Un argomento che no è per niente frivolo, una scelta che cambia completamente rispetto a prima della gravidanza! Il reggiseno, che già normalmente è un indumento fondamentale per il nostro benessere e che deve essere scelto con cura, diviene durante l'allattamento ancora più fondamentale. Ma come sceglierlo, vi chiederete.

Innanzitutto non fatevi ingannare: non tutti i reggiseni catalogati come "da allattamento" fanno bene al nostro seno!

Ecco la nostra guida per scegliere il reggiseno perfetto per l'allattamento: i modelli, la comodità e gli accessori del capo intimo più importante per le neomamme

Solitamente questo acquisto lo si fa subito, ancora prima del parto, quando inizia lo shopping dedicato all'arrivo del bambino. E spessissimo tante mamme comprano subito i reggiseni da allattamento tipicamente caratterizzati dalla presenza della finestrella apribile sulle coppe.

Be', meglio ragionarci un attimo, perché non è tutto oro quel che luccica, e troppe volte questi reggipetti sono responsabili dell'ostruzione dei dotti. Già, la finestrella è responsabile di tutto ciò: la stoffa che avvolge il seno della donna lascia segni abbastanza profondi (ma anche lievi) che influenzano il passaggio del latte, spesso non consentendolo e causando così gli ingorghi che non aiutano lo svuotamento del seno durante le poppate.

Detto questo la scelta deve quindi poi ricadere su indumenti intimi che non lasciano questo tipo di solchi (controllate molto bene: i solchi non devono essere neanche lievi, né sopra, né sotto, né lateralmente ai seni).

La comodità la si può trovare nell'utilizzo di reggiseni che si aprono davanti, con il gancetto tra le due coppe; a volte invece basta solo un semplicissimo reggiseno morbido di quelli senza coppe o ferretto, da poter sfilare con facilità.

Chiaramente sempre meglio scegliere materiali naturali, quindi optiamo per reggiseni di cotone. 

Il reggiseno serve quindi a sostenere al meglio il seno, senza provocare ostruzioni e facilitando la mamma a spogliarsi nel momento del bisogno. Ci sono poi alcuni accessori che, meno indispensabili, aiutano tuttavia la madre che allatta ad evitare alcuni spiacevoli inconvenienti della pratica.

Le coppette assorbilatte da appoggiare tra il seno e il reggiseno, ad esempio, danno conforto a molte donne per contenere le perdite di liquido che possono macchiare gli abiti. Non serve utilizzarle sempre, ma in effetti quando si esce di casa evitano alcune figure spiacevoli (anche se date da un fatto assolutamente naturale).

L'importante nel caso delle coppette assorbilatte è fare attenzione al materiale. Molte di quelle usa e getta sono composte da plastica e da materiali impermeabili che, ok, non lasciano fuoriuscire nulla, ma allo stesso tempo non lasciano respirare per niente la pelle e addirittura rischiano di recare danno al capezzolo. Avete mai provato quindi a sostituire queste coppette usa e getta con dei semplici panni di cotone da lavare e riutilizzare o delle coppette assorbilatte lavabili?

Per le mamme con alcuni problemi fisici come ad esempio i capezzoli troppo piatti o rientranti esistono poi i paracapezzoli. La loro forma consente, indossandoli, di aumentare le dimensioni del capezzolo nel senso della lunghezza per consentire al bambino di tettare meglio. In ogni caso la scelta dei paracapezzoli, siano essi in silicone o il caucciù, deve passare dal parere del proprio medico di fiducia o dell'ostetrica: un loro sbagliato utilizzo potrebbe fare solo danni, o causare addirittura dolorose ragadi.

I paracapezzoli in commercio tuttavia non servono solo a modificare la forma del seno; esistono anche quelli creati appositamente per proteggere il capezzolo dal tocco con i vestiti per quelle mamme che, soprattutto durante le prime settimane di allattamento, avvertono molto fastidio quando vengono sfiorate in quel punto delicato, mantenendo il distacco e aiutando anche a far respirare la pelle. In questo caso state attente alla pressione che esercitano, perché quando troppa attorno all'areola potrebbe schiacciare i dotti provocando ostruzioni come nel caso dei reggiseni. Non teneteli addosso troppo, e se proprio non ce la fate più concedetevi di girare a seno scoperto almeno in casa.

Quelli ormai più conosciuti e utilizzati sono i paracapezzoli in argento, materiale dalle proprietà antisettiche e cicatrizzanti che aiuta le mamme nella lotta alle ragadi, prevenendole e curandole poi. Le ragadi però devono essere considerate per quello che sono, e cioè un disturbo provocato da un attacco errato del bambino o nel suo posizionamento durante l'allattamento. Valutate quindi prima la poppata, scegliendo poi la migliore misura contro i disturbi! E, come nel caso dei normali copricapezzoli, lasciate comunque il più possibile respirare la pelle.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

La vasca tattile di Bruno Munari

Sabato, 03 Settembre 2016 12:04

Tra i precetti della didattica di Bruno Munari, l’eclettico artista e designer che si dedicò moltissimo all’infanzia, tra i più importanti sta la sensorialità. Munari era consapevole dell’importanza del tatto e degli altri sensi per un bambino, e per questo ideò strumenti e attività pensati proprio per stimolare i più piccoli in senso completo.

Conoscerete sicuramente i suoi libri e i suoi oggetti, o ancora le tavole tattili, ma oggi ve ne presentiamo uno un po’ meno studiato e conosciuto: la vasca tattile!

La vasca tattile di Bruno Munari: perché il tatto è fondamentale per i bambini e giocare con mani e consistenze è davvero importante

Bruno Munari lo sapeva: il tatto è il primo strumento di comunicazione del bambino. Attraverso esso impara a conoscere il mondo, a interagire. E tra i sensi è il più coinvolgente e scambievole: il tatto prevede infatti contatto, scambio!

