6 ricette con il miglio per l’estate

Martedì, 19 Giugno 2018 13:39

Come utilizzare questo buonissimo cereale nelle nostre ricette estive? Naturalmente scegliendo ingredienti stagionali e piatti perlopiù freddi, in modo da gustarlo in tutta la sua freschezza e leggerezza!

6 ricette con il miglio per l’estate: come utilizzare il miglio nei nostri piatti estivi per ricette leggere e fresche

Insalata di miglio con pomodorini, cipolla rossa e fagioli

Dopo aver cotto il nostro miglio lasciamolo raffreddare, quindi prepariamo una insalata con dei pomodori ciliegino tagliati a metà, un po’ di cipolla rossa e dei fagioli borlotti. Sul fondo ci sarà il nostro miglio. Condiamo a piacere.

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Insalata di miglio con cavolo nero e ravanelli

Di nuovo con il nostro miglio cotto, prepariamo una insalata fredda tagliando delle foglie di cavolo nero e dei ravanelli e completando con semi di zucca, anacardi e una mela tagliata a dadini. Condiamo secondo il nostro gusto.

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Miglio con mandorle e zucchine

Semplicemente, cuociamo il nostro miglio secondo le indicazioni riportate sulla confezione e nel frattempo prepariamo il condimento. In una padella mettiamo a soffriggere mezza cipolla rossa tagliata fine e aggiungiamo una o due zucchine tagliate a dadini. Lasciamo cuocere e aggiungiamo anche una manciata di mandorle tritate molto grossolanamente. Una volta cotto il miglio versiamolo in padella con le verdure, condiamo con un filo di salsa di soia, saltiamo il tutto e serviamo.

Torta di mele con farina di miglio e cacao

In una ciotola mescoliamo gli ingredienti secchi: 200 grammi di farina integrale, 20 grammi di cacao amaro, 100 grammi di farina di miglio e una bustina di lievito per dolci. Mettiamo intanto a bagno 200 grammi di fiocchi di avena in un vasetto di yogurt di soia bianco. Montiamo poi 2 uova con 180 grammi di zucchero integrale di canna e aggiungiamo a filo nella stessa ciotola 60 grammi di olio di semi, un pizzico di sale, il succo di un limone bio e lo yogurt con avena. Aggiungiamo anche le farine setacciate e 160 grammi di latte di soia e mescoliamo molto bene. Tagliamo a cubetti una mela e aggiungiamola al composto, mentre un’altra la taglieremo a fette per guarnire la superficie. Versiamo il composto in una teglia per torte imburrata, guarniamo con la mela a fette e spolveriamo con un pizzico di cacao amaro. Inforniamo a 180 gradi per circa 45 minuti.

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Yogurt bowl con miglio e frutta secca

Per la mattina (ma anche a merenda!) noi adoriamo le yogurt bowl con frutta e cereali. Stavolta useremo dello yogurt bianco di soia (da versare sul fondo della ciotola), del miglio soffiato, dei cornflakes integrali e della frutta secca mista!

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Polpette di miglio curry e menta

Dopo aver cotto il vostro miglio, versatelo in una ciotola e lasciatelo raffreddare. Nel frattempo, fate soffriggere mezza cipolla rossa in padella con un filo d’olio, salando e pepando quanto basta. Togliete l’aglio e versate la cipolla nel miglio, insaporendo con un po’ di curcuma e curry e con qualche fogliolina di menta lavata e tritata. Mescolate bene e formate delle palline con le mani e rotolatele nel pangrattato. Infornatele quindi su una teglia coperta da carta forno a 180 gradi per circa 20 minuti, alzando alla fine il grill per dorarle.

Giulia Mandrino

Ci sono bambini più sensibili di altri, e questo è un dato di fatto. Ci sono bambini che sono più emotivi di altri, che sanno esprimere tutte le loro emozioni, che si lasciano prendere dalle ingiustizie, che vivono ogni momento della vita con maggiore trasporto.

Sono bambini sensibili e di certo hanno bisogno di attenzioni diverse rispetto agli altri (che, a loro volta, andranno presi e guidati in maniera differente, ad hoc). Da genitori ne siamo consapevoli e di certo già ci poniamo nei loro confronti con un riguardo particolare, cercando di seguire questa loro sensibilità. Ma cosa dobbiamo realmente offrire loro?

Sensibilità nei bimbi maschi, perché è ancora un tabù e perché dobbiamo cambiare le cose: i bambini sensibili vengono ancora etichettati, ma possiamo cambiare le cose grazie ad un ambiente sensibile in casa

Un bambino sensibile lo si riconosce per alcune particolarità. Il suo sistema nervoso è molto più consapevole di ciò che accade attorno e dentro di lui e ogni emozione è percepita in maniera molto forte. L’amore, il dolore, la sofferenza, la gioia: parliamo di tutte le emozioni, non solo quelle “negative”. E parliamo anche di tante piccole cose quotidiane che spesso acquistano maggiore importanza nella sua mente. Anche gli odori e i colori.

Un bambino sensibile si pone moltissime domande e spesso non esita a chiedere spiegazioni. Un bambino sensibile spesso preferisce giochi tranquilli ed è disturbato dalle reazioni forti, dai suoni eccessivamente alti o dai cambiamenti repentini delle situazioni.

