremo così acquistare eleganti scatole regalo in tre misure, tre fantasie (i quadretti Vichy per la piccola, le stelline per la media e le righe per la grande) e due colori, fucsia e blu, per impreziosire i nostri regali (al costo rispettivamente di 1,50 euro, 2 euro e 4 euro).

Febbraio è il mese perfetto per iniziare a pensare alla pianificazione delle vacanze estive. Questa è una fase molto delicata che richiede un’attenta analisi delle diverse opzioni a disposizione così da poter decidere quale sia la più percorribile. Quando si viaggia con i bambini, è bene valutare attentamente quali siano gli alloggi più adatti ad accogliere comitive di questo tipo. Ovviamente poi ognuno di noi avrà le sue preferenze e i suoi motivi per scegliere una sistemazione piuttosto che un’altra. Ma vediamo di approfondire meglio le diverse opzioni a portata di famiglia. 

Appartamenti e residence

Alloggiare in un appartamento o in un residence ha dei grandi vantaggi per le famiglie e le grandi comitive: qui è un po’ come stare a casa propria, perché si può godere del massimo della libertà. In queste strutture i bambini possono correre e giocare senza alcun tipo di limitazione o di orario. Un altro vantaggio è rappresentato dalla possibilità di responsabilizzare i nostri figli coinvolgendoli ad esempio nella gestione della casa e nelle faccende domestiche in modo tale da farli sentire pienamente padroni della propria vacanza. Poi è chiaro in questo caso si dovrà rinunciare al comfort proprio degli hotel e ai tanti servizi che un albergo può offrire, ma ci sono anche indiscutibili vantaggi. Solitamente, la scelta di soggiornare in un appartamento o residence è indicata in presenza di gruppi numerosi e quando si va in località dai prezzi mediamente alti, come nel caso della Sardegna. Se sceglierete questa meta per la vostra vacanza, per esempio, potrete scegliere tra i tanti appartamenti e residence in Sardegna quello più adatto alle vostre esigenze, considerando anche il numero di persone e il budget a vostra disposizione.

Hotel

Hotel vuol dire comfort e questa è una verità che tutte noi conosciamo molto bene. Chi preferisce stare comodo, rinunciando alla libertà degli appartamenti, negli hotel troverà la risposta che desidera. Non tutte le mamme amano andare in vacanza e catapultarsi nuovamente in una realtà da curare come la casa: chi sceglie di partire con la famiglia per rilassarsi e per staccare del tutto la spina, non potrebbe che optare per questa soluzione. Gli hotel preparano tutto, dalla colazione alla cena, e si occupano dei vari servizi, da quello in camera fino al cambio della biancheria. Inoltre, spesso sono dotati di piscine o SPA e certe volte anche di centri ricreativi per i bambini. L’offerta di sistemazioni è, infatti, davvero illimitata e ci sono alcune strutture particolarmente adatte per le famiglie. Certo, va anche detto che spesso si tratta di un’opzione più costosa, ma i benefici in termini di relax sono impareggiabili. 

Campeggi

Infine, non potremmo non parlare dell’opzione forse più divertente per i nostri figli: quella del campeggio è una scelta adatta soprattutto a chi ama l’avventura e la natura. Andare in camping significa rinunciare alle comodità e agli agi in cambio di una libertà totale e di una vacanza in compagnia di altri gruppi. Questo è vero soprattutto se si sceglie di recarsi in uno dei migliori campeggi per famiglie sparsi in tutta Italia, spesso dotati di attrazioni imperdibili per i bambini. Questa è, infatti, un tipo di vacanza che sicuramente piacerà molto ai nostri figli, ma che ha anche un’importante valenza educativa. Si tratta, infatti, di una buona occasione per far giocare i nostri figli all’aria aperta e per farli stare a contatto con la natura, un’attività davvero importantissima da far fare ai bimbi. Nei migliori campeggi attrezzati, infatti, ci si può dedicare a tantissime attività adatte a tutta la famiglia, come ad esempio la pesca e il trekking.

Ogni soluzione ha i suoi pro e i suoi contro: la scelta dell’alloggio dipende sempre dal tipo di vacanza che si desidera organizzare. Il mio consiglio è di provare le diverse opzioni per capire quale sia la più adatta alle vostre esigenze!

Sì, tra qualche mese sarà legge: la norma che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha abbozzato stabilisce infatti, finalmente, le caratteristiche dei dispositivi antibbandono per le automobili che diventeranno obbligatori nei prossimi mesi per chiunque porterà in macchina bambini fino ai 4 anni.

