Collezioniamo esperienze

Venerdì, 06 Ottobre 2017 13:53

Spesso ci lamentiamo che i nostri bambini abbiano tanti giochi che non apprezzano, e che non apprezzino nemmeno tutte le attività e le esperienze che gli proponiamo: finita una ne chiedono un’altra, e il livello di soddisfazione è comunque troppo basso. Perché?

Le risposte sono sia culturali (da ricondurre in primis alla iperstimolazione mediatica), sia sociali, e riguardano quei processi che vedono una generazione di genitori e nonni che tende a investire molto denaro nel comprare oggetti tendenzialmente inutili ai bambini, quasi a colmare un senso di vuoto, una incapacità a fermarsi e parlare e giocare con il corpo e con la parola invece che buttarsi nel processo di acquisto: è più semplice, più veloce, ma alla lunga sono convinta che queste scelte si paghino. 

Collezioniamo esperienze: una riflessione sulla perdita del senso di esperienza e un metodo per riprendere in mano i nostri ricordi, le nostre attività e il senso di ciò che i bambini imparano e vivono

Lo diciamo sempre: i bambini devono sviluppare creatività e un pensiero emotivo che consenta loro di far emergere un equilibrio solido sia dal punto di vista psicologico che sociale. Collezionare oggetti ed esperienze vissuti e percepiti in maniera superficiale e parziale va davvero nella direzione opposta a questa. 

Quello che però trovo significativo e importante nella nostra generazione di genitori è il desiderio di impegnarsi per donare ai propri figli non solo oggetti ma anche esperienze: così è esponenzialmente incrementato l'interesse nei confronti di viaggi family friendly e in generale il piacere di costruire memorie significative all'interno di un tempo di qualità trascorso insieme. L'impressione che però ho io è quella, appunto, che i nostri figli non siano mai sazi di tutto ciò. Mai contenti. 

Oltre alle cause prese in considerazione precedentemente voglio soffermarmi su un punto secondo me fondamentale: quello della catalogazione. Quando noi apprendiamo abbiamo bisogno non solo di "ingurgitare" informazioni, ma anche di rielaborale, sistematizzarle, ordinarle prendendo tempo per fermarci e osservarle. Un metodo? Certamente le fotografie, che ormai non stampiamo più ma che rimangono sempre il metodo migliore per tenere con noi i ricordi. Oggi ci sono molti metodi per stamparle senza spendere un capitale, come ad esempio affidandosi a siti internet che stampano e inviano a casa (conoscete, ad esempio, i servizi di Cewe? Io ormai non ne faccio più meno!).

Quello che noi non facciamo in questa fase della nostra storia sociale è fermarci per osservare indietro, quindi non ci rendiamo bene conto di cosa abbiamo fatto o vissuto, perciò non lo rielaboriamo in quanto siamo sempre di corsa: mi rendo conto che spesso sottopongo i bimbi a troppi stimoli ed esperienze e non do loro il tempo di parlarne nei giorni successivi, di rielaborare il vissuto. 

Quando ero piccola sicuramente le esperienze vissute al di fuori dell'ordinario erano poche ma erano percepite con grande intensità, sia prima, che durante, che dopo l'evento stesso. Per fare questo gli album fotografici erano davvero utili perché permettevano di avere una visione concreta dell’esperienza.

Come diciamo sempre, i bambini almeno fino agli 8 anni vivono e apprendono principalmente attraverso l'esperienza perché non hanno capacità di astrazione come un adulto. Ecco perché adorano visionare le fotografie sul nostro smartphone: per loro è una modalità per fare ordine, per apprendere. 

Ho iniziato a soffermarmi sul ruolo degli album fotografici quando la scuola ci ha richiesto come compiti delle vacanze alcune esperienze e lavoretti al fine di stimolare tutte le aree intellettive del bambino, che come sostiene Howard Gargener sono almeno 8 (logico matematica, linguistica, spaziale, musicale, cinestetica, interpersonale, intrapersonale, naturalistica): così al termine delle vacanze abbiamo stampato tutte le foto e realizzato un album di tutte le esperienze vissute ma anche di lavori effettuati, dalle semplici lettere realizzate con gli alimenti ai piccoli lavoretti con materiale di riciclo a gite di una giornata. È stato davvero interessante per i bambini sotto diversi punti di vista: 

in primis per mettere in ordine cronologico quello che hanno fatto;

poi, per rivedere dove sono stati, per esprimere le loro emozioni, per porre ulteriori domande e per apprendere maggiori informazioni e chiarimenti.

È in questo modo che mi sono resa conto di quanto spesso siamo noi per primi a non dare la possibilità ai bambini di vivere in profondità e assimilare appieno ciò che offriamo loro: è un po' come dare un piatto di lasagne e mangiare solo i primi due strati. Non ha molto senso, non trovate? (p.s. le lasagne sono così buone che secondo me rendono magnificamente l’idea!).

Quello che mi sono quindi proposta è prima di tutto di fermarmi e darmi tempo per rivivere e parlare di quello che è stato fatto: inutile collezionare una nuova esperienza se non ho finito di vivere appieno quella precedente.

Quindi, di realizzare album fotografici per permettere ai bambini di aver maggior consapevolezza dei loro vissuti a 360 gradi: meno cose vissute più intensamente e fino in fondo insomma. Investire perciò tempo e risorse per catalogare, riflettere e rielaborare. 