Ma se tutto questo appare semplice e normale, c’è una questione che ancora non è così semplice e scontata. Perché un bambino sensibile quando maschio purtroppo viene ancora etichettato come femminuccia. Ai nostri figli maschi non viene data la possibilità di vivere le proprie emozioni in maniera sensibile.

La compassione, la vulnerabilità, la gentilezza e qualità come queste vengono ancora troppo spesso attribuite solo all’animo femminile e influenzano pesantemente i nostri bambini maschi che si sentono a disagio nell’esprimere le proprie emozioni. La società, in maniera più o meno sottile, li umilia, li fa sentire in difetto, li fa sentire “non abbastanza maschi”. Ed è oltraggioso.

“Gli uomini non piangono”: una frase che svela tutto il luogo comune e lo stereotipo che gira attorno ai maschi nella nostra società. Ma non è assolutamente vero, i maschi piangono, eccome se piangono. E allora perché non dovrebbero farlo alla luce del sole? E, soprattutto, perché se un uomo è più sensibile rispetto agli altri dovrebbe essere etichettato? Non dovrebbe anche lui avere il diritto di esprimersi e ascoltare le proprie emozioni proprio come tutti?

Il problema è che quando la famiglia o la società tentano di smorzare questa sensibilità nei bambini maschi, il rischio è che questi bimbi diventino da adulti persone frustrate ma soprattutto impaurite dalle proprie emozioni. E questo porta a violenza, relazioni sociali non armoniose e forzature nel nascondere la propria vera natura e personalità.

Ciò che dobbiamo quindi offrire ai nostri bambini sensibili è un ambiente sicuro nel quale venga mostrato loro che tutta la loro emotività è giusta, naturale, comprensibile e assolutamente legittima. Che è un dono, perché essere sensibili significa essere empatici, e spesso l’empatia porta a fare grandi cose.

In famiglia tutti dovrebbero supportarsi, spingendosi l’un l’altro ad essere ciò che si è, rispettando tutti e trovando le qualità in ognuno, spronando a coltivarle.

Dobbiamo poi cercare di coltivare un rapporto emozionale genitori-figli molto forte, accompagnando questo loro bisogno di legame, dando spiegazioni quando richieste, essendoci sempre per loro, mostrando a nostra volta le nostre emozioni, facendo capire che è sempre giusto seguire il loro istinto. Il gioco insieme e il contatto fisico sono certamente benefici in questo senso e contribuiscono a creare un legame strettissimo!

Anche il dialogo deve essere sempre stimolato, tra tutti, anche con i fratelli e le sorelle. Parlando aumenta sempre il rispetto tra i componenti della famiglia, ma non solo. Dialogare è il primo passo verso la comprensione delle proprie emozioni e verso la capacità di saperle affrontare ed utilizzare nella vita.

E poi ci sono tutti quegli strumenti più concreti che sono davvero efficaci. Insegnare a tenere un diario, ad esempio, oppure cercare giochi e attività che parlano di emozioni. Leggere, leggere moltissimo, insieme. Giocare di ruolo (ovvero: “Io sono Tale, tu sei Tizio…”, i classici giochi dei bambini).

Se i bambini sensibili troveranno in casa uno spazio nel quale la loro voce è ascoltata, nel quale il loro istinto è rispettato e nel quale le loro emozioni sono importanti, allora si sentiranno sicuri ad essere ciò che sono anche fuori.

Giulia Mandrino

Forse il titolo vi sembrerà criptico o incomprensibile, addirittura bislacco e inutile. Ma chiariamo cosa significhi vivere lontano dai vecchi “villaggi”. Non significa semplicemente “vivere in città”. Assolutamente no. Ciò a cui ci riferiamo sono i “villaggi” intesi come comunità di persone che si conoscono molto bene, che si vogliono bene e che soprattutto si aiutano tra loro.

Umanamente e scientificamente non siamo fatti per vivere da soli. L’uomo ha sempre cercato di costruire piccole o grandi comunità per sopravvivere. E nei paesi anglosassoni c’è un detto: “It takes a village to raise a child”. “Ci vuole un villaggio per crescere un bambino”.

Queste due cose sono in relazione profonda. Ma vediamo insieme perché e perché è pesante per una madre allontanarsi da questo “villaggio”.

Il peso di crescere i nostri bambini lontano dai vecchi “villaggi”: se “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”, che fare quando questo villaggio ormai non c’è più?

Come accennato, il fatto che l’uomo sia fatto per vivere in comunità e che per crescere un bambino ci voglia “un villaggio” sono in stretta correlazione. Il “villaggio” nel modo di dire si riferisce infatti alla cerchia di persone adulte che circondano una madre e un padre, che li aiutano, che li sostengono, che crescono insieme a loro i loro figli attraverso l’aiuto, la relazione e l’esempio.

È naturale affidarsi a questo villaggio e sarebbe ancora più naturale oggigiorno, momento storico nel quale una madre non sta più solo tendenzialmente a casa con i figli ma lavora, si muove, ha del tempo per sé. Eppure, invece, questi “villaggi” sembrano stare sempre più sparendo, non tanto per il fatto di vivere in città ma in generale per il cambiamento delle relazioni umane.