Una notizia importante, da analizzare, che ci porta sempre più verso la sicurezza totale dei nostri bambini, che dopo le troppe tragedie hanno bisogno di essere tutelati da noi adulti.

La bozza di legge per i dispositivi antiabbandono per portare i bimbi in macchina: cosa stabilirà la legge relativa alle caratteristiche dei dispositivi anti abbandono per automobili

La notizia è molto recente e ci sta molto a cuore: è infatti appena uscita la bozza del decreto attuativo che tra qualche mese trasformerà in legge la proposta sui dispositivi anti abbandono per automobili, ovvero quegli strumenti che permetteranno di prevenire le tragedie dei bambini dimenticati in macchina.

Nei prossimi mesi, quindi, i dispositivi anti abbandono diventeranno obbligatori. E ora il decreto ha stabilito (anche se non in via definitive) le caratteristiche che questi dispositivi dovranno avere. In linea generale, questi strumenti potranno essere un accessorio a parte (per venire incontro a chi ha già un seggiolino) o integrati nei nuovi seggiolini. Dovranno poi essere collegati a più persone telefonicamente (chiamata o SMS) ed essere facilmente avvertibili dentro e fuori dall’automobile, e in maniera celere, tempestivamente nel momento in cui il conducente si allontana troppo dal seggiolino con il bimbo ancora dentro (avvertendo così sia il conducente che le persone attorno, con segnali sonori e visivi).

Michele Servalli, fondatore e CEO di Remmy (che già dal 2013 ha ideato un dispositivo antiabbandono, il primo sul mercato), ha commentato la bozza, dicendosi soddisfatto perché a quanto pare le indicazioni del ministero rispondono effettivamente alle indicazioni da lui fornite. L’unico elemento che non lo convince, e che quindi dovrebbe fare riflettere anche noi, è quello contenuto nell’Allegato A punto 2 lettera f della bozza del decreto attuativo della legge 117 del 1 ottobre 2018: “Si specifica”, spiega Servalli, “che i dispositivi antiabbandono debbono essere dotati di un sistema di comunicazione automatico per l’invio, per mezzo delle reti di comunicazione mobile senza fili, di messaggi o chiamate ad almeno 3 diversi numeri di telefono.

Sento però il dovere di fare un po’ di chiarezza su questo aspetto perché noi di Remmy lo avevamo già analizzato nel 2013 (esiste infatti il prototipo dello Smart Remmy) ed escluso perché di fatto non aggiunge sicurezza al nostro dispositivo ma ne aumenta il costo di produzione e costo di gestione da parte del cliente (che dovrà dotarsi di una sim dedicata e accollarsi i costi fissi per contratti telefonici). È invece punto fondamentale per quei sistemi che basano il funzionamento esclusivamente su comunicazione Bluetooth. Si supera così la questione “se non ho il cellulare”, “se dimentico il cellulare in auto”, ”se ho il cellulare scarico”. In questo modo infatti è direttamente il dispositivo presente sempre in auto, alimentato automaticamente, con sim autonoma, a chiamare o scrivere in caso di pericolo.

Confido che la bozza venga rivista e semplicemente venga modificata la parola “debbono” in “possono” nel punto 2.f delle Caratteristiche Tecnico-funzionali. Sarà cosi il genitore che potrà scegliere il tipo di dispositivo da adottare (con o senza invio di messaggi) senza per altro diminuire il livello di protezione per i propri bimbi.

In ultimo – conclude Servalli – mi sento di dover rassicurare le migliaia di clienti che hanno adottato Remmy, cosi come le centinaia di Rivenditori Autorizzati, che nel malaugurato caso in cui non verranno prese in considerazione le nostre obiezioni, provvederemo ad intervenire con la sostituzione o l’adeguamento dei prodotti in circolazione. Lo facciamo e lo faremo perché da sei anni crediamo e vogliamo la sicurezza dei bambini; Remmy è nata proprio per questo, quando nessuno sembrava interessato a questo tema”.

Detto questo, Remmy ha per noi una lista semplicissima per una Soluzione Sicura, piccoli accorgimenti per scegliere al meglio il proprio dispositivo antiabbandono:
1. non deve richiedere alcun tipo di azione da parte dell'utente
2. non deve richiedere nessun tipo di manutenzione/istallazione
3. non deve dipendere da altri oggetti/dispositivi Inoltre:
4. deve avvertire immediatamente, quando sono ancora in auto
5. deve avvertire anche se c’è qualche problema di funzionamento
6. deve costare poco: il prezzo non deve essere una barriera alla protezione

AGGIORNAMENTO ALL'8 OTTOBRE 2019:

Da ieri sera è passato l'obbligo di installazione dei dispositivi antiabbandono sui seggiolini per i bambini di età inferiore ai 4 anni. A firmare il decreto attuativo dell'articolo 172 del Nuovo Codice della Strada per prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli è stata la ministra Paola De Micheli.

