Il dado è uno di quegli ingredienti davvero comodi e utili: permette di aromatizzare e insaporire i nostri piatti in maniera veloce. Sarete quindi contente di sapere che farlo in casa è davvero semplice, soprattutto se disponete come me di un essiccatore come Essicco. Con pochi, sani ingredienti possiamo infatti preparare il nostro dado vegetale granulare da conservare in barattolo e da sfoderare ogni qualvolta ne abbiamo bisogno.

Dado granulare con l'essiccatore: come preparare in casa un dado vegetale semplice, naturale, veloce e comodissimo a partire dall'essiccatore

 

I giochi corporei tra fratelli

Venerdì, 16 Giugno 2017 13:22

La sensualità, intesa come stimolazione e conoscenza dei propri cinque sensi, è un aspetto molto importante nella vita dei bambini, come in quella di tutti gli esseri umani, e in tutto questo il tatto ha certamente una posizione privilegiata. Attraverso il tatto il bambino scopre infatti il mondo, e attraverso il contatto, che è il tatto scambiato tra persone, percepisce l’altro, la sua tenerezza, l’amore e la bellezza dell’essere toccato e del toccare.

Per questo le coccole serali sin dai primi giorni sono un’abitudine bellissima, così come i giochi corporei, i massaggi e le carezze. Ma non solo tra mamma, papà e bambino: anche tra fratelli dovrebbe diventare naturale toccarsi giocando, per scoprire l’altro in tutto il suo essere.

I giochi corporei tra fratelli: perché il contatto è importante anche tra i fratelli e qualche gioco per stimolarlo

I bambini sono diversi tra loro, anche tra fratelli. C’è quello coccolone che vorrebbe sempre stare in braccio e ricevere grattini e c’è invece quello più schivo, sulle sue, che preferisce non essere toccato. Questo tuttavia è normale, è carattere, ma in generale è utile sapere che il contatto è sempre qualcosa di importantissimo nella vita: fa sentire amati, protetti, fa sentire la concretezza della propria esistenza. Per questo, in quantità che variano a seconda dell’indole del bambino, è sempre consigliato coccolare e farsi coccolare.

Detto questo, essendo i bambini esseri umani sensibili, e cioè che scoprono il mondo attraverso i loro sensi, è anche attraverso il tatto che scoprono l’altro, e non solo il genitore. Quando sono piccoli piccoli, e magari di età molto vicina, può essere che sperimentino da soli e spontaneamente il tatto, toccandosi tra loro, accarezzandosi e cercandosi con le mani. Mano a mano crescono, tuttavia, il toccarsi diviene forse più imbarazzante e meno naturale. Ma la voglia di toccare l’altro rimane sempre.

Un esempio? Le lotte. Soprattutto tra i maschi, che sentono come “debolezza” il cercare l’altro, la lotta è un gioco imprescindibile da cui passano, soprattutto con i fratelli, poiché permette loro di sfogare questa voglia di tatto mantenendo il senso di “machismo” e apparente distacco emotivo.

Il gioco della lotta è quindi il primo da incoraggiare. Non preoccupatevi, i bambini sanno anche come non farsi male, lottando senza esagerare. Si attorcigliano, si guardano, si tirano, si aggrovigliano. E si toccano, scoprendosi e riscoprendosi, conoscendosi a fondo e creando così un legame unico. A volte finisce in litigata, ma è normale: anche litigare e fare la pace è educativo! Solo così i bambini sperimentano da sé cosa significa scontrarsi, imparando come gestirsi per arrivare preparati all’età adulta.

Altro gioco che “permette” il tatto, prevedendolo in maniera quasi nascosta e quindi piacevole per i bambini proprio per questo (perché in questo modo, di nuovo, si sentono legittimati a toccare i fratelli, azione che altrimenti non vorrebbero farsi vedere a compiere) sono le canzoni e le filastrocche. Ballare insieme o seguire le istruzioni per toccare l’altro (come “La bella lavanderina”, oppure il “Tuca Tuca”, ma ce ne sono davvero milioni) è per loro divertente e anche curioso!