Tuttavia questo si ripercuote moltissimo sulle madri e sui padri, che non hanno più il supporto e l’aiuto che avevano prima. E anche sui bambini, che vengono privati dell’ambiente più naturale possibile nel quale possono crescere, e cioè circondati da adulti responsabili che li hanno a cuore, che li proteggono, che li aiutano e che quasi al pari dei genitori ci sono per lui. Nonni, amici, zii, vicini di casa… Solo che le relazioni si stanno facendo sempre più individualiste, anche a livello familiare.

Quali sono le conseguenze di questa assenza del villaggio? Non sono solo la sensazione di solitudine e abbandono a pervaderci. La prima conseguenza è innanzitutto la responsabilità che i genitori sentono sulle spalle, la pressione costante che non viene alleviata da qualcun altro che se la prende per un attimo.

Non abbiamo più il tempo necessario per fare tutto, e questo crea stress che crea conflitti che crea disturbo della pace familiare. Anche la sensazione di non-sicurezza che attornia i nostri bambini è una conseguenza: se sapessimo che attorno c’è comunque qualcuno di fidato, non saremmo così ansiosi.

Anche il gioco libero, così, ne risente, perché, in città o in paese, in aree urbane o in campagna, i nostri figli non sono più spinti a giocare all’aperto.

Tutto questo poi si ripercuote sulla coppia (lo stress, non avere tempo, gli attriti sul come crescere i figli che non vengono alleviati e smussati da altri punti di vista preziosi).

E un’altra insidia sono i sensi di colpa, che assalgono i genitori più spesso quando attorno non c’è questa rete. Perché non avere questa rete significa avere poco tempo pur cercando di dare il meglio ai propri figli, rischiando però di passare poco tempo di qualità insieme a loro oppure al contrario rischiando di togliere tempo per se stessi (che è comunque molto importante per il benessere personale e familiare).

Ecco perché è giusto che ricominciamo a supportarci a vicenda, partendo dalla nostra rete familiare e amicale ma espandendoci anche ai nostri amici a loro volta genitori oppure alle reti comunitarie che più ci danno fiducia, come l’oratorio, le comunità di mamme, i gruppi di supporto, i gruppi sportivi…

In ogni caso dobbiamo ricordarci che non siamo sbagliati, ma solo sopraffatti. Siamo forti, sempre, e anche se il villaggio non c’è siamo genitori fortissimi che vogliono il meglio per i propri figli.

Giulia Mandrino

Attività rilassanti per il dopo scuola

Lunedì, 18 Giugno 2018 13:56

Non esistono solo la calming jar o la calming box per rilassare i bambini dopo una giornata stressante o nei momenti particolarmente agitati. A noi piace trovare sempre nuove attività rilassanti da poter eseguire insieme nel doposcuola, per divertirsi, concentrarsi e calmarsi allo stesso tempo.

Le nostre preferite? Ve le sveliamo subito!

Attività rilassanti per il dopo scuola: come giocare nei momenti di stanchezza o di stress per calmare i nervi, divertirsi e imparare

I giochi con i colori

I giochi di corrispondenza dei colori (soprattutto per i più piccoli, quindi dopo la scuola materna) sono molto rilassanti e concentranti e ai bambini piacciono solitamente molto. Senza comprare nulla possiamo realizzare a casa con dei fogli e dei pennarelli (oppure con dei cartoncini colorati) un nuovo gioco di volta in volta, proprio come questo:

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https://www.instagram.com/p/BgoiVQUH0AZ/

Fare yoga insieme

Lo yoga non è solo per adulti, ma anche per bambini, e come per noi adulti è un’attività non solo sportiva ma soprattutto rilassante. Troviamo quindi libri che ci spieghino come svolgere un po’ di questa pratica insieme ai nostri bimbi (come questo) oppure cerchiamo tavole simpatiche che coinvolgano i più piccoli, come questa:

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https://it.pinterest.com/pin/451556300130524443/

Fare in casa gli slime

Se vanno così di moda tra i bambini un motivo c’è: effettivamente gli slime sono super rilassanti e interessanti da toccare (e quindi anche parecchio sensoriali!). Se ne avete, lasciate che i bambini ci giochino, allenando le loro manine alla presa fine (utilissima per la scrittura) e rilasciando tutto lo stress che hanno dentro! E se non ne avete? Possiamo farli in casa.

Leggere insieme

Leggere è sempre una buona idea, quindi se i bambini amano farlo non precludetegli questa attività pensando “Ma sono stati tutto il giorno sui libri!”. Leggere per piacere è un dono che gli fate. E poi lo si può fare insieme!

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L’albero musicale steineriano

Per i bambini a partire dai 3 anni c’è questo strumento steineriano che è un concentrato di rilassamento, divertimento e sensorialità. Si tratta dell’albero musicale, da toccare, ammirare e usare come più si è stimolati in quel momento.

La bottiglia “Io spio!”

