Le vacanze sono un momento di gioia per tutta la famiglia, ma quando si viaggia con i bambini è fondamentale pensare a sicurezza e comodità. Gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno stilato un vademecum pratico per affrontare al meglio le partenze estive, con raccomandazioni basate su evidenze scientifiche e cliniche per prevenire i rischi più comuni e godersi le ferie in serenità.
Prima di partire, è bene preparare una valigia attrezzata: farmaci per la febbre, disinfettanti, garze, repellenti per insetti, crema solare ad alta protezione e, per chi viaggia in auto, braccialetti per il mal d’auto sono alcuni degli indispensabili suggeriti dagli specialisti.
I bambini soffrono il caldo più degli adulti, perché il loro “termostato” interno funziona più lentamente. È quindi essenziale garantire ombra, idratazione costante, abiti leggeri e pause frequenti. Un mal di testa sotto il sole non va mai sottovalutato: può essere il primo segnale di un colpo di calore.
Per quanto riguarda l’esposizione solare, i pediatri raccomandano di evitare completamente il sole nei primi sei mesi di vita, limitarlo fino ai due anni e applicare sempre una crema con filtro protettivo 50+ prima dell’esposizione, riapplicandola spesso. La vitamina D può essere utile, ma mai esporsi nelle ore centrali della giornata.
Il mal d’auto è un classico tra i più piccoli. Non sempre si può evitare, ma si può alleviare con una canzone, uno snack leggero come un grissino croccante o un gioco che inviti a guardare avanti, meglio se verso il panorama e non verso uno schermo. I braccialetti che stimolano punti della medicina cinese possono essere usati: non hanno efficacia scientificamente certa, ma nemmeno effetti collaterali.
Che sia in spiaggia o in piscina, la sorveglianza è fondamentale. I bambini devono essere sempre sotto controllo visivo e, almeno fino ai cinque anni, è meglio entrare in acqua insieme a loro. I braccioli sono utili, ma non sostituiscono mai la presenza di un adulto. Anche una piccola piscina in giardino può diventare pericolosa in un attimo.
Insetti e meduse sono ospiti frequenti delle vacanze. Per proteggersi dagli insetti, meglio scegliere repellenti a base di icaridina, indossare abiti lunghi e scarpe nei prati. In caso di contatto con una medusa, non bisogna mai sfregare la pelle: aceto e acqua calda sono i migliori alleati contro il dolore, mentre per le punture più comuni sono utili ghiaccio e creme cortisoniche.
Come sottolinea Marco Marano, responsabile del Centro antiveleni dell’ospedale, conoscere le misure di primo intervento può fare la differenza nel ridurre il dolore, limitare le reazioni cutanee e prevenire complicazioni. In caso di dubbio, è sempre meglio consultare un medico o il centro antiveleni.
“L’obiettivo è promuovere una corretta cultura della prevenzione”, spiega Alberto Villani, responsabile di Pediatria generale del Bambino Gesù. Bastano pochi accorgimenti e una buona preparazione per trasformare le vacanze con i bambini in un’esperienza sicura e piacevole per tutti.
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, adottata dalle Nazioni Unite nel 1989 e ratificata da quasi tutti gli Stati del mondo, fu un passo storico verso il riconoscimento dei bambini come soggetti di diritti. Questo documento internazionale stabilisce che ogni bambino, indipendentemente dalla sua origine, cultura, religione o condizione personale, ha diritto a essere protetto, ascoltato e rispettato. Come spiega anche Unicef, la Convenzione si basa su una visione innovativa: i bambini non sono semplicemente oggetto di tutela, ma persone a tutti gli effetti, con bisogni e opinioni che meritano attenzione.
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia si fonda su quattro principi chiave che orientano tutte le sue disposizioni. Il primo è il diritto alla parità di trattamento, che vieta ogni forma di discriminazione e garantisce a tutti i bambini le stesse opportunità di sviluppo. Il secondo principio è la salvaguardia del benessere del bambino, che deve essere sempre la priorità nelle decisioni che lo riguardano, sia in ambito familiare che istituzionale. Il terzo principio è il diritto alla vita e allo sviluppo, che comprende l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e a un ambiente sicuro, affinché ogni bambino possa crescere e realizzare il proprio potenziale. Infine, il diritto all’ascolto e alla partecipazione riconosce ai bambini la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni e di essere coinvolti nelle scelte che li riguardano.
La conoscenza dei diritti dell’infanzia è un elemento centrale per la crescita di una società più giusta e inclusiva. Quando adulti e bambini sono consapevoli di questi diritti, è più facile riconoscere e prevenire situazioni di abuso, discriminazione o sfruttamento. Sapere che ogni bambino ha diritto a essere protetto, istruito e ascoltato permette di costruire ambienti familiari, scolastici e sociali più sicuri e accoglienti.
Inoltre, la consapevolezza dei diritti favorisce la partecipazione attiva dei bambini alla vita della comunità, incoraggiandoli a esprimere le proprie idee e a contribuire al benessere collettivo. Infine, conoscere questi diritti significa assumersi una responsabilità condivisa: solo attraverso l’impegno di tutti – famiglie, istituzioni, società civile – è possibile garantire che ogni bambino possa crescere libero, rispettato e sostenuto nel suo percorso di vita.
