Come rispondere alla tristezza dei bimbi che si sentono rifiutati dagli amici

Ogni volta che nostro figlio tornerà a casa da scuola o dal parco in lacrime per qualcosa successa con i suoi amici o compagni le emozioni che ci assaliranno saranno moltissime. Perché tutti abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita la tristezza che un rifiuto da parte degli altri o una derisione portano con sé.

E ci sentiamo inutili. E abbiamo paura a dire qualunque cosa perché qualunque cosa potrebbe far scattare una reazione opposta rispetto a quella a cui puntiamo. Come fare allora? Come rispondere?

Come rispondere alla tristezza dei bimbi che si sentono rifiutati dagli amici: le parole giuste per comunicare con i bimbi che si sentono frustrati, derisi e tristi

Potrebbe essere un rifiuto a giocare (“No, non puoi più giocare con noi!”), l’essere diventati obiettivo dei bulletti della scuola, il sentirsi esclusi in classe. Potrebbe essere qualcosa di piccolo che tuttavia scatena sentimenti fortissimi oppure qualcosa di molto più grave. Ma in ogni caso capita quasi sempre che un bambino nella propria vita sperimenti la sensazione del rifiuto da parte degli altri.

Quando accade noi genitori ci sentiamo quasi inutili, perché da una parte vorremmo risolvere noi la situazione, coccolarli fino a che dimenticano tutto oppure prendere in mano le cose e cercare di trovare una soluzione definitiva, ma dall’altre sappiamo anche che non è giusto negare ai bambini la possibilità di far fronte alle cose da soli, sperimentando la propria forza.

A volte, quindi, sarebbe giusto trattenere il “va tutto bene” che ci sale in gola. Perché noi e loro sappiamo che non va tutto bene, che sono solo parole di circostanza.

Detto questo non è nemmeno giusto non dire nulla. Che fare, quindi? Al posto del “va tutto bene” è importante trovare parole che accompagnino il bambino nella comprensione del suo sentimento. Che ci accompagnino, quindi, verso un benefico dialogo, che spesso, come vi suggeriamo sempre, è una soluzione. E anche se non è la soluzione definitiva fa davvero molto bene ed è un preambolo verso la risoluzione dei problemi a livello profondo. Perché prima di tutto è necessario capire le proprie emozioni e capire dove vogliamo andare.

I bambini piangono oppure si chiudono in loro stessi. In entrambi i casi si tratta di una richiesta di aiuto attraverso il linguaggio che conoscono. Stanno comunicando a noi genitori che qualcosa non va, e finché sentiranno queste emozioni si comporteranno in questa maniera. Proviamo quindi a guidarli noi verso l’esternazione.


Possiamo partire con una semplice descrizione dell’accaduto. Se non ci hanno ancora detto cos’è successo proviamo a domandarlo. Magari non lo diranno subito ma è improbabile che si tengano tutto dentro per molto tempo. Dopo aver capito la situazione, quindi, descriviamola. Ad esempio: “Si sono comportati molto male nei tuoi confronti/So che ci tenevi a giocare con loro. E so che ti senti molto triste/male/arrabbiato per questo”.

In questo modo li aiuteremo in una prima fase di riconoscimento della situazione e dei sentimenti. Dopodiché passiamo semplicemente all’ASCOLTO. Perché il nostro ascolto è ciò di cui hanno bisogno in questo momento. Non del nostro “Va tutto bene”, perché, come dicevamo, non va tutto bene e nella vita non ci saremo sempre noi a calmarli, a risolvere la situazione e a dire che va tutto bene quando chiaramente qualcosa non va.

Nel momento in cui si apriranno e parleranno con noi gli staremo dando uno strumento perfetto per il momento ma essenziale anche nella vita: la capacità di risolvere i problemi da soli, di ascoltarsi per capire come muoversi, di capire quali siano i fatti che non vanno e quale sia la direzione che invece dovrebbero prendere.

Attraverso le parole i bambini potranno dare un filo logico ai loro pensieri ingarbugliati, e attraverso la nostra guida (certo che possiamo guidarli!) potranno trovare la loro forza e qualche atto da compiere per giungere alla soluzione. Insomma: proviamo a spronarli a cercare il “cosa fare, allora?” e a trovare dentro di sé la forza unica e personale che hanno, il loro punto di forza.

Fidiamoci di loro, lasciamoli fare, sosteniamoli senza spingerli troppo, lasciando che provino a cavarsela con le loro gambe. È difficilissimo, lo sappiamo, ma necessario, perché sono proprio questi terribili momenti a costruire il loro essere e a dargli gli strumenti più importanti per affrontare la vita con serenità.

Giulia Mandrino

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