Infine, proponete il classico gioco del “dove ti ho toccato?”. I bambini si sdraiano a turno sul tappeto, quindi uno tocca l’altro in diverse parti del corpo. La spalla, la pancia, la pianta del piede, la mano... L’altro indovina dove è stato toccato, e via via che passa il tempo il tocco deve farsi più lieve e impercettibile, per far sì che il bambino debba impegnarsi a fondo ad ascoltare il tocco. E poi viceversa.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

 

Gli sport estivi per bambini

Venerdì, 16 Giugno 2017 12:36

Non solo nuoto! Non esiste solo questo sport d’acqua, anche se è il più conosciuto (e anche il più propedeutico agli altri: sapere nuotare, per un bambino significa poter sbizzarrirsi anche in altre attività, con la sicurezza del sapersela cavare in acqua).
Se quindi quest’estate avete deciso di provare a cimentarvi con altri sport, in famiglia o portando solo i bambini, sappiate che esistono tantissime attività estive e acquatiche alternative al nuoto, altrettanto divertenti ed educative.

 

Gli sport estivi per bambini: dalla canoa al surf, gli sport d’acqua alternativi per bambini da provare quest’estate

Innanzitutto, sappiate che non c’è bisogno di andare al mare per provare gli sport d’acqua. Basta avere vicino a casa (o alla casa delle vacanze) un lago o un fiume per trovare moltissime proposte, che vanno dal byte surf alla canoa, e che a molti bambini piaceranno sicuramente.

Scegliere di provare uno sport d’acqua alternativo al nuoto è un toccasana per i bambini (e per la famiglia, se si decide di provare tutti insieme: fare insieme un’attività significa rafforzare i legami, oltre che imparare qualcosa di nuovo!), che possono così cimentarsi in nuove attività che li stimolano ad esercitare il loro corpo in nuove pose e movimenti, allenando la coordinazione mano-occhio-muscoli in maniera differente da quello a cui sono abituati l’inverno.

Tra i benefici c’è proprio questo, infatti, e cioè il provare qualcosa di nuovo che l’inverno, in città, sarebbe difficilmente praticabile. Se infatti il nuoto è semplice da svolgere, con tutte le piscine e i corsi cittadini, i corsi con la canoa, il kayak, il surf, il wind surf e chi più ne ha più ne metta sono difficili da trovare, se non nelle zone più costiere e più calde.

Iniziate quindi proponendo ai bambini gli sport che trovate vicino al vostro alloggio o a casa vostra. Non imponetene uno (a meno che ci sia solo quello!), ma lasciate loro scegliere quello che più li ispira, dandogli così la sensazione di indipendenza e responsabilità che è tanto importante per i bambini.

Ma quali sono queste attività? Qui di seguito vi daremo qualche informazione. Ma, state all’erta: nei prossimi giorni abbiamo preparato per voi degli articoli specifici con interviste ad esperti di ogni settore che ci parleranno degli sport d’acqua estivi per bambini dandoci tutti i dettagli di cui abbiamo bisogno per scegliere l’attività perfetta per la nostra famiglia e per i nostri bambini.

La Canoa: la canoa, piccola imbarcazione che permette di navigare laghi e fiumi utilizzando una pagaia, è uno sport davvero interessante per i bambini, in primis perché prevede il navigare su una barca (una cosa che solitamente incuriosisce tantissimo), e poi perché l’utilizzo delle pagaie (i remi) permette di sviluppare una coordinazione davvero precisa.

Il Windsurf: il windsurf è quello sport che prevede l’utilizzo di una tavola sormontata da una grande vela. L’equilibrio qui è importantissimo, e i bambini che provano il windsurf lo svilupperanno nel migliore dei modi, prima bilanciandosi sulla tavola e poi utilizzando anche la vela, lo strumento che attraverso il vento permette alla tavola di muoversi sull’acqua.

Il Kyte-surf: per bambini a partire dai 10 anni, il kyte-surf è un’alternativa al windsurf. Anche questo prevede una tavola, ma la vela non è attaccata ad essa, imperniata, ma legata attraverso un filo. Una sorta di aquilone, quindi, attaccato al corpo, che sfruttando il vento permette di muoversi sull’acqua, planandoci sopra. Come sempre, importantissimi sono l’equilibrio e la coordinazione dei muscoli.

La Vela: se i bambini sono affascinati dal navigare, la barca a vela è lo sport per loro. Prevede l’utilizzo di piccole barche guidate dal vento attraverso la vela, e qui più che l’equilibrio (comunque importante) è fondamentale lo studio delle direzioni, dei venti, e il saper guidare la vela. Non pensate però che sia uno sport meno faticoso (e quindi meno performante degli altri): anche la barca a vela necessita di energie non indifferenti!