Questo obbligo prevede che sul seggiolino ci sia un sistema di allarme che, connesso allo smartphone, ricorderà al guidatore tramite un avviso sonoro della presenza del bambino ancora a bordo, ancor prima che il guidatore scenda dal veicolo.

Questo importantissimo decreto sarà operativo non appena legge sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni.

Che sia per un compleanno o un anniversario, che serva per far sapere quanto tenete a una persona che amate o semplicemente per concedervi un lusso ogni tanto, un gioiello è un regalo apprezzatissimo e sempre gradito. Naturalmente, parlando di "gioiello" in generale si intende una categoria di prodotti molto ampia: non sempre è facile scegliere. Trovare il gioiello più adatto a volte è una vera impresa e il rischio di sbagliare è sempre dietro l'angolo. Sulla base di che cosa bisogna scegliere il gioiello giusto? Ecco alcuni consigli per riuscirci senza paura di aver fatto la scelta sbagliata!

Un gioiello, innanzitutto, non è un semplice accessorio, ma è qualcosa di più: è un modo per dare a chi ci osserva un messaggio, per trasmettere qualcosa di noi. Per questo ogni occasione ha la sua propria tipologia di gioielli, come fosse una sorta di "dress code". Un anello da cocktail, ad esempio, non è certo indicato per andare a lavoro o per un'uscita con gli amici; un bracciale multicolore con delle medagliette magari esprime bene la vostra personalità, ma potrebbe essere poco adatto ad occasioni ufficiali e cene di lavoro. Insomma, bisogna capire bene in quali occasioni abbiamo intenzione di utilizzare un dato gioiello, e sceglierlo di conseguenza.

Naturalmente una variabile fondamentale è il materiale di cui il gioiello è composto. La scelta "tradizionale" è quella tra oro e argento. Al di là dei gusti personali, si possono tracciare delle regole generali. L'oro nella sua colorazione base è sicuramente il materiale più apprezzato e utilizzato per i gioielli, soprattutto per gli anelli. L'oro bianco, invece, è un ottimo materiale per i gioielli maschili. Sempre più spesso poi è possibile trovare gioielli in oro rosa, che grazie all'aggiunta di rame presentano riflessi rosati molto particolari. Si tratta di un materiale adattissimo alle ragazze, e spesso viene usato anche per le fedi nuziali. L'argento non è da meno, simbolo di eleganza raffinata e ottimo anche per gli accessori maschili.
Se state acquistando un gioiello per voi e non avete ancora scelto la tipologia dovreste porvi una domanda fondamentale: quale parte del mio corpo desidero valorizzare con un gioiello? Anelli, collane e bracciali attirano l'attenzione su un punto particolare, sia per coprire eventuali difetti sia per dare maggior luce.

E' innegabile che una variabile importantissima sia il prezzo del gioiello. Qui naturalmente la scelta è molto personale: dipende dal valore affettivo che noi diamo al gioiello stesso, dal destinatario del dono e dal motivo dell’acquisto. Ci sono brand rinomati come Swarovski, che permettono di avere gioielli di qualità ed effetto senza spendere una fortuna. Questi gioielli, conosciuti in tutto il mondo per il loro “sbrilluccichio”, si distinguono dagli altri perché, nonostante il prezzo accessibile, non perdono la lucentezza originaria del metallo e dei cristalli.


Ovviamente è molto importante trattare con cura qualsiasi tipo di gioiello, per evitare che con il tempo si rovinino. Ogni tanto, affidati al tuo gioielliere di fiducia per lucidarli e riportarli a nuovo, vedrai che risultato!

La comunicazione genitori-figli è importantissima. Ma non lo è solo in termini di dialogo (non ci stancheremo mai di ripetere che parlare è spesso la soluzione a moltissimi problemi), ma anche e soprattutto in termini di scambio. E questo scambio non comincia solo nel momento in cui il bambino parla, ma è fondamentale durante tutta la prima infanzia.

Il Programma Baby Signs serve proprio a questo: a rafforzare la comunicazione tra i genitori e i bambini durante i primi due anni di vita, anche quando la parola non è ancora del tutto ancora sviluppata.

