Già vi abbiamo parlato delle balance board, quindi non serve dire che le amiamo moltissimo: sono un gioco perfetto per i nostri bambini, divertente e stimolante, che li aiuta nella coordinazione e stimola il senso dell’equilibrio, abilità che gli serviranno moltissimo nel futuro.

Questo Natale, quindi, regaleremo sicuramente uno di questi strumenti, e vogliamo incoraggiare anche voi a farlo: un regalo intelligente non è solo mero divertimento, ma divertimento coniugato con la crescita e il benessere.

Santa Lucia, Babbo Natale e la Befana si stanno avvicinando, e staranno cominciando a leggere le letterine: ecco quindi il nostro primo consiglio di una lunga serie per suggerirvi i migliori regali intelligenti per bambini, i più divertenti, i più belli e i più stimolanti.

Un regalo intelligente per bambini: la balance board Wobbel

Di balance board ce ne sono davvero moltissime, ma c’è una forma classica e perfetta, che è quella dell’asse curva a mezzaluna. L’asse curva a mezzaluna è uno strumento utilissimo perché i bambini si divertono a cercare l’equilibrio standoci sopra in piedi, oppure possono lasciarsi cullare dal movimento.

In ogni caso, ad essere stimolati sono l’equilibrio e il bilanciamento, così come la coscienza del proprio corpo, un elemento fondamentale per il raggiungimento della perfetta coordinazione degli altri (che servirà nella vita quotidiana ma soprattutto nello sport, quale sia quello che sceglieranno i nostri bimbi).

Wobbel crea queste bellissime Balance Board per bambini in legno: grandi al punto giusto, si prestano a moltissimi giochi e a moltissime attività, non solo legate all’equilibrio ma a tutti i giochi e a tutta la quotidianità.

I bambini possono utilizzarle semplicemente come un giocattolo sul quale sbizzarrirsi con i movimenti…

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Oppure sdraiarcisi sopra, come fosse un lettino super affascinante, per fare pisolini oppure per leggere un buon libro…

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I bambini riusciranno anche a renderle parte del loro gioco libero, trasformandole con fantasia in ponti, strade, scivoli, caverne (per i giocattoli ma anche per loro, appoggiandole ai braccioli del divano e coprendole con dei teli), piste per le macchinine, troni per i peluche…

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Le si possono poi usare nella quotidianità in bagno o in cucina in maniera montessoriana, come sgabelli più cool dal punto di vista del design.

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E, perché no?, anche noi possiamo utilizzarle, prendendole in prestito dai bambini: testiamo il nostro equilibrio (che non fa mai male!) e sfruttiamole poi per i nostri esercizi di yoga e pilates (magari facendo yoga con i bambini! Avete letto il libro di Mark Singleton?). Sapete benissimo che lo yoga è super benefico sia per noi che per i nostri bimbi!

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Le balance board Wobbel vanno dai 99 ai 159 euro, ed è possibile comprarle direttamente sul loro shop online.

Noi lo sappiamo già: i nostri bambini troveranno sotto l’albero questo strumento bellissimo, un giocattolo in legno che stimolerà il loro equilibrio e la loro coordinazione aiutandoli nel loro sviluppo fisico, ma che piacerà loro moltissimo perché accenderà immediatamente la loro creatività e la loro immaginazione. Magari non gli diremo subito cos’è: lasciamoli provare da soli!

 

Qui trovate il nostro articolo dedicato alle balance board per bambini.

(Foto tratte da Wobbel)

Giulia Mandrino

Non è una novità, che la musica faccia molto bene ai bambini. Ma spesso diamo per scontato che sia solo quella classica ad essere benefica. Colpa di tutte le volte che le zie Ignazie (stavolta con un pizzico di verità, anche se limitatissima) ci hanno detto: “Ascolta Mozart in gravidanza e fallo ascoltare a tuo figlio già nei primi mesi: lo renderà più intelligente!”.

Sì, Mozart rende più intelligenti. Ma così anche Beethoven, Verdi, “Nella vecchia fattoria”, “Un elefante si dondolava”, “Bella” di Jovanotti e "Rocket Man" di David Bowie.

Tutte le canzoni, insomma, hanno qualcosa di grande da dare ai nostri figli: una marcia in più nella loro crescita

Canzoncine, musica classica, pop: tutta la musica fa bene ai bambini

Proprio così, tutta la musica fa bene ai bambini. Perché? Perché è dimostrato scientificamente che lo sviluppo cognitivo passa anche da essa, soprattutto nei primi 1000 giorni di vita (e cioè dagli 0 ai 3 anni).

Non solo la classica: anche il rock, il pop, le canzoncine, le ninna nanne, le filastrocche. E per capirlo meglio basta intendere la musica per quello che è (oltre ad una forma d’arte): la musica è comunicazione, e proporre la musica ai bambini è un’attività alla stregua del parlargli, del leggergli o narrargli storie e del proporgli giochi educativi. Ascoltando la musica, quindi, i bambini prendono gli elementi che gli forniamo e li trasformano in esempi di comunicazione. E anche le parole delle canzoncine e delle filastrocche aiutano in questo senso: pensiamo a quando impariamo parole nuove ascoltando canzoni in una lingua straniera, e pensiamo alle potenzialità di questa funzione in un individuo in sviluppo come un bambino, che assorbe informazioni e suoni come una spugna.