Il metodo più economico e pratico per creare i miei album di esperienze attraverso le foto per me è il sito Cewe: oltre alle stampe su supporti particolari, come il plexiglas, la tela e i poster (che sono comunque un’ottima idea per arredare casa circondandoci dei ricordi delle esperienze familiari), permettono di stampare a poco prezzo pacchetti davvero grandi di fotografie, di vari formati.

L’ideale è scegliere un formato piccolo e standard per tutte le foto, comprare degli album uguali tra loro (oppure realizzarli a mano con i bambini, come piccoli lavoretti) e, una volta arrivate comodamente a casa, procedere con la catalogazione tutti insieme.

Certo, c’è anche la possibilità di ricevere i fotolibri già completi, con le foto selezionate stampate direttamente sulle pagine (e sono bellissimi, naturalmente). Tuttavia credo sia più divertente, stimolante ed efficace fare una bella selezione di fotografie e stamparle proprio come una volta facevamo dal fotografo, per poi smistarle e incollarle insieme ai bambini, sparpagliandole sul tavolo e raccontandosi insieme ciò che sta dietro ad ogni immagine!

Parlavamo del fotografo “di una volta”, poco fa. Ce ne sono sempre meno in ogni paese, e giustamente i loro costi sono più alti, perché i servizi sono cambiati. Se una volta quindi bastava portare il rullino a sviluppare, oggi rischiamo di lasciare sul cellulare i nostri più belli ricordi. Scegliere un servizio semplice e veloce come quello di Cewe (che fino al 31 dicembre ha in programma un’offerta da non perdere: possiamo utilizzare il codice 10CEWE17 per uno sconto di 10 euro su qualunque ordine, oppure 30CEWE17 per uno sconto di 30 euro su una spesa minima di 150 euro!) permette di evitare il rischio di perdere tutte le immagini e tutti i sorrisi delle nostre esperienze come i bambini: basta caricare sul programma del sito le immagini, scegliere il formato e attendere di riceverle a casa.

I bambini amano collezionare le figurine e completare gli album, no? Bene. Iniziamo a collezionare esperienze: piace a noi, piace a loro; fa bene a noi, fa benissimo a loro.

Giulia Mandrino 

(Photo: Food in Jars)

Da qualche tempo spopolano le ricette in barattolo, o "mason jar recipes". In effetti sono comodissime, oltre che belle da vedere! Quella che vi proponiamo oggi, quindi, è una ricetta classica, e cioè quella della frittata, ma rivisitata per renderla sorprendente! Leggera e gustosa, è ottima per fare bella figura con gli ospiti o per proporre in tavola ai bambini una forma diversa di pasto.

La frittata in barattolo: la ricetta della frittata nelle famose mason jar, leggera e gustosa

 

The Australian Breastfeeding Project

Venerdì, 06 Ottobre 2017 13:10

(Facebook - Sara Anne Birth Photography)

I modi per sensibilizzare la gente sull’importanza e sulla naturalezza dell’allattamento al seno sono molti. Ci sono le star che si mettono in prima linea parlando della loro esperienza, quelle che trasformano le immagini in opere d’arte, quelle che denunciano i peggiori trattamenti ricevuti attraverso hashtag dedicati.

E poi c’è chi attraverso semplici e bellissime fotografie cerca di sensibilizzare e al contempo creare una community impegnata in prima linea nello sdoganamento dell’allattamento, ancora troppo spesso non accettato in pubblico.

Noi di mammapretaporter lo diciamo sempre: ogni madre sceglie ciò che vuole, ciò che ritiene migliore per il suo bambino; c’è chi allatta solo a casa, chi lo fa in pubblico, chi allatta in maniera esclusiva, chi opta per il biberon e il latte formulato, chi allatta fino ai due anni, chi si ferma subito con lo svezzamento… Non c’è una regola, ma solo buon senso. E il buon senso dice sempre che nutrire un bambino è il dono più straordinario che possiamo fargli, indipendentemente dalle modalità.

The Australian Breastfeeding Project: come una bellissima fotografia può far nascere un gruppo di mamme impegnate nella sensibilizzazione sull’allattamento al seno

In Australia da qualche anno si è formato un bellissimo gruppo: l’Australian Breastfeeding Project. Conta ormai più di 15.000 mamme che hanno deciso di aderire all’iniziativa, e la mission è davvero speciale e onorevole.

Tutto nacque quando la fotografa Sara Murnane, australiana, scattò questa bellissima fotografia ad un gruppo di venti madri vestite di bianco mentre allattavano i loro bambini sullo sfondo della bellissima Breamlea Beach. Uno scatto etereo, dolcissimo, che attraverso la bellezza fa pensare allo straordinario dono che la natura ci ha fatto: l’allattamento al seno.

Dopo aver notato che l’immagine otteneva migliaia di consensi, sia da parte delle mamme coinvolte sia da parte di tutte le donne che attraverso il web avevano potuto ammirare la fotografia, Sara Murnane decise di fare partire questo progetto, l’Australian Breasfeeding Project, il Progetto sull’Allattamento in Australia.

“L’Australian Breastfeeding Project è un’iniziativa che vuole creare consapevolezza attorno alla bellezza dell’allattamento, generare accettazione sul fatto che l’allattamento al seno abbia numerosi benefici e sradicare lo stigma negativo associato all’allattamento in pubblico”, si legge sul sito del progetto.