Baby Signs, perché lo scambio comunicativo genitori-figlio è importantissimo: come superare la non-comprensione tra genitori e bimbi piccoli anche durante i primi mesi di vita

Il Programma Baby Signs serve fondamentalmente ad una cosa: a capire i bisogni e le necessità (ma anche gli interessi, gli stati d’animo!) dei nostri figli, che nei primi due anni di età comunicano con noi affidandosi già molto alla gestualità, che precede e accompagna la comparsa delle parole. Spesso non capire cosa ci sta comunicando nostro figlio è motivo di frustrazione, prima nei genitori e in secondo luogo anche nel piccolo. I primi si trovano a non soddisfare i bisogni del piccolo, sparando alla cieca, e i secondi si innervosiscono non vedendo soddisfatti i propri bisogni (soprattutto quelli primari, come la fame, la sete, la necessità di essere cambiati o il bisogno di contatto fisico).

“Eravamo in macchina e Mattia (13 mesi) piangeva; non capivamo il perché fino a quando non ci siamo voltati e lo abbiamo visto battere le dita delle manine ripetendo freneticamente il segno inequivocabile di “Biscotto”!" (Mamma Elisabetta da Udine).

Partiamo dal pianto del bambino: cosa significa? Non c’è una risposta univoca, perché di volta in volta il bambino ci sta comunicando un differente malessere o un diverso bisogno di quel momento specifico. Ma come capire di cosa si tratta senza confondere i bisogni? Sì, lo sappiamo, non sempre è semplice. Anzi…

Mariapaola Scuderi è logopedista specializzata in disturbi del linguaggio e della comunicazione in età evolutiva ed è co-fondatrice e responsabile della realtà Baby Signs Italia. Baby Signs si occupa di guidare i genitori nella relazione con i figli potenziando e facilitando lo scambio comunicativo tra di loro usando dei gesti simbolici (segni). In altre parole: il programma (attraverso alcuni punti) offre ai genitori degli strumenti semplicissimi e iper utili per comunicare meglio con i propri bambini, rendendo le interazioni precoci molto più efficaci e semplici.

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“Una sera, quando Michele aveva 10 mesi, ha cominciato a piangere disperatamente appena iniziato il bagnetto, una delle sue attività preferite. I dubbi e le preoccupazioni di ogni genitore in quei momenti sono tanti: l’acqua è troppo calda? – ha ancora fame? – sta male? Ma quando Michele, guardandomi, ha fatto il segno di DORMIRE ho capito che era semplicemente molto stanco e che il suo unico desiderio era quello di andare nel suo lettino. Che gioia, per me e per lui, capirci e venirci incontro, trasformando quella che sarebbe potuta diventare una serata spiacevole in un regalo per entrambi”. Papà Leonardo da Padova.

Il Programma Baby Signs è nato in America 30 anni fa, è validato da una ricerca scientifica del National Institute of Health ed è diffuso in oltre quaranta paesi nel mondo. I benefici principali?

• Riduce lacrime e frustrazioni secondare ai limiti comunicativi
• Rafforza il legame genitore-bambino
• Favorisce l’autoregolazione del comportamento e delle emozioni
• Supporta l’apprendimento del linguaggio verbale

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“Tommaso, ad oggi 15 mesi, ci sta aprendo il suo mondo emotivo. Ci racconta quando è arrabbiato e quando una cosa lo rende felice. Si sente grande come il fratello e noi con lui cresciuti”. Mamma Sara da Milano

Ma nello specifico quali sono gli strumenti offerti da Baby Signs? Semplicemente, gli Istruttori Certificati Baby Signs ci aiutano a individuare e mettere in pratica alcuni segni abbinati alla comunicazione verbale di noi genitori, che possono eseguire facilmente anche i bambini che non parlano ancora, superando la difficoltà dell’assenza di parola e riuscendo così a comunicare i fin dai primi mesi di vita ciò che hanno in mente.

E qui trovate la preziosa testimonianza di Serena, mamma del piccolo Lorenzo di 1 anno e mezzo.

Mariapaola Scuderi e il suo team di Istruttori, professionisti dello sviluppo infantile (prevalentemente psicologi, logopedisti, laureati in Scienze della formazione primaria) specificatamente formati portano così in Italia, in più di trenta città, il “Workshop Baby Signs” (efficace, interattivo e... divertente!) rivolto a genitori, nonni, educatori per la prima infanzia e a chiunque voglia scoprire di più su questa opportunità per potenziare la comunicazione con i bambini precocemente
Per scoprire il Workshop più vicino basta seguire questo link e ricevere i suggerimenti per iniziare subito a segnare con il proprio bambino.