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia non è solo un documento giuridico: è uno strumento concreto per costruire un mondo in cui ogni bambino sia protagonista del proprio futuro. Promuovere la conoscenza e il rispetto di questi diritti significa investire nelle nuove generazioni e creare le basi per una società più equa, solidale e attenta ai bisogni di tutti. Ecco perché tutti dovremmo conoscerli.
Il battesimo è una delle prime occasioni in cui si sceglie un dono pensato non per la famiglia, ma per il bambino. A differenza dei regali da nascita, qundi, per il battesimo i si cerca spesso qualcosa che abbia valore simbolico, duraturo o educativo, e che possa essere conservato nel tempo. Non serve puntare su oggetti costosi o decorativi: a fare la differenza è l’attenzione con cui si sceglie.
Queste 10 proposte si adattano a diversi tipi di sensibilità e budget, evitando cliché e prodotti legati a ruoli rigidi. Ecco perché ogni dono è pensato per accompagnare la crescita o restare come segno di cura.
Esistono macchine fotografiche digitali pensate per bambine e bambini: leggere, resistenti, con funzioni base e memoria espandibile. Non verrà usata subito, ma potrà essere un primo strumento per raccontare il mondo con uno sguardo personale. Un regalo semplice che invita alla scoperta, lontano dagli schermi passivi.
La bicicletta è un classico, ma può diventare un regalo di battesimo non immediato, da consegnare con calma più avanti. Scegliere un modello di qualità (in metallo leggero o legno), robusto e senza decorazioni infantili, rende il dono ancora più significativo. È un simbolo di autonomia, movimento e fiducia.
Si può scegliere un’illustrazione originale o una stampa numerata, firmata da un’artista contemporanea o contemporaneo. Il soggetto può essere un animale, una scena naturale, una mappa immaginaria, un simbolo che resti. Meglio evitare immagini infantili o religiose, e puntare su qualcosa che conservi senso nel tempo.
Un fondo vincolato, anche con una somma simbolica, può essere intestato al bambino e alimentato nel tempo. Alcune banche propongono investimenti con criteri ambientali e sociali (ESG), che uniscono educazione finanziaria, sostenibilità e senso di responsabilità. Si può consegnare con una lettera firmata.
Un regalo che stimola la manualità, la creatività e l’autonomia. Un astuccio cucito a mano, in cotone o tela cerata, con spazio per matite colorate, pennarelli lavabili e un blocco da disegno. Non serve sia “da bambini piccoli”: può essere pensato per essere usato negli anni.
Alcuni studi di design producono lampade da comodino o da parete con sagome naturali o motivi geometrici, anche personalizzabili. Niente colori “da maschio”, ma toni neutri e materiali naturali (legno, carta, metallo). È un oggetto utile, delicato, che diventa parte dello spazio del bambino.
Le costruzioni sono un classico che non passa, ma qui si può puntare su versioni non colorate artificialmente, non a tema veicoli o armi, ma fatte con legno grezzo, oli naturali e forme essenziali. Possono essere usate dai 2 anni in poi e durano per anni. Alcuni modelli sono prodotti da piccole realtà europee.
Un quaderno con carta spessa e copertina rigida, da usare più avanti per raccogliere e conservare elementi naturali. Può essere accompagnato da una lente d’ingrandimento, una matita e una tasca con etichette adesive. Un invito ad osservare e catalogare il mondo senza schermi.
Un vaso in ceramica, una bustina di semi (girasole, pomodori, borragine), una paletta e un diario per segnare le fasi di crescita. Anche se sarà usato più avanti con l’aiuto di chi si prende cura del bambino, può diventare un rituale condiviso, legato al tempo e alla ciclicità.
Alcune illustratrici e illustratori propongono metri da muro in tela o cartoncino rigido, disegnati a mano, senza frasi stereotipate. Possono raffigurare animali in scala, paesaggi verticali, piante o palazzi. Un oggetto pratico che diventa parte dei rituali quotidiani e che resta come memoria visiva del tempo che passa.
Il battesimo è spesso la prima occasione in cui amiche, amici e parenti scelgono di fare un regalo non tanto alla famiglia, quanto direttamente alla bambina. Il rischio è cadere in oggetti stereotipati o poco utili, che non durano nel tempo o rispecchiano aspettative già segnate sul genere.
Un buon regalo per il battesimo può essere simbolico, pratico o educativo, ma soprattutto pensato in un’ottica lunga: qualcosa che accompagnerà la crescita, o che potrà essere riscoperto più avanti. Ecco 10 idee che uniscono cura e intelligenza.
Pensare a lungo termine è il miglior regalo: per questo è importante evitare oggetti puramente estetici o legati a un'immagine rigida della femminilità. Una bambina che riceve oggi un dono pensato, curato e rispettoso avrà più strumenti per costruire liberamente il proprio cammino.
Il gioiello è un classico del battesimo, ma può essere scelto in modo sobrio, senza cuori, fiocchi o colori rosa. Un ciondolo a forma di albero, stella, goccia o anche una semplice piastrina da incidere è una scelta più neutra e duratura. Non deve per forza essere “da indossare” subito: può restare come simbolo da custodire.