Il progetto si svolge proprio attraverso le fotografie di Sara, che gira il suo Paese cercando dappertutto la bellezza di questa pratica. “Questo tour nazionale per catturare in fotografia una serie di mamme in giro per l’Australia che allattano i loro bambini vuole formare una sorta di collettivo che si impegni in questa causa”. Le fotografie sono visibili sul sito, in una bellissima galleria.

Sara poi continua spiegando le ragioni dietro al progetto. Prima di tutto, è convinta che l’allattamento sia quanto di più bello e naturale possa accadere ad una mamma. Purtroppo i momenti passano alla svelta, e fotografare questi attimi è un modo per tenere la memoria sempre viva.

Secondo: se le fotografie che scatta girano, come dovrebbero, sui social media, grazie alla loro bellezza, allora la gente si sensibilizzerà piano piano attorno a questo tema, eliminando i pregiudizio attorno all’allattamento in pubblico. Insomma: più mamme che allattano vedi, più ti sembra, come deve essere, naturale.

Terzo: la sensibilizzazione sui benefici dell’allattamento può essere d’aiuto a tutte quelle mamme che non trovano attorno a loro il supporto che meriterebbero.

E, infine, Sara vuole “catturare negli scatti la nostra sorellanza. Non importa dove allattiamo, se siamo da sole o in gruppo. Avremo sempre la garanzia che siamo sorelle, che ci supportiamo, che ci siamo nel momento del bisogno. Insieme siamo più forti di quanto pensiamo. Insieme faremo la differenza”.

Giulia Mandrino 

Da quando le ricette hanno cominciato ad essere espresse in tazze, cucchiai e misure del genere, ci si è subito accesa una lampadina: in effetti cominciare ad imparare le misurazioni attraverso oggetti e riempimenti concreti può essere un buonissimo inizio per i bambini. Oltretutto, molto più divertente del solido!

Utilizzando quindi gli strumenti che abbiamo in casa abbiamo iniziato a coniugare il divertimento in cucina con il gioco dei travasi di solidi e liquidi, per stimolare i nostri bambini a conoscere le misure, le quantità e le frazioni in maniera ludica e divertente.

Giocare alle misure e alle frazioni con Maria Montessori: come utilizzare gli strumenti in cucina per insegnare ai bambini le quantità

Questo metodo per iniziare a prendere confidenza con la misurazione delle quantità (già a partire dai quattro o cinque anni) è molto montessoriano, perché prevede il gioco dei travasi: a quest’età, infatti, l’intelletto dei bambini si sta formando di pari passo con lo sviluppo motorio e con la coordinazione. Toccare quindi con mano ciò che si impara è un metodo tra i più efficaci per aiutare i bambini a imparare più in fretta e soprattutto in maniera più efficace e duratura.

Per imparare le misurazioni e le quantità, possiamo quindi utilizzare acqua o altri liquidi oppure elementi solidi che troviamo in cucina come i fagioli secchi, i cereali, il riso, la pasta corta… Semplicemente, possiamo lasciare che il bambino travasi da un contenitore all’altro questi materiali, scoprendo che a differenti grandezze corrispondono differenti capacità, e insegnandogli poi tutto ciò che sta attorno all’argomento: i litri, i centilitri e il sistema decimale; le frazioni; i pesi; eccetera eccetera.

Tra gli strumenti che possiamo utilizzare, ci sono sicuramente le brocche dosatrici, come ad esempio questa, che al suo interno contiene altre tre brocche più piccole che permettono di sperimentare la diversa capacità dei contenitori.

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Utilissime, poi, nel momento in cui il bambino ha già imparato le basi e sta iniziando a prendere confidenza con i numeri, le brocche graduate con differenti letture: in questa troviamo i litri e le frazioni dei litri, le frazioni semplici, le pinte e gli altri sistemi di misurazione, per iniziare a comprendere la conversione.

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Ai bambini questi piaceranno tantissimo: sono i misurini in forma di cucchiaino che ci presentano le quantità in due modalità: o a “cucchiaini”, a “cucchiai” o in millilitri. Con l’acqua o con alimenti sfusi come i cereali, il riso o i semi di girasole, questi misurini sono perfetti perché essendo piccoli aiutano i bambini anche a stimolare la manualità fine. Possiamo anche usarli in combinazione con gli altri recipienti: quanti cucchiaini fanno un litro? Quanti cucchiai? Quanti mezzi cucchiai? Quanti millilitri?

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Ne possiamo trovare anche di colorati, non pensati apposta per i bambini ma effettivamente molto ludici…

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E ne esistono anche di impilabili, per rendere la lezione-gioco più interessante.

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Se ai vostri bambini piace la scienza, poi, basterà comprare misurini da scienziato pazzo che ricordano i cilindri beaker della fantascienza.

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Infine, strumento davvero utile per continuare ad imparare qualcosa riguardo alla misurazione, alle quantità e al peso è certamente la bilancia. Quella da cucina che pesa i chili andrà benissimo, ma per iniziare è efficacissima soprattutto la vecchia bilancia a bracci, che permette di confrontare il peso di diverse quantità dello stesso materiale o il peso di diversi materiali nella stessa quantità.

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 Giulia Mandrino

Il posto giusto

Giovedì, 05 Ottobre 2017 14:16

Cosa vuol dire "casa"? Qual è il posto giusto in cui stare? Cos'è che ci fa stare bene?

