No, le visite guidate non sono solo per gli adulti. Anzi! Visitare una città, un museo o una qualsiasi realtà guidati da personale qualificato è una buonissima idea, soprattutto quando viaggiamo in famiglia. E anche quando, semplicemente, vogliamo guardare la nostra stessa città con nuovi occhi, con una nuova prospettiva.

Conoscete Milanoguida? Si tratta di un’azienda che con passione propone visite guidate a Milano e in Lombardia anche per bambini, per una gita o una passeggiata diversa dal solito, per passare una giornata in famiglia davvero unica!

Le visite guidate per bambini per scoprire un’altra Milano: con Milanoguida ecco le visite guidate per bambini e famiglie per scoprire la città in maniera divertente e coinvolgente

Ci sono le visite alla Pinacoteca di Brera, al Museo del Novecento (che è bellissimo per scoprire l’arte del secolo scorso, quella contemporanea!), alla Pinacoteca Ambrosiana… E poi quelle al Duomo e a Sant’Ambrogio, alla Scala, alla Galleria d’Arte Moderna… Ma non solo! Milanoguida propone infatti passeggiate in città giocose e divertenti, a tema (come la guida speciale ad Halloween, “Piccoli brividi”, o quella al Parco di Monza per Piccoli Botanici).

Insomma: Milanoguida è davvero una realtà che ci piace, perché permette di organizzare delle gite in famiglia guidati da un personale qualificato che sa portarci nei meandri dei luoghi più conosciuti, facendoci scoprire cose nuove e facendo allo stesso tempo divertire i nostri bambini.

Le loro visite guidate sono infatti pensate apposta per i più piccoli, per parlargli nella lingua più consona a loro, con l’obiettivo di fargli scoprire la bellezza dell’arte fin dai primi anni.

La cultura, insomma, non dovrebbe essere vista dai bambini come qualcosa di lontano, noioso o adulto, ma come un aspetto della vita che parla a tutti. Tutti, infatti, possiamo trovare spunti, emozioni e curiosità che acchiappano il nostro interesse, soprattutto quando siamo bambini!

Le visite guidate di Milanoguida possono dunque diventare l’occasione perfetta per trasmettere ai bambini l’importanza della storia, la bellezza dei racconti antichi, il fascino dell’arte in tutte le sue forme. E, allo stesso tempo, le visite guidate stimolano i bambini, che trovano, ognuno a proprio modo, i propri interessi, stimolando la propria creatività, l’immaginazione e la curiosità, ma anche la memoria e la concentrazione, grazie a delle visite guidate davvero coinvolgenti, semplici e freschissime.

Il tutto diventa poi perfetto pretesto per passare una giornata in famiglia diversa dal solito!

Nei prossimi mesi, dunque, non lasciamoci sfuggire le visite guidate per bambini e famiglie proposte da Milanoguida. Ci sono, ad esempio, Brera per bambini, per scoprire le meraviglie dell’Accademia di Brera; la visita al Duomo, per scoprire insieme ai bambini un cantiere durato seicento anni, le curiosità architettoniche e i segreti delle sculture e i dipinti; il Giocotour per bambini, un gioco a premi per scovare i dettagli più curiosi che si nascondono nel centro di Milano, passeggiando per il Duomo, la Galleria, piazza Scala e piazza Mercanti.

E poi, bellissimo, è il “Giorno da antichi Romani”, una visita al Museo Archeologico di Milano che farà viaggiare i bambini indietro nel tempo per scoprire luoghi e tradizioni della Milano romana, svelando la cultura, la vita quotidiana e la religione degli antichi abitanti di Milano.

Un mio consiglio è anche la visita guidata per bambini al Museo del Novecento, un tour divertente e coinvolgente per introdurre i bambini all’arte contemporanea, più astratta e meno figurativa, attraverso una spiegazione delle opere del museo pensata proprio per i più piccoli.

Nei giorni scorsi abbiamo partecipato anche a "Grattacieli per bambini": è pensata per bambini tra i 7 e i 12 anni e ci ha portato a scoprire la fisionomia di Milano, che è cambiata moltissimo negli anni, diventando sempre più alta grazie ai grattacieli altissimi! E abbiamo anche imparato che in realtà questi giganteschi edifici sono realizzati con l'obiettivo di inquinare meno per respirare meglio. A mio figlio è piaciuto moltissimo questo excursus architettonico.

Siamo partiti da Corso Como, incontro tra il "vecchio" e il "nuovo": dai Caselli a Gae Aulenti, insomma. Passeggiando, abbiamo camminato (letteralmente!) sopra Melchiorre Gioia per arrivare alle nuove torri, bellissime e imponenti. Non solo: tornando indietro siamo arrivati al Bosco Verticale di Boeri e al parco adiacente (e qui abbiamo imparato anche un sacco di nomi di piante!). Alla fine, siamo giunti al Museo della Memoria, che racchiude tutti gli eventi storici milanesi significativi. Una visita bellissima, suggestiva ed educativa, davvero consigliata!