 

“Oggi non ho voglia di fare la mamma”. Un pensiero comune, più di quanto pensiate. Eppure perché ancora ci sentiamo in colpa anche solo a pensarlo? Perché temiamo di essere giudicate quando questa è una sensazione che capita di sentire a tutte, tutte, tutte le mamme del mondo? Non avere voglia per un attimo di fare la mamma è una colpa, è tremendo, è deprecabile? No! Non lo è affatto. L’importante, però, è accettarlo e non sentirlo come un tabù.

A volte è giusto sentirsi sopraffatte, mamme: quando pensi “oggi non ho voglia di fare la mamma” non sei sola, e non sei una cattiva madre

Quel pensiero nascosto, l’”oggi non ho voglia di fare la mamma”, può arrivare quando meno ce lo si aspetta. Ma arriva. E non è giusto cacciarlo in fondo al cuore e alla mente, facendo finta che non esista.

Naturalmente non è la normalità. Nella normalità e nella quotidianità ogni mamma adora i propri figli, ringrazia la sensazione di fatica arrivata a sera, guarda con affetto a quella storia della buonanotte ripetuta all’infinito e sa che anche se adesso trova che sia ripetitivo e stancante un giorno poi le mancherà, così come le mancheranno le ginocchia sbucciate, la routine settimanale, lo scarrozzare i pargoli in giro.

Sì, quella è la normalità, ed è bellissima. Ma a volte la meraviglia della quotidianità viene scalzata dalla stanchezza eccessiva, dalla fatica vera, dall’averne abbastanza, perché magari ad una giornata no dei bambini ha corrisposto una giornata no sul lavoro, le bollette da pagare, le commissioni accumulate e il litigio con vostro marito. È in quei momenti che affiora il pensiero “oggi non ho voglia di fare la mamma” ed è in quei momenti che la giornata diventa ancora più nera: perché ci sentiamo in colpa, e il senso di colpa si aggiunge a tutto.

Non dovrebbe essere così. Le giornate no capitano, ma il senso di colpa non dovrebbe infierire. Perché, mamme, fate già tantissimo, e avete il sacrosanto diritto di sentirvi stanche anche, per un attimo, di fare la mamma.

Abbracciate la sensazione, semplicemente, e accettatela. Lo sapete, no?, che passerà? Che è passeggera, e che domani vi alzerete di nuovo con la voglia immensa di fare il vostro lavoro migliore, e cioè la mamma. Sapete che quei rumori, quei pianti, quelle storie della buonanotte e quel parlare tutto il giorno li amerete di nuovo.

Sentirsi in colpa non serve quindi a niente e soprattutto a nessuno. Non serve a voi. Non abbiate paura di essere giudicate, ma soprattutto non giudicate voi stesse, non tacciatevi come cattive madri, perché non lo siete. E in quei momenti di stanchezza non avete assolutamente bisogno del vostro stesso giudizio. Non avete bisogno di aggiungere negatività alla negatività. Ciò di cui avete bisogno è la vostra compassione, la complicità di voi stesse, la complicità tra i vostri due volti, quello di madre e quello di donna. Perché la madre dentro di voi vorrebbe per un giorno essere solo donna, e la donna lo sa. Non gliene fa una colpa.

Ogni mamma, e anche ogni papà, ad un certo punto della vita prova questa sensazione. Nessuno giudicherebbe, ve lo garantiamo. Non chi non ha figli, non sapendo cosa significa; e non chi ha figli, sapendo esattamente come ci si sente.

Ciò che dovete fare è quindi semplicemente accettare il sentimento, trattarlo per quello che è (e cioè uno scoramento passeggero), lasciare che per un attimo sfoghi, senza rimanere intrappolato nel profondo (scoppiando poi nei momenti meno opportuni).

Fate ciò che più vi fa stare meglio, da sole o con la famiglia. Fate una passeggiata nel bosco, andate a correre, a nuotare, a leggere in biblioteca. Oppure non fate nulla. Ma almeno accettate quel pensiero che vi sussurra “oggi non ho voglia di fare la mamma”, prendete atto che è lì. E il giorno dopo sentitevi ancora più grate perché magari è sparito, lasciando di nuovo solo la sensazione di benessere e di meraviglia che l’essere mamma porta con sé.

 

È giovedì, e come ogni giovedì da tre settimane a questa parte, significa che è arrivato il momento per me di commentare la puntata di 4Mamme, il programma Fox life che mette a confronto quattro mamme con le loro caratteristiche, punti di forza e debolezza. 