"Il posto giusto", il primo libro, edito da Carthusia, scritto in collaborazione con la Fondazione per l'Infanzia Ronald McDonald Italia (che si occupa di provvedere alle cure mediche e all'assistenza per bambini ospedalizzati e lontano da casa), parla proprio di questo: della nostra "casa", del luogo in cui ci sentiamo bene, mai soli. Ma questa casa è qualcosa di fisico? Forse no.

Il posto giusto: un libro per bambini per parlare dell'importanza degli affetti, nonostante la lontananza e nonostante le diversità

La storia, scritta da Beatrice Masini e illustrata da Simona Mulazzani, parla di Scoiattolo. Scoiattolo è un animaletto del bosco che si è appena risvegliato dopo il letargo, e si rende conto che la tana nell'albero che lo ha accolto per l'inverno non è affatto accogliente come credeva.

Decide quindi di intraprendere un viaggio nel bosco alla ricerca di una casa migliore, più bella, più calda e meno buia. Nella sua piccola avventura incontrerà Picchio, Tartaruga, Talpa e molti altri animaletti amici. Ognuno di loro ha la sua bella casetta, chi a terra chi in aria, chi al buio chi alla luce, chi al caldo chi al fresco. Ognuna di queste case, tuttavia, non sembra fare al caso di scoiattolo, che sta cercando proprio la perfezione.

Ma se la perfezione non esiste, e se nulla lo soddisfa, allora perché non costruire da zero una casa tutta per lui? Anzi, tutta per loro: già, perché scoiattolo alla fine non costruisce la sua casa solo per lui, ma per tutti i suoi amici, che andando a vivere con lui formano così una bellissima, grande famiglia. E qual è la casa? “Un grande albero con radici profonde e rami larghi e lunghi”: quale metafora migliore per parlare di famiglia?

Il messaggio è chiaro: la "casa" è dove stai bene, dove ci sono i tuoi affetti. Il posto giusto è il luogo in cui si possa stare tutti insieme. Non importano le differenze, non importa se prima si era lontani (e qui, forse, il libro può andare in aiuto alle famiglie adottive con bimbi di etnie differenti dalla loro! L'albero che accoglie tutti ha radici profonde, nonostante le differenze che ci sono tra gli animali).

La vocetta dentro di lui diceva a Scoiattolo che sarebbe stato meglio da solo. Che ogni casa andava bene. Che non c'era bisogno di sforzarsi tanto per trovare il posto giusto. Ma Scoiattolo non cede: si impegna (e questo è importantissimo), progetta, costruisce, e alla fine riunisce tutti, ognuno con le sue richieste e le sue differenze, e soprattutto si impegna ad aprirsi a cose nuove, non fossilizzandosi sul "vecchio".

Insomma: questo libro dà veramente mille spunti, perché parla di casa, di differenze, di sofferenza, di solitudine, di gioia, di amore, di famiglie allargate, di famiglie atipiche. Ognuno può trovarci un senso e una morale, e leggerlo con i bambini all'infinito ci darà infinite occasioni di riflessione!

Sara Polotti

Le neomamma spesso non chiedono aiuto. Oppure lo chiedono, ma si sentono (erroneamente) in colpa. Le loro giornate vengono stravolte, si sentono sopraffatte, ma sanno cavarsela e vuoi per la società, vuoi perché sono davvero forti, vuoi per orgoglio, vuoi perché si sentono in colpa o hanno timore, chiedere un aiutino può non rientrare nelle loro corde.

A volte non sappiamo che fare. Soprattutto i neopapà, anche loro stravolti ma volenterosi di dare una mano in più, anche quando le compagne sembrano non volerla. È giusto: è un atto d’amore, aiutare il proprio partner. Basta quindi mettere da parte per un attimo l’orgoglio o il fastidio del sentirsi “inutili” quando vorremmo fare per loro il mondo, rimboccarsi le maniche e fare lo stesso ciò di cui hanno bisogno le mamme! Anche senza che lo chiedano, in maniera dolce, delicata e per nulla invadente.

Come aiutare una neomamma (anche quando non chiede nulla): come dimostrare il proprio amore anche quando l’orgoglio della nuova mamma respingerebbe ogni aiuto

Iniziamo con il fare attenzione a lei, e non solo al nuovo bambino. È normale che i bebè prendano la nostra attenzione, sono bellissimi e perfetti e soprattutto sono la novità della famiglia. Ma esistono anche le mamme, che stanno facendo tutto, quindi prima di salutare il piccolo a volte basta un semplice “ciao! Come stai?” detto prima alla mamma per farla sentire di nuovo coccolata e considerata.

Allo stesso modo, facciamo in modo che sappiano quanto le stimiamo per quanto stanno facendo. Un post-it che dice “sei bravissima! Sei fortissima!” sullo specchio del bagno; un sms a metà giornata con le considerazioni più dolci; il parlarle apertamente di quanto siamo fieri della forza, dell’impegno e dell’amore che ci mette: tutti segni piccoli ma che a volte quando la stanchezza ti assale ti sanno salvare la giornata. Non solo da parte dei compagni: perché non mandare questo sms alla tua amica che ha appena avuto la sua prima figlia? Perché non mandarlo a tua nuora?