Ecco che allora nacquero le tavole tattili, i libri interattivi e tutti i giocattoli fondati sulla polisensorialità: Munari componeva tutti questi strumenti servendosi dei materiali più disparati, dal tessuto alla gommapiuma, dal metallo al legno, combinandoli in modo da fornire al bambino quante più esperienze tattili differenti.

In questo modo i bambini, come per loro natura, esplorano ed esplorano il mondo che li circonda, facendone una conoscenza profonda che formerà la solida base per gli insegnamenti futuri. Troppo spesso ai bambini vengono infatti dati in mano matite e pennelli troppo presto, in fretta, quando invece loro, ancora stupefatti dal mondo, vorrebbero e dovrebbero studiare ciò che li circonda attraverso ciò che possiedono, e cioè il loro corpo.

Oltre alla scoperta, naturalmente, i piccoli artisti ed esploratori attraverso questi strumenti munariani esercitano la loro fantasia: la creatività è infatti messa in moto ogni volta che la mano, la bocca e gli occhi si posano su un materiale differente.

Chi ha imparato il Metodo Munari l’ha quindi fatto suo, ed è così che sono potute nascere altre esperienze, differenti ma sempre fedeli alla filosofia pedagogica dell’artista. La vasca tattile di cui parliamo, infatti, nasce dalla mente di Beba Restelli, educatrice formatasi secondo il Metodo Bruno Munari che ha portato avanti i precetti del maestro.

Dalla sua mente sono nati strumenti altrettanto meravigliosi. Un esempio su tutti il Bosco Tattile: un ambiente interamente costruito con corde, fili, lana, cordoncini, piume, nastri, palline, legno… I bambini vi possono passeggiare, lasciandosi coinvolgere, toccando e immaginando, esplorando e curiosando.

Ed ecco che arriviamo alla Vasca Tattile: essa racchiude tutti gli elementi degli oggetti tattili e polisensoriali munariani, dalle tavole ai libri illeggibili, ma mira a coinvolgere completamente il corpo dei bambini.

Semplicemente, si tratta di una vasca (o di un contenitore abbastanza largo per un bambino) riempita con tessuti ritagliati, pellicce, panni, gommapiuma e chi più ne ha più ne metta (il riciclo è fondamentale!), nella quale il bambino può immergersi e sentire così i materiali che lo avvolgono, che lo accarezzano, sperimentando il tatto non solo manuale ma del corpo nella sua interezza.

Provate a replicarla a casa, racimolando tutti i materiali di scarto che avete (i tessuti sono perfetti perché morbidi e sicuri), variando le consistenze e sperimentando senza limiti!

http://www.sed.beniculturali.it/index.php?it/183/bruno-munari-la-polisensorialit-e-i-bambini

Se vi state chiedendo se esista un modo davvero efficace e al contempo divertente per lasciare che i bambini si approccino alla musica siete nel posto giusto. Già, perché oggi vogliamo raccontarvi la storia di Perepepè, spettacolo musicale per bambini e ragazzi che utilizza la musica dal vivo e le storie più varie per fare scoprire il pentagramma ai più piccoli!

Vi presentiamo Perepepè, un modo bellissimo per educare i bambini alla musica: piccoli concerti per orecchie che crescono

Perepepè è nato nel 2015 a Pavia, su iniziativa di un gruppo di insegnanti e genitori interessati alla divulgazione della musica alle orecchie più piccole. L’idea nacque dopo una semplice riflessione: in un mondo nel quale gli stimoli più svariati sono ormai all’ordine del giorno, manca davvero un approccio più valido e vero nei confronti della musica più pura, quella dal vivo. 

Perché se da un lato è vero che i nostri bambini sono effettivamente in grado di fruire di qualsivoglia musica, quella dal vivo è ormai rara.

Ecco allora che grazie ai piccoli concerti proposti da Perepepè i bambini possono scoprire la bellezza della musica suonata dal vero, quella che oltre alle note musicali può portare nelle menti e nei cuori le storie più disparate e le culture di tutto il mondo. Insomma: la musica dal vivo può essere uno strumento educativo, soprattutto divertente.

Ma quali sono gli argomenti che si possono esplorare con la musica? Tutti. Ma, in primis, la storia e la geografia. La storia viaggiando con le note musicali attraverso le diverse epoche della musica, da quella classica del Settecento a quella operistica fino ad arrivare a quella dei giorni nostri. La geografia indagando le latitudini grazie alle differenti culture musicali del mondo.

In un museo, in una biblioteca, in un’aula scolastica, in cortile, in una piazza, a teatro, in libreria: gli spettacoli proposti da Perepepè durano circa un’ora, si adattano a tutti gli spazi e sono perfetti per i bambini tra i 5 e i 10 anni (ma anche meno, o più).

E anche il catalogo è vastissimo: le proposte vanno da “Mozart e il Flauto Magico (o quasi)” a “La voce femminile e l’Opera”, passando per “La musica del Rinascimento tra castelli e principesse”, “Il blues del Mississippi”, “Il folk USA degli anni Venti e Trenta” e “I Berberi e la musica del deserto”. 

Non solo: a breve i bimbi potranno assistere agli spettacoli musicali dal vivo dedicati alla musica brasiliana, a quella indiana, a quella dell’Africa Nera e a quella del gruppo che ha rivoluzionato la storia del pop, i Beatles.

Ma chi è che suona di fronte ai piccoli spettatori? Sono tutti musicisti professionisti specializzati proprio nel genere musicale proposto di volta in volta. Tra gli altri, Silvia Mangiarotti (violino), Alyona Afonchkina (violino), Francesca Scarafile (soprano), Carlo Matti (pianoforte), Veronica Sbergia e Max De Bernardi (Red Wine Serenaders), Toto Pumpo (oud, mandola argentina), il trio rock-blues MRB e l’Ensemble rinascimentale “Concerto dei Pifari”.

E, addirittura, quando possibile la musica etnica è rappresentata proprio da un musicista nativo della terra trattata.

