Tommy non è un grosso fan delle verdure ahimè, ma devo ammettere che è con un po' di fantasia riesco a propinargli davvero tutto o quasi. Come sappiamo il brodo è uno strumento incredibile per assumere nutrienti: perchè quindi non sfruttarlo giocando con i colori? Prima di presentare la ricetta ho raccontato loro la leggenda di mago Merlino e ho fatto vedere loro un'immagine su pc della Disney con il suo vestito e cappello blu a punta. Poi abbiamo tagliato insieme il cavolo e... magia, una volta cotta l'acqua da trasparente è diventata viola e poi blu. E' proprio la magia del Mago che ha reso possibile questo!

Ecco come creare un brodo blu che i bambini adorano: la ricetta del nostro brodo blu di Mago Merlino

 

 

Sono belli, affascinanti, naturali e misteriosi. E piacciono tantissimo ai bambini (e anche ai grandi, è da ammettere). Gli acchiappasogni hanno radici antiche e significati mutevoli (si dice che per gli indigeni del Nord America fossero semplici indicazioni sulla professione degli abitanti del villaggio, ma che col passare del tempo gli sia stata attribuita la capacità di catturare i brutti sogni e scacciarli attraverso le sue piume); in ogni caso il fascino che emanano è indiscutibile. Anche sui bambini: se affetti da incubi frequenti, provate a raccontargli la leggenda dell'acchiappasogni che attraverso le perline nella sua trama assorbe i brutti sogni e li espelle nel vento. Avere uno di questi piccoli oggetti accanto al letto potrebbe dargli un po' più di sicurezza! Perché allora non crearne uno insieme?

Ecco come fare un acchiappasogni con i nostri bambini: suggerimenti per realizzare l'antico oggetto scaccia-incubi per tutta la famiglia

Foto Credits:  http://www.artbarblog.com/create/diy-dream-catchers-made-by-kids/

Piuttosto che comprarne uno prodotto in serie e con poco significato, l'acchiappasogni può essere costruito, e il bello è che è personalizzabile all'infinito!
I materiali necessari sono un cerchio di metallo o di legno (di diametro variabile, potete farne di piccolissimi e di enormi: una via di mezzo, comunque, andrà benissimo), dei gomitoli di lana o cotone, delle perline, della colla a caldo e del washi tape. E, per finire, delle piume o altri piccoli elementi che penderanno dal cerchio.

Per cominciare, coprite la circonferenza del cerchio con il washi tape colorato (è più comodo rispetto ai nastri perché si fissa da solo).
Il passo successivo sarà creare il reticolato: tendete il filo di lana (fissandolo inizialmente con un nodino molto stretto in un punto qualsiasi della circonferenza) facendolo passare da un punto all'altro del cerchio, facendo attenzione a tirarlo bene per far sì che non si allenti. Nel frattempo, inserite alcune perline sul filo: in questo modo resteranno incastrate. Non preoccupatevi di fare un pattern perfetto: la casualità lo renderà comunque bello.
Assicurate quindi la parte finale del filo di lana con un nodino e della colla a caldo, facendo attenzione che non ceda il reticolato.

Ora, fissate alle due estremità del cerchio un piccolo occhiello per appendere l'acchiappasogni, e, dalla parte opposta, alcuni lunghi fili di lana (bloccandoli con dei semplici nodi).
I fili più lunghi (di lunghezze uguali o diverse, a voi la scelta) dovranno poi essere decorati a vostro piacere: inserite perline lungo il filo, appendete pompon, monetine, pietruzze, figure in feltro o piume alle estremità, e sbizzarritevi: più elementi saranno presenti, più l'acchiappasogni sarà divertente.
Un'altra idea è quella di sostituire i fili con le perline con tanti nastri colorati da fissare semplicemente con un piccolo nodo, in maniera disordinata in modo da formare un pattern assolutamente unico e svolazzante.