I partner, poi, conosceranno certamente benissimo le abitudini e gli sfizi delle loro compagne. Questi sfizi possono essere difficilissimi da togliersi quando una donna diventa mamma. Può essere la colazione lenta e coccolosa, un bagno la sera prima di dormire, quel dolcetto a metà pomeriggio, la passeggiata energizzante di venti minuti attorno a casa… Ognuna ha il suo rituale, più o meno proibito, più o meno sano. Papà, amici, preparate questo sfizio: loro non hanno più il tempo e l’energia per farlo, e farlo trovare loro pronto sarà un gesto d’amore davvero immenso!

Soprattutto gli amici e i familiari, più che il partner (dato che il papà è tanto coinvolto quanto la mamma nella crescita del bambino, e lo sappiamo - quindi a volte i complimenti dovrebbero essere reciproci!), hanno spesso la tendenza a fare domande-cliché alle mamme. È normale. Viene da chiedere, anche un po’ per fare conversazione: “è bravo?”; “è buono?”; “Dorme tutta la notte?”; “Ma piange molto?”; “Si sta già staccando dalla tetta?”. Tutte domande che implicano in qualche modo una risposta “giusta" o “sbagliata” secondo la società.

Un regalo da fare quindi alla neomamma (una delle “cose da fare per una neomamma” del titolo”) è quindi NON fare queste domande. Sembrano innocue, ma implicano un po’ di giudizio, anche se noi non lo facciamo con l’intento di giudicare: se piange “troppo”, se dorme “troppo poco”, se ancora “preferisce la tetta” molti giudicano negativamente, quando in realtà ogni mamma sa ciò che è più giusto per suo figlio. Sono le domande della famosa Zia Ignazia, e evitarle è davvero un bel gesto.

Infine, tra le cose da fare per una neomamma che non chiede mai nulla, c’è il fare. Esatto: il “fare”. Sappiamo che lei non chiederà ma che avrà bisogno di fare la spesa, buttare la spazzatura, comprare il regalo per la sua amica, ritirare la posta, comprare i pannolini, prenotare la vacanza? Facciamolo noi. Depennare anche solo una delle cose della lista la alleggerirà, e se la sua amica arriverà a trovarla con la posta ritirata sarà un regalone; se il partner deciderà di portarsi avanti e dare da mangiare al gatto al posto suo, sarà un regalone; se la suocera, sapendo che i pannolini stanno finendo, sale a trovare mamma e papà con un pacco di nuovi pannolini, sarà un regalone!

Giulia Mandrino

L’arrivo di un fratellino è sempre un momento davvero delicato in una famiglia. Gli equilibri cambiano, inevitabilmente, e oltre al fatto scontato che le abitudini dovranno aggiustarsi per accogliere un nuovo essere umano in casa, si aggiunge quasi sempre il timore che il fratellino più grande ne risenta, sentendosi geloso o, al contrario, troppo protettivo nei confronti del nuovo arrivato (anche se in questo caso accade più quando il bimbo è già un pochino cresciuto).

Mamma e papà si ritrovano così con un piccolo stress aggiuntivo: oltre alla fatica di occuparsi di un neonato, si aggiunge infatti quella del giostrarsi tra le due esigenze, quella del nuovo arrivato che ha bisogno di continue cure e quella del bimbo (o dei bimbi) più grandi, che aggiungono alle solite attenzioni quella più delicata del “non sentirsi messi da parte”. Dopo quindi avere preparato i fratelli maggiori all'arrivo del fratellino, ecco il momento concreto, che mette alla prova tutta la famiglia.

Per raggiungere sin da subito l’armonia vi proponiamo quindi questi semplici suggerimenti che faranno sì che i nuovi aggiustamenti e i nuovi equilibri possano essere più leggeri per tutti.

L'arrivo di un fratellino, qualche consiglio per viverlo in armonia: come gestire serenamente l’arrivo di un nuovo fratellino dando qualche semplice attenzione più ai bimbi più grandi

Per prima cosa, i fratelli maggiori dovranno subito capire che questa nuova creatura ha bisogno di attenzioni speciali, perché senza cure di mamma e papà non può sopravvivere. Allo stesso tempo però, attraverso un gesto molto semplice, possiamo fare capire loro che non li metteremo in secondo piano: mentre allattiamo il nuovo nato, quindi, prendiamo sulle gambe o affianchiamoci al bimbo più grande e leggiamo una storia insieme. È un’attività semplice, non impegnativa come il gioco, che rilassa noi e coinvolge loro in un momento che penserebbero riservato solo al fratellino.

Un altro suggerimento è quello di coinvolgere i bimbi grandi nelle faccende di casa: renderli partecipi significa fare loro capire che anche se in questo momento siamo presi dal nuovo nato, loro sono insostituibili e indispensabili per la famiglia, e che il loro aiuto è molto importante. Lasciamogli quindi piegare i panni stesi, lavare i piatti insieme a papà, aiutare a cucinare e fare tutte quelle piccole faccende di cui riescono ad occuparsi.

È scontato dirlo, ma anche passare del tempo insieme è fondamentale. Non solo in casa, ma anche fuori, che sia estate o inverno. Usciamo quindi con il passeggino, andiamo al parco o in un luogo tranquillo e mentre il piccolo fa un pisolino giochiamo un po’ con il grande.