Perepepè è anche su facebook ma se avete bisogno di contattare l’organizzazione per portare la musica dal vivo anche da voi, ecco il contatto giusto: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Fertility day: un pensiero per il Ministro

Giovedì, 01 Settembre 2016 08:01

E' comparsa sul web e in particolare sui social la campagna del Ministero della Salute finalizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla spinosa questione fertilità. Parliamo di fertilità o di raggiungere un numero maggiore di contribuenti quindi clienti paganti di uno Stato che necessita di grandi fondi per sopravvivere avendo, tra l'altro, un numero di parlamentari maggiore degli Stati Uniti d'America e stipendi che percepiscono i magnati dell'industria del petrolio?

Ma torniamo a noi: fertilità. Termine sicuramente più medico che colloquiale, anche delicato perchè molto vicino al termine "infertilità" che affligge sempre più coppie. Le cause dell'infertilità sono tante, alcune ancora sconosciute, altre fortunatamente curabili o comunque affrontabili. Ecco cosa troviamo scritto sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità:

"infertilità maschile: 29,3%
infertilità femminile: 37,1%
infertilità maschile e femminile: 17,6%
infertilità idiopatica: 15,1%
fattore genetico: 0,9%

Inoltre, la letteratura medica sottolinea sempre di più il ruolo di fattori psico-sociali di infertilità dovuti a fenomeni complessi come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età tardiva (come dicevamo è fondamentale l’età della donna), l’uso di droghe, l’abuso di alcool, il fumo, le condizioni lavorative, l’inquinamento."

Il problema principale sembra essere che le donne italiane fanno figli tardi: "le donne italiane fanno figli tardi più tardi di quasi tutte le altre donne europee. Si sposano in media a 28 anni, partoriscono il primo figlio a 30 (un anno in più rispetto alla media europea), e hanno meno figli delle altre europee (1.22 contro 1.44). Le ragioni che spingono le donne, o meglio le coppie, a rimandare la genitorialità, sono del tutto comprensibili. Prima occorre raggiungere una ragionevole sicurezza economica, una sufficiente organizzazione familiare per la gestione dei figli, la maturità emotiva che fa della procreazione una scelta autonoma e non un obbligo sociale". Perfetto. Siamo d'accrodo: non siamo un utero finalizzato alla riproduzione siamo donne, che vogliono mettere al mondo esseri umani inseriti in un contesto famigliare più o meno equilibrato, con valori e un briciolo di sicurezza economica. Perchè se trent'anni fa avevamo i nonni, gli zii e il lavoro fisso generalmente sotto casa, ora non abbiamo lavoro fisso, abbiamo i nonni che lavorano perchè si va in pensione a 70 anni  o che abitano lontano perchè troviamo lavoro difficilmente vicino a casa, e spesso dobbiamo impiegare un'ora per raggiungere il nostro ufficio. Talvolta si incontra l'amore non a 25 anni ma a 35 o a 40. Talvolta non ci sentiamo pronte ad avere un figlio a 28 anni perchè siamo appena arrivate nel mondo del lavoro, abbiamo studiato tanto, abbiamo fatto tanti sacrifici che rinunciarci proprio ci sembra di aver buttato via 30 anni della nostra vita: perchè si, in Italia per fare carriera devi delegare ad altri la crescita dei tuoi figli.

Perchè si, caro ministro Lorenzin, qui il problema non è solo il fatto che questa campagna sia offensiva nei confronti della donna che non è una giumenta (ci abbiamo messo secoli per capirlo), non è solo offensiva nei confronti di coloro (e sono tantissimi) che non possono avere figli, non è solo offensivo per coloro che non si possono permettere una FIVET che in Italia ha costi improponibili, non è solo offensivo per coloro che devono recarsi all'estero per riuscire ad avere una gravidanza, non è solo di cattivo gusto perchè, non so se i vostri esperti di comunicazione lo sanno, ma alla prima lezione di comunicazione integrata all'università insegnano che la comunicazione efficace veicola sempre e solo concetti e mood positivi, mai si utilizza il negativo come avete fatto voi. Non è solo povera e banale perchè non ci vuole la top agenzia europea per dirvi che si poteva effettuare una campagna di sensibilizzazione in mille e meravigliosi modi differenti, più creativi, più delicati e sopratutto più efficaci. 

Ma sopra ogni cosa, fa davvero incazzare noi mamme che viviamo una vita infernale per riuscire a conciliare famiglia e lavoro: 

- il part time è un miraggio di poche elette

- gli asili nido costano una fucilata e quando i bambini si ammalano che si fa? 

- viviamo nel costante senso di colpa perchè siamo sempre alla ricerca di luoghi dove "piazzare i bambini"

- le scuole finiscono e metà giugno e iniziano a metà settembre. Ho portato mio figlio in oratorio questa estate per risparmiare: alle due di pomeriggio era a giocare sul cemento con 36 gradi, senza adulti che lo sorvegliassero se non un gruppo di adolescenti di 15 anni che faceva volontariato. Va bene tutto, ma a voi sembra normale? Lo sa che un centro estivo dove non succede ciò costa circa 100 euro a settimana? Lo sa che una famiglia con due figli dovrebbe spendere solo per il mese di luglio 800 euro per dei centri estivi decenti?

- non parliamo della quantità di tasse pagate da noi libere professioniste che non possiamo permetterci di avere una partita iva dopo i 35 anni perchè siamo letteralmente rapinate dallo Stato Italiano

- i mutui, non so se glie l'hanno detto, non vengono elergiti se non a pochi. Figuriamoci a lavoratori precari come lo siamo tutti noi.

- lo sapete vero che l'Italia è uno dei paesi Europei dove il carico di lavoro della casa e dei figli è quasi tutto sulle spalle delle donne? 

- siete vagamente coscenti del fatto che per adottare un bambino in Italia siano necessari 10.000 euro almeno perchè bisogna recarsi all'estero? 

e la lista continua...