La comunicazione passa infatti dall’ascolto e dall’imitazione: ascoltare musica (così come ascoltare le voci dei più grandi) aiuta i bambini a codificare i suoni e ad utilizzarli poi correttamente nel quotidiano. Insegna, quindi, la lingua. Oltre a questo, la musica aiuta il bambino a sviluppare le sue capacità creative e di immaginazione, aumenta la memoria e stimola il processo di concentrazione.

Concentrarsi però su un genere è sbagliato, come sempre quando si tratta di imparare qualcosa. Ogni genere, infatti, porta con sé qualcosa di completamente diverso dagli altri: ecco perché ai nostri bambini dovremmo proporre tutta la musica, tutti i generi, ascoltandoli durante la giornata, cantando, ballando sulle note (anche ballare infatti aiuta moltissimo! Il movimento del ballo aiuta la coordinazione, la memoria muscolare e la sensorialità, così come l’autocoscienza del proprio corpo), cantando le ninna nanne prima di dormire…

A livello cognitivo più specifico, poi, la musica dà un validissimo aiuto, perché spinge i bambini a sviluppare un’intelligenza musicale che influirà positivamente sul loro sviluppo emotivo, e soprattutto darà loro inconsciamente le basi per il pensiero linguistico, spaziale, logico e matematico.

Detto questo, è quindi bene rendere la musica un elemento fisso della nostra quotidianità. Uno sforzo piacevole, no? Un impegno che seguiamo volentieri. Fortunatamente, vivere in un’epoca tecnologica ha anche i suoi vantaggi, e sfruttare i nuovi media per questo scopo è nobile e assolutamente innocuo (dato che non stiamo piazzando i nostri figli davanti al tablet, ma semplicemente lo utilizziamo come stereo).

Da qualche giorno, quindi, abbiamo scaricato Amazon Music Unlimited (ne stiamo approfittando perché i primi due mesi sono gratis!), per poter ascoltare canzoni pop, rock, blues, swing, musica classica, canzoncine e filastrocche tutte il giorno, senza pubblicità e senza la preoccupazione che partano video pericolosi o inappropriati.

Naturalmente non lo ascoltiamo e non lo facciamo ascoltare in cuffia. Sappiamo che è meglio diffonderla, e conosciamo i pericoli delle cuffiette.

A casa, quindi, è diventato bellissimo, perché tutto il giorno, di sottofondo o come attività principale (perché balliamo tantissimo e cantiamo insieme a squarciagola!), c’è sempre della musica: tutte le filastrocche e le canzoncine per bambini che i nostri figli preferiscono, e poi la musica del momento e la sera, per rilassarci, quella classica. Fantastico, no?

Giulia Mandrino 

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I bambini sono dotati di una grande fantasia e, man mano che diventano più grandi, questa fantasia si traduce in creatività. 

Nella mente dei piccoli, soprattutto durante i primi anni di vita, la voglia di scoprire il mondo si manifesta anche attraverso azioni quotidiane molto semplici come per esempio costruire un castello di sabbia al mare, ideare creazioni con il pongo, realizzare mini strutture con le costruzioni e tante altre ancora.

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Mini-architetti e mini-designer: dalle Baby house a The Sims

I bimbi hanno sempre questa grande voglia di realizzare qualcosa: ciò dipende appunto dalla loro istintività, caratteristica che durante la loro crescita viene rafforzata da una coscienza vera e propria, la quale consente al bambino di riflettere sulle proprie idee, in modo da permettergli di cercare un metodo corretto per poterle esprimere.

Solitamente il bambino inizia a manifestare questa voglia di creativitá disegnando qualche scarabocchio su un foglio bianco: il più delle volte vengono raffigurate delle piccole case, simbolo di famiglia e di protezione. Ed è proprio a questo punto che i piccoli iniziano a comprendere un primo concetto di struttura; la creazione della casa delle bambole, un giocattolo che rappresenta tutt'oggi la perfetta unione tra gioco ed architettura, è stato uno degli elementi principali che hanno aiutato i bambini a capire meglio questo meraviglioso mondo.

Abitazioni in miniatura con all'interno piani, scalinate e balconi: le case in miniatura nacquero in epoca romana e l'originalità delle case delle bambole consiste nel fatto che queste siano aperte su più lati, per consentire alle persone di poter arredare gli spazi. Il successo di tali riproduzioni partì da Norimberga, luogo in cui le case delle bambole non venivano considerate soltanto meri giocattoli, ma vere e proprie opere d'arte. I collezionisti di tutto il mondo, da prima del ‘900, iniziarono ad appassionarsi molto a tali realizzazioni, in particolar modo gli Inglesi, che divennero famosi per le "Baby House" da loro realizzate.

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I Lego possono essere considerati come un'evoluzione delle case delle bambole: questi piccoli mattoncini colorati, inventati nel 1949, sono ormai famosissimi in tutto il mondo, grazie alla loro semplice struttura. Oggi Lego non si limita soltanto alla costruzione ed alla distribuzione dei giocattoli, ma organizza concorsi di architettura per bambini e produce film di animazione. Se il sogno di un bambino è quello di diventare un architetto è anche grazie a queste tipologie di giochi, che stimolano molto la loro creatività ed immaginazione, facendo sì che i piccoli siano concentrati e divertiti contemporaneamente.