Nei paesi anglosassoni c’è questo gioco, “I spy”, cioè “Io spio”. Solitamente prima di partire per un viaggio si stila insieme una lista di cose da scovare lungo la strada (un sasso di una particolare forma, un cane, un fiore…). Chi poi ne spunta di più vince! Possiamo quindi realizzare in casa il nostro gioco “Io spio”, con una bottiglia piena di riso che nasconde un sacco di sorprese. Ogni sorpresa sarà un piccolo oggetto presente nella lista “Io spio” preparata in precedenza e i bimbi dovranno girare e scrutare la loro bottiglia (molto rilassante!) trovando quanti più elementi possibile.

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http://onetimethrough.com/how-to-make-a-peace-themed-i-spy-discovery-bottle/

Uscire per una passeggiata

Se vicino a casa abbiamo un po’ di verde è l’ideale: mettiamo un paio di scarpe comode e usciamo insieme, passeggiando senza fretta e senza pensieri ma godendoci insieme ai bambini l’aria e la natura!

Usare la balance board

Se già avete in casa una balance board sapete che è fantastica: i bambini trovano sempre una nuova funzionalità per questa panca che li aiuta a stimolare l’equilibrio. E anche solo giocando a trovare questo equilibrio i bambini si divertono, si distraggono, si rilassano e stimolano la propria percezione corporea. Un gioco davvero completo!

Cucinare insieme!

Eh sì, cucinare insieme, mettendo le mani in pasta, sporcandosi, toccando tutto, misurando, assaggiando!

Giulia Mandrino

Ogni volta che nostro figlio tornerà a casa da scuola o dal parco in lacrime per qualcosa successa con i suoi amici o compagni le emozioni che ci assaliranno saranno moltissime. Perché tutti abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita la tristezza che un rifiuto da parte degli altri o una derisione portano con sé.

E ci sentiamo inutili. E abbiamo paura a dire qualunque cosa perché qualunque cosa potrebbe far scattare una reazione opposta rispetto a quella a cui puntiamo. Come fare allora? Come rispondere?

Come rispondere alla tristezza dei bimbi che si sentono rifiutati dagli amici: le parole giuste per comunicare con i bimbi che si sentono frustrati, derisi e tristi

Potrebbe essere un rifiuto a giocare (“No, non puoi più giocare con noi!”), l’essere diventati obiettivo dei bulletti della scuola, il sentirsi esclusi in classe. Potrebbe essere qualcosa di piccolo che tuttavia scatena sentimenti fortissimi oppure qualcosa di molto più grave. Ma in ogni caso capita quasi sempre che un bambino nella propria vita sperimenti la sensazione del rifiuto da parte degli altri.

Quando accade noi genitori ci sentiamo quasi inutili, perché da una parte vorremmo risolvere noi la situazione, coccolarli fino a che dimenticano tutto oppure prendere in mano le cose e cercare di trovare una soluzione definitiva, ma dall’altre sappiamo anche che non è giusto negare ai bambini la possibilità di far fronte alle cose da soli, sperimentando la propria forza.

A volte, quindi, sarebbe giusto trattenere il “va tutto bene” che ci sale in gola. Perché noi e loro sappiamo che non va tutto bene, che sono solo parole di circostanza.

Detto questo non è nemmeno giusto non dire nulla. Che fare, quindi? Al posto del “va tutto bene” è importante trovare parole che accompagnino il bambino nella comprensione del suo sentimento. Che ci accompagnino, quindi, verso un benefico dialogo, che spesso, come vi suggeriamo sempre, è una soluzione. E anche se non è la soluzione definitiva fa davvero molto bene ed è un preambolo verso la risoluzione dei problemi a livello profondo. Perché prima di tutto è necessario capire le proprie emozioni e capire dove vogliamo andare.

I bambini piangono oppure si chiudono in loro stessi. In entrambi i casi si tratta di una richiesta di aiuto attraverso il linguaggio che conoscono. Stanno comunicando a noi genitori che qualcosa non va, e finché sentiranno queste emozioni si comporteranno in questa maniera. Proviamo quindi a guidarli noi verso l’esternazione.


Possiamo partire con una semplice descrizione dell’accaduto. Se non ci hanno ancora detto cos’è successo proviamo a domandarlo. Magari non lo diranno subito ma è improbabile che si tengano tutto dentro per molto tempo. Dopo aver capito la situazione, quindi, descriviamola. Ad esempio: “Si sono comportati molto male nei tuoi confronti/So che ci tenevi a giocare con loro. E so che ti senti molto triste/male/arrabbiato per questo”.

In questo modo li aiuteremo in una prima fase di riconoscimento della situazione e dei sentimenti. Dopodiché passiamo semplicemente all’ASCOLTO. Perché il nostro ascolto è ciò di cui hanno bisogno in questo momento. Non del nostro “Va tutto bene”, perché, come dicevamo, non va tutto bene e nella vita non ci saremo sempre noi a calmarli, a risolvere la situazione e a dire che va tutto bene quando chiaramente qualcosa non va.

Nel momento in cui si apriranno e parleranno con noi gli staremo dando uno strumento perfetto per il momento ma essenziale anche nella vita: la capacità di risolvere i problemi da soli, di ascoltarsi per capire come muoversi, di capire quali siano i fatti che non vanno e quale sia la direzione che invece dovrebbero prendere.