Allora, prima di iniziare una campagna di sensibilizzazione sulle capacità del mio utero, fate una campagna per sensibilizzare l'universo maschile a pulire il water e lavare i piatti. Realizzate leggi che sostengano il lavoro delle madri, flessibilità di orari. Partite iva con regimi per le mamme così che sia possibile lavorare e prendersi cura dei bambini. Asili nido pubblici con costi decenti.

E sopratutto domani mettetevi davanti allo specchio, togliete il vostro Rolex, spettinate la vostra piega appena fatta e il rossetto di Chanel e chiedete in tutta onestà a voi stesse se mettereste al mondo un figlio con un lavoro precario (anche per il vostro partner), una casa d'affitto, senza nonni, con i costi di asili nido pazzeschi. Ve lo dico io, aspettereste, aspettereste perchè quella che dovrebbe essere una gioia diventa un'ansia, una paura, uno sconforto per la consapevolezza che viviamo in un paese dove essere mamme è davvero impossibile. E lo è ancora di più per donne come me con una laurea, un master e tanti sogni che sono nel cassetto perchè a mala pena arriviamo a fine mese, e con grandi sensi di colpa per non avere abbastanza tempo per goderci i nostri figli. Ma cosa importa, loro saranno contribuenti, questo è l'essenziale per voi. Oltre al danno, la beffa. 

La prossima estate fate un giretto in Francia e in Svezia. Offrite ciò che offrono loro. Poi ne riparliamo. 

Fino a quando è giusto allattare?

Mercoledì, 31 Agosto 2016 06:09

Se fino a qualche anno fa l'allattamento era quasi tabù e si preferiva spesso il latte in polvere piuttosto del "disagio" di attaccare al seno il proprio bambino in pubblico, oggi i benefici sono conosciuti e rispettati, e l'allattamento è giustamente incoraggiato. Gli operatori del settore, le strutture mediche e la maggior parte dei media ne parlano con atteggiamento positivo, e noi ne siamo davvero contente.

Tuttavia le domande attorno a questo naturale eppure delicato argomento sono infinite. Ora le ostetriche specializzate nell'allattamento sono sempre più, e la loro disponibilità a rispondere a tutte le questioni delle mamme è da sfruttare fino in fondo: non dimentichiamoci che allattare al seno è in ogni caso una pratica sicuramente naturale per la quale siamo fisiologicamente predisposte ma allo stesso tempo delicata e spesso stancante (fisicamente e psicologicamente) per le donne, e come tale dev'essere vissuta al meglio.

Una di queste domande riguarda certamente la durata dell'allattamento. Non nel senso di quanto debba durare una poppata, o quanto frequentemente il bambino debba essere attaccato; piuttosto fino a quanti mesi o anni di vita il bebè possa attaccarsi al seno.

La nostra risposta alla domanda "Fino a quando è giusto allattare?": una questione senza risposta fissa che riguarda soprattutto una scelta materna

Proprio così: non c'è una regola standard. Se l'inizio dell'allattamento è chiaramente fisso, e cioè subito dopo la nascita del bebè, la sua fine non è stabilita. E fin dall'inizio è una scelta della mamma (o comunque dei genitori): allattare al seno sì, allattare al seno no.

Esattamente come questa scelta pro o contro l'allattamento, è sempre la madre a decidere fino a quando proseguire con la pratica delle poppate al seno. Ma esiste un tempo giusto e ragionevole? Meglio per poco tempo oppure meglio proseguire ad oltranza?

Innanzitutto, i primi sei mesi di vita del bambino, come ricorda l'Organizzazione Mondiale della Sanità, devono prevedere naturalmente l’allattamento esclusivo: in questo primo periodo, infatti, l'apparato digerente del neonato non è ancora sviluppato per digerire altri alimenti diversi dal latte materno  e i benefici per entrambi sono infiniti e scientificamente provati.

Dopo i sei mesi di vita si prosegue quindi con lo svezzamento, introducendo gradualmente cibi solidi e vari nella dieta del bambino. Tuttavia questo non prescinde dall'importanza del latte come alimento ancora fondamentale per la sua dieta: poppare al seno significa per il bambino continuare ad assicurarsi una fonte nutrizionale molto, molto valida e importante.

Lo dimostra anche il fatto che alcune ricerche scientifiche sono arrivate alla conclusione che il cucciolo di Homo Sapiens sia a tutti gli effetti un lattante, nel senso più profondo della parola. Noi la associamo all'"essere piccolo", ma essere "lattante" vuol dire semplicemente essere un essere vivente che necessita - per il buon funzionamento organico - del latte (o di un altro alimento equivalente nella forma, nell'aspetto, nel contenuto e nella composizione). Non solo: i piccoli essere umani sono lattanti fino ai cinque, sette anni!

Ecco perché la scelta migliore alla fine risulta essere l'allattamento fino e oltre ai due anni di età del bambino.

Si tratta chiaramente di una scelta consapevole e mai imposta, un qualcosa che la mamma deve sentire di volere davvero, senza che questo provochi in lei disagio. La scelta migliore quindi non deve venire dall'esterno, ma dall'interno della famiglia. 

Mamma, papà e bambino stanno bene quando fanno scelte per loro felici. Lo stesso deve avvenire con la decisione di interrompere o prolungare l'allattamento: sarà la mamma con le sue sensazioni, oppure sarà il bambino che deciderà da solo e gradualmente quando staccarsi. Prima o poi accadrà; semplicemente non fatene una questione troppo spinosa. E' una pratica naturale, che deve far stare bene tutti; meglio viverla per quello che è, quindi, senza pressioni o disagio!

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Ogni scarrafone...