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Trattando argomenti come l'architettura ed i giochi per bambini, non possiamo dimenticarci di citare il Meccano. I modellini realizzati da questa azienda sono perfettamente funzionanti ed hanno avuto un impatto fondamentale sui più piccoli: Harold Kroto è un premio Nobel per la Chimica e ritiene che i giocattoli Meccano abbiano avuto un'influenza talmente grande sulla sua vita da modificarne il corso, facendolo diventare un grande scienziato.

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Con il passare degli anni, la tecnologia ha quasi completamente preso il posto dei giocattoli, realizzando gli ormai famosi videogiochi. Uno dei videogiochi più scelti è The Sims, un simulation game che consente di "vivere una nuova vita" attraverso dei personaggi digitali. Oltre ad avere la possibilità di guidare questi personaggi nelle azioni quotidiane, come per esempio, andare al lavoro, trovare un amico e scegliere un animale domestico, questo gioco permette di costruire digitalmente una casa e di arredarla. Le soluzioni di arredo sono pressoché infinite, grazie alla disponibilità di una grandissima quantità di materiale personalizzato creato dagli utenti che giocano. The Sims è una sorta di "casa delle bambole di nuova generazione" ed è stato il primo simulatore di vita ad avvicinarsi così tanto alla realtà.

Fonte: Habitissimo.it

 

Le regole per una vita Hygge!

Martedì, 14 Novembre 2017 09:30

I nordici hanno tutti questi nomi strani eppure carinissimi, che ad ascoltarli creano in noi un senso esotico di confortevolezza. “Hygge” è certamente una di queste parole: ve lo avevamo già spiegato, si tratta della filosofia danese dello stare bene in famiglia, che si fonda sulla consapevolezza della sacralità del tempo passato insieme. “Hygge” indica letteralmente (anche se è abbastanza intraducibile) qualcosa di confortevole e accogliente. Ma come fare per renderlo parte concreta delle nostre giornate?

Le regole per una vita Hygge: come creare una famiglia davvero felice partendo dal concetto di confortevolezza danese

Confortevolezza, atmosfera accogliente, semplicità, coccolosità, sicurezza, familiarità, incanto, piacere nelle cose semplici, compagnia: non possiamo certo trovare un solo aggettivo per tradurre l’”Hygge”; ma in qualche modo possiamo comunque ricrearlo a casa, con poche e bellissime regole.

A livello architettonico, ci sono vari trucchi per rendere la nostra casa Hygge. Ad esempio, scegliere delle luci basse e molte candele, in modo da ammorbidire gli spigoli visivamente e metaforicamente.

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Scegliamo poi tessuti morbidi, accoccolanti, e riempiamo divani e letti con coperte e cuscini che facciano venire voglia di tuffarcisi in mezzo.

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Apriamo la nostra casa agli amici: cene intime (con le nostre solite luci soffuse e caldissime), piatti confortevoli, gustosi e leggeri, chiacchiere, abbracci, familiarità… Un’abitudine che fa davvero benissimo al cuore, che renderà la nostra famiglia un luogo sicuro e accogliente. Un luogo Hygge.

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Altra buona (anzi, buonissima) abitudine, è spegnere la tecnologia per concentrarci sull’analogico: spegniamo la tivù, silenziamo il telefonino e leggiamo un bel libro con una bella tazza di tisana fumante (o di cioccolata!). Giochiamo insieme, su un tappeto morbido. Stiamo semplicemente insieme, a tavola o sul divano. Ma concentriamoci sulla vita vera.

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In estate, passiamo più tempo nella natura. Ma soprattutto, in inverno non dimentichiamola: portiamo in casa quante più piante possibile: oltre a purificare l’aria, daranno un tocco accogliente e faranno compagnia.

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E poi non dimentichiamoci di tutte quelle attività che per loro natura sono “cozy”, e quindi “hygge”: sferruzzare (o fare del finger knitting con i bambini), leggere, bere le nostre bevande calde del cuore, farsi le coccole, prepararsi un bagno caldo con le candele, coccolare i nostri animali, preparare insieme i biscotti, mangiare una zuppa calda seduti alla tavola imbandita (e come sempre impreziosita con delle candele!), ascoltare la musica di vecchi vinili, arrivare a casa presto dal lavoro per stare in famiglia, girare in casa a piedi nudi con solo delle calze di lana caldissime…

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Come avrete capito non serve molto. Serve solo concedersi tutti quei dettagli che rendono le nostre giornate più confortevoli e accoglienti, scegliendo le cose semplici che ci fanno stare davvero, davvero bene. Per sentirci bene, e per fare sentire bene la nostra famiglia.

Giulia Mandrino 

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Una guida alla mastoplastica riduttiva

Lunedì, 13 Novembre 2017 16:00

In molte la sognano, alcune non la conoscono, altre sono indecise. E purtroppo non se ne parla abbastanza. Ci riferiamo alla mastoplastica riduttiva, un intervento chirurgico per ridurre la grandezza del seno in particolari casi estetici o patologici, o in caso (frequentissimo e da non sottovalutare) di scomodità.

Esatto, scomodità: lasciamo da parte le squallide battute sul seno abbondante e concentriamoci invece per un attimo sui disagi che questo porta con sé. Disagi che sono sia fisici che psicologici e che non dobbiamo per niente etichettare come stupidi.