Molte famiglie e madrine/padrini scelgono di scrivere una lettera per il futuro: parole sul mondo di oggi, su ciò che si augura alla bambina, su come è nata o su piccoli dettagli che andrebbero altrimenti persi. La si può mettere in una busta sigillata, da aprire al compimento della maggiore età.
I libri possono essere anche regali da conservare nel tempo. Meglio evitare quelli “per bambini piccoli” e scegliere un albo illustrato di qualità, con un messaggio simbolico o una storia universale. E poi basta aggiungere una dedica scritta a mano.
Aprire un fondo a lungo termine, anche con una cifra minima, è un segno concreto di fiducia nel futuro. Alcuni istituti propongono soluzioni etiche o sostenibili: investimenti responsabili, buoni vincolati per studio o progetti solidali. È anche possibile fare una donazione simbolica a un’associazione, consegnando un certificato con il nome della bambina.
Un oggetto semplice, ma denso di senso. Scegli un album di qualità, rilegato a mano o stampato su carta naturale, che la famiglia potrà riempire con le foto più significative dell’infanzia. Non deve essere legato solo al giorno del battesimo, ma diventare una raccolta da costruire nel tempo.
Un regalo fatto a mano, magari realizzato da artigiane e artigiani locali: una scatola in legno intagliata, una lampada in ceramica smaltata, un carillon in legno, un oggetto tessile ricamato. Basta che non sia fine a sé stesso: deve essere qualcosa che si possa usare, toccare, tramandare.
Un taccuino pensato per annotare le prime parole, i primi viaggi, le amicizie, i giochi preferiti. Molte famiglie lo iniziano subito e lo portano avanti per anni, per poi regalarlo alla bambina quando sarà grande. L’importante è che sia semplice, senza troppe grafiche infantili, e che inviti a scrivere con libertà.
Un regalo educativo e stimolante, anche se sarà usato solo più avanti. Esistono mappe illustrate da appendere, planisferi con animali e culture del mondo, oppure carte in tessuto da tenere nella stanza. È un modo per ampliare lo sguardo, fin da piccola, oltre i confini di casa.
Non un soprammobile rosa, ma una stampa d’artista, un’incisione, un acquerello firmato, magari scelto in base al mese di nascita, a un simbolo naturale o a un augurio (una volpe per la curiosità, una balena per la forza, un orso per la calma). Alcune illustratrici e illustratori italiani propongono opere a tiratura limitata anche per l’infanzia.
Il regalo può anche essere un “anticipo sul futuro”: una bicicletta, una macchina fotografica per bambine e bambini, una valigia, un microscopio. Non sarà usato subito, ma quando arriverà il momento sarà legato a un ricordo speciale: quello del giorno in cui le è stato donato con fiducia.
I compiti delle vacanze possono diventare una fonte di tensione per bambine, bambini, ragazze e ragazzi, ma anche per i genitori che li accompagnano. Non è raro che si trasformino in un motivo di discussione, specialmente nelle ultime settimane prima del rientro a scuola. Ma con alcune strategie semplici e organizzate, è possibile affrontarli senza stress, evitando accumuli e malumori.
Prima cosa da ricordare: la distribuzione dello studio nel tempo riduce l’ansia da prestazione e migliora la memorizzazione. L’obiettivo non deve essere finire tutto subito o rimandare fino all’ultimo, ma trovare un equilibrio.
Organizzare il lavoro è il primo passo per evitare che i compiti delle vacanze diventino un peso. Creare un calendario settimanale aiuta a visualizzare quanto tempo è a disposizione e a distribuire le attività. È importante non essere troppo rigidi: la flessibilità permette di adattarsi a imprevisti, gite e giornate di riposo.
Un piano efficace prevede brevi sessioni (30-40 minuti) alternate a pause. Coinvolgere bambine e bambini nel disegno del piano rende tutto più partecipativo e meno imposto. Loro stesse e loro stessi imparano così a gestire il tempo in autonomia.
Per affrontare i compiti con la giusta energia, è utile scegliere con attenzione quando studiare. Ogni bambina e ogni bambino ha i propri ritmi: alcune e alcuni sono più attivi al mattino, altre e altri preferiscono il pomeriggio. In generale, però, è meglio dedicarsi allo studio in una fascia oraria tranquilla, prima delle attività ricreative più impegnative o stancanti.
La performance cognitiva nei bambini tende a essere più alta nelle prime ore del giorno. Per questo, fare i compiti subito dopo colazione può essere una buona abitudine. Evitare le ore più calde (soprattutto in estate) e non rimandare allo stesso momento ogni giorno aiuta a creare una routine, rendendo il lavoro meno pesante.
Le vacanze devono restare un tempo di gioco, relax e scoperta. Per questo, alternare lo studio ad attività piacevoli è fondamentale. Una strategia utile è quella della ricompensa educativa: completato un compito o un esercizio, si può passare a qualcosa di divertente, come una passeggiata, un gelato, un gioco o un film.
Questa tecnica si basa su principi del condizionamento positivo. Premiare l’impegno (non solo il risultato) rinforza l’autostima e favorisce la costanza nello studio.