Foto Credits: http://www.thejourneyjunkie.com/life/how-to-make-a-dreamcatcher/

Potete appendere il vostro acchiappasogni agganciando l'asola ad un chiodino, oppure incollando il filo superiore con del washi tape direttamente alla parete.
Mi raccomando, fatene uno per ogni membro della famiglia, da posizionare sopra il comodino di ognuno: sarà un'occasione per sentirsi famiglia e per far sentire i bambini più sicuri secondo le leggende indiane!

Ed ecco quello che abbiamo fatto io e Tommy in questi giorni!

Sara Polotti e Giulia Mandrino

Non so voi, ma a me non ha neanche mai sfiorato per l’anticamera del cervello di poter morire di parto: in Africa si muore di parto, in Italia no. Quindi le notizie terribili che ci hanno travolto in questi giorni, queste famiglie distrutte, mamme e loro piccoli morti spesso in maniera inspiegabile mi hanno abbastanza travolto. Ma è così pericoloso partorire? Si può parlare di emergenza parto in Italia?

Per toccare questo argomento così delicato e complesso ho intervistato una dottoressa che da dieci anni si occupa a 360° di lutti perinatali ma ancor prima una persona splendida che dedica la sua vita non solo alla ricerca ma a famiglie con il cuore devastato e che stanno attraversando il dolore più grande che un umano possa provare: la perdita del proprio bambino.
Lei è Claudia Ravaldi, medico chirurgo, psichiatra e psicoterapeuta, fondatrice della Onlus Ciao Lapo.

Morire di parto in Italia: quello che c'è da sapere secondo la dott.ssa Claudia Ravaldi di Ciao Lapo

Il primo punto che la dottoressa ha voluto chiarire è che in Italia non esiste assolutamente un’emergenza parto: l’Italia è un paese con mortalità materna davvero bassa. Come spiegato anche dalla dott.ssa Serena Donati, responsabile del sistema italiano di sorveglianza ostetrica dell’Istituto superiore di sanità di Roma. Semplicemente in questi giorni si è verificato un susseguirsi di questi eventi che ha dato grande risonanza al fenomeno.
La dott.ssa Ravaldi però sostiene che, dato che questi eventi sono scongiuratili nel 50% dei casi, sarebbe lecito intervenire in maniera più efficace: già in un articolo pubblicato su “The Lancet nel 2011, nel numero monografico sulla morte endouterina a cui CiaoLapo ha partecipato come rappresentante dell’Italia, sottolineava come fosse espressa richiesta dell’WHO di abbattere del 20% le morti fetali evitabili nei paesi ad alto sviluppo, migliorando il monitoraggio dei fattori di rischio e aumentando la diagnosi precoce.” Anche la dott.ssa Donati spiega che “sappiamo che intervenendo sulle criticità possiamo ridurre la mortalità materna di circa il 50 per cento”.

Come ben spiegato nella lettera scritta dalla dott.ssa Ravaldi al ministro Lorenzin che potete leggere integralmente qui, “un primo problema che emerge in numerosi report e documenti istituzionali è che l’Italia non riesce a contare tutti i casi di morte perinatale e materna. Anche quando è possibile contarli correttamente, spesso le schede dati sono incomplete, compilate in modo arbitrario e erroneo, e mancanti soprattutto degli approfondimenti diagnostici.”

In Italia esiste dal 2010 il sistema italiano di sorveglianza ostretrica Itoss che prevede di raccogliere, registrare e analizzare le mamme morte di parto in Italia: “Il sistema si basa su due approcci: retrospettivo, collegando i registri di mortalità alle schede di dimissione ospedaliera; e prospettico, mediante la segnalazione degli incidenti da parte dei presidi sanitari delle regioni che hanno partecipato al progetto” Fonte: www.internazionale.it/opinione/jacopo-ottaviani/2016/01/04/parto-morti-emergenza
Il problema però è che solo 8 regioni fanno parte di questo panel. Chiaramente quindi i dati che abbiamo a disposizione sono parziali e non particolarmente attendibili al fine di una ricerca medico-scientifica volta a studiare il