Una guida alla mastoplastica riduttiva: perché è bene parlare dell’intervento di riduzione del seno e quali sono le cose principali da sapere se lo stiamo prendendo in considerazione

Ma partiamo dall’inizio, cercando di capire di cosa si tratta nel dettaglio quando parliamo di mastoplastica riduttiva: è l’operazione chirurgica che ha lo scopo di ridurre la grandezza della mammella, in maniera professionale e sicura, in modo da mantenere sempre l’armonia del seno ma rimediando a problemi preesistenti come l’eccessiva scomodità e il peso del seno, soprattutto sulle donne esili (ma adatto in realtà a tutte).

Per capire ancora meglio, abbiamo parlato dell’intervento di mastoplastica riduttiva con alcuni esperti del settore, ovvero la community di guidaestetica.it, il luogo online nel quale è possibile trovare comodamente e professionalmente tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno riguardanti la chirurgia estetica. Testimonianze, medici, video, immagini… Tutto è racchiuso nel sito, strumento utilissimo per chiunque voglia informarsi al meglio senza buttarsi a occhi chiusi nell’avventura della chirurgia estetica, che è in tutto e per tutto un campo medico da conoscere e da non considerare frivolo ma utile.

Soprattutto nel caso della mastoplastica riduttiva, l’intervento è vivamente consigliato a tutte coloro che trovano il proprio seno troppo voluminoso e scomodo. Perché è certo un problema fisico, ma è anche una questione psicologica non da poco: è inutile girarci intorno, molte donne con seni importanti non lo trovano sexy o invidiabile, semplicemente vistoso, volgare o eccessivo. E non bisogna vergognarsi!

Anche le neomamme che hanno terminato di allattare sono potenziali pazienti che non dovrebbero pensarci due volte: un seno già voluminoso, infatti, con le gravidanza aumenta e si modifica in maniera negativa, e una mastoplastica riduttiva è una soluzione semplice e duratura, che risolverà un problema vero e tangibile.

L’operazione si svolge (parlando in termini molto semplici) in questo modo: il chirurgo effettua un’incisione a T che parte dall’areola (la parte circolare del capezzolo) e che arriva alla base del seno, seguendo la curva armonica di esso, svuotando le mammelle in modo da ridurne il volume. La cicatrice che resta è inizialmente visibile, ma con il tempo perde di intensità e visibilità e, ormai, i risultati sono davvero, davvero naturali, delicati e soddisfacenti.

L’intervento chirurgico di mastoplastica riduttiva, eseguito solitamente in anestesia generale, ha una durata di circa 3 o 4 ore a seconda del soggetto, e solitamente il paziente si ferma in ospedale per 24 ore, in modo da monitorare il post-intervento. Dopodiché il recupero a casa durerà circa 3 settimane.

Una cosa da sottolineare: l’intervento è in tutto e per tutto definitivo e duraturo, e pertanto nella maggior parte dei casi non ci sarà più bisogno nel corso della vita di ricorrere ad un’altra ospedalizzazione.

Ma qual è il costo di una mastoplastica riduttiva? Dipende. I prezzi variano da clinica a clinica, e anche per questo guidaestetica.it diventa un aiuto molto valido: sulla pagina dedicata alla mastoplastica riduttiva possiamo infatti trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, come le domande dei pazienti e le risposte dei medici, così come le preziose promozioni che le varie cliniche private mettono a disposizione dei lettori della community.

 

Come usare la tajine

Lunedì, 13 Novembre 2017 14:54

Come si usa la tajine? Quali sono le caratteristiche da tenere in considerazione quando la compriamo? Quali sono i piatti che possiamo cucinare in questa pentola tipicamente marocchina?

Le domande che ci poniamo di fronte alle pentole tajine sono molte, ed è normale, poiché questo strumento etnico di cottura sembra all’apparenza simile ai nostri, ma ci sono regole specifiche per utilizzarlo al meglio.

Ecco quindi la nostra guida per capire come sfruttare al meglio la tajine, la pentola nordafricana per la cottura lenta dei nostri cibi.

Come usare la tajine: le regole per utilizzare al meglio la pentola marocchina in ceramica perfetta per le cotture lente

Innanzitutto, prima di comprare una tajine dobbiamo assicurarci di una cosa: che non sia prodotta con materiali tossici e che non ci siano decorazioni fatte con colori non naturali e non certificati. Sempre meglio sceglierla naturale, semplice e sicura.

Ma capiamo meglio cos’è la tajine: la tajine è una pentola (o tegame) originaria della zona del Maghreb, in Marocco, ed è riconoscibile per la sua forma caratteristica. È infatti composta da due elementi, un piatto con bordi alti e un coperchio conico parecchio alto, con un buco nella parte superiore (come un vulcano).

Per questa sua conformazione tradizionale, la cottura è unica, poiché prevede che il vapore salga verso l’alto, sulla parte alta del coperchio, e che condensandosi ricada poi sui cibi, mantenendoli così morbidi. Altra caratteristica della cottura è che non prevede l’azione del mescolare, proprio perché i cibi rimangono comunque morbidi e non si attaccano sul fondo.

In terracotta o in ceramica, la tajine come tutte le pentole realizzate in questo materiale prevede, durante la cottura, l’uso di uno spargifiamma, per evitare bruciature o sbalzi di temperatura troppo repentini che possono portare alla rottura del tegame.