Non sempre però è possibile dedicare tutto questo tempo ai bambini più grandi quando il piccolo è appena nato, e lo sappiamo bene. Può essere che sviluppi qualche malanno e che quindi ci prenda più attenzione di quanta già ne occorre, può essere che noi stesse non ci sentiamo proprio bene. Insomma, le variabili sono tante, e non dobbiamo sentirci in colpa. In questo caso, assicuriamoci però che i fratelli maggiori abbiano la compagnia di cui hanno bisogno: i nonni, gli amichetti, i cugini, gli zii… Avere qualcuno attorno che ci sgravi per un attimo non è peccato, e così assicureremo ai nostri figli grandi l’attenzione che noi in quel momento transitorio non siamo in grado di offrirgli.

Un altro consiglio semplice ma efficace è quello di creare in casa, in cameretta o in salotto, un angolo nel quale possiamo prenderci cura del neonato e allo stesso tempo giocare o fare compagnia ai fratellini più grandi. Basta una sedia a dondolo accanto all’angolo dei giochi, oppure una seggiolina un po’ più comoda al tavolino dei disegni, sulle quali possiamo accomodarci con il nuovo bimbo mentre disegniamo o giochiamo con i grandi.

Infine, non buttiamoci giù se la situazione è più stressata del solito. È normale, ed è normale provare molta negatività. Questa negatività spesso ricade sui figli più grandi, con i quali ce la prendiamo volenti o nolenti. Il trucco è quello di esserne consapevoli e di cercare di aggiustare il tiro attraverso piccoli ma significativi gesti: ogni giorno, nonostante i momenti “no”, impegniamoci a fare i complimenti ai fratelli maggiori per ciò che fanno di positivo, lodandoli e facendoli sentire appagati. È un esercizio che richiede un po’ di sforzo ma che ripaga molto, sia loro che noi: noi perché in questo modo prenderemo l’abitudine di guardare anche alle cose positive nelle giornate negative, e loro perché raccoglieranno queste frasi positive che li sproneranno a fare meglio, spingendoli alla positività piuttosto che all’aggressività, alla gelosia, al nervosismo e alla negatività.

Giulia Mandrino

Santa pazienza

Mercoledì, 04 Ottobre 2017 08:31

 

Chi di noi mamme non lo ha mai detto!?! Santa pazienza! La pazienza è arrivata al limite! Faresti perdere la pazienza ai Santi! Storie di vita vissuta…perché i bambini, si sa, nel farci perdere le staffe sono davvero maestri. Io me li immagino in fila in cielo, pronti per scendere dentro le nostre pance. Davanti a loro un omone con la barba bianca che gli fa una punturina e sulla fiala c’è scritto “attivatore rompicoglionite”.

I miei figli, lo dico senza peli sulla lingua, sono dei rompiballe da guinness. Hanno la capacità di far scendere i Cristi dalle croci che in confronto Marcellino Pane e Vino era un pivello. Certe volte mi chiedo se sono io ad avere realmente poca pazienza, forse non sono in grado di gestire alti livelli di stress, ma se poi ripenso alle cose che fanno, a come le fanno o a quando le fanno, mi dico che no, non sono io. Sono loro! Ma sono bambini suvvia, direte voi! Certo…sono bambini. Ma a volte mi viene il dubbio di stare dentro a un mio personale Truman Show…ripetitivo, strano e balordo. Un esempio. Torniamo a casa dopo averli ripresi da scuola.

Abitiamo a circa 2 minuti di macchina dalle scuole che frequentano, potrebbero fare merenda a casa. Ma loro no. Io devo farmi trovare fuori dal cancello con la merenda in mano, perché LORO HANNO FAMEEE!! E ci sta…pranzano presto, stanno nel periodo della crescita, cosa mi costerà mai portarmela appresso, ecc ecc. Volendo sorvolare sul fatto che la mia macchina è una specie di mondezzaio, ma ci sta, nei pochi metri che ci separano da casa i miei pargoli consumano la tanto desiderata merenda. E mentre io guido, mi chiedono l’acqua… “bimbi sto guidando, adesso arriviamo a casa su…un attimo di pazienza”…MA NOI ABBIAMO SETEEEEEE!!!! Ora, questa scena non si ripete una volta ogni tanto.

Questa scena si ripete ogni santo giorno che nostro Signore ha fatto. E voi direte…perché non lasci loro una bottiglietta di acqua? AHAHAAHAHAHAHAHHA! La sentite la mia risata isterica? Già fatto mie care mamme…e volete sapere cosa succede? La mia ottenne svita il tappo, io rallento, lei beve. Passa la bottiglia al treenne, già aperta, lui poggia la merenda sul sedile, la merenda cade, lui rosica, si abbassa per cercare di prenderla e svuota la bottiglia. Inizia a piangere, urlando che adesso non ha più né acqua né merenda, io inizio a sudare, pijo una buca, bestemmio e semo arrivati a casa. E allora scendo dalla macchina, faccio scendere loro, riacchiappo bottiglia mezza vuota e resti di merenda spiaccicata, prendo i millanta giacchetti, gli zaini, la mia borsa, le chiavi, i lavoretti fatti a scuola con chili di porporina, il telefono in bocca e loro correndo davanti a me gridano MAMMA SBRIGATI!!