Protagoniste ieri sera erano la mamma “cuore di mamma” Giovanna, napoletana DOC dei (bellissimi) quartieri spagnoli; la mamma modaiola Stefania; la mamma maestra Daniela; e infine la mamma principessa Marta.

La puntata è partita con il racconto della giornata di Giovanna, la mamma chioccia di Vincenzo che, dopo aver tanto desiderato questo figlio, ora gli concede quasi tutto: il bambino è abituato a dormire nel lettone con mamma e papà (a 10 anni), a mangiare con il computer acceso e a rimandare i compiti fino all’ultimo minuto. D’altro canto, mamma Giovanna è anche molto attenta a suo figlio Vincenzo, e oltre a coccolarlo fa sì che le sue passioni possano essere sempre seguite (come ad esempio la pesca).

Lo stesso vale per mamma Stefania, mamma modaiola che, sì, “spinge” un po’ la figlia Ludovica a seguire la sua strada di donna attenta al fashion (anche con servizi fotografici che poi, però, si rivelano dettati da un motivo giustissimo e profondo, una rivincita sulla vita che mamma e figlia si sono prese), ma dall’altra parte lascia che questa segua la sua passione, in questo caso il calcio. Stefania è una mamma molto presente, complice, amica ma ferma, e questo ci piace.

La “mamma maestra” Daniela, invece, si definisce così proprio per il suo mestiere, che porta anche inevitabilmente a casa. Dalla scuola ha portato così con sé tantissime regole per i suoi bambini Raffaele e Michele, che sono seguitissimi dalla mamma, al cui occhio non sfugge nulla.

L’ultima mamma, Marta, è chiamata la “mamma principessa”, e il motivo non si fatica a capirlo già dalle prime immagini del programma, dal momento che Marta vive in un favoloso palazzo con giardino, tutto per lei e la sua famiglia, composta dal marito Luigi e dai tre figli, due femmine e un maschio. La sua filosofia non prevede l’essere mamma a tempo pieno, ama la sua indipendenza, ma in casa è comunque una mamma attenta alle regole, affettuosa e dolce. 

Una puntata molto stimolante anche questa, devo dire, poiché ogni mamma porta con sé punti di forza e debolezza su cui si può riflettere in maniera costruttiva. Non esiste la perfezione, non mi stancherò mai di ripeterlo, e ogni situazione è così perché si è plasmata attorno alla famiglia nel corso del tempo. Ecco perché giudicare forse non è l’atteggiamento giusto; semplicemente, dobbiamo provare a riflettere sugli aspetti che più ci colpiscono.

Quello su cui vorrei soffermarmi questa settimana è una frase che ho sentito ripetere più volte da mamma Daniela, la mamma maestra. “Non litigate”. Ecco, non sono molto d’accordo con questa frase. Perché? Perché litigare è fisiologico, tra bambini in generale e soprattutto tra fratelli. I litigi iniziano da piccoli e andranno avanti almeno fino all’adolescenza, ma non deve essere una tragedia, né un problema senza soluzione. Anzi, non dovrebbe essere nemmeno considerato un “problema”, dal momento che, appunto, il litigio è una situazione fisiologica tra fratelli, un passaggio obbligato che è davvero importante per la loro crescita.

Litigare, infatti, è un pilastro importante per lo sviluppo psicologico, sociale e cognitivo. Rafforza la personalità, fa emergere gli aspetti personali, ma soprattutto è uno dei pochi modi attraverso i quali un bambino imparerà a dialogare, a mediare, ad arrivare ad una soluzione e a mettersi davvero nei panni dell’altro (se stimolato bene). Litigare vuol dire scontrarsi con qualcuno che non la pensa come te, con qualcuno che ami, e la conseguenza a lungo termine è positiva, anche se la situazione sembra negativa: dovremmo imparare a lasciare che i bambini risolvano tra di loro, capendo di volta in volta qual è la migliore maniera per mantenere la pace giungendo a compromessi, ascoltando l’altro e facendosi ascoltare. È attraverso il litigio, infatti, che i bambini imparano sulla loro pelle cosa significhi e come si possa risolvere i conflitti, negoziando e confrontandosi in maniera sana.