Per lo stesso motivo, prima del primo utilizzo è sempre meglio temperarla, facendole fare a vuoto una cottura a bassa temperatura (con la fiamma al minimo). E attenzione ai cambi di temperatura: è sempre meglio non aggiungere liquidi troppo caldi nella tajine fredda, e viceversa non andrebbero posti cibi o liquidi freddi nella tajine calda.

Come accennato, la tajine è ottima per le cotture lunghe (dalle 2 alle 4 ore) a bassa e media temperatura ed è comodissima poiché gli ingredienti solitamente vanno aggiunti tutti insieme, e non uno alla volta. Come nelle ricette che prevedono carne e verdure: se in una normale pentola andrebbero prima la carne e poi le verdure, qui possiamo mettere tutto insieme all’inizio della cottura senza preoccuparci, perché gli alimenti si ammorbidiranno in ogni caso in maniera uniforme.

Essendo la cottura basata sul ritorno del vapore sugli alimenti, un’altra comodità è la necessità di pochi liquidi: olio di oliva e acqua potranno essere utilizzati con parsimonia, poiché non evaporeranno mai del tutto e contribuiranno comunque alla morbidezza del cibo.

Ma quali ricette possiamo realizzare nella tajine?

Innanzitutto le verdure cotte per contorno, con spezie e legumi (buonissime con il riso basmati bianco o con il cuscus): basta tagliarle a dadini, aggiungere le spezie e le erbe aromatiche che preferiamo (e, se ci piace, qualche cubetto di tofu) e cuocere a fiamma bassa per un’oretta o due (in base alla consistenza che vogliamo ottenere e in base all’acqua delle verdure: se sono acquose ne basterà meno, in caso contrario aggiungiamone un bicchierino), condendole semplicemente con dell’olio d’oliva e un goccio d’acqua.

Anche il pollo è delizioso nella tajine, perché con questa pentola possiamo preparare ricette diverse dal solito, come il M’qalli marocchino, a base di pollo a pezzetti e olive, zafferano, zenzero, cannella e limone.

Lo spezzatino (anche di seitan) nella tajine è ancora più buono, perché la tradizionale lunga cottura acquista morbidezza grazie al vapore. In due ore, dopo aver rosolato la carne con cipolla e olio e aver aggiunto il pomodoro (e le lenticchie, se piacciono) otterremo uno spezzatino morbido e gustosissimo.

Alla fine, non essendoci bisogno di mescolare ed essendo la tajine bellissima da vedere, potremo utilizzare il piatto alla base della pentola come piatto di portata, portandolo direttamente in tavola e lasciando che ognuno si serva da solo.

Dopo aver quindi capito come funziona la tajine, è tempo di sceglierla. Se non avete in programma un viaggio in Marocco non preoccupatevi: online e nei negozi di casalinghi se ne trovano di moltissimi tipi. Come dicevamo va sempre posta l’attenzione sulla salubrità dei materiali, che devono essere naturali e certificati. Il migliore, a nostro avviso, è la ceramica Zisha, che in Italia troviamo prodotta da SiqurSalute, le cui tajine sono davvero ottime, perché realizzate con questa antica ceramica priva di nichel che alcalinizza l’acqua e che è antiaderente naturale.

Giulia Mandrino  

“Questa (non) è matematica”

Lunedì, 13 Novembre 2017 08:57

Ora, da adulti, possiamo dirlo: c’è sempre quella materia che, per quanto ti sforzi, proprio non ti riesce. Ad esempio? I più creativi e letterati troveranno la matematica impossibile, astrusa, troppo concettuale. E viceversa gli inclini al pensiero matematico penseranno sia piuttosto difficile studiare le materie più creative e umanistiche. Stavolta, però, tutti dobbiamo ricrederci. Perché un modo per coniugare arte e matematica c’è, e questo libro piacerà tanto ai bambini detrattori della matematica quanto agli amanti delle scienze. Perché rendere la matematica un gioco per bambini è possibile, ma soprattutto è possibile formare un pensiero matematico anche attraverso la creatività e l’arte.

“Questa (non) è matematica”: il libro creativo di Anna Weltman per sviluppare un pensiero logico e matematico anche attraverso l’arte

Matematica e arte sono due mondi apparentemente distanti anni luce che in realtà hanno moltissimi punti di contatto. Questi punti di contatto tra arte e matematica possono essere ad una prima occhiata semplicemente le forme geometriche; in realtà c’è moltissimo in comune: questo libro di Anna Weltman, “Questa (non) è matematica” guida i bambini proprio alla scoperta di questo mondo, che è un mondo dove possiamo imparare la matematica e la geometria attraverso i colori, le spirali, i disegni, il 3D, le inclinazioni, i mandala…

“La matematica è piena di schemi, e gli schemi possono essere belli, curiosi e affascinanti”, si legge nelle prime pagine, che sono seguite direttamente dalla descrizione della bellissima “cassetta degli attrezzi” di cui i bambini avranno bisogno per intraprendere questo viaggio attraverso la matematica e l’arte: goniometro, compasso, forbici, carta, carta millimetrata, carta bianca, carta lucida…

Di pagina in pagina, quindi, vengono proposte attività creative parecchio geometriche e logiche (è ovvio che la matematica passa più da questo che dall’astrazione e dal caos creativo senza criterio che solitamente promuoviamo; ma naturalmente c’è bisogno anche di logica, nella crescita mentale): dai cerchi alle spirali, dagli angoli ai pattern ripetitivi, ogni gioco creativo porta con sé bellezza, perché i disegni che i bambini riescono a realizzare seguendo le regole della matematica sono caratterizzati proprio da questo: dalla bellezza.