Domenica, 28 Agosto 2016 20:07

Si, lo ammetto…adoro scagliare bombe di acqua gelida…e oggi ho deciso di imbarcarmi in un argomento deeeelicatissimo. Conoscete il proverbio “ogni scarrafone….”…sono certa di si. È un detto vecchio come il cucco, che sottende ad una tesi semplice e lineare: ogni bimbo, per la propria mamma, è bellissimo, meraviglioso, intelligente, simpatico, un adone degno di coroncina. Per la propria mamma…ma per gli altri? Partiamo dai neonati. Tu partorisci, e ovviamente in clinica si riversa tutta la settima generazione da entrambi i rami…tutti attorno alla culletta del poppante, o col naso incollato al vetro della nursery…tutti a sbirciare per ammirare finalmente l’ultimo nato…e…..taaaadah! Ecchetelo! La mamma sposta il lenzuolino con ricamati ornitorinchi blu, o l’infermiera lo acchiappa come ‘na pagnotta da mezzo chilo, e via! Si accendano i riflettori e l’occhio di bue…un coro di “oooooooooooooooohhhhhhhhhhhhhhhhhhh, ma quanto è belllllllooooooooooooo!!!!!!!!!!!”.

Ora…il neonato per definizione è tenero, morbido, ‘na palletta de ciccia, una miniatura perfetta, l’amore della nostra vita…ma siate sincere sincere sincere…è bello??? Lì per lì, noi mamme lo prendiamo in braccio, lo guardiamo negli occhi, e pensiamo “è perfetto, vedrai che lo prenderanno per il prossimo spot pampers”. A due ore di vita, lo immaginiamo già sulle passerelle di Pitti Bimbo, che sfila mentre tutti gorgogliano di ammirazione. Poi a un mese dal parto, in un momento di lucidità, scorriamo le foto sul telefono e…. “Amò, ma che ha partorito quell’amica tua cessa? Quella brutta brutta del liceo?”“No amò, partorisce il mese prossimo, perché? “No perché ce sta ‘na foto de una co ‘n regazzino in braccio che nun se sa se è più brutta lei o il fijo…. “Amò…quella sei te co Lollo…la mattina che è nato…”

Trauma!!! Nella foto sei tu! E quella specie di tartaruga tutta rossa e grinzosa che hai in braccio non è un elfo, è tuo figlio! “Ma davero!!!! Madòòòòòòò! Ma così brutto era quando è nato!!!???”

La risposta è si! Era brutto, era inguardabile, ma ai nostri occhi, con tutti quegli ormoni in circolo, e dopo quella fatica immane, non poteva che apparire meeeeraviglioso! D’altro canto, invito ciascuno di voi a passare dentro un pertugio delle dimensioni, che so…di uno di quei tubi arancioni di plastica che si vedono nei cantieri edili, e a venirne fuori bello come il sole invece che tutto sudato, stropicciato e ammaccato. Ma appena partorisci, nessuno ha il coraggio di dirti che quel nanetto piccino picciò è tutto tranne che bello! Anzi…la nonna paterna esordisce con “madòòò pare tutto er principino George!”…dopo essere finito dentro un’impastatrice forse…e tutti, sulla scia della nonna, iniziano a cercare somiglianze (anche con l’idraulico ovviamente, per creare il momento simpatia, perché c’è sempre il coglione che deve mettere in dubbio la paternità suscitando grasse risate). “Guarda guarda, gli occhi come quelli de nonna Adele!”…che non si sa come fanno a vedere il colore visto che il neonato ha due specie di gelatine al posto dell’iride, tipo gli orsetti gommosi quando ne metti in bocca tre assieme, colore indefinibile. “Naaa….il sorriso de zio Peppino!”….ovvio…a 30 minuti dalla nascita, il neonato medio sorride già, di gusto e intenzionalmente. “Ma guarda come sta su, tiene la testa bella dritta, pare nonno Adelmo!”…tutti si guardano, e annuiscono in silenzio, perché nonno Adelmo era brutto come la fame, pareva un quadro de Picasso, ma nessuno ha il coraggio di dirlo a voce alta. E vabbè, insomma, la stanza della clinica è un echeggiare di frasi di ammirazione verso il nuovo membro della famiglia, e mamma e papà gongolano orgogliosi ammirando il loro piccolo capolavoro. Poi l’orario delle visite finisce, e tutti vanno via. Si allontanano dalla stanza lasciando finalmente soli i neo genitori…e il cugino, quello adolescente e cafone, è di solito il primo a parlare: “Mortacci sua quant’è brutto sto regazzino…speriamo che col tempo s’aggiusta!”. Segue coro di insulti, e tutti al bar a bere! 

Ogni scarrafone è bello a mamma sua! Ma non solo bello…si sa…per noi mamme i nostri figli sono anche intelligenti, educati, gentili, il top del top. E soprattutto simpatici. E invece, mo me ne direte di tutti i colori già lo so, ma ce stanno certi ragazzini che porca miseria so simpatici come le spine sugli alluci in spiaggia. Chi di voi non ha mai incontrato al parco “la bambina gne gne”?....Dai su, la bambina quella che c’ha la madre spocchiosa e altezzosa, tutta “ce l’ho solo io”…come può essere la figlia di una così? Ve lo dico io com’è…’na rompicojoni! E voi direte “ma no, non è possibile, ma è un bimbo, i bimbi sono tutti tenerosi e morbidosi e dolci e amorevoli!”…mentite sapendo di mentire!! Ci sono bambini che fanno venire voglia di andare a picchiare i genitori…e la bambina gne gne è una di queste. È quella bimba con la vocina melensa e lagnosa, quella che dice le cose piagnucolando, oppure che le dice facendo la vocina da sotuttoio “perché tu non puoi giocare coi miei giochi, perché la mia mamma ha detto che sono di legno buono fatti in un paese lontano e che non devo farli toccare a nessuno…e tanto noi a Natale andiamo a sciare perché mio nonno c’ha la baita in montagna e mia mamma ha detto che noi possiamo perché siamo ricchi perché papà tanto adesso lavora in un posto che gli danno tanti soldi…e gne gne gne!”. Dai, una bambina così è simpatica? Una volta mia figlia è stata presa di mira da una così…e dopo aver subito per una decina di minuti sapete come l’ha zittita? Sapete cosa le ha detto? Giuro, ha risposto così “mia madre ha un fratellino in pancia e la tua no”. Ha alzato i tacchi e l’ha mollata sotto al sole. Che dire…mia figlia si che è simpatica…come vi dicevo…ogni scarrafone è bello a mamma sua! ;-)