È utile anche variare i tipi di compiti: non solo pagine di matematica, ma anche letture, ricerche o esercizi creativi. Alternare linguaggi e strumenti riduce la noia e stimola aree diverse del cervello.
I compiti delle vacanze non devono essere affrontati in solitudine. Una buona strategia è condividerli con altre e altri, sia nei momenti di difficoltà, sia come occasione per imparare insieme. Creare piccoli gruppi di studio, anche solo una volta a settimana, può fare la differenza.
Studiare con un’amica o un amico rende il tempo più leggero. Quando serve, è giusto chiedere aiuto a una persona adulta: un genitore, una zia, un’educatrice o un educatore. Il supporto esterno può evitare frustrazione e blocchi. L’importante è che l’adulta o l’adulto non faccia il compito, ma guida e sostegno.
Lo stress nasce spesso da aspettative troppo alte o da pressioni esterne. È importante ricordare che i compiti servono a consolidare l’apprendimento, non a rovinare l’estate. Evitare paragoni con altri, abbassare il tono di voce e non trasformare il momento dei compiti in un campo di battaglia aiuta a creare un clima più rilassato.
Le neuroscienze ci ricordano che l’apprendimento è favorito da un ambiente emotivamente sicuro: se bambine e bambini si sentono sotto esame, tendono a chiudersi. Invece, se percepiscono fiducia, sono più propensi ad affrontare le difficoltà.
Serve tempo per costruire questa serenità, ma ne vale la pena. L’obiettivo non è solo finire i compiti, ma imparare a organizzare il proprio lavoro, senza stress e con più autonomia. Una competenza che sarà utile anche nei mesi successivi.
Dopo la bici senza pedali, arriva il momento della bicicletta vera. Magari una mountain bike!
La mountain bike, spesso considerata uno sport da adulti, è in realtà una disciplina adatta anche a bambine e bambini, se praticata in sicurezza e con le giuste accortezze. Permette di sviluppare equilibrio, coordinazione, resistenza e autonomia, offrendo anche un’occasione per vivere il tempo libero nella natura. In Italia, il numero di giovanissime e giovanissimi che si avvicinano alla mtb è in crescita, grazie anche alle scuole e ai bike park attrezzati. Ma prima di iniziare è importante conoscere bene quali sono le caratteristiche delle bici da scegliere, quali percorsi sono adatti, quali rischi si corrono e quali benefici si possono ottenere.
L’età consigliata per iniziare con la mountain bike è intorno ai 5 o 6 anni, quando la bambina o il bambino ha già acquisito un buon controllo dell’equilibrio e delle abilità motorie di base. Prima di questa età, si può comunque iniziare come accennato con le balance bike (senza pedali), che aiutano a imparare a stare in sella in modo naturale. A 6 anni si può passare a una mtb con ruote da 16 o 20 pollici, con freni adeguati e telaio leggero.
È fondamentale che l’approccio sia ludico. L’obiettivo nelle prime fasi non è la performance, ma il divertimento, la socializzazione e il piacere della scoperta. È utile iscrivere la bambina o il bambino a un corso tenuto da istruttrici e istruttori certificati, per imparare le tecniche di base in modo corretto e senza rischi. La Federazione ciclistica italiana (Fci) organizza corsi in molte regioni, attraverso le sue scuole di ciclismo fuoristrada.
Scegliere una mountain bike adatta per una bambina o un bambino richiede attenzione a dettagli tecnici e di sicurezza. Una bici inadatta può compromettere il comfort, la postura e il piacere di pedalare, oltre ad aumentare il rischio di cadute. La scelta va fatta con attenzione, tenendo conto dell’altezza, dell’età e della forza fisica.
La misura della ruota, espressa in pollici, è il primo parametro da considerare. Non si sceglie in base all’età anagrafica, ma all’altezza del bambino o della bambina:
| Altezza (cm) | Età indicativa | Misura ruote |
|---|---|---|
| 90-105 cm | 2-4 anni | 12” |
| 105-120 cm | 4-6 anni | 16” |
| 120-135 cm | 6-8 anni | 20” |
| 135-145 cm | 8-10 anni | 24” |
| >145 cm | 10+ anni | 26” o più |
Queste sono indicazioni generiche: è sempre meglio provare la bici prima dell’acquisto. Il bambino o la bambina deve poter appoggiare facilmente i piedi a terra da seduto e raggiungere manubrio e freni senza sforzo.
Il peso è invece fattore spesso trascurato, ma fondamentale. Una bici troppo pesante può affaticare in salita e rendere difficili le manovre. Una buona bici per bambine e bambini dovrebbe pesare meno del 40% del loro peso corporeo.
I telai in alluminio sono un ottimo compromesso tra leggerezza e robustezza. Meglio evitare le bici in acciaio (più economiche ma più pesanti) per chi deve affrontare salite o terreni tecnici.
Il cambio serve a regolare la fatica durante la pedalata, soprattutto in salita o su sterrato. Nelle mountain bike per adulti è sempre presente, ma nelle bici da bambinз va valutato in base all’età, all’esperienza e all’utilizzo previsto.
Per le prime bici (12", 16", anche alcune 20") è meglio evitare il cambio. A questa età l’obiettivo è imparare a bilanciare, frenare e pedalare in sicurezza. Il cambio complica la guida e può distrarre, specialmente se la bambina o il bambino non ha ancora la forza per azionarlo facilmente.