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“Corri come una femmina”. “Sei proprio una femminuccia”. Frasi che un tempo erano normali, e che anche adesso, purtroppo, continuiamo a sentire. Nonostante la ricerca della parità dei sessi, nonostante la lotta al sessismo, si sentono ancora bambini (e adulti) pronunciare queste parole. Perché? Perché le sentono a casa, in televisione, in giro…

E qual è la peggiore? “Piangi come una femminuccia”. Già. Come se piangere fosse un diritto solo del genere femminile. Come se solo le donne e le bambine fossero autorizzate a provare emozioni.

Per fortuna il mondo sta cambiando, ma il cambiamento deve partire da noi genitori. Che per colmare il gap tra maschi e femmine possiamo partire dall’esempio e dall’educazione, modificando la percezione culturale partendo dalle parole che offriamo ai nostri figli maschi.

Dobbiamo insegnare le emozioni ai nostri figli maschi: perché l’educazione emotiva deve essere di tutti, non solo delle femmine

L’educazione emotiva, fortunatamente, sta cominciando a prendere il posto che merita, sia a casa che a scuola. Ma ciò non significa che siamo arrivati al traguardo, anzi. Ancora oggi troppo spesso si ritiene l’emotività come una caratteristica prettamente femminile. Ma questo è deleterio, non tanto per le femmine, ma soprattutto per i maschi, che, per colpa del retaggio del machismo dei secoli precedenti, si ritrovano a dover nascondere le proprie emozioni per la paura di essere tacciati come “femminucce”.

Molti bambini maschi si vergognano ancora a piangere. Certo, in generale il pianto è ancora visto come qualcosa di privato, come se dovessimo nascondere le nostre emozioni. Ma, in generale, il vento sta cambiando. Solo che per i maschi questo è ancora un tabù. Alle femmine, quindi, il pianto viene “perdonato” (anche se non è nulla di cui vergognarsi!). I maschi, invece, vengono ancora indicati come deboli.

Ma le emozioni non sono debolezza. Sono forza. Perché i sentimenti fanno parte dell’essere umano, e riconoscerli è fondamentale per essere persone equilibrate, sicure di sé, capaci di stare al mondo. Lasciando che la società tacci i maschi di essere “femminucce” quando esprimono le proprie emozioni significa dunque precludere loro la possibilità di crescere in maniera sana e armoniosa, come uomini completi, forti e deboli allo stesso tempo, sicuri e insicuri a seconda della situazione (perché la vita è fatta di questo!). Perché nascondere le proprie emozioni ha conseguenze deleterie: aggressività, chiusura, paura…

Che fare per cambiare questa cosa? Semplice. Lasciare che anche i nostri figli maschi leggano i propri sentimenti, cerchino di interpretare le proprie emozioni e che, soprattutto, le esprimano nella maniera che ritengono più opportuna.

Il dialogo, come sempre, è la prima chiave per aprire questa porta importante. Ogni qualvolta i nostri figli maschi sembrano voler esprimere qualcosa o sembrano sul punto di piangere, lasciamo che lo facciano. Coccoliamoli. Evitiamo come la peste le frasi fatte del tipo “I maschi non piangono”, “Sii forte”, “Fai l’ometto”, “Non piangere, altrimenti sembri una femmina”. Lasciamo che parlino di ciò che sentono, e che, soprattutto, sfoghino le emozioni come vogliono.

E poi, non ultimo, cerchiamo di evitare gli stereotipi di contorno. Ovvero, non solo nel momento del pianto e dell’emozione, ma anche nella vita quotidiana. Prima di tutto, a partire dai giocattoli, non imponendo le armi e le jeep arroganti quando i bambini vorrebbero invece, che so, l’aspirapolvere giocattolo.

E tutto questo non è un qualcosa a favore delle donne e delle bambine. Non è femminismo inteso come “diritti alle donne”, ma come uguaglianza per tutti. Perché il diritto alle emozioni è di tutti, maschi e femmine, ed essere femministi significa volere una vera e sincera parità di diritti.

Prima di inoltrarci in questo discorso, c’è da chiarire una cosa (che confermano anche i pediatri di Uppa): in inverno è sempre e comunque meglio stare all’aria aperta, rispetto agli ambienti chiusi. Perché se la preoccupazione maggiore dei genitori durante la stagione fredda sono i malanni dei bambini, dobbiamo sapere che in realtà è molto più probabile buscare qualche influenza infettiva al chiuso, negli ambienti piccoli e poco areati, caldi a causa del riscaldamento (che secca le mucose).

“L’aria aperta è il posto migliore per proteggere i bambini”, dicono da Uppa. Anche perché all’aperto il rischio di incappare nelle goccioline degli starnuti della gente si riduce moltissimo! Basta, come diciamo sempre, vestirsi adeguatamente! “Non esiste cattivo tempo, solo cattivo abbigliamento”, come dicono nei paesi nordici.

Bene, detto questo, quando il freddo è davvero gelido, è giusto domandarsi se sia “troppo freddo” per i bambini. Parliamo di quando le temperature raggiungono lo zero, o addirittura scendono al di sotto dello zero. Quando nevica, quando c’è ghiaccio, quando anche noi adulti facciamo fatica a sopportare le temperature così basse.

Quando fa davvero troppo freddo per uscire con i bambini: come regolarsi quando le temperature scendono per non rinunciare alle passeggiate e alle attività outdoor

Come dicevamo, l’aria aperta, anche e soprattutto in inverno, è un toccasana, tanto per gli adulti quanto per i bambini, che stimolano il sistema immunitario e soprattutto allontanano i rischi dei contagi che si verificano quasi sempre negli ambienti chiusi, caldi e poco areati.