Attraverso le parole i bambini potranno dare un filo logico ai loro pensieri ingarbugliati, e attraverso la nostra guida (certo che possiamo guidarli!) potranno trovare la loro forza e qualche atto da compiere per giungere alla soluzione. Insomma: proviamo a spronarli a cercare il “cosa fare, allora?” e a trovare dentro di sé la forza unica e personale che hanno, il loro punto di forza.

Fidiamoci di loro, lasciamoli fare, sosteniamoli senza spingerli troppo, lasciando che provino a cavarsela con le loro gambe. È difficilissimo, lo sappiamo, ma necessario, perché sono proprio questi terribili momenti a costruire il loro essere e a dargli gli strumenti più importanti per affrontare la vita con serenità.

Giulia Mandrino

Fare giocare i bambini con ogni situazione atmosferica è importantissimo, oltre che divertente. Noi lo diciamo sempre: dovremmo mettere da parte i nostri timori e uscire con pioggia, neve o sole! Perché non è vero che il freddo fa ammalare. Basta coprirsi bene e il freddo diventa un alleato prezioso del sistema immunitario. E i bambini solo così svilupperanno un legame vero e profondo con la natura, che diventerà così uno sfogo dalla vita quotidiana per tutta la vita.

A darci man forte è un libro appena uscito ed edito da Babalibri. Si intitola "Il temporale" e tutti i bambini dovrebbero averlo nella loro libreria!

"Il temporale", un libro per amare la pioggia: da Babalibri la lettura per insegnare ai bambini ad amare il gioco libero anche quando fuori imperversa un temporale

"Il temporale", scritto da Frédéric Stehr, è un libro bellissimo che possiamo leggere ai nostri bambini fin da piccolissimi. I disegni solo bellissimi, grandi e colorati (ma dai colori stupendi, non sparati!), e con poche parole trasmette un messaggio meraviglioso e importante: che il gioco all'aperto è sempre, sempre, sempre una buona idea!

I protagonisti sono un gruppo di animaletti che insieme alla loro maestra si trovano chiusi in classe in un giorno di pioggia. La maestra ha una bellissima idea: perché non provare tutti insieme a danzare?

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Scarpette sui piedi, tutti, dopo la prima coraggiosa bimba che si mette a ballare (anche se tra le risate degli altri, ancora vergognosi), si impegnano, tutti provano ad esibirsi davanti agli altri. E già qui, pur non essendo il messaggio principale, ciò che i bambini imparano è la bellezza delle differenze: non solo tutti i piccoli uccellini sono diversi tra loro ma ognuno propone la sua idea di ballo con gli altri che lo guardano. Ma Paloma, la piccola protagonista che per prima con il suo tutù si è esibita di fronte ai compagni, è sparita. Dopo le risate è uscita triste triste dall'aula e non la si trova più.

Fuori, intanto, continua a imperversare il temporale. Già, Paloma è proprio là fuori! Che balla scatenata sotto la pioggia! "Non c'è niente di meglio della pioggia per calmare gli animi", pensa la maestra. E anche i bambini si rendono conto della bellezza dell'idea di Paloma!

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Mettono da parte la diffidenza iniziale, si uniscono alla compagna prima derisa e si divertono tutti insieme sotto la pioggia.

Una storia semplicissima, dunque, che si dipana lungo le pagine colorate del libro con pochi dialoghi e molto movimento. Ai bambini piace moltissimo: imparano a memoria i dialoghi letti da noi (e sarà utile per imparare a leggere!), interpretano le emozioni dei paperotti e si immedesimano in loro. Perché lo sanno che pozzanghere e pioggia sono sempre divertentissime! E questo libro li sprona a non darsi mai limiti quando si tratta di gioco libero.

Sara Polotti

Lo stress, la convalescenza, gli antibiotici… Moltissimi sono i motivi per i quali il nostro intestino fa i capricci! E tra le cause più diffuse e frequenti c’è sicuramente il cambiamento d’ambiente. Ecco perché non appena mettiamo piede in hotel o nell’appartamento che ci ospiterà durante le vacanze la pancia (nostra e dei nostri bambini!) comincia a dare problemi.

Il fastidio più frequente è certamente la diarrea, che se ci colpisce in vacanza rischia di compromettere tutti i giorni di relax che ci attendono… Ma a volte basta davvero pochissimo. Basta rispondere con ciò che il nostro intestino ci chiede, e cioè con quegli elementi che favoriscono la flora intestinale buona, i fermenti probiotici!

Proteggi l’intestino per proteggere le vacanze: prevenire gli spiacevoli disguidi intestinali con i fermenti probiotici

Vi avevamo già parlato della differenza tra probiotici, prebiotici, simbiotici e fermenti lattici.

L’importanza dei probiotici per la salute dell’intestino è vitale: i probiotici sono sostanze non digeribili dall’intestino che aiutano la crescita e la proliferazione dei batteri all’interno del colon. Questi contribuiscono a sviluppare la microflora batterica.

Attraverso una dieta equilibrata e sana (ricca di verdura) questi probiotici possono essere già acquisiti, ma in certi momenti della nostra vita (come dicevamo quando cambiamo ambiente o alimentazione, quando siamo in convalescenza, quando siamo reduci da antibiotico o quando mangiamo male) scarseggiano.