Quando iniziano a usare bici con ruote da 20 o 24 pollici, si può introdurre un cambio posteriore a 6 o 7 rapporti. Questo tipo di cambio è semplice da usare, meno soggetto a rotture e sufficiente per salite leggere o sterrati. I modelli più comuni sono Shimano Tourney o Microshift, con comandi a rotazione (grip shift), più intuitivi per mani piccole, oppure a levetta, che richiedono un po’ più di coordinazione ma sono più precisi.
Se la bici ha ruote da 26 pollici o superiori, ed è pensata per escursioni più impegnative, si può optare per una trasmissione con doppia o tripla corona anteriore, accoppiata a un cambio posteriore. In questo caso si hanno 18, 21 o anche 24 velocità, ma è consigliabile solo se la ragazza o il ragazzo ha già esperienza.
Avvicinare bambine e bambini alla mountain bike significa dare loro l’occasione di muoversi nella natura, imparare l’equilibrio, la gestione dello sforzo e la fiducia nei propri mezzi. Ma l’approccio deve essere graduale, sicuro e divertente, senza forzature.
Non c’è un’età fissa, ma molti iniziano tra i 3 e i 5 anni con le balance bike (senza pedali) per imparare l’equilibrio. Dai 5-6 anni, quando hanno già padronanza della bici con pedali, si possono proporre le prime esperienze su sterrato facile, come strade bianche o sentieri larghi.
A 7-8 anni molte bambine e bambini sono pronti per le prime vere uscite in mountain bike, sempre su percorsi adatti e con l’accompagnamento di adulti. Le prime uscite devono essere facili, corte e prive di traffico. Ottimi i percorsi ciclabili sterrati, i sentieri nei parchi naturali o le strade forestali.
E via via così, fino a provare delle vere strade di montagna. Sempre protetti con casco e protezioni e sempre con la supervisione di una persona adulta!
Ogni bambina e ogni bambino ha diritto a essere rispettata e rispettato, ad andare a scuola, a essere curata o curato, a giocare e a crescere in un ambiente sicuro. Questi non sono desideri, ma diritti fondamentali sanciti dalla legge e dalle convenzioni internazionali, come la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Onu del 1989. Tuttavia, accanto ai diritti esistono anche doveri: comportamenti e azioni che tutte e tutti devono assumere per vivere bene insieme. Spiegare ai bambini e alle bambine il significato di questi concetti è essenziale per educare alla convivenza civile, al rispetto reciproco e alla responsabilità.
Parlare di diritti e doveri fin dalla scuola primaria aiuta a sviluppare una cittadinanza consapevole, e non è mai troppo presto per iniziare. L’educazione civica è una materia trasversale, che si costruisce nella quotidianità: in classe, in famiglia, al parco, nello sport.
I diritti sono ciò che spetta a ogni persona solo per il fatto di essere nata. Non si guadagnano e non si perdono, e valgono per tutte e tutti, senza distinzioni. I bambini e le bambine hanno dei diritti specifici, proprio perché sono persone in crescita e hanno bisogno di maggiore protezione.
Tra i principali diritti riconosciuti ci sono il diritto alla vita, all’identità, alla salute, all’istruzione, al gioco, alla libertà di espressione, all’uguaglianza e alla protezione da ogni forma di violenza o sfruttamento. Per esempio, ogni bambina e ogni bambino ha diritto a ricevere cure mediche, a essere registrata o registrato alla nascita, a frequentare la scuola gratuitamente, a essere ascoltata o ascoltato in caso di decisioni che riguardano la sua vita.
È importante spiegare questi diritti in modo concreto. Un diritto non è solo una parola scritta sulla carta: è qualcosa che si vede nella vita di ogni giorno. Quando una scuola accoglie tutte le alunne e tutti gli alunni senza discriminazioni, sta mettendo in pratica il diritto all’educazione. Quando un adulto ascolta seriamente il parere di una bambina su una scelta che la riguarda, sta rispettando il diritto all’ascolto. I bambini e le bambine comprendono bene queste cose, se le vivono in prima persona e se qualcuno le spiega con esempi reali.
Se i diritti sono ciò che ogni persona può pretendere, i doveri sono ciò che ogni persona è chiamata a fare per rispettare gli altri e la comunità. Avere dei diritti non significa poter fare qualsiasi cosa: la libertà personale deve sempre tenere conto della libertà degli altri.
Spiegare i doveri significa educare al rispetto delle regole comuni, alla responsabilità, alla correttezza e alla collaborazione. Anche le bambine e i bambini, nella loro misura, hanno dei doveri. Hanno il dovere di rispettare gli insegnanti, i genitori e le compagne e i compagni, di prendersi cura degli oggetti comuni, di partecipare alla vita scolastica, di non fare del male agli altri, fisicamente o verbalmente.
È utile chiarire che i doveri non sono punizioni, ma strumenti per vivere bene insieme. Se tutti e tutte rispettano i propri doveri, i diritti di tutte e tutti vengono tutelati. Per esempio, il diritto di studiare in un ambiente tranquillo è garantito se ognuno rispetta il dovere di non disturbare la lezione. Il diritto di giocare al parco è protetto se si rispetta il dovere di non danneggiare i giochi o litigare.