Ma quando fa super super super freddo, possiamo portare i bambini all’aria aperta? Dipende.

Ciò che dobbiamo tenere a mente è che i bambini hanno una capacità di auto-regolazione della temperatura corporea ridotta, rispetto a noi adulti. I neonati, soprattutto, hanno meno grasso sottocutaneo, e, non ultimo, non hanno ancora sviluppato la capacità di “tremare dal freddo”, un’azione involontaria del nostro corpo che permette di produrre un po’ di calore. Di conseguenza, i bambini, specialmente quelli più piccoli, soffrono le temperature basse più degli adulti. E il rischio, a livelli estremi, è l’ipotermia.

Ma stare all’aria aperta è un’attività meravigliosa, benefica e insostituibile, quindi basta sapere bene quando possiamo o non possiamo uscire, e come riconoscere i segnali del corpo dei nostri bambini.

In generale, il freddo può cominciare ad essere considerato “troppo” quando scende sotto allo zero. Non è vietato uscire, ma è bene non fermarsi fuori troppo a lungo. Mentre dovrebbe essere bene stare in casa quando i gradi cominciano a scendere sotto i -6.

Quando usciamo al freddo, in ogni caso, basta qualche accorgimento, partendo dall’abbigliamento.

Come per gli adulti e per i bambini più grandi, l’abbigliamento fa moltissimo. Vestirsi a strati per stare bene al caldo anche all’esterno è la chiave, ma allo stesso tempo non dobbiamo incorrere nella situazione opposta, ovvero surriscaldare troppo i nostri bambini (che è pericoloso quanto l’ipotermia). La regola-base è questa: possiamo vestire i nostri bambini con uno strato in più rispetto a quello che indossiamo noi. E, una volta fuori, se abbiamo freddo e aggiungiamo strati li aggiungiamo anche a loro, se abbiamo troppo caldo e sudiamo li togliamo anche a loro.

Se il bambino è nel passeggino, poi, possiamo aggiungere una coperta di lana sopra al sacco termico.


Importantissimi sono anche il cappellino e le manopole, ovvero i guanti senza dita: le estremità del corpo sono quelle più sensibili, e averle al caldo è fondamentale.

Infine, ecco una guida importantissima per riconoscere nei nostri bambini i segnali di ipotermia. In questo caso, ci troviamo in una situazione pericolosa, ed è necessario recarsi al pronto soccorso più vicino.

I segnali di ipotermia nei bambini sono il tremare dal freddo (dal momento che i neonati non tremano, normalmente!), un respiro lento, i suoni strascicati, le azioni goffe e maldestre, energia azzerata, sonno eccessivo, confusione, perdita dei sensi e pelle molto arrossata e fredda (soprattutto nei bambini più piccoli). Se la pelle diventa bluastra o giallastra, la situazione è ancora più grave, e parliamo di congelamento.

Questi segnali non vogliono essere assolutamente un deterrente alle uscite in inverno, anzi. Conoscerli serve per essere più consapevoli, e per essere preparati. Fino agli zero gradi usciamo tranquillamente, vestiti adeguatamente a strati, aggiustandoli in base alle sensazioni. Fino ai -6 facciamo attenzione, stando fuori il meno possibile ma godendoci l’aria fredda e frizzante. E oltre i -6, beh, godiamoci il calore degli ambienti interni!

Il lato positivo dei capricci

Mercoledì, 13 Novembre 2019 14:12

Se siamo genitori, i capricci fanno parte della vita. Ma non parliamo tanto dei “capricci” intesi come i piagnucolii per qualcosa. Intendiamo anche e soprattutto quelli che in lingua inglese vengono chiamati “tantrum”, ovvero le esplosioni di rabbia, pianto e urla dei nostri bambini, che spesso, ahinoi, accadono nei momenti meno opportuni, vero?

Al supermercato, la sera prima di dormire, a cena con i nonni, al parco giochi… La prima cosa da fare è non pensare a cosa potrebbe pensare chi ci sta attorno. Sappiamo che è un istinto naturale, pensare agli altri, ma spesso questo pensiero è sopraffacente, ci fa vergognare in un momento in cui non c’è nulla di vergognoso. I capricci dei bambini sono una cosa normale, e se uno è genitore lo sa benissimo. E sa anche benissimo che ogni genitore ha il suo modo di affrontarli per calmare il bambino.

Bene, detto questo sappiamo anche che a volte sono esasperanti… Ma come ogni cosa, dobbiamo fare un respiro profondo, guardare la situazione da una nuova angolatura e cercare di sfruttare il momento dei capricci in senso positivo. Come? Con questi accorgimenti potremo avvicinarci di più ai nostri bambini e, in qualche modo, trasformare una situazione negativa in qualcosa di positivo, una lezione per noi genitori e per i bambini.