Ecco quindi che gli integratori di probiotici ci vengono in aiuto, sopportandoci e aiutandoci a fare incetta di queste sostanze fondamentali per il nostro benessere. Soprattutto prima delle vacanze, è quindi utile pensare ad un integratore specifico. Tra quelli qualitativamente migliori, ci sentiamo di consigliarviBrefovil 10 flaconcini di Sakura Italia, che è perfetto anche per gli intolleranti al lattosio (essendone privo, a differenza di molti altri integratori di fermenti lattici o probiotici che invece ne contengono).

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La confezione contiene dieci flaconcini (al gusto di lampone, amatissimi dai bambini! Ve lo possiamo assicurare), quantità ottimale per prepararsi alle vacanze nei giorni precedenti: ne basta uno al giorno per supportare la flora batterica intestinale che potrà così arrivare al mare o in montagna forte e protetta! Utilizzandolo poi durante il viaggio ci assicuriamo un periodo di svago e relax senza doverci preoccupare dei classici disturbi intestinali. Il nostro intestino ci ringrazierà!

Brefovil, poi, contiene non solo i fermenti probiotici Lactobacillus rhamnosus SP1-DSM 21690 (3 miliardi!), ma anche lo zinco e la vitamina D3. Questo sale minerale e questa vitamina rendono Brefovil ancora più utile, perché contribuiscono al mantenimento ottimale della normale funzione del sistema immunitario, che ne esce così rafforzato (e rischiamo meno malanni in vacanza!).

Iniziamo a pensare ai probiotici, dunque, non solo nei casi in cui sono strettamente necessari (e cioè durante i trattamenti con antibiotici, durante un periodo di alimentazione sregolata o in caso di colite, diarrea o gonfiore), ma anche per prepararci alle vacanze o ai periodi particolarmente stressanti!

Giulia Mandrino

Quale sport scegliere in base all’età

Venerdì, 15 Giugno 2018 08:55

L’estate è fatta per svagarsi, ma è indubbio che le nostre testoline cominciano già a frullare pensando all’inizio del nuovo anno scolastico. Che spesso coincide anche con l’inizio dell’anno sportivo, ovvero i nostri bambini cominceranno o continueranno la loro attività sportiva in concomitanza con l’inizio della scuola.

Che siano alla materna, alle elementari o alle medie, noi genitori iniziamo a pensare quale sia lo sport giusto per loro. E spesso ci concentriamo su preferenze in base al gusto, più che all’effettiva necessità. Con questo vogliamo dire che ci sono sport più o meno adatti in base all’età. Ecco quindi una semplice guida per capire meglio quale sport scegliere per i nostri bambini.

Quale sport scegliere in base all’età: al rientro dalle vacanze i nostri bambini cominceranno anche le attività sportive, da scegliere in base alla crescita

Innanzitutto, dobbiamo essere consapevoli di una cosa: l’attività fisica è sempre importantissima, anche dai primi anni di età. La Società Italiana di Pediatria ha anche stilato una utilissima infografica, la Piramide dello Sport, che ci mostra benissimo la quantità di attività che i nostri bambini dovrebbero svolgere quotidianamente e settimanalmente.

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Detto questo, quali sono gli sport più adatti in base all’età dei nostri bambini?

Prima di concentrarci sui singoli sport è bene sapere che c’è un’età giusta per le attività individuali e una giusta per gli sport di squadra. In altre parole: nei primi anni di età i bambini dovrebbero concentrarsi su attività individuali, come ad esempio il nuoto o dell’atletica leggera pensata apposta per i più piccoli. Questo perché nei primi anni di vita (diciamo fino ai 5 anni di età) lo sport dovrebbe essere incentrato sulla conoscenza e coscienza del proprio corpo in relazione allo spazio. Fare attività fisica da piccolissimi (in età prescolare) dovrebbe essere quindi uno strumento in più per stimolare equilibrio, capacità motorie, percezione del corpo nello spazio e propriocezione.

Una volta raggiunta l’età scolare, quindi, possiamo cercare sport di squadra per bambini. A questa età, infatti, non serve più solo stimolare la percezione fisica ma è bene anche cominciare a spingere il bambino alla collettività, attraverso uno sport che coniughi divertimento, impegno fisico e spirito di squadra (che servirà per tutta la vita, anche sul lavoro). Prima dell’età scolare i bambini ancora non comprendono il concetto di “lavorare tutti insieme per raggiungere un risultato” e quindi spingerli in questo senso sarebbe un po’ controproducente.

Per quanto riguarda i singoli sport, quindi, possiamo stilare una lista dei più adatti in base all’età (naturalmente è un consiglio e non un obbligo).

Età prescolare

Il nuoto è certamente una scelta ottima, poiché (non è solo un luogo comune ma una verità!) è davvero molto completo e poiché l’acqua è un ambiente nel quale i bambini si trovano assolutamente a loro agio.

Anche l’atletica leggera, come dicevamo, è efficace, perché il bambino si concentra moltissimo sul suo corpo e sulla coordinazione. Esistono corsi per i più piccoli per spingerli a provare la marcia, i salti, i lancia o la corsa.