Educare ai diritti e ai doveri non richiede lezioni frontali. Le situazioni quotidiane sono l’occasione migliore per affrontare questi temi. Quando due bambine litigano per un gioco, si può riflettere sul diritto al gioco ma anche sul dovere di condividerlo. Quando si discute su chi ha ragione, è il momento di parlare del diritto di esprimersi e del dovere di ascoltare.
A scuola, è utile creare momenti di discussione condivisa, con domande semplici e attività pratiche. Disegnare una “carta dei diritti della classe”, scrivere insieme un “patto dei doveri”, oppure raccontare storie che parlano di giustizia e ingiustizia, aiuta a interiorizzare i concetti.
Anche in famiglia si può parlare di diritti e doveri partendo dalla quotidianità. Preparare insieme la tavola, prendersi cura di un animale domestico, rispettare i turni nei giochi: sono piccoli gesti che possono diventare esempi di responsabilità. L’importante è non cadere nella contrapposizione: i doveri non devono essere presentati come un peso da sopportare in cambio dei diritti, ma come parte integrante della vita di una persona che cresce.
Conoscere i propri diritti dà forza, sicurezza e consapevolezza. Una bambina che sa di avere diritto a non essere picchiata, a essere ascoltata, a ricevere un’istruzione, saprà riconoscere un’ingiustizia e chiedere aiuto. Un bambino che conosce i suoi doveri saprà mettersi nei panni degli altri e partecipare alla costruzione di un ambiente giusto e rispettoso.
Spiegare i diritti e i doveri significa anche prevenire violenze, discriminazioni e abusi, perché si rafforza il senso critico, il rispetto di sé e la capacità di denunciare le ingiustizie. Inoltre, si promuove l’inclusione: quando una bambina o un bambino straniero viene accolto come parte del gruppo, non si fa un favore, ma si rispetta un diritto.
Educare ai diritti e ai doveri aiuta anche a comprendere meglio i valori della Costituzione italiana, come l’uguaglianza, la solidarietà e la libertà. L’articolo 3 della Costituzione afferma che tutte le cittadine e tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche o condizioni personali e sociali. Questo principio vale anche per i più piccoli.
La scuola e la famiglia, insieme, hanno un ruolo fondamentale. Le insegnanti e gli insegnanti, le madri e i padri, possono essere modelli di comportamento: se i bambini e le bambine vedono gli adulti rispettare gli altri, ascoltare, essere coerenti, imparano a fare lo stesso. Le parole servono, ma l’esempio vale di più.
La spesa settimanale è una delle voci più pesanti nel bilancio di una famiglia. Secondo i dati Istat, nel 2023 una famiglia italiana ha speso in media 477 euro al mese per generi alimentari e bevande, con differenze significative tra Nord e Sud. Con l’inflazione e l’aumento dei prezzi dei beni primari, sempre più persone cercano strategie pratiche per risparmiare senza rinunciare alla qualità.
Ecco 10 trucchi semplici ed efficaci, da applicare subito, per abbassare i costi e migliorare la gestione della spesa familiare.
La prima regola per risparmiare è evitare gli acquisti impulsivi. Pianificare i pasti della settimana permette di fare una lista precisa degli ingredienti da comprare. In questo modo si riducono gli sprechi, si ottimizza la quantità acquistata e si evita di comprare prodotti inutili o doppi.
Una lista dettagliata, preparata con calma a casa, aiuta a restare focalizzati sui prodotti necessari. Meglio scriverla per reparti (frutta e verdura, latticini, scatolame...) per essere più rapidi ed evitare di girare a vuoto tra gli scaffali. Da evitare lo smartphone se porta a distrazioni: meglio carta e penna o un'app dedicata.
Entrare al supermercato affamate o affamati porta a comprare di più, spesso cibi poco sani e più costosi. Studi di comportamento alimentare, come quello pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine, confermano che la fame altera le scelte di consumo. Meglio fare la spesa a stomaco pieno, dopo un pasto o uno spuntino.
Frutta e verdura di stagione costano meno e durano di più, perché non richiedono serre, trasporti lunghi o conservazione artificiale. Inoltre, sono più nutrienti. Le zucchine in estate, le arance in inverno, i carciofi in primavera: seguire il ritmo della natura fa bene al portafoglio e alla salute.
Il prezzo unitario (al chilo, al litro o all’etto) è l’unico parametro oggettivo per confrontare due prodotti simili. Il prezzo totale spesso è fuorviante: una confezione più grande può sembrare conveniente ma non esserlo affatto. Controllare sempre l’etichetta gialla sullo scaffale.
I prodotti a marchio del supermercato, spesso chiamati “private label”, sono fabbricati da aziende note ma venduti a un prezzo inferiore. In molti casi hanno la stessa qualità dei marchi famosi, ma costano anche il 30% in meno. Pasta, latte, legumi, biscotti: provarli può far risparmiare decine di euro al mese.
Le offerte “3x2” o i maxi formati sembrano convenienti, ma solo se si consuma tutto prima della scadenza. Altrimenti il risparmio diventa spreco. Conviene per prodotti non deperibili (come carta igienica o detersivi) o cibi che si possono congelare facilmente (pane, carne, sughi).