Il lato positivo dei capricci: come svoltare la situazione quando i nostri bambini urlano, piangono e si arrabbiano scoppiando

Innanzitutto, come dicevamo, mettiamoci bene in testa che i “capricci” sono una cosa normale, che i nostri bambini si arrabbiano, urlano, piangono, scalciano, e lo fanno per qualche ragione più o meno apparente. Sì, a volte non capiamo perché, sembra che non ci sia proprio un motivo, ma in realtà c’è sempre. E tutti i bambini si comportano in questa maniera, più o meno degli altri.

Il consiglio, una volta capito che i “tantrum” sono normali, è non cercare di fermarli con la forza o con l’imposizione autoritaria. A volte funziona, ma se già avete fatto esperienza di un capriccio arrabbiato sapete che la maggior parte delle volte non succede nulla, se alziamo la voce, e, anzi, la situazione spesso peggiora (perché essere ragionevoli in quel momento, chiedendo una spiegazione o chiedendo di smetterla, aggiunge emozioni contrastanti in un bambino che già sta provando emozioni che non comprende, e questo lo manda ancora più in crisi). Ecco perché dobbiamo cercare un’altra soluzione.

Piuttosto, diciamo chiaro e tondo al bambino che abbiamo capito che c’è qualcosa che lo sta facendo stare male, che sta provando un’emozione che non capisce, e che possiamo cercare di capire insieme di cosa si tratta.

Allo stesso modo, però, non dobbiamo neanche cedere. Spesso i capricci e le arrabbiature pesanti, quelle che possiamo definire “crisi”, si verificano quando i bambini vogliono qualcosa che non possono avere (ecco perché capitano spesso al supermercato, con tutti quei cioccolatini che loro vorrebbero…). Cedere significa fare capire al bambino che in futuro basterà urlare per ottenere ciò che vuole, e questo è sbagliato. Soprattutto, cedere non vi avvicinerà al vostro bambino, ma nel lungo termine sarà negativo per il vostro rapporto. Prima di tutto per il motivo che dicevamo (urla=ottenere qualcosa), e in secondo luogo perché porterà, in noi genitori, del risentimento, anche in maniera inconscia, perché ci sentiremo “deboli” (anche se non lo siamo), quasi “ricattati” da un bambino piccolo che riesce a farla franca.

Altre volte, però, quel “qualcosa” che vogliono è davvero importante per loro. In quel caso, basterà chiedere scusa, parlando, dicendo che non avevamo capito che fosse così importante per loro.

In ogni caso, per arginare i capricci e per rendere il momento dell’arrabbiatura qualcosa di positivo, che fa crescere, dobbiamo portare pazienza e cercare di renderlo educativo. Innanzitutto, cercando di calmare gli spiriti, e per farlo dobbiamo cercare di mantenere la calma, parlare molto, offrire supporto per le emozioni del bambino e fare sentire che siamo lì per loro, ascoltandoli.

All’inizio sarà dura, il capriccio durerà sicuramente ancora un po’, ma piano piano i bambini si calmeranno. Importante è anche esserci nel momento della quiete, quando, avendo capito l’accaduto, i bambini si sentiranno sopraffatti dalla tristezza, o dall’inquietudine, o dall’emozione che stanno provando. Una coccola, una parola, semplicemente stargli vicino: è importante esserci. Ed è anche così che possiamo trasformare un capriccio in qualcosa di positivo. Perché stiamo gettando le basi del loro futuro. E se sentiranno che noi genitori ci siamo, che siamo lì per loro, che possono parlarci e contare su di noi quando l’emozione li confonde, allora molto probabilmente torneranno da noi anche crescendo, in adolescenza e in età adulta.

Si dice che una mamma diventa mamma nel momento in cui vede il risultato del test di gravidanza, mentre un papà lo diventa al momento del parto. Un motivo c’è: dal momento in cui scopriamo di essere incinte sentiamo più o meno fortemente la presenza del nostro bambino insieme a noi.

A volte, però, ci sono momenti in cui ci sentiamo lontane da lui o da lei, nonostante il pancione, i calci e le fotografie dell’ecografia. Ma come fa ad essere lì, nella nostra pancia?

Ecco dunque 5 modi per connettere ancora di più con il nostro bambino ancora prima del parto, per sentirlo, percepirlo, coccolarlo con la mente e con i gesti quotidiani.

5 modi per connettere con il proprio bambino prima del parto: i gesti quotidiani da compiere per sentire ancora più vicino nostro figlio prima che nasca

Tenere un diario


Sembra scontato, banale o infantile, ma scrivere i propri pensieri è davvero terapeutico. E anche durante la gravidanza torna utile (per non parlare del fatto che alla fine avremo un documento preziosissimo da rileggere ogni volta che vogliamo, per emozionarci e ricordare!): tenere un diario scrivendo le sensazioni, le giornate, i pensieri e le dediche al nostro bambino non ancora nato è davvero un toccasana.

Leggere a lui/lei un libro

Non è mai troppo presto per leggere ad alta voce i libri ai nostri bambini. Perché non cominciare quando sono in pancia, dunque? Prima di tutto, rende il bambino più presente nella nostra testa, perché ci stiamo indirizzando direttamente a lui. E poi lui sente la nostra voce costante, che lo coccola e lo rilassa. Possono farlo, quindi, anche i futuri papà!