Ciò che una mamma dovrebbe fare per limitare le litigate (senza stroncarle sempre sul nascere ma semplicemente evitando che si creino troppe volte le situazioni di conflitto: capisco anch’io che quando è troppo è troppo, e anche litigare troppo spesso o troppo violentemente non è positivo) è passare il più tempo possibile tutti insieme, trovare degli interessi in comune tra i fratelli e spingerli a intraprendere quelle determinate attività; o, ancora, lasciare che si aiutino a vicenda quando l’altro si caccia nei pasticci; o, infine, non costringerli a giocare sempre tra di loro: può capitare che non abbiano voglia, e non sarà la fine del mondo!

Un suggerimento che mi sento inoltre di dare è quello di stimolare l’empatia: è utile far si che loro possano far emergere le proprie emozioni e comunicarle all’altro. Se per esempio il fratello maggiore toglie bruscamente dalle mani un gioco alla sorella più piccola e lei reagisce picchiandolo o urlando possiamo aiutare la piccola a spiegare al fratello l’emozione che ha provato quando si è sentita sottrarre l’oggetto dalle mani e aiutare il grande facendolo immedesimare quindi “prova a immaginare se un tuo amico ti avesse tolto dalle mani un gioco che stavi usando, cosa avresti provato? Rabbia, smarrimento, tristezza? ”.  

 

Mamma, mi hai detto...

Giovedì, 15 Giugno 2017 09:20

Rasha Rushdy, autrice del blog The Tuna Chronicles, ha pubblicato questa meravigliosa lettera a sua madre sul sito Motherly. Una dolcissima dichiarazione di amore, di fiducia e di gratitudine, per averle insegnato cosa sia la maternità, ma anche per averle nascosto quei dettagli che una madre può scoprire solo vivendola da sola.

Mamma, mi hai detto...: la meravigliosa poesia-lettera di gratitudine di Rasha Rushdy a sua madre

Mamma, mi hai detto

che la maternità sarebbe stata meravigliosa.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

cosa mi avrebbe fatto.

Come avrebbe preso tutta la donna che sono.

La donna che credeva di sapere tutto

che poteva controllare tutto

e che l'avrebbe spezzata

e le avrebbe insegnato

che ha così tanto da imparare.

 

Mamma, mi hai detto

che ci sarebbero state notte insonni.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

quando stancante sarebbe stato;

che il sonno sarebbe diventato un lusso, e non qualcosa

che mi è dovuto;

ma che non c'è nulla di più dolce

del sentire il suono

del loro forte respiro mentre dormono.

E che anche quando tutto ciò che vorrei

sarebbe chiudere gli occhi

per altri cinque minuti,

piccole, morbide e cicciose braccia

attorno al mio collo,

che mi cantano canzoni,

mi raccontano storie storie,

ridacchiano e strillano,

mi fanno dimenticare quando disperatamente avrei bisogno di dormire.

 

Mamma, mi hai detto

che avrei capito le cose un giorno alla volta.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

che la maternità avrebbe preso la perfezionista che c'è in me

e l'avrebbe abbattuta, a favore di qualcuno che

non ha scelta se non accettare

che qualche volta

"abbastanza bene"

è abbastanza.

 

Mamma, mi hai detto

che la maternità avrebbe cambiato il mio modo di pensare.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

che la mia memoria di ferro sarebbe stata fatta a brandelli,

e che avrei dimenticato,

sistemato in luoghi sbagliati,

e confuso cose.

Ma che non avrei ricordato meglio di nessun'altra cosa

il modo in cui pesavano i loro

piccoli, caldi corpi

tra le mie braccia,

la prima volta che li ho stretti a me.

 

Mamma, mi hai detto

che la maternità mi avrebbe insegnato l'altruismo.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

che a volte avrei sentito che la mia indipendenza,

la mia libertà,

il mio tempo,

il senso di me stessa,

mi sarebbero stati portati via

e che mi sarei sentita in colpa, a volte, pensando di rivolerli indietro.

Ma, in effetti, è anche un privilegio sentirne la necessità

così profondamente

e la maternità mi regala così tanto

così tanti momenti preziosi

che mi toglie il fiato.

 

Mamma, mi hai detto

che la maternità avrebbe cambiato le mie priorità.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

nulla a proposito delle preoccupazioni;

di quanto mi sarei preoccupata.

Sono felici? Sono sani?

Stanno bene?

Sono per loro abbastanza?

Non sapevo che i bisogni di qualcun altro potessero

totalmente e completamente

consumare ogni mio pensiero

e che tutto il resto potesse diventare

non importante,

secondario,

basta che i miei figli siano felici.