Molti supermercati pubblicano online i volantini delle offerte settimanali. Esistono anche app come DoveConviene o PromoQui, che permettono di confrontare i prezzi tra diversi negozi. Fare un piccolo sforzo di confronto può portare a risparmi del 20-30% su alcuni prodotti.
Cibi già pronti o porzionati (come insalate in busta, frutta tagliata, piatti surgelati) costano molto di più rispetto alle materie prime. Un’insalata lavata può costare anche il doppio di quella sfusa. Cucinare in casa partendo da ingredienti semplici è sempre più economico e spesso più sano.
Sapere quanto si spende davvero è il primo passo per capire dove si può tagliare. Tenere uno scontrino digitale o un foglio Excel, suddividendo le spese per categorie (freschi, surgelati, detersivi, extra...), permette di individuare le voci in eccesso. Molte famiglie si stupiscono nel vedere quanto spendono in snack, bibite o dolci.
Durante il bagnetto, i giochi galleggianti e colorati sono spesso tra gli oggetti preferiti di bambine e bambini. Ma proprio perché vengono immersi nell’acqua e finiscono in bocca, questi oggetti possono diventare un ricettacolo di muffe e batteri. Secondo Parents.com, ci sono metodi semplici ed efficaci per mantenerli puliti e sicuri, evitando che diventino un rischio per la salute.
Quando si sospetta la presenza di muffa nei giochi da bagno, la candeggina diluita resta una delle soluzioni più efficaci. Come spiega Jonathan Jassey, pediatra e fondatore di Concierge Pediatrics, “la candeggina uccide batteri e muffe”. La soluzione suggerita da Kristin DiNicolantonio, dell’American Cleaning Institute, prevede ¾ di tazza di candeggina in 4 litri d’acqua. Bisogna però indossare guanti, lavorare in uno spazio ben ventilato e risciacquare accuratamente i giochi dopo averli lasciati bagnati per almeno cinque minuti.
È importante usare questa tecnica solo occasionalmente. La candeggina, infatti, è un agente aggressivo, può danneggiare i materiali dei giochi ed è altamente tossica se non viene eliminata del tutto prima dell’uso.
Per una pulizia più frequente e delicata, si può usare acqua ossigenata al 3%, spruzzandola direttamente sui giochi. Come indica Taylor Riley, esperto di pulizia e padre, basta lasciarla agire per 10-15 minuti, poi risciacquare. È un'alternativa sicura alla candeggina, capace di contrastare virus, batteri e funghi.
Anche l’aceto bianco può essere utile: una tazza in un litro d’acqua calda, lasciando i giochi in ammollo per circa un’ora. L’acidità aiuta a sciogliere i residui e previene la formazione della muffa, senza essere tossica.
Il bicarbonato può invece essere usato per creare una pasta abrasiva (½ tazza con qualche cucchiaio d’acqua), da strofinare delicatamente sui giochi. È non tossico e poco irritante, ma va usato con moderazione per evitare di rovinare le superfici.
Secondo Lana Tkachenko, esperta di pulizia, i giochi rigidi possono essere messi sul ripiano superiore della lavastoviglie per un ciclo ad alta temperatura con asciugatura. Per quelli morbidi, si può usare un sacchetto da bucato e selezionare un ciclo delicato con acqua calda, lasciandoli poi asciugare completamente.
Anche la lavatrice può essere utile: mettendo i giochi in una federa ben chiusa o in un sacchetto di rete, si possono lavare a freddo con detersivo comune o igienizzante per il bucato. È essenziale lasciarli asciugare completamente prima di riporli, idealmente al sole o all’aria aperta.
Secondo Riley, la prevenzione è la strategia migliore. “Punto a pulire i giochi da bagno una volta a settimana e a sostituirli ogni tre o sei mesi”, afferma. Per evitare la crescita della muffa, è importante strizzare i giochi dopo ogni uso, farli asciugare bene e conservarli in un contenitore traspirante, come un sacchetto a rete o una mensola forata. È meglio evitare giochi con fori, o sigillarli con colla a caldo per impedire l’ingresso dell’acqua.
Quando una persona in casa è malata, è fondamentale disinfettare subito tutti i giochi da bagno. Se un gioco presenta odore sgradevole o muffa visibile che non si riesce a rimuovere, va eliminato.
Anche se rare, le conseguenze del contatto con giochi ammuffiti esistono. Il dottor Jassey spiega che la muffa può causare problemi respiratori, allergie, infezioni gastrointestinali e irritazioni agli occhi, soprattutto se il bambino la inala o la ingerisce indirettamente.
Per questo, consiglia di preferire giochi non porosi e lavabili in lavatrice, che sono più facili da tenere puliti. Tkachenko sottolinea che anche se un gioco sembra pulito, la muffa può crescere all’interno, fuori dalla vista. In caso di dubbio, meglio buttarlo.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale
Cinque bambini sono finiti in ospedale dopo un bagno in una piscina nella zona della Borghesiana, a Roma. Il più grave ha nove anni, è in terapia intensiva, e secondo fonti ospedaliere rischia danni neurologici dovuti a una possibile inalazione di cloro. Gli altri quattro – tra i 5 e gli 11 anni – sono stati ricoverati con sintomi più lievi, tra cui difficoltà respiratorie e irritazioni cutanee.