Cinzia Derosas

www.pazzamentemamma.com

https://www.facebook.com/PazzamenteMamma-625010254346819/

Sono dei sentieri realizzati con pachwork di materiali differenti dove i bambini possono giocare e percepire sensazioni diverse e talvolta contrastanti come il liscio e il ruvido, il morbido e il duro, il tondo e lo spigoloso... Negli asili Montessori di tutto il mondo sono un must e in generale sono molto diffusi in Nord Europa perchè, come sappiamo, il primo settennio del bambino è prevalentemente sensoriale, quindi il piccolo ha la necessità di scoprire il mondo prevalentemente con i suoi 5 sensi piuttosto che con astrazioni. Se per i più piccini del nido e della materna queste proposte di gioco sono davvero perfette, pensiamo quando potrebbe essere efficace per i ragazzi delle scuole primarie avere un sentiero sensoriale in giardino per imparare l'inglese, acquisendo non solo i termini di oggetti come pigne, farina, grano, avena, cereale, legno, erba, legno, pietre... ma anche soffice, duro, morbido, duro... 

Crearli è davvero semplice: basta accostare in sequenza materiali che differiscono tra loro in maniera importante così da creare un forte contrasto tattile. Possono essere realizzati su terra quindi all'aperto, oppure su semplice cartone di reciclo come abbiamo fatto noi. 

Scopriamo il mondo delle sensory road o sensory path: come creare un sentiero sensoriale per bambini

 

1. Ho voluto realizzare un sentiero sensoriale per la nostra taverna con materiali che avevamo in casa: ho scelto come base del cartone che abbiamo ritagliato e poi incollato per ottenere un rettangolo lungo. Abbiamo poi cercato insieme materiali come spugne, stoffe, specchi che potessero fornirci sensazioni diverse una volta che ci si camminasse all'interno. Ho fatto si che i bimbi lo facessero da soli quindi il risultato non è esteticamente dei migliori ma l'obiettivo non era quello di creare un oggetto decorativo...

 

 

2. Se con i bambini più grandi si può realizzare un sentiero insieme, apprendendo nuovi concetti e parole come liscio e ruvido, morbido e duro etc... con i più piccini chiaramente non è possibile: meglio quindi creare prima il nostro sensory path e poi proporlo a loro, aiutandoli a esplorare con mani e piedi la proposta di gioco.

 

3. Chi l'ha detto che un sentiero sensoriale non possa essere un elemento d'arredo? Con lana colorata, pon pon e juta è possibile realizzare questo meraviglioso percorso tattile!

https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/54/bd/2e/54bd2ebf29cbee6756ae06d12f1265c5.jpg

 

4. All'aperto possiamo davvero sbizzarrirci e creare, come in questo caso, delle sensory road fisse: assi in legno e all'interno materiali naturali come paglia, lenticchie, fagioli, farine... Bellissima idea per le scuole!

4. 

http://www.play-scapes.com/play-diy/barefoot-parks-and-sensation-paths/?utm_source=feedly

 

5. Ecco un'altra proposta di sensory road all'aperto. 

http://apassportaffair.com/2014/09/25/barefoot-walks/

 

6. Per i più piccini l'uso delle mani è essenziale: così unendo vasche o bacinelle di plastica contenenti materiali differenti è possibile fare un sentiero sensoriale, una stazione di travasi ma anche una vasca per travasi. Perfetto per gli asili nido ma anche per la scuola materna!

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7. E non dimentichiamoci dell'acqua: prendiamo spunto da queste maestre che hanno pensato all'acqua come ciliegina sulla torta del loro sensory path! Svolge la funzione sia di strumento per lavare i piedi, ma anche come ulteriore stimolo sensoriale. 

 

8. Come per i teppeti in casa, all'esterno i sensory path possono essere non solo un gioco ma anche un decoro bellissimo: ecco alcuni esempi strepitosi che troviamo nel web

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Infezioni delle vie urinarie

Venerdì, 26 Agosto 2016 19:47

Dopo quelle alle vie aeree, le infezioni alle vie urinarie sono purtroppo quelle più frequenti tra i bambini e i neonati. Se nei primi mesi di vita ad esserne colpiti sono perlopiù i maschietti, successivamente la situazione si ribalta, e per la conformazione genitale sono le femmine ad essere soggette. Ma analizziamo queste infezioni in maniera più profonda per capirle un po' meglio!

Le infezioni alle vie urinarie: le cause, i sintomi e i rimedi naturali della cistite nei bambini e nei neonati

La causa più frequente di infezioni alle vie urinarie sono innanzitutto i batteri, che attaccano la zona genitale in maniera facile facile a causa della vicinanza con la zona del retto. Più rare, ma non impossibili, sono le infezioni causate dai virus, come ad esempio la cistite emorragica, e ancora più rare lo sono quelle dovute a funghi.

Il sospetto nasce nelle mamme grazie ad alcuni sintomi che le annunciano: le urine maleodoranti che sanno in maniera pungente di ammoniaca; una febbre senza apparente motivo; la pollachiuria, e cioè l'emissione frequente ma scarsa di pipì, fenomeno che capita anche in età adulta e che spesso è seguito da pianto durante la minzione.

Nel lattante tuttavia è bene fare più attenzione, perché spesso i sintomi sembrerebbero non correlati: disturbi gastroenterici, scarso aumento di peso, arrossamento dell'interno coscia o ittero (in particolare nei neonati).

Le infezioni possono quindi manifestarsi sotto due differenti forme: quella che colpisce le vie urinarie inferiori (cistite acuta) e quella che interessa quelle superiori, o pielonefrite, che si distingue per i sintomi come la febbre e i dolori addominali e al fianco che si sommano a quelli tradizionali della cistite.