 

Mamma, mi hai detto

che sarebbe stata una gioia vederli crescere.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

quanto in fretta il tempo sarebbe passato;

come le ore, i giorni, le settimane e i mesi

sarebbero scivolati tra

le mie dita

così velocemente

che mi sarei trovata improvvisamente a guardare ad un ragazzino e non ad un bambino;

ad un bambino e non ad un neonato;

implorando il tempo di essere un pochino più gentile e di aspettare che anch'io fossi al passo con loro.

 

Mamma, mi hai detto

che la maternità mi avrebbe insegnato delle cose.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

come diventare madre mi avrebbe messo alla prova

e spinto

e fatto dubitare di me stessa

e portatomi a pensare che stavo facendo tutto nella maniera sbagliata;

Ma ogni prova, ogni spinta, ogni sfida

mi avrebbero insegnato

come agire meglio

come essere più forte

e di quello che semplicemente sono in grado di fare.

 

Mamma, mi hai detto

che mi amavi.

Ma, mamma, non mi hai mai detto

come quell'amore potesse scorrere così furiosamente nelle mie vene.

Come tutti gil altri tipi di amore 

che avrei provato

non sarebbero stati nulla in confronto.

Come sarebbe stato un amore che mi insegna

a dare molto più di quanto avrei mai pensato di poter dare,

a volere in qualche modo dare ancora di più anche quando non mi è rimasto più nulla,

e ad essere grata per la più semplice delle gioie.

 

Rasha Rushdy

Il leone felice

Mercoledì, 14 Giugno 2017 12:27

Ciao a tutti! Eccoci con una nuova recensione.

Oggi vi parlerò di un libro davvero adorabile, “Il leone Felice”, scritto da Louise Fatio, illustrato da Roger Duvoisin e tradotto per la casa editrice Interlinea da Anna Lavatelli. Fa parte della collana le rane grandi. La prima edizione di questo libro risale al 1954 e le illustrazioni mi rimandano indietro nel tempo, quando da bambina sfogliavo i libri dell’infanzia di mia madre. I tratti semplici, dai colori tenui e sfumati...gli scenari con pochi, ma essenziali dettagli. Davvero bello!

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La storia racconta le avventure del leone Felice, di nome e di fatto, che viveva nello zoo di una deliziosa cittadina francese, nel bel mezzo di un grande parco. Tutti sono cordiali e gentili con lui e non mancano mai di salutarlo con dolcezza. Soprattutto Francois, il figlio del custode. La banda spesso suona sul palco del parco e il leone Felice si delizia nell’ascoltare la musica. Ma un giorno accade qualcosa. Il custode scorda di chiudere la porta dello zoo e il leone decide di uscire per ricambiare le tante visite che riceve dagli abitanti della città quotidianamente. Ma la reazione di coloro che credeva suoi amici lo lascerà davvero...interdetto! La storia di una profonda amicizia tra un bambino e un leone che insegna a tutti noi una grande verità: le cose spesso non sono mai come sembrano.

Consiglio la lettura di questo libro dai 3 anni in su. Inoltre il libro ha anche un contenuto digitale, al quale si può accedere scaricando sul proprio smartphone l’applicazione let.life. Una volta lanciata l’applicazione sarà sufficiente scannerizzare il codice a barre per accedere facilemente ai contenuti digitali del libro, come notizie sugli autori, immagini e tanto altro.


Un appunto meritato. La casa editrice ha utilizzato per la stampa di questo libro una carta totalmente ecologica!

 

“Mamma, io non avrei mai avuto paura di un leone con una faccia così buffa... Semmai avrei avuto paura di quelli che volevano catturarlo...!”

 

Bimbambel, Storie della buonanotte

Mercoledì, 14 Giugno 2017 12:20

Ciao a tutti! Oggi vi parlerò di un libro da leggere la sera prima della nanna.

Scritto da Anna Lavatelli e illustrato da Giulia Orecchia, "Bimbambel" è edito da Interlinea e fa parte anche questo della collana le rane grandi. La storia racconta di un bimbo che ogni sera chiede al suo papà la fiaba della buonanotte e vuole sempre la stessa, Bimbambel. Allora il papà inizia a raccontare e ogni volta che pronuncia la parola Bimbambel inizia una nuova avventura... un temporale nel Messico, il sole in Inghilterra che stava sempre nascosto dietro alle nuvole, una finale di calcio in Norvegia e gli orsi del Polo Nord che soffrivano di insonnia.