Imparare che la matematica è anche bellezza è solo il primo passo verso la comprensione di questa materia, perché quando un argomento diventa interessante agli occhi dei bambini, beh, diventa anche automaticamente più semplice.

La matematica è bellezza perché è ripetizione ordinata, perché i numeri creano schemi, perché le proporzioni si ripetono, perché disegnare attraverso i suoi precetti fa scoprire che il pensiero logico è davvero, davvero affascinante, anche visivamente, non solo a livello concettuale.

Con il compasso i bambini possono disegnare i cerchi, ma anche mille altre figure come fiori e cuori che nascono proprio dalla precisione e dall’ordine, puntando sempre la punta del compasso e non disegnando a mano libera; possono scoprire che con allenamento si possono realizzare dei cerchi (quasi) perfetti, ma che con il compasso è tutta un’altra storia; possono scoprire che attraverso tre punti passa una sola circonferenza… E così via, con i pastelli e le matite colorate che poi rendono tutto più carino.

Ma non solo cerchi, compassi e forme curve! “Con un tocco di creatività, l’arte può dare vita a numeri e forme, e allora accadono le cose più incredibili! A partire da una serie di punti puoi disegnare bellissime forme a spirale, oppure creare un’intricata tela 3D. Grazie a principi matematici puoi disegnare in prospettiva, creare illusioni impensabili e mettere alla prova il cervello con sorprendenti enigmi matematici”.

 

No, questo libro non insegna solo la (interessantissima!) differenza tra un alligatore e un coccodrillo (che, ammettiamo, anche noi non conoscevamo!). Questo libro illustrato e raccontato con un linguaggio semplice e divertentissimo insegna un valore prezioso: la bellezza dell’individualità e delle differenze di ognuno di noi. Con un finale a sorpresa che fa scompisciare i bambini!

“Uffa! Non sono un coccodrillo! Mi chiamo Alfonso e sono un alligatore”: il libro di Delphine Perret che parla ai bambini di differenze

Il libro “Uffa! Non sono un coccodrillo!” edito da La Margherita narra la storia di Alfonso Alligatore, che coinvolge suo cugino Cesare Coccodrillo nella crociata contro i bambini che si ostinano a chiamarlo “coccodrillo”.

No, lui non è un coccodrillo, e c’è una grossa differenza! Perché allora non andare alla ricerca dei bambini di Nonsisadove per fargli capire che Alfonso e Cesare sono due animali diversi?

I bambini li trovano proprio in una scuola, perché è mattina, ed è chiaro che non sono in giro per la città! Il bello del libro è anche questo: non solo la storia dei due animali, ma anche le illustrazioni. La scuola è disegnata in maniera semplice ma deliziosa, con tantissimi cartelloni (anch’essi educativi quanto la narrazione!).

I bambini imparano quindi concretamente la differenza tra i due animali, conoscendoli dal vivo. E allo stesso modo il coccodrillo e l’alligatore scoprono come sono fatti questi “bambini” di cui tutti parlano così tanto.

Ciò che la gente si aspetta che noi siamo a volte (anzi, spessissimo) non corrisponde a ciò che siamo veramente. Quindi perché accettare di venire considerati qualcosa che non siamo? Perché rimanere incastrati in un ruolo che non ci appartiene solo per soddisfare le aspettative di qualcun altro?

Ma non solo: cosa imparano i bambini a scuola relazionandosi direttamente con Alfonso e Cesare? L’importanza dell’interesse, della curiosità e della conoscenza. Quando vivevano non sapendo la differenza tra un alligatore e un coccodrillo basavano i loro giudizi sull’ignoranza, ignorando la differenza tra i due animali e ignorando il loro essere più profondo: conoscendoli scoprono che non sono i tanto temuti predatori descritti nei libri, ma simpaticissimi animali con aspirazioni e problemi!

Bastava chiedere, insomma. Bastava conoscere. Un’attitudine preziosa che è il primo passo verso l’empatia e che i nostri bimbi sapranno certamente mettere in pratica dopo aver letto questo libro educativo, divertente ed emozionante.

 

I bambini crescono. E lo fanno davvero, davvero in fretta. Chi di voi ha bambini che, ad esempio, stanno iniziando le elementari (o le medie!) saprà la sensazione che ti assale all’improvviso nel momento in cui ti accorgi che, caspita, sono cresciuti in maniera esagerata, che sembra ieri che li cullavate, che li portavate a casa dall’ospedale, che uscivate per la prima passeggiata, che gli insegnavate ad usare il vasino.

Fate memoria preziosa di quei momenti: ogni tanto è giusto soffermarsi, con malinconia e tenerezza, su quei ricordi meravigliosi.

Ma perché non soffermarsi anche su quelli un pochino più dolorosi? Proviamo a pensarci: la maternità è uno dei momenti più preoccupanti della vita di una donna. Se tutto sta andando bene, allora, perché non prenderlo come esempio e monito per capire che le preoccupazioni e i problemi passeranno e ne usciremo più forti e più felici? Forse sembra un concetto astruso, senza senso. Ma non lo è, ed ora vi spieghiamo come.