I primi accertamenti parlano di una probabile intossicazione da cloro, una sostanza largamente utilizzata per la disinfezione dell’acqua delle piscine, ma che – in presenza di dosaggi e condizioni non corrette – può provocare reazioni anche gravi.
Il cloro viene impiegato da decenni come disinfettante nelle piscine per uccidere batteri, virus e altri microrganismipotenzialmente patogeni. La sua efficacia lo rende uno standard internazionale, riconosciuto anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e da enti come l’Istituto superiore di sanità in Italia.
In genere, si usano prodotti a base di ipoclorito di sodio (forma liquida) o ipoclorito di calcio (in polvere o pastiglie). Il cloro libera acido ipocloroso nell’acqua, una sostanza attiva contro i microrganismi.
Per essere sicuro, il cloro deve però essere mantenuto entro limiti precisi. Secondo un decreto del Ministero della salute, il livello di cloro libero residuo nelle piscine aperte al pubblico deve essere tra 0,7 e 1,5 mg/litro. Valori superiori possono diventare irritanti o tossici.
In piccole quantità, il cloro può causare bruciore agli occhi, irritazione della pelle, tosse o mal di gola, specialmente nei bambini e nelle persone con asma o problemi respiratori. Ma concentrazioni elevate o una liberazione accidentale in forma gassosa possono avere effetti molto più gravi.
Il cloro, infatti, è un gas irritante per le mucose: se inalato in grandi quantità, può penetrare nei polmoni, provocando edema polmonare, difficoltà respiratorie acute, e in casi rari danni neurologici. A lungo termine, secondo l’Agenzia per le sostanze tossiche statunitense (Atsd), può causare bronchiti croniche o peggiorare quadri già compromessi.
Nel caso avvenuto a Roma, alcuni segnali (come l’acqua che "diventa gialla" e i sintomi acuti respiratori) fanno pensare a una fuoriuscita anomala o una reazione chimica in vasca, anche se saranno le indagini della procura e della Asl a confermare eventuali responsabilità tecniche.
Secondo la normativa italiana, la responsabilità primaria del controllo della qualità dell’acqua è del gestore della piscina. Deve assicurarsi che i livelli di cloro e di pH (altro parametro fondamentale) siano misurati regolarmente e restino entro i limiti stabiliti dalla legge.
Le Asl competenti hanno il compito di vigilare e fare sopralluoghi a campione, ma anche di intervenire in caso di segnalazioni o incidenti. Ogni piscina pubblica dovrebbe tenere un registro giornaliero delle misurazioni dei parametri chimici e della manutenzione.
Una gestione corretta implica: corretta dosatura automatica del cloro (attraverso centraline dedicate), monitoraggio continuo dei valori, formazione specifica del personale, manutenzione periodica dell’impianto di trattamento dell’acqua. Nel caso specifico di Roma, gli ispettori della Asl sono intervenuti già nel pomeriggio per accertare eventuali malfunzionamenti o negligenze nella gestione dell’impianto.
I bambini, soprattutto sotto i 10 anni, sono più sensibili agli agenti irritanti, compreso il cloro. Non è raro che dopo una giornata in piscina, alcune bambine o bambini presentino occhi arrossati, lieve tosse o irritazioni. In questi casi, i sintomi tendono a risolversi da soli in poco tempo.
Diverse ricerche, tra cui una pubblicata sul Journal of Pediatrics (Bernard et al., 2006), hanno evidenziato una possibile correlazione tra esposizione frequente a piscine clorate e maggiore incidenza di asma nei bambini, soprattutto se già predisposti. Ma si parla di esposizioni croniche, non di episodi acuti come quello della Borghesiana.
I segnali da non sottovalutare dopo un bagno in piscina includono:
In questi casi, è sempre bene consultare una pediatra o un pediatra, o recarsi in pronto soccorso se i sintomi sono gravi.
Il cloro resta uno strumento fondamentale per la sicurezza microbiologica delle piscine. Incidenti come quello accaduto a Roma sono rari, e non vanno interpretati come una prova della pericolosità del cloro in sé, ma come un campanello d’allarme per la gestione tecnica degli impianti.
Chi frequenta le piscine pubbliche o private può prendere alcune precauzioni minime: insegnare alle bambine e ai bambini a non bere mai l’acqua della piscina, fare la doccia prima e dopo il bagno, segnalare al personale qualsiasi odore troppo forte di cloro, che potrebbe indicare un dosaggio eccessivo, evitare piscine con acqua torbida o maleodorante.
Secondo le linee guida dell’Istituto superiore di sanità, l’odore pungente tipico delle piscine non è segno della presenza di troppo cloro, ma di clorammine, sottoprodotti della reazione del cloro con sudore e urina, segno che la vasca ha bisogno di essere trattata e ventilata meglio.
Il caso dei bambini intossicati a Roma non è quindi un motivo per evitare le piscine, ma un’occasione per ricordare che la sicurezza dell’acqua dipende da controlli accurati e continui, e che una manutenzione inadeguata può diventare pericolosa, soprattutto per i più piccoli.
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