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Le piccole storielle sono sette in tutto, si può decidere di leggerne anche solo una ogni sera, ma noi siamo arrivati fino alla fine tutto d’un fiato, perché i miei bimbi continuavano a dire “ancora mamma!”, proprio come il bimbo del libro fa con il suo papà. La fantasia è la regina di questo adorabile libro, consigliato dai tre anni. Anche questo libro ha dei contenuti digitali ai quali si può accedere scaricando l’applicazione let.life. Basterà lanciare l’applicazione e scannerizzare il codice a barre all’interno del libro.

 

Un appunto meritato. La casa editrice ha utilizzato per la stampa di questo libro una carta totalmente ecologica!

“mamma leggiamo bibabel...bimbibel...insomma quello col nome strano!”

 

Quando i bambini non vogliono più il seno

Mercoledì, 14 Giugno 2017 09:06

Per moltissime mamme è un trauma. Un passaggio obbligato che tuttavia si trasforma in disagio, in tristezza, in un distacco vissuto in maniera estremamente dolorosa. Parliamo di quel momento in cui il bambino comincia a stancarsi del seno, e l’allattamento comincia a diradarsi fino a terminare completamente.

 

Non è stupido, non è un argomento leggero, e, mamme all’ascolto, sappiate che non siete sole. A darvi voce ci ha pensato una mamma blogger, che nel momento in cui si è trovata a dover fronteggiare questo disagio ha deciso di urlarlo al mondo, per fare capire che è una sensazione normale, per quanto dolorosa.

Quando i bambini non vogliono più il seno: la storia di mamma Emily e del suo Ziggy che non vuole più essere allattato

La foto che sta facendo il giro del mondo è questa.

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(Photo credit: Facebook)

Alcuni la trovano straziante, altri tenera, altri dolorosa, altri ancora eccessiva. Sta di fatto che il messaggio che c’è dietro è quanto di più legittimo ci possa essere. Mamma Emily, autrice del blog Raising Ziggy, ha deciso di scattare questa immagine dopo che il suo Ziggy, febbricitante, non trovava conforto nemmeno nel suo seno. Ha deciso così di provare a coccolarlo, pelle a pelle, in doccia (e sappiamo quanto il contatto sia importante per i bambini). Ma niente è come prima, secondo lei, perché se nemmeno il suo seno l’ha calmato significa che l’allattamento sta per terminare definitivamente.

Questa è proprio l’immagine della miseria”, scrive nel post. “Quando l’allattamento non offre già il conforto che soleva dare, e tu non sai più come alleviare il suo dolore. Ieri sera mi sono sentita inutile. Ziggy stava male, il suo corpo era rosso, le sue guance in fiamme. Piangeva e piangeva e piangeva. Gli ho offerto il mio seno, ma tra le lacrime ha scosso la testa e ha continuato a piangere. Ho guardato mio marito e gli ho detto che non sapevo che fare. Così siamo finiti nella doccia, pelle a pelle, lo stringevo forte. E lui è stato lì seduto, dolorante e frastornato. Ho pianto, silenziosamente.

Sono sempre stata in grado di aiutare Ziggy, ma non ieri sera. Da quando è nato, allattarlo era più di una semplice ricerca di cibo. Ne aveva bisogno quando era arrabbiato, quando provava dolore, quando era stanco. Non c’era nulla che la tetta non risolvesse.

Poi è cresciuto, e tutti mi chiedevano “quando smetterai?”. E io rispondevo “Quando sarà pronto”, mai immaginando che quel “pronto” sarebbe arrivato presto. Credevo che sarebbero passati ancora mesi, o anni.

E poi sono rimasta incinta di nuovo. È stato un processo graduale. Anche per Ziggy. Man mano che passavano le settimane, anche il suo bisogno del seno diminuiva. Ha smesso di venire da me per allattamenti coccolanti. Ha smesso di chiedere di me quando si faceva male. Quando ero attorno alla diciannovesima settimana di gravidanza, l’unico momento della giornata in cui lo allattavo era per fargli fare il pisolino, e ci impiegava anche più del solito, ad addormentarsi.

Quando gli offro il seno lui scuote la testa. Poi si allontana dal mio grembo e scappa via. Non mi aspettavo così forti emozioni, ma le provo. Mi sento rifiutata. Mi sento inutile. Ero il suo mondo, e ora il suo mondo si sta espandendo.