Anche la semplice ginnastica (così come lo yoga per i bambini) è consigliatissima, perché coinvolge il corpo nella sua interessa e può aiutare il bambino a concentrarsi su ogni parte del corpo stimolando la percezione fisica e la coordinazione neuromotoria.

Dai 6 e 7 anni

Ora si possono cominciare gli sport di squadra e le attività collettive. Il calcio va per la maggiore ed effettivamente le scuole calcio per i bambini ormai sono molto qualificate.

Ci sono poi la pallavolo, il basket, il rugby…

Per quanto riguarda gli sport individuali i bambini possono ora cominciare ad impegnarsi in attività più precise e impegnative, come ad esempio lo sci (che si può iniziare fin da piccolissimi), il ciclismo, le arti marziali, la ginnastica artistica, la danza, lo skateboard (come sappiamo, uno sport forse poco considerato ma importantissimo)…

Dai 9 anni

Qui ci si può specializzare ancora di più lasciando che i bambini provino sport ancora più specializzati come ad esempio il tennis, la scherma, il tiro con l’arco…

In ogni caso è bene seguire sempre la propensione, la capacità e la voglia del bambino. E nel caso di sport impegnativi per la schiena (come danza e ginnastica artistica) è buona cosa seguire almeno una volta alla settimana un altro sport che aiuti a ridistribuire l’impegno su tutto il corpo, come ad esempio il nuoto.

Non solo: tenendo sempre a mente la piramide dello sport, è utile spronare sempre i bambini e abituarli a fare attività fisica quotidiana, non solo attraverso lo sport più puro ma anche scegliendo tutti insieme uno stile di vita sano e attivo. Si può andare a scuola in bicicletta o a piedi lasciando a casa la macchina (e fa benissimo anche all’ambiente!), prendersi i weekend per fare passeggiate in famiglia, aiutare con i lavori domestici (come sappiamo un’attività fondamentale!), giocare liberamente in spazi aperti…

Giulia Mandrino

“Il matrimonio è la tomba dell’amore”: una frase che fa già venire l’orticaria. Per non parlare dei luoghi comuni che saltano fuori nel 90% delle conversazioni quando si ha un figlio (soprattutto nel caso del primo): “Vedrete, non avrete più tempo per voi come coppia”. “Il romanticismo? Sarà un ricordo lontano”. “Fate sesso adesso perché poi vedrete…”.

Ma è davvero così? No, se si prendono le cose con il giusto impegno. Se si decide come coppia che non è giusto lasciarsi indietro. Se ci si capisce e si è in sintonia abbastanza per non ascoltare questi stereotipi.

No, il matrimonio con figli non è la tomba dell’amore: basta fare più attenzione a ciò che ci sta attorno per capire che il romanticismo è ancora più grande quando arrivano dei figli

Gli stereotipi sono sempre pericolosi (e, secondo noi, ormai noiosi: non è ora di cambiare vento?). I più comuni riguardano il matrimonio, visto, anche nelle più squallide battute, come la tomba del sesso e dell’amore. Per non parlare di quando arrivano figli: lì le battutacce si sprecano. Ma è proprio vero tutto ciò che vogliono farci credere?

No, non è così. Ma è facile cadere nel tranello, perché, certo, è vero che la vita viene stravolta, che i tempi cambiano e che le priorità trovano un nuovo equilibrio. Ma in questo equilibrio il romanticismo c’è e l’amore si è moltiplicato. Basta prestare un briciolo in più di attenzione. Perché sarà in cose nuove che troveremo questo amore e questo romanticismo.

Lo troveremo ogni mattina nella quale ci svegliamo in una casa silenziosa, con i bimbi che dormono e il nostro compagno al nostro fianco, stretti in una coccola tranquilla che ci godremo ancora di più rispetto a prima.

Lo troveremo alla sera, anche solo per cinque minuti perché poi crolleremo, con i bambini a nanna e il letto (magari solo per un attimo!) tutto per noi.

E sarà anche in tutte le piccole cose: negli sguardi e nei baci rubati durante il giorno, nei messaggini. Ma soprattutto sarà in quelle cose che ci saremmo persi se non avessimo avuto figli, come la cura del nostro partner nei confronti dei bambini, quando magari non sa che stiamo guardando, o nell’ammirazione reciproca nel vedersi in questo nuovo ruolo, diverso da tutti quelli che abbiamo interpretato nella nostra vita.

Il romanticismo, insomma, non muore. Basta saperlo e basta volerlo. Basta cercare di ricordarsi sempre che si è una coppia oltre che genitori.

E se il timore è quello che l’amore non basterà per tutti, che i bambini si prenderanno un po’ di quello che prima era solo per il loro papà o per la loro mamma, non avete idea di come si moltiplicherà questo amore, diventando abbastanza per tutti. Perché è proprio da questo amore che una coppia fa nascere (nella pancia o nella mente!) un nuovo bambino.

Questo amore che sa trasformare una famiglia di due persone in un nucleo molto più grande è capace di espandersi, ed è così che lo dimostra. Diamogli fiducia, innanzitutto, ma cerchiamo anche di vederlo, cercarlo ogni giorno nelle piccole cose, scovarlo nei momenti più strani!

Giulia Mandrino

Bimbe che giocano con le Barbie, bambini impegnati al gioco del meccanico: siamo abituati a questo, non è vero? Le pubblicità e le confezioni di giocattoli parlano chiaro: ci sono giochi per femmine e giochi per maschi. Ma perché le nostre bambine non dovrebbero trovarsi a proprio agio a costruire con i mattoncini e i nostri bimbi provare a inseguire il loro sogno di diventare cuochi con la loro cucina giocattolo?

“Let’s toys be toys” lo sa bene: nel gioco non esiste genere. Ma la nostra società ancora lo concepisce per compartimenti stagni. Grazie ad una campagna, però, questo potrebbe cambiare.

Let’s toys be toys, per promuovere l’uguaglianza di genere attraverso i giocattoli: il gioco è fondamentale per crescere e per questo non dovrebbe avere genere

La nostra società è ancora convinta di una cosa: se una bambina preferisce mettere i pantaloni e giocare con le Lego viene etichettata come maschiaccio, e se un bambino si diverte a preparare torte con la sua cucina in miniatura è per forza gay o effemminato. Ma siamo sicuri sia così? Nel nostro piccolo, quando eravamo bambini non c’era un gioco etichettato come maschile o femminile che ci piaceva nonostante tutto?

I giocattoli, dopotutto, servono solo ad una cosa: a crescere. A imparare. A provare. A far correre l’immaginazione. Perché quindi i bambini non dovrebbero sentirsi liberi di giocare con quello che gli pare e piace a prescindere dai pregiudizi?

Qualcuno finalmente e fortunatamente se ne è accorto: “Let’s toys be toys” è una realtà che cerca di promuovere tra le società produttrici di giocattoli, tra i rivenditori e tra i pubblicitari una nuova idea di giocattoli, per giungere ad un punto nel quale i giocattoli (e i libri per bambini) non siano più etichettati per genere, ma semplicemente descritti per il divertimento che portano e per lo stimolo che danno ai nostri bimbi.

“Let’s toys be toys” è nata grazie ad un gruppo di genitori del sito “mumsnet” che, frustrati dal vedersi sempre propinare pubblicità estremamente improntate sul genere specifico dei giocattoli, hanno deciso di creare una campagna marketing per cercare di abbattere gli stereotipi. Partendo dalla radice. Perché certo che possiamo dare ai nostri bambini i giocattoli che preferiscono, ma il problema societario parte dal marketing che sta a monte.

Attraverso una raccolta firme su change.org l’associazione sta riuscendo a portare il suo messaggio ai produttori e ai rivenditori di giocattoli, e finora sono già molte le aziende che hanno aderito, da The Entarteiner a Boots fino a Debenhams, che nei loro negozi hanno eliminato le sezioni “Maschi” e “Femmine”. Anche John Lewis ha rimosso dai suoi cataloghi e dal suo sito la sezione boy e girl relativa ai “suggerimenti per i regali”: in effetti chi lo dice che una bambina vuole proprio una bombola al posto del Meccano o che un bimbo preferisce le macchinine al posto dei glitter per i lavoretti o dell’aspirapolvere giocattolo?

Tutto questo ha l’obiettivo di rendere l’industria dei giocattoli più inclusiva. Se i bambini non vedono etichettati i loro giocattoli ci giocheranno più volentieri, divertendosi senza sentirsi a disagio.

La strada è ancora lunga, certo: da una loro ricerca del 2017 è emerso che gli stereotipi sono ancora super presenti nei cataloghi di giocattoli, con i bambini rappresentati di più a giocare con le macchinine e le bambine a giocare con le bambole. Il 97% dei bambini intenti a giocare con le pistole giocattolo erano maschi, le bambine erano quasi sempre rappresentate con giochi “domestici” come la cucina o il prendersi cura di una bambola.

Anche nel caso di giocattoli ormai considerati per tutti: quasi solo le bimbe sono fotografate con strumenti artistici e quasi solo i maschietti con le costruzioni.

Ma i genitori di “Let’s toys be toys” non hanno preso in considerazione solo i cataloghi: nel 2015 hanno studiato le pubblicità in tv (trovando un netto contrasto tra i modi nei quali i giochi “per maschi” e “per femmine” vengono rappresentati, così come quello tra i linguaggi); nel 2014 hanno osservato i siti web di giocattoli, notando che la distinzione tra “maschi” e “femmine” è ancora molto presente (sebbene in misura minore rispetto al 2014).

Cosa possiamo fare se ci piace questo loro impegno? In primo luogo cercare di sensibilizzare a nostra volta chi troviamo sul nostro cammino. Iniziamo parlandone con i commercianti di giocattoli della nostra città: magari nemmeno loro si rendono conto della cosa!

Possiamo poi firmare le loro petizioni. Ce ne sono una relativa ai giocattoli e una dedicata ai libri per bambini.

Infine, possiamo donare qualcosa per la loro causa, dal momento che il lavoro è svolto esclusivamente da volontari. Basta andare sulla pagina dedicata e donare anche solo una piccola quota!

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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