Ascoltare la musica

Un gesto che probabilmente facciamo quotidianamente, ma che se fatto più consapevolmente può diventare molto profondo. Basta farlo in maniera pensata, rilassandoci, prendendoci un momento per noi e per il nostro bambino, ascoltando canzoni che ci fanno stare bene, che ci emozionano, e che una volta nato ci faranno tornare in mente i momenti più belli della gravidanza.

Meditare sul proprio corpo

A volte è difficile concentrarsi su di noi quando la persona più importante sta crescendo nel nostro corpo. Ma proprio per questo il nostro corpo dovrebbe avere bisogno di più attenzioni! E non solo a livello fisico, ma anche mentale. Prendiamoci dunque qualche minuto per apprezzarlo, per riconoscere il miracolo che sta compiendo e per coccolarlo a livello profondo, pensandolo come una culla perfetta che sta portando nostro figlio in questo mondo!

Liberare la creatività

I mesi di gravidanza, soprattutto gli ultimi, quando siamo a casa un po’ più tranquille, possono diventare un’occasione per liberare la nostra creatività pensando a nostro figlio e dedicandogli le nostre realizzazioni. Su Pinterest ci sono migliaia di idee di creatività a tema maternità: i calchi del pancione, i body per neonato decorati a mano, i portafoto… Ce ne sono per tutti i livelli e per tutti i gusti!

Le buone maniere a tavola con i bambini

Martedì, 12 Novembre 2019 09:38


Si avvicinano le feste, e oltre alla bellezza dell’atmosfera natalizia sappiamo che anche voi vi state un po’ stressando per i cenoni, i pranzi e le giornate con il parentado! Innanzitutto, la regola è una sola: keep calm. Le feste in famiglia dovrebbero sempre essere qualcosa di piacevole e sta a noi entrare nel giusto mood!

Ma c’è un altro aspetto delle feste che alcuni genitori temono: le buone maniere a tavola dei nostri bambini. Perché, diciamolo, nelle giornate normali, per quanto ci siano le regole e l’educazione, spesso ci troviamo con la tavola che è un campo di battaglia, vero? Be’, sono bambini.

Ma le buone maniere a tavola sono importanti, al di là dell’aspetto prettamente esteriore ed estetico. Insegnano ai bambini l’ordine, le responsabilità, l’educazione e il rispetto. Perché quindi non approfittarne per insegnare un po’ di bon ton (non troppo!) ai bambini in vista dei pranzi di Natale? Sarà un’abilità che poi resterà con loro!

Le buone maniere a tavola con i bambini: quali piccole regole possiamo insegnare ai bambini per rendere i pasti delle feste più educati e ordinati

Aspettare a mangiare

Quando c’è un pranzo con molte persone, a casa o al ristorante, spesso i commensali ricevono i propri piatti in maniera sfalsata. C’è a chi arriva prima e chi dopo. L’importante è attendere che tutti abbiano il proprio piatto prima di cominciare!

Includiamo i bambini a tavola e nella conversazione

Una volta c’era il tavolino per i bambini, esclusi a priori dal pasto con gli adulti. Una bella cosa, tuttavia, è inserirli al tavolo dei grandi, mescolandoci tutti, e facendo conversazione durante il pasto includendo così tutte le persone a tavola. I bambini interagiranno con tutti, osserveranno noi adulti, e non preoccupatevi: ad un certo punto, verso il caffè, si alzeranno comunque per andare a giocare tra di loro!

Mangiare tutto

I bambini sanno essere schizzinosi, hanno i loro gusti, e spesso durante i pasti quotidiani ci sono certi alimenti che proprio non mangiano o non vogliono assaggiare. Chiediamo loro, durante i pasti importanti, di provare a “fare i grandi”, assaggiando tutto. Può essere una sfida, un gioco, ma insegnerà comunque loro il rispetto verso chi ha preparato questo buonissimo pranzo o questa deliziosa cena!

Aiutare

Ognuno secondo le proprie possibilità può aiutare, e anche i bambini dovrebbero farlo: includiamoli quindi nella preparazione (se ospitiamo il pranzo a casa nostra), apparecchiando o sparecchiando, e insegniamo loro a chiedere di poter aiutare anche in casa altrui, offrendosi volontari. Sarà un gesto molto apprezzato da chi ospita, e soprattutto i bambini sentiranno di essere in qualche modo un po’ responsabili, un po’ “adulti”.

Un po’ di bon ton

Tutti sappiamo le regole classiche e semplici del bon ton, quindi perché non passarle anche ai bambini? Possiamo semplicemente stare su quelle più conosciute: attendere che tutti abbiano il proprio piatto prima di mangiare, non appoggiare i gomiti sulla tavola, partire dalle posate più esterne, chiedere il permesso prima di alzarsi, non parlare con la bocca piena…

Fare i complimenti a chi ci ospita

Ringraziare chi ci ha ospitato è d’obbligo, non dovrebbe essere nemmeno sottolineato. Ma anche fare i complimenti per il cibo è apprezzato, e dovremmo lasciare che siano i bambini a farlo, dicendo loro di dire a chi ha preparato la cena o il pranzo ciò che più hanno apprezzato! Perché la gratitudine è sempre importantissima.