Oppure visitare la pagina web dedicata e la Pagina Facebook “Baby Signs Italia”.

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La doppia pesata è davvero utile?

Martedì, 29 Gennaio 2019 13:48

Non è solo la (sbagliatissima) frase “Allora, è bravo?” a provocare stress nei neogenitori. Ci sono infatti certi dettagli che aggiungono peso quando non dovrebbero, quando, al contrario, la nuova genitorialità dovrebbe essere vissuta in maniera tranquilla e naturale.

A volte si tratta di tradizioni o metodi ormai consolidati che tutti credono imprescindibili e che, al contrario, possono essere tranquillamente messi da parte. Un po’ come lo stirare: certo che le nostre mamme non riescono a concepire il fatto che esistano uomini e donne che non stirano. Ma non è più come una volta, e non stirare, oggi, è consueto (e utile: si risparmia molto tempo e, soprattutto, si è più ecologici).

Ecco, quando parliamo di neonati possiamo paragonare lo stirare con la doppia pesata. Perché, certo, è utile, ma non necessaria e, soprattutto, a volte fa più danni che altro.

A dirlo è nientemeno che Uppa, il sito dei pediatri italiani, che ci mette in guardia dalla troppa attenzione posta sulla doppia pesata.

La doppia pesata è davvero utile? I chiarimenti sui benefici e sui danni della doppia pesata per i neo genitori

La doppia pesata è uno strumento utilizzato nel corso degli anni passati attraverso il quale i genitori potevano controllare quanto latte il bambino aveva assunto durante la poppata. Semplicemente, il bambino veniva pesato prima e dopo l’allattamento, annotando il peso precedente e successivo, monitorando così le variazioni di peso.

Sì, avete letto bene: parliamo al passato, perché ormai la doppia pesata è bell’e che superata. E per fortuna. Se parlate con mamme e papà che hanno utilizzato questo metodo, infatti, vi troverete certamente di fronte a genitori che raccontano lo stress di questa doppia pesata: per pochi grammi in più o in meno, infatti, ci si spaventava, si chiamava il medico, ci si metteva in discussione. Insomma: ci si stressava tremendamente. E nemmeno per qualcosa di utile.

Se infatti pesare il bambino è un atto utile e assolutamente necessario per monitorare la crescita e la salute, non è così utile pesarlo prima e dopo l’allattamento. Pesandolo regolarmente si possono effettivamente fornire dati utilissimi al pediatra, ma questi dati utili non sono certamente quelli della doppia pesata.

Le variabili, infatti, sono troppe: innanzitutto, la dose di latte che ad ogni poppata esce dal seno è sempre diversa e varia moltissimo nel corso della giornata. Ecco perché controllare ad ogni poppata che la quantità di latte assunta dal bambino rientri nelle indicazioni mediche è sbagliato: perché sarà sempre differente. Un lattante sano, poi, saprà da solo quanto latte nel corso della giornata dovrà assumere. Quindi, in assenza di patologie, possiamo tranquillamente fidarci di lui.

La bilancia, dunque, può essere un’arma a doppio taglio, perché permette sì di controllare lo stato di salute del nostro bambino, ma dall’altro lato spinge alcuni genitori a soffermarsi con ansia solo sul peso, non focalizzandosi sugli altri dati importantissimi, come l’osservazione delle poppate, la storia dell’allattamento e lo stato di salute generale del bambino.

Per capire questo stato di salute, quindi, se la doppia pesata ci crea ansie inutili è meglio concentrarsi su altro, in maniera più naturale e tranquilla. La mamma deve semplicemente fare attenzione a come il bambino succhia, alla sua soddisfazione, ai pannolini che bagna durante il giorno (con pipì trasparente e cacca gialla morbida, con circa 6 cambi nel corso della giornata)…

Perché oltretutto non bastano i dati delle pesate: ci sono bambini che crescono secondo le tabelle, ma che succhiano male e non sono soddisfatti. E questo è peggio.

Lasciamo quindi stare la doppia pesata, soprattutto quando crea stress nei genitori. Osserviamo piuttosto i nostri bambini, fidiamoci di loro e del nostro istinto. Buttiamo pure la bilancia, in casi estremi: basterà la valutazione del pediatra durante le visite programmate per dirci se il nostro bimbo sta crescendo secondo le tabelle. E lo stress eliminato non farà che bene, a noi e al bambino, che vivendo più sereno (riflettendo la serenità dei genitori) crescerà quasi sicuramente meglio.

Sara

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Cecilia

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