Nel caso in cui si sospetti un'infezione alle vie urinarie è quindi bene contattare subito il pediatra. Per diagnosticarla ci si basa inizialmente sui sintomi, ma per avere la certezza è necessario un esame delle urine.

L'urinocoltura e l'esame delle urine completo sono sempre da fare prima di iniziare una terapia antibiotica, troppo spesso abusata anche nei casi in cui non ce n'è bisogno. Se tuttavia il problema è un pochino più importante il medico potrebbe procedere con l'ecografia renale (necessaria quando le infezioni sono alle vie più alte e quando il bambino è troppo piccolo) o con la cistografia, sempre per quanto riguarda le vie più alte, per escludere il reflusso vescico-uretrale.

Ma quali sono le terapie? Esse variano in base alla casistica.

Le infezioni delle vie urinarie basse a volte sono trattate con un ciclo breve di antibatterici, molto meno invasivi e potenti degli antibiotici, che hanno chiaramente effetti collaterali e alterano la flora batterica.

Quelle alle vie più alte sono invece da trattare con l'antibiotico, e in maniera tempestiva (previa conferma del tipo di batterio che ha causato l'infezione tramite urinocolutura): prenderle troppo tardi significa rischiare di danneggiare i reni.

Decideranno i medici se preferire il ricovero o la terapia a casa, e in ogni caso alla guarigione dovrà seguire un ripristino della flora batterica buona, quella che normalmente mantiene intestino e vie urinarie sane e funzionanti.

Cosa fare quindi? 

- Recarsi in pronto soccorso se si sospetta una cistite nel neonato 

- Recarsi dal pediatra se si tratta di un bambino 

In attesa dei risultati dell'esame delle urine e nel caso in cui il risultato sia negativo ma sussista un leggero bruciore durante la minzione, per prevenire ulteriori infezioni delle vie urinarie, dopo un ciclo di antibiotici o ancora quando le urine sono maleodoranti ecco i rimedi naturali consigliati

- LD1 Named: sono i fermenti lattici (probiotici) che consigliamo sempre per i bambini. Una flora batterica sana è fondamentale per il benessere delle vie urinarie. 

- Mercurius 6 Ch: il rimedio che il mio omeopata unicista Carlo Casu mi consiglia in queste situazioni. 

- Cranberry: ormai la letteratura ha confermato che il mirtillo rosso americano (o Cranberry) è un efficacissimo rimedio per contrastare e prevenire le infezioni delle vie urinarie. Chiedete consiglio al vostro farmacista per la somministrazione. E' importante sottolinare che non ha senso assumere succhi di cranberry o di mirtillo dolcificati ma tinture madri o capsule, o succhi ma privi di zucchero. 

- Acqua: chiaramente bere acqua naturale è di fondamentale importanza.

 

Gli alimenti benefici per contrastare la cistite

Una delle cause principali della cistite è uno squilibrio dello stato di benessere dell'intestino: in particolare i cibi da evitare in caso di infezioni delle vie urinarie o semplici infiammazioni che si percepiscono durante la minzione sono generalmente latticini, pomodori e sopratutto zuccheri: evitiamo quindi qualsiasi cibo che contenga zucchero e limitiamo un po' la frutta. Come anticipato per i bambini il probiotico che noi consigliamo è LD1 della Named che contiene tra l'altro anche Cranberry, per noi mamme invece perfetto Femelle della Bromatech

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

L'abbinamento dolce-salato non è una novità: lo si sperimenta da sempre, anche in piatti semplici e tradizionali come, ad esempio, il pane e cioccolata, no? E se vi proponessimo di aggiungere alle vostre insalate estive (e non solo!) la frutta? Non solo le arance, spesso abbinate ai finocchi e alle verdure, ma anche frutti più insoliti come i lamponi, le fragole, le pesche... Provateci: vi assicuriamo che non ne farete più a meno!

Come creare delle perfette insalate con la frutta: 8 suggerimenti che coniugano la verdura ai frutti più gustosi per piatti completi e agrodolci

- Se i frutti di bosco sono il vostro piacere proibito, provate a metterli tutti insieme in un'insalatona, insieme ai soliti ingredienti come la verdura, le cipolle, le noci e la feta. Tanti gusti diversi tra loro che incredibilmente si sposano benissimo!

(foto 1 http://www.carlsbadcravings.com/berry-feta-spinach-salad-with-creamy-strawberry-poppy-seed-dressing/)

- Ma le fragole stanno benissimo anche da sole: aggiungetele, con alcuni gherigli di noci, all'insalata mista che state per mangiare, condendo il tutto con un dressing composto da olio, aceto, miele, lime e sale (mettete tutto in una ciotolina e mischiate, quindi versatelo direttamente sul piatto).

(foto 2 http://wishesndishes.com/strawberry-arugula-salad-honey-lime-vinaigrette/)

- Ancora le fragole, ancora un'insalata davvero completa e irresistibile: abbinatele agli spinaci e all'avocado (uno bello maturo tagliato a dadini), quindi spolverate con qualche lamella di mandorla e condite con olio, aceto, sale e semi di papavero.

(foto 3 http://www.gimmesomeoven.com/avocado-strawberry-spinach-salad-with-poppyseed-dressing/)

- Pesche e fichi per un'esplosione di sapore: entrambi dolci, entrambi di consistenza inaspettata per un'insalata, completano la misticanza insieme alle mandorle (dopo averli pelati e tagliati a fette). Il condimento può essere a vostra scelta, ma vi consigliamo l'aceto balsamico: si sposa alla perfezione!

(foto 4 http://www.floatingkitchen.net/almond-crusted-goat-cheese-peach-and-fig-salad/)

- Le pesche si abbinano benissimo anche con i mirtilli, ma soprattutto con il formaggio: verdura, mirtilli, pesche pelate e tagliate a fette (provatele anche grigliate!) formaggio cremoso (feta, alpigiana, tofu: decidete ciò che più vi aggrada) e mandorle per un piatto delizioso, completo e sano.