Insegnare ai bambini il valore del denaro

Lunedì, 11 Novembre 2019 14:31

Tra le responsabilità della vita c’è sicuramente il denaro. E se già per gli adulti è un concetto difficile da capire (e da gestire!) pensate per i bambini. Tuttavia non è da prendere sottogamba: trattare i bambini “da bambini” non serve a niente, e ad un certo punto è giusto insegnargli qualcosina riguardo al denaro, per prepararli alla vita da grandi e per cominciare a insegnargli le responsabilità, in maniera a loro consona.

In maniera semplice, leggera e pensata in maniera educativa, possiamo dunque cominciare anche con i bambini (dai 6-7 anni) a parlare di denaro, in modo positivo, senza che diventi un argomento intimidente, difficile o triste, facendo capire che il denaro è legato al denaro, che il lavoro è legato ai propri talenti e alle proprie aspirazioni e che è ognuno ha un proprio lavoro, facendo la sua parte nella società.

Ecco dunque qualche consiglio per insegnare ai bambini il valore del denaro in maniera positiva e costruttiva.

Insegnare ai bambini il valore del denaro: come introdurre l’argomento dei soldi con i bambini a partire dagli anni della scuola elementare

Condividere il budget mensile della famiglia

Per fare capire ai bambini che i soldi non sono infiniti e che tutto ha un costo, e che dobbiamo “starci dentro”, possiamo mostrare - anche graficamente con schemi e grafici - il budget mensile per la spesa della famiglia. Insieme, poi, al supermercato vedremo come fare per non superare il budget. Quando i bambini iniziano a capire le addizioni e le sottrazioni, questo è un ottimo esercizio matematico, oltre che utile per capire il valore del denaro.

Tenere un diario

Senza pressione e in maniera per lo più positiva e divertente, dicendo che è un esercizio carino per capire quanto spendiamo al mese, i bambini possono tenere un diario: ogni volta che compreranno qualcosa con la loro paghetta o che chiederanno a noi di comprare qualcosa specificamente per loro, lo segneranno. Alla fine del mese, una bella addizione svelerà la somma finale.

Giocare a Monopoly

La versione per bambini di Monopoly (Monopoly Junior) non è solo divertente, ma anche educativa, e attraverso il gioco permette ai bambini di capire i limiti e le possibilità del denaro.

Fare una sfida all’acquisto

Se i bambini tengono moltissimo ad un giocattolo e in questo momento le nostre tasche piangono, non nascondiamolo, ma rendiamolo un gioco, una sfida, un’occasione per mettersi in gioco e per imparare: chiediamo loro di guardare il prezzo e di creare un planning per capire come fare a comprarlo con i loro soldi. Un po’ dalla paghetta e un po’ con qualche lavoretto (simbolico: anche i nonni possono partecipare), quanto ci impiegheranno per comprarlo? E riusciranno a risparmiare? In questo modo i bambini capiscono non solo il concetto di non sforare un budget, ma anche il valore e l’importanza del risparmio.

Donare in cambio di un acquisto

Una volta capito che i soldi hanno valore e che c’è bisogno di lavorare per guadagnarli, quando i bambini vogliono un nuovo giocattolo o un nuovo vestito rendiamo la cosa solidale ed ecologica: chiediamo loro di scegliere un giocattolo vecchio o un abito vecchio da donare a qualcuno in difficoltà.

Risparmiare tutti insieme

Infine, una bella attività da fare tutti insieme: prendiamo dei vecchi barattoli, decoriamoli e scriviamoci sopra un obiettivo per barattolo. Il primo sarà a breve termine (“per un giocattolo”, ad esempio), il secondo a medio termine (“Per la vacanza di Natale”) e il terzo a lungo termine (“Per i libri di scuola”, “Per il viaggio in famiglia a Disneyland…”). Durante l’anno, tutti potranno contribuire a questi obiettivi, infilando le monete o le banconote con cui possono contribuire piano piano!

Cucinare con i bambini ha mille e mille benefici: prima di tutto è molto montessoriano, dal momento che cominciano a mettere le basi della loro indipendenza. E poi esercitano le loro abilità manuali, imparano l’importanza del mangiar sano, mangiano di più (perché poi assaggiano ciò che hanno creato!) e si creano momenti in famiglia davvero insostituibili.


Se i vostri bimbi amano cucinare insieme a voi, se già lo fanno o se vorrebbero cominciare a divertirsi con la cucina, ecco un appuntamento imperdibile: per il mese di novembre Wagamama di Milano e Bergamo organizza dei laboratori per famiglie per conoscere la cucina asiatica e per cominciare a cucinarla da soli!

Da Wagamama i laboratori di cucina asiatica per bambini: la cucina panasiatica diventa un’occasione di sperimentazione e crescita

Wagamama è una catena di ristoranti asiatici davvero favolosa, ispirati alla tradizione del Giappone, che vogliono diffondere positività dalla scodella all’anima. Prodotti freschi, piatti per tutti, cucina sana, gustosa e bilanciata, dai sapori orientali che tanto ci piacciono: se amate i ristoranti Wagamama e i vostri bambini vogliono diventare chef giapponesi per un giorno, ecco la proposta per voi.

I ristoranti Wagamama di Milano (in via San Pietro all’Orto) e di Bergamo (presso il centro Oriocenter) per il mese di novembre propongono infatti alle famiglie “I segreti della cucina panasiatica”, dei laboratori di cucina per bambini per scoprire le ricette, sperimentare i sapori e conoscere a fondo la cucina orientale mettendosi in gioco in prima persona.