La bellezza della maternità sta anche nelle preoccupazioni: come la maternità ci rende forti anche grazie al caos delle situazioni che porta con sé

La maternità è un momento bellissimo. La nostra vita, nel momento in cui diventiamo mamme, cambia completamente, e d’ora in poi sarà nel bene e nel male misurata su quello. I figli ci riempiranno la vita, staranno al centro dei nostri pensieri. Non saremo più solo noi. Ora ci sono loro, e poi noi.

Guardarli crescere è bellissimo, e porta con sé tanta gioia. Ma questa gioia non è un idillio, e spesso costa cara. Anche se, alla fine, il risultato è così immenso da farci superare tutto e da rendere il resto bazzecole.

Se riguardiamo infatti ai momenti passati in cui siamo diventati genitori, è bello tornare agli attimi stupendi delle tappe della crescita dei nostri bambini e alle piccole abitudini che avevamo quando erano neonati o quando stavano crescendo. Ma è bene anche pensare alle difficoltà. Perché ognuna di noi le ha passate: è inevitabile, la maternità porta con sé delle preoccupazioni fortissime.

Fare il primo bagnetto senza ferirlo; essere capace di allattarlo; la pressione della paura di non essere una brava madre; la pressione degli altri che sembrano sempre giudicarti; lo svezzamento, pauroso nelle parole delle altre mamme…

Ma alla fine cosa è rimasto? Come è andata? Probabilmente la maggior parte di noi è riuscita a fare un perfetto bagnetto senza un graffio, e nei primi anni ne ha fatti talmente tanti da eseguirli ormai meccanicamente; il latte è arrivato tranquillamente; il giudizio degli altri finalmente è scivolato addosso, perché abbiamo capito che, chissenefrega, i consigli vanno bene fino ad un certo punto; lo svezzamento si è rivelato complicato ma alla fine nessuno è morto di fame…

Ecco, la paura c’era, e probabilmente è ancora un ricordo molto vivido dei primi anni di maternità. Ma questa paura è fisiologica, normale e necessaria. E ci può anche fare molto bene psicologicamente: quando qualcosa ci fa così timore, nel momento in cui viviamo questa sensazione ci sembra un problema insormontabile. Ma poi riusciamo in (quasi) tutto (non siamo mica supereroine nemmeno noi), e allora le cose si ridimensionano e capiamo che la forza arriva anche dalla paura. Ecco perché dobbiamo fare tesoro di queste paure.

Gli inconvenienti fanno parte della vita. E magari sono proprio quegli inconvenienti ad essere i ricordi più preziosi che abbiamo.

Lo stesso vale per il caos. La vita non è perfetta, e soprattutto non è la maternità. Ecco perché i migliori ricordi che per sempre terremo nel cuore, volenti o nolenti, spesso sono i più disordinati: i pannolini sporchi, i disegni sul muro, il bagno allagato…

Ogni tanto quindi fermiamoci e facciamo una fotografia mentale della nostra famiglia: non sarà perfetta, ci saranno nei e preoccupazioni ogni giorno, caos e disordine ad ogni angolo della casa (e della testa). Ma è giusto così, ed è bellissimo.

Giulia Mandrino  

È un dato di fatto: in moltissime culture orientali o diverse dalla nostra, i bambini sono soliti dormire con i genitori. Si chiama co-sleeping, e in Giappone è diffusissimo. Anzi, potremmo dire che sia la normalità. Mamme e papà sono soliti dormire con i loro bambini fino a che non nasce un secondo o un terzo figlio. I più grandi, quindi, per fare spazio al più piccolo si spostano, ma continuano a dormire con qualcuno della famiglia, che sia il papà, il nonno o la nonna. Non lo fanno per mancanza di spazio o povertà, perché anche quando le stanze sono grandi e le possibilità ci sono (e cioè nella maggior parte dei casi) mantengono questo uso. Semplicemente, è così.

Noi occidentali, insomma, promuoviamo l’indipendenza (anche fisica e affettiva), mentre in Giappone il senso di famiglia e affetto è radicato e promosso. Ecco perché se noi chiamiamo “bamboccioni” i figli che stanno in casa dopo i 25 anni, per loro invece è normale, sano e auspicabile: è amore, è attaccamento alla famiglia.

Dall’altra parte, i giapponesi sono abituati comunque a spronare i propri figli all’indipendenza. Non è un’ossimoro: in casa e in camera da letto praticano la vicinanza, il contatto e l’affetto fisico ed emozionale profondo (ma mai abbracciandosi!), ma fuori insegnano subito ai bambini come vivere la vita. Ecco perché in metropolitana o sugli autobus si vedono bimbi di cinque anni da soli andare verso la scuola con i loro zainetti colorati.

Detto questo, in Giappone hanno anche un’altra tradizione bellissima, che è quella di dormire sui futon. Sì, i bambini stanno nel centro mentre mamma e papà stanno ai lati. In ogni caso, co-sleeping o non co-sleeping, il futon è un elemento d’arredo molto intelligente, comodo e affascinante. Perché quindi non sceglierlo per noi, ma soprattutto per i nostri figli?