Mio marito e io ci chiedevamo sempre ridendo: “Cosa diavolo farà quando smetterà di cercare la tetta?”. Beh, credo sia ora che iniziamo a pensarci”.

Esatto: una lettera straziante, eppure tenera, che riassume i sentimenti di moltissime mamme che vivono il distacco dal seno in maniera disagevole. È normale, ma non per questo deve essere per forza doloroso. Parlatene, cercate aiuto, conforto, fronteggiate la situazione. Non nascondete la vostra pena!

Emily ha deciso di condividere con il mondo la sua esperienza per un motivo: perché le mamme non si sentano sole. Ecco: non siete sole. Non siamo sole. Siamo mamme, ed è normale.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

 

Perché non programmare le giornate estive?

Martedì, 13 Giugno 2017 14:21

L’estate è arrivata. I bambini hanno finito la scuola (e i più piccoli stanno per terminare la materna), e le giornate magicamente si svuotano da tutte quelle attività che prima scandivano la nostra quotidianità. Ah, che pace... Niente più stress...

Ok, forse però è bene ammetterlo, per il nostro bene e per quello dei nostri figli. A volte lo stress non va proprio in vacanza. Perché tutto questo tempo libero ha un rovescio della medaglia. Ossia: “e ora che facciamo?”.

Perché non programmare le giornate estive? Qualche idea per riempire le giornate dei bambini con una routine estiva carina e leggera

Dicevamo. Un rovescio della medaglia è il fatto che di punto in bianco ci troviamo a dover riempire giornate altrimenti perse. Ma c’è anche un altro risvolto negativo, in tutta questa bellezza estiva (se vogliamo trovarne un altro). Ed è il fatto che i bambini, poi, a inizio autunno, tornando a scuola e a tutte le attività pomeridiane che li attendono si trovano spiazzati, si stancano il doppio e giustamente fanno fatica a tornare alla routine. Ecco perché allora una routine estiva (leggera, naturalmente, che sia svago e non mero impegno) non è un’idea così stupida.

Non diciamo, quindi, di riempire fino all’orlo le giornate con orari, tabelle di marcia o di impegni prestabiliti granitici e invariabili (come quelli invernali, insomma), ma di provare a dare un indirizzo alle giornate, in modo che ci sia una routine settimanale chiara ma nella quale lo sgarro può avvenire senza problemi.

Ad esempio.

Il lunedì potrebbe essere dedicato ai progetti d’arte, a tutte quelle attività che avete nel cassetto e che non avete ancora avuto il tempo di provare perché in inverno, beh, non c’era il tempo materiale. Noi, per esempio, proveremo sicuramente qualche nuovo origami, creeremo qualche nuova mano di Fatima da regalare ad amiche e parenti. Ma ci sono tante altre attività creative, come il trovare giocattoli a costo zero in casa, realizzare tutti insieme storie con i sassi, imitare i grandi artisti...

Il martedì possiamo poi dedicarlo al giardinaggio. Bastano delle piante in casa, o un piccolo orto sul terrazzo o dei bulbi sulla finestra. Quel giorno può essere l’occasione per seminare, dare da bere, ma anche per leggere qualche libro per bambini sulla botanica. “L’orto dei bimbi” fa davvero al caso nostro, ma è bellissimo anche “Vagabonde!”: si tratta di un libro per piccoli esploratori di erbacce, da portare in giro per città, giardini e boschi per scoprire il verde nelle sue sfumature più bizzarre.

Il mercoledì poi sarà il giorno del cucinare tutti insieme, sperimentando nuove ricette a pranzo e a cena, ma anche a merenda, infornando e impiastricciandosi.

Giovedì via con le attività all’aperto: un po’ di trekking con i bambini è sempre un toccasana, e in questo modo li abituerete a stare all’aria aperta, nella natura, apprezzando, anche attraverso qualche gioco o attività artistica.

Il venerdì infine potrebbe essere l’occasione per provare nuovi sport, dallo yoga al surf, dallo sci nautico alla pallavolo, dall’hockey su erba all’equitazione. Tutto ciò che viene in mente ai bambini! Oppure, in alternativa o in aggiunta, potrebbe essere il giorno della biblioteca, quello in cui si va tutti insieme a scegliere il libro da leggere la settimana successiva (e ogni venerdì poi lo si riporterà e se ne sceglierà un altro!).

Sara

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Cecilia

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