Attraverso la sperimentazione attiva, Wagamama farà scoprire ai bambini i sapori e gli usi della cucina panasiatica, insegnando i principi gastronomici e alimentari e immergendo le famiglie nella meraviglia degli ingredienti utilizzati nei piatti del menu, scoprendone così l’origine e l’uso.

Il personale wagamama supervisionerà così i bambini, che diventeranno in prima persona piccoli chef creando alcune ricette della tradizione panasiatica. E alla fine dell’incontro ogni piccolo cuoco riceverà un omaggio per continuare l’avventura anche a casa!

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Questi laboratori diventano così un’occasione unica per scoprire la cucina asiatica, per imparare nuove tecniche, per assaggiare nuovi sapori e, non ultimo, per scoprire la meraviglia della multiculturalità e dello scambio.

Gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito e sono pensati per le famiglie con bambini tra i 5 e i 10 anni e per le scuole. Per le famiglie, le date da segnare sono le seguenti:

A Wagamama Milano i laboratori si terranno sabato 16, 23 e 30 novembre dalle 10 alle 12.

A Wagamama Bergamo si terranno domenica 17 e 24 novembre e domenica 1 dicembre dalle 10 alle 12.

Per info e prenotazioni (fino a esaurimento posti): Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

E se i bambini ci sorprendono durante il sesso?

Venerdì, 08 Novembre 2019 14:53

Eh sì, una domanda che un genitore, probabilmente, si fa. O perché gli è capitato e non sa come interpretare e affrontare la cosa, o perché si lascia lambiccare dai pensieri su un’eventuale ipotesi. Ma insomma: che fare se i bambini ci scoprono mentre facciamo sesso? Se entrano in camera proprio nel clou del momento?

Oddio, che ansia! Vero? Ma non lasciamoci sopraffare. Purtroppo sono incidenti che capitano. L’importante è non farne una tragedia e pensare ad un fatto molto semplice: l’intimità è una cosa naturale!

E se i bambini ci sorprendono durante il sesso? Come rendere un momento imbarazzante un’occasione per parlare di sesso senza tabù

Perché vogliono un bicchiere di acqua, perché hanno un incubo, perché ad un certo punto della notte proprio non ce la fanno a stare nel loro letto e saltano nel lettone, perché vogliono una coccola, perché non riescono a dormire, perché sentono dei rumori strani… Le ragioni per le quali i bambini arrivano in camera nostra sono infinite. È così. Ma questo non significa che dobbiamo annullare i nostri rapporti intimi perché c’è la possibilità che accada!

Parliamoci chiaro: che un bambino entri in camera nostra mentre stiamo facendo sesso è una possibilità tutt’altro che remota. A molti è capitato e ad altrettanti fa paura. Dobbiamo quindi pensarci, senza drammi.

Innanzitutto, pensiamo ad una cosa: l’intimità e il sesso tra due persone che si amano è una cosa naturale e bellissima. Non c’è nulla di cui vergognarsi. Ma nonostante questo, anche per pressioni esterne, sembra quasi un tabù. Se lo rendiamo un tabù, tuttavia, i bambini lo vivranno sempre come tale, e i risvolti per la loro vita adulta non possono che essere negativi.

Detto questo, sicuramente è una cosa imbarazzante, essere sorpresi. In generale. Soprattutto se non si è ancora affrontato l’argomento dell’educazione sessuale con i bambini. Ma non preoccupatevi: c’è un modo di parlarne assolutamente positivo, tranquillo e privo di stress. Certo, non è che vi auguriamo che capiti, ma dal momento che è possibilissimo, è meglio farsi trovare pronti.

Se capita, quindi, innanzitutto c’è da parlare tranquillamente con i bambini, spiegando che ciò che si sta facendo, quando consensuale e voluto, è una cosa naturale, e che i rapporti intimi tra i genitori sono sintomo di una relazione sana e positiva. A volte basta davvero solo questo, e, no, non rimarranno “traumatizzati”, proprio perché il tabù sta negli occhi di chi guarda e nelle orecchie di chi ascolta, e sta a noi rendere la cosa naturale.

Se i bambini capiscono di cosa si tratta, che è una cosa privata ma assolutamente sana e positiva, naturale e normale, i benefici sono moltissimi, e non solo per il fatto di non rimanere “traumatizzati”, ma anche perché in questo modo comincerà a costituirsi in loro una consapevolezza importante, che sarà alla base della loro educazione sessuale futura, che, come sappiamo, è fondamentale.

Da lì, è importante spiegare che siamo disponibili ad ogni chiarimento e spiegazione, che possono fare tutte le domande che vogliono, e che risponderemo loro in maniera sincera, proprio perché il sesso è una cosa naturale, di cui non bisogna vergognarsi.

Chiaramente, l’approccio con i bambini cambierà in base all’età. Se sono piccolissimi, basta dire che ci si sta divertendo insieme, che si sta passando un momento piacevole insieme (anche perché spesso pensano che sia qualcosa di doloroso o di pauroso, non capendo cosa sta succedendo!), senza imbarazzo e soprattutto senza arrabbiarsi. Se sono più grandi, saranno loro i primi a scappare! Ma in ogni caso dobbiamo ricordare che la loro reazione sarà in base alla nostra reazione. Quindi, di nuovo, non arrabbiamoci, ma rendiamo questo incidente un’occasione di dialogo.