Arriviamo al portone, io bofonchio “Ele m aiti d aprir (col telefono in bocca non si parla granchè bene) e lei, saccente, con in mano solo l’ultimo pezzetto di panino, mi fa SI PERO’ MAMMA DEVI TENERMI LA MERENDA, NON E’ CHE POSSO FARE TUTTO IO!... La guardo con occhi da cerbiatta, ingoio un vaffanculo e apro io. E appena entriamo, la prima cosa che fa mio figlio (ma mica da poco eh…da quando cammina!) si arrampica alla ringhiera rischiando la morte ogni santo pomeriggio. Io urlo, lui non scende. Urlo di nuovo, non scende. Faccio uscire Satana, e allora scende. Mi guarda sornione e mi dice MAMMA STAI CALMA, IO SONO GRANDE NON CADO... E una volta dentro casa, iniziano a correre come criceti sulla ruota.

E chiedono! MAMMA MI PRENDI! MAMMA MI FAI! MA QUANDO CENIAMO? MI SCARICHI UN GIOCO? POSSO AVERE UN CIOCCOLATO? Iniziano mille cose, ma la sensazione è che non si soffermino su niente. Ecco io, in una situazione del genere, dove veramente Il giorno della marmotta me fa na pippa al cubo, tendo leggerissimamente a perdere il controllo. Perché io a 8 anni caricavo la lavastoviglie e badavo a mia sorella, quindi quando vedo lei, la principessa sul pisello, che non chiude nemmeno lo sportello della macchina…il crimine si, un po’ mi sale. E ma è colpa tua, l’hai viziata…AHAHAHAHAHAHAAHAAHAH! La sentite di nuovo la risata isterica??? Non vi rispondo nemmeno. Il problema è che noi genitori siamo taaanto stanchi…ma i ragazzini di oggi (si, di oggi…perché non mi venite a raccontare che questa generazione è uguale alla nostra perché veramente mi parte la ciavatta) sono anche taaaanto furbi.

E nel loro essere multitasking, spesso perdono di vista le piccole cose importanti. Come cedere il passo, parlare aspettando il proprio turno, smorzare quell’egocentrismo che tanto li denota. E nel turbinio di nozioni, e cose da fare, vedere, sentire, scaricare, raccontare…perdono la rotta. E sono spesso loro, ahimè, a non avere pazienza. È la generazione del tutto e subito, della mancanza dell’attesa, una generazione che corre, incespica, si rialza e nel frattempo lo posta su facebook, twitter e instagram. E allora noi, generazione di bradipi, che siamo cresciuti nella lentezza infinita di giornate trascorse a fissare farfalle, a perderci incantati guardando le luci dell’albero di natale.

Noi. Così diversi da questi figli, e così terribilmente indietro rispetto a loro. A noi soli spetta il compito di insegnar loro ad avere pazienza. E la capacità di essere pazienti, di non pretendere le cose senza una giusta attesa, di saper aspettare per meglio gustare quel desiderio…che può essere una caramella, o un gioco, o un sogno immenso…quella capacità, si ottiene solo con la lentezza. Se noi per primi non smettiamo di correre (appresso a cosa poi chissà…ancora lo devo scoprire), nemmeno i nostri figli potranno impedirsi di vivere in una costante bramosia. Rallentare, respirare, fermarsi. Contare a dieci, cento, mille. Prendersi per mano, guardarsi negli occhi, abbracciarsi e baciarsi, come se fosse l’ultimo minuto da vivere. E poi ricominciare. Lentamente. Perché questa vita corre troppo, davvero troppo. E i nostri figli, hanno bisogno di scoprire la bellezza e la meraviglia dell’attesa. Nei piccoli gesti del quotidiano, come nei momenti di vita importanti e cruciali.

Saper aspettare, sognando il momento in cui otterranno ciò che tanto desiderano. Questo auguro ai miei figli. Una vita fatta di lunghi intensi momenti di meravigliosa e lentissima attesa. Nasini appiccati ai vetri aspettando che smetta di piovere, mentre piccole dita inseguono le gocce d’acqua che scivolano sui vetri. 

Cinzia Derosas

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L’esperimento dell’oceano in bottiglia

Mercoledì, 04 Ottobre 2017 07:14

(Leap Frog)

Gli esperimenti che coniugano scienza, arte e divertimento ci piacciono sempre tantissimo. Ricordate, ad esempio, la lava lamp, il tornado in barattolo o i cristalli di neve?

Stavolta quello che vi proponiamo è un esperimento perfetto da provare in settembre, alla fine dell’estate, perché permette di ricreare un mare in bottiglia, in miniatura, affascinante e divertente. Tutto ciò che serve è la voglia di sperimentare e qualche ingrediente semplicissimo da trovare.

L’esperimento dell’oceano in bottiglia: come ricreare il mare in un contenitore per studiare le sfumature del blu e appassionarsi all’acqua

Il principio di realizzazione di questo oceano in bottiglia si fonda sul semplice fatto che acqua e olio non si mescolano: avendo pesi specifici diversi, l’uno galleggia sull’altra e si creano così effetti strabilianti. In primis possiamo quindi spiegare questo fatto scientifico ai bambini, che vedranno concretamente come accade.