Il futon per bambini, quando cultura montessoriana e giapponese s’incontrano: scegliere un futon per favorire il co-sleeping, per aiutare i bambini a raggiungere la sana indipendenza e per portare un po’ di cultura orientale nella nostra casa

Ciò che conta, va detto, è una sola cosa: non c’è un modo sbagliato di dormire, non c’è un modo errato di crescere i figli. C’è chi si sente a proprio agio con il co-sleeping, chi non riesce proprio, fisicamente e psicologicamente. La cosa migliore e più giusta da fare, quindi, è seguire il proprio istinto e la propria natura, scegliendo di dormire come più ci viene naturale, per noi, per la nostra famiglia, per la coppia e per i bambini.

Il futon, in entrambi i casi è una scelta davvero comoda e naturale. Se, come i giapponesi, siamo una famiglia che pratica il co-sleeping, non c’è una struttura letto più adatta, essendo bassa e larga e quindi comodissima per dormire in più persone. Proprio come i genitori giapponesi, anche noi potremmo dormire sui futon con i nostri bambini al centro, ricordando l’ideogramma che recita “fiume”, con due stanghette più lunghe ai lati e una più corta nel mezzo (川).

Dall’altra parte, se il nostro bambino dorme già da solo e se stiamo pensando di adottare in cameretta la pedagogia di Maria Montessori, sappiamo che il futon ricalca esattamente i precetti e le regole stilate dalla pedagogista italiana: il lettino dei bambini dovrebbe infatti essere basso e lineare, comodo, per poter permettere al bambino di muoversi su e giù in libertà, per stimolare in lui il senso di indipendenza e permettergli di sperimentare ciò che può quando vuole. Scendere e salire dal letto da soli è infatti uno dei primi passi verso quell’autonomia che gli servirà moltissimo per imparare nuove cose e per muoversi nel mondo.

Se ci pensiamo, il lettino o il futon montessoriano non sono però nemici del co-sleeping: anche se infatti la nostra cultura occidentale si strugge ancora per accettare il dormire insieme in famiglia, e anche se facciamo fatica a farlo (nonostante la volontà di provare questa pratica!), nessuno vieta e nessuno punta il dito contro il fatto che i bambini, com’è naturale che sia, spesso la notte si sveglino e capitino nel lettone dei genitori. Con un lettino basso come un futon questo gli risulterà più semplice sin dai primi passi, evitando cadute dal letto.

Insomma, il futon è praticamente sempre una buona idea. Anche per il fatto che è costruito in maniera naturale e che i materassi seguono sempre rigide regole qualitative che conciliano il sonno e lo rendono comodo e sicuro. “Futon” in giapponese significa infatti proprio “materasso arrotolato”, quindi anche se pensiamo subito al letto completo, in realtà ci stiamo riferendo al materasso, che è la parte più importante del letto, quella che condiziona il nostro dormire e il nostro fisico.

Optando quindi per aziende che si concentrano sulla qualità dei futon, possiamo scegliere di mettere nella cameretta dei bambini questo tipo di letto, al posto delle solite strutture pesanti e ingombranti. Già, perché un altro punto a favore del futon è il fatto che sia flessibile, comodo da spostare e leggero. Per fare un letto-futon basta infatti questo materasso arrotolabile (che è possibile piegare a metà in modo da realizzare un divanetto), corredandolo o meno con un tatami, la tipica stuoia bassa giapponese che riveste i pavimenti delle case che è utilizzata anche come base del letto.

Noi abbiamo scoperto, in linea con la nostra filosofia di vita bio e rispettosa, i futon di Vivere Zen: ci piacciono moltissimo perché sono realizzati in materiali naturali (con tre strati di puro cotone cardato abbinato a lattine o fibra di cocco) e perché assorbono l’umidità, fanno traspirare il corpo e mantengono il caldo in inverno e il fresco in estate. Non ci sono parti metalliche, e quindi sono sicurissimi per tutte le stanze della casa, ma soprattutto sono elastici ed ergonomici come nella migliore tradizione giapponese. In generale, l’azienda propone lettini montessoriani abbinandoli sempre ai prodotti di tradizione giapponese: un’accoppiata certamente vincente che non potrebbe piacerci di più. E che noi completeremo sicuramente con i piumini in mais e cotone per bambini, per inverni caldi ma traspiranti.

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Per realizzare un ambiente dal calore orientale, quindi, possiamo scegliere i loro futon (presenti in tantissime dimensioni, in modo da scegliere quella più adatta a noi e ai nostri figli) abbinandoli ai tatami dai diversi spessori, mettendoli in cameretta e utilizzandoli sia come lettini per i bambini sia come divanetti all’occorrenza. Sono comodissimi, oltre che bellissimi da vedere, igienici, elastici e sicurissimi.

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Di giorno, poi, avere il futon è fichissimo, poiché oltre a farlo diventare un divanetto possiamo sempre arrotolarlo in maniera super veloce e lasciare il tatami sul pavimento, utilizzandolo come tappetone per il gioco.

Non solo: sono un’ottima soluzione per le stanze per gli ospiti e per i pijama-party dei bambini; e poi li si rinfresca in un attimo, stendendoli sul davanzale delle finestre.

Molti benefici e apparentemente zero svantaggi (sarebbe solo meglio avere il legno a terra, e non la ceramica; ma basta coprirsi un po’ di più per non sentire il freddo!). Il futon per bambini è una scelta consapevole, sicura, stilosa e naturale, e il co-sleeping, come il dormire all’occidentale (con un pizzico di giapponesità!), non ne possono che uscire con numerosi vantaggi.

 Giulia Mandrino 

Sara

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Cecilia

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