(foto 5 http://www.twopeasandtheirpod.com/grilled-peach-blueberry-and-goat-cheese-arugula-salad/#more-17438)

- Solitamente le si mangia insieme ai finocchi, quando non da sole. Ci sarà un perché! Be', il motivo è che le arance stanno proprio bene con i finocchi! Tagliate quindi qualche fetta di finocchio e utilizzatelo come ingrediente aggiuntivo della vostra insalata base, insieme a qualche spicchio di arancia. Spolverate poi con della granella della frutta secca che preferite e condite con dell'aceto balsamico, un filo d'olio e sale.

(foto 6 http://anoregoncottage.com/orange-almond-salad/)

- Questa insalata piacerà ai vostri occhi tanto quanto alle vostre papille gustative: combina la verdura (ad esempio le foglie di cavolo, o anche gli spinaci) con le noci, l'avocado, una manciata di quinoa bollita e soprattutto i mirtilli. 

(foto 7 http://kaleandchocolate.com/recipe/kale-quinoa-blueberry-avocado-salad/)

- Per concludere un frutto tropicale che piace praticamente a tutti: il kiwi. Unitelo, a cubetti, ad un mix di cipolla rossa tagliata, prezzemolo tritato, cetrioli a cubetti e un peperoncino jalapeno a fettine sottili, condendo poi con limone (o, ancora meglio, lime) e sale.

(foto 8 http://jerryjamesstone.com/recipe/simple-kiwi-salsa/)

Forse il vostro bambino ha quattro mesi, forse sta già iniziando a manifestare il tipico fastidio gengivale che porterà alla comparsa dei primi dentini. O forse ne ha sei, oppure sta andando verso il compimento dell'anno. Non c'è una data precisa quando si parla dei denti da latte (detti anche decidui, primari o temporanei, per la loro natura che li vuole cadere andando verso l'età adulta) che spuntano: dai quattro mesi all'anno, diciamo. 

Tutto ciò che c'è da sapere sui denti da latte: quanti sono e quando spuntano, perché a volte è un processo doloroso e come fare per alleviare i sintomi

Intorno ai sei mesi quindi (ma non preoccupatevi se è prima o se avviene più tardi) inizierà a spuntare il primo dentino da latte. Solitamente si tratta di un incisivo inferiore, e cioè "i denti davanti", quelli che stanno nell'arcata inferiore della bocca. Nei due mesi successivi dovrebbero spuntare quindi i due incisivi superiori, quelli esattamente paralleli. Dopodiché si passa agli incisivi laterali (sopra e sotto), ai primi molari, ai canini e quindi, infine, agli ultimi molari. Il tutto nell'arco di circa un anno e mezzo, partendo dal primo arrivando all'ultimo. Mancano, rispetto ai denti adulti "definitivi", i premolari (e cioè quelli più in fondo) e gli eventuali denti del giudizio.

(foto 1 http://www.studilama.it/prestazioni-e-servizi-studio-dentistico-bologna/odontoiatria-pediatrica/)

Non c'è una regola precisa: ci sono bambini che ne soffrono moltissimo, altri che quasi sembrano non accorgersene nemmeno. Non ci sono prove mediche e scientifiche parlando di questi disagi, ma alcune medicine integrate associano il dolore con un più generale stato infiammatorio, che per alcuni bambini è conseguenza naturale del troppo fastidio.

Alcuni odontoiatri tuttavia ritengono che in realtà lo spuntare dei dentini non sia propriamente "doloroso". In realtà è più un fastidio che associato alla sensazione di novità provoca nel bambino tensione, stress e quindi dolore. Non a caso quelli che più provocano disagi sono i primi denti che spuntano, e cioè gli incisivi (novità di sensazione fisica assoluta), e i molari, che effettivamente essendo più grossi potrebbero causare fastidio.

Spesso, tuttavia, questa transizione dalle gengive spoglie ai denti porta con sé altri disagi, più tangibili: febbre e diarrea.

Anche qui ci sono due correnti di pensiero: la prima vuole che le due cose non siano correlate tra loro, ma siano una mera coincidenza. Il bambino nello stesso periodo in cui si trova con i primi dentini inizia a non essere più protetto dagli anticorpi della mamma, iniziando a produrre i suoi. Per la prima volta viene quindi a contatto con piccole infezioni, è indebolito, e quindi più predisposto al contagio o anche a semplici sindromi da raffreddamento. Non solo: la salivazione, ora nettamente aumentata, potrebbe essere la causa primaria della diarrea, dal momento che le feci vengono ammorbidite.

L'altra ipotesi vuole che sia proprio lo stato infiammatorio dovuto allo stress sentito dal bambino con maggiori fastidi a provocare i disagi fisici generali. Insomma, dalla bocca il fastidio provoca dolore e stress, che causano a loro volta stati febbrili e diarree, infiammazioni alle orecchie, salivazione maggiore, secrezione di muco abbondante e malattie più generiche.

In sostanza, probabilmente non sono i denti in sé a provocare febbri alte od otiti, ma in ogni caso il periodo della dentizione non è dei più piacevoli.

1. Per alleviare il senso di fastidio del bambino, via libera quindi ai massaggia gengive, i giocattoli masticabili in plastica atossica pensati proprio per questo compito: i migliori sono quelli refrigerabili, dal momento che il freddo eserciterà sulle gengive un leggero effetto anestetico. Questo, unito alla ruvidezza della superficie che massaggia la zona, distrarrà il bambino dalla sensazione di fastidio e disagio.

2. Ma un altro miracoloso metodo è quello più naturale e semplice: coccolate il vostro bambino, massaggiandogli eventualmente le gengive con le vostre dita. Si sentirà accudito, oltre che distratto, e il risultato sarà davvero efficace. 

3. Molti sono i rimedi naturali che ci vengono in aiuto: in questo articolo trovate quelli che noi vi consigliamo

 

Foto Credits: By Chrisbwah - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15343120

 

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Sara

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Cecilia

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