Ecco gli ingredienti e gli strumenti di cui avremo bisogno per realizzare l’oceano in bottiglia:

- Una bottiglia di plastica di almeno 1 litro di capienza (perfette sono quelle del collutorio con la chiusura sicura per i bambini: ci sarà meno rischio che la aprano una volta pronto l’esperimento)

- Un imbuto

- Acqua

- Olio di semi

- Colorante alimentare blu

Procedimento:

- Riempiamo di acqua del rubinetto la nostra bottiglia, riempiendola per circa 1/3. Aggiungiamo quindi qualche goccia di colorante alimentare blu.

- Agitiamo molto bene la bottiglia, in modo che il colorante si disciolga alla perfezione, aggiungendone se necessario per raggiungere il colore desiderato. Questa è un’operazione che piace moltissimo ai bambini!

- Infine, lasciando che i bambini si aiutino con l’imbuto per non schizzare e non sbrodolare (un’azione che li aiuta anche a sviluppare una buona coordinazione occhio-mano, come tutti i travasi!), riempiamo il resto della bottiglia con l’olio vegetale.

- Chiudiamo molto bene il tappo, quindi capovolgiamo a testa in giù la bottiglia e guardiamo il nostro oceano che prende forma! Si creeranno bolle, onde e movimenti super affascinanti, e il giallo dell’olio e l’azzurro del colorante si mischieranno creando un colore che ricorda moltissimo l’oceano in un giorno di sole abbagliante.

oceano1.jpg

(Happy Hooligans)

E se vogliamo completare il nostro oceano, possiamo tranquillamente aggiungere, inserendoli prima dell’acqua e dell’olio, delle conchiglie e dei pesciolini giocattolo.

oceano2.jpg

(Little bins for little hands)

E, dopo aver terminato l'esperimento e avere ammirato per un po' le fantastiche onde e i meravigliosi effetti, perché non rimanere per un attimo nel mood-oceano per imparare qualcosa di più? Prendiamo un bel libro (come ad esempio i "Gamberetti dispettosi" di Anna Vivarelli, "Animali dell'oceano" di Anton Poitier e Sophia Touliatou, "Il mio albo della natura - le creature dell'oceano" di Olivia Cosneau o "Gli animali degli oceani") e ascoltiamo tutto ciò che di interessante gli oceani hanno da offrirci!

Giulia Mandrino

7 spunti per l’arrampicata in casa

Martedì, 03 Ottobre 2017 13:41

Sono sempre di più i genitori che scelgono tra gli sport da proporre ai bambini l’arrampicata. Ed è un’ottima scelta: non basta più limitarsi al primo pensiero, e cioè all’”Oddio è pericoloso”. Perché in realtà ormai le palestre e le associazioni che si occupano di arrampicata e climbing sono molte, e tutte hanno sempre più corsi dedicati ai bambini.

L’arrampicata è uno sport che ai bambini piace istintivamente, e che altrettanto istintivamente riesce loro quasi sempre bene, poiché è un riflesso assolutamente umano quello di cercare appigli per non cadere. Con la giusta attrezzatura, i giusti insegnanti e le giuste messe in sicurezza, l’arrampicata diventa quindi uno sport davvero bello, che insegna ai bambini l’importanza della sicurezza e dell’attenzione e l’amore per la montagna, oltre che dare loro la possibilità di sviluppare competenze motorie e di coordinazione davvero preziose.

Se anche i vostri bambini sono quindi appassionati di arrampicata e climbing, potreste pensare di allestire in cameretta, in casa o in giardino delle strutture divertenti (ma che siano sicure e progettate ad arte!) per allenarsi e svagarsi.

7 spunti per l’arrampicata in casa: qualche idea per rendere le pareti da climbing e le strutture da allenamento un elemento di decoro per la cameretta o il giardino

- Partiamo dalla “semplice” parete attrezzata. Un’idea è quella di realizzarla proprio sulla parete dietro al letto, di modo che ci sia sempre il materasso ad attenuare eventuali cadute.

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(Pinterest)

- Sempre sopra il letto, bellissima è la rete “da parco giochi”, quella che troviamo sulle casette nei parchi, che qui diventerà uno strumento per allenarsi all’arrampicata in maniera diversa rispetto alle solite pareti attrezzate.

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(Apartment Therapy)

- Facciamoci aiutare da un falegname e realizziamo la parete su una vecchia tavola in legno pressato di recupero: ha un sapore molto nordico e basta dipingerla con disegni geometrici per renderla ancora più super scandi.

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(Growing Spaces)

- Sempre con l’aiuto di un falegname, possiamo realizzare una classica parete da arrampicata verticale a cui possiamo fare seguire la classica spalliera da palestra, messa in orizzontale sul soffitto: ai bambini piace moltissimo penzolare come scimmiette! E in più è un allenamento davvero duro e stimolante per la coordinazione.

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(Pinterest)

- Questa è davvero bellissima: è realizzata con più tagli del legno, quindi ancora più di recupero (i falegnami hanno moltissimi di questi scarti). Basta poi comprare in un negozio specializzato negli sport alpini gli appigli per mani e piedi e fissare le tavole ben salde al muro.

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(The created home)

- Se avete spazio in giardino, stupenda è la casetta dell’arrampicata, che comprende la parete attrezzata, la rete, la spalliera, la scaletta e gli anelli.

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(Home-front)

- Sempre in giardino, infine, una struttura semplicissima e diversissima dalle solite attrezzature per arrampicata. Una sorta di “jenga” gigantesco, però ben saldo e fissato, dal quale spuntano gradini utili alla risalita verso la cima.

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(Home DZine)

 Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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