Questa situazione, in ogni caso, può anche diventare occasione per mettere qualche confine in casa. Ovvero: dopo averne parlato, possiamo chiarire che il sesso è una cosa privata tra due persone, e che la privacy è molto importante. Ecco perché ci sono le porte, perché ognuno ha i suoi spazi, e vicendevolmente ci si rispetta.

Anche attraverso questi dialoghi scaturiti da un incidente inizialmente imbarazzante possono diventare terreno perfetto per porre le base dell’educazione sessuale. Sta a noi renderli un’occasione per parlare del sesso in maniera priva di tabù, con serietà, sincerità ed educazione, spiegando l’anatomia ma soprattutto il rispetto dell’altro, la privacy di un atto così intimo, l’importanza di farlo sempre in maniera consenziente e il ruolo fondamentale del sesso sicuro.

Enuresi notturna: questo è il nome scientifico della pipì a letto, un problema che riguarda molti bambini, che continuano a bagnare le lenzuola nel sonno anche una volta spannolinati. Solitamente, l’enuresi notturna riguarda i bambini dai 5 ai 14 anni, ed è un problema che va affrontato subito, e non evitato.

Le conseguenze, infatti, non sono tanto fisiche, quanto psicologiche: la pipì a letto provoca nel bambino ansietà anche grave. E anche la famiglia ne risente. Ma vediamo nello specifico cosa fare.

Pipì a letto, un problema comune a molti bambini: l’enuresi notturna, perché è bene parlarne apertamente

Fare la pipì nel sonno è un problema che riguarda molti bambini: si ritiene che circa il 5-10% dei bambini intorno ai sette anni bagna regolarmente il letto nel sonno in maniera involontaria, portandosi poi il problema negli anni successivi.

Al di là del bagnare il letto in sé, l’enuresi notturna provoca ansia e disturbi. In primo luogo perché il sonno ne risente moltissimo, con le notti passate a svegliarsi e risvegliarsi, a cambiare le lenzuola, eccetera. In secondo luogo, porta il bambino e la famiglia a soffrire di ansia.

Ciò che dobbiamo però sfatare, è l’origine psicologica dell’enuresi notturna. Non è l’ansia a provocarla, ma l’ansia ne è una conseguenza. Le cause sono più fisiche e meccaniche, quindi. Nella maggior parte dei casi i bambini che bagnano il letto lo fanno per una semplice sovrapproduzione notturna di urina, o perché la vescica, per dimensione, non riesce a trattenerla, e i bambini, nel sonno, non percepiscono lo stimolo.

Come fanno sapere dall’Ospedale Bambin Gesù, poi, la pipì a letto è un disturbo ereditario: nel 70% dei casi circa almeno un familiare del bambino ha sofferto in gioventù dello stesso problema.

L’ansia, tuttavia, come dicevamo è una conseguenza frequente: i bambini si sentono meno sicuri di sé, ed è quindi importante trattare il problema con il giusto tatto e con degli strumenti efficienti.

Ma come evitare la pipì a letto? Come risolvere il problema delle lenzuola bagnate la notte dal bambino, evitando il problema e, soprattutto, le conseguenze psicologiche? Non basta aspettare fiduciosi, questo è certo.

Innanzitutto, è importantissimo parlarne con il bambino, facendo capire chiaramente che non è colpa sua, né di nessun altro. I bambini sentono una sorta di senso di colpa per aver provocato questa noia, e questo aumenta l’imbarazzo e il malessere generale.

Evitiamo, poi, le sfuriate o le arrabbiature, anche quelle “involontarie”. Sappiamo che svegliarsi la notte o trovarsi la mattina questo problema fa perdere la pazienza, ma è importantissimo rimanere positivi, spiegando al bambino la situazione e non aumentando il senso di colpa che già naturalmente sente.

Per essere certi che non ci siano cause fisiche importanti, poi, è fondamentale chiedere il parere del pediatra. Quando il bambino bagna la notte, insomma, è bene prenotare una visita, in modo che anche il medico sappia indirizzarci o su una terapia, o semplicemente su qualche consiglio pratico per arginare i risolvere il problema dell’enuresi notturna.

A volte, ad esempio, anche la stitichezza può causarla. Se il bimbo non si svuota regolarmente, l’intestino preme sulla vescica, e questo porta alla pipì a letto. Spesso, quindi, anche solo regolarizzando l’alimentazione la minzione notturna cessa.

Nel caso in cui i problemi fisici siano più importanti, sarà il medico a prescrivere gli esami necessari e i farmaci che possono aiutare il bambino, ma solo, appunto, se il problema è più grave.

Un altro consiglio, oltre a regolare l’alimentazione e a parlarne in maniera tranquilla, è quello di rieducare i bambini alla minzione. Ovvero: insegniamo che non è giusto trattenere, anche durante il giorno, la pipì; educhiamoli a bere frequentemente, in modo da allenare e allargare la vescica; e, infine, evitiamo le bibite almeno la sera.

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Sara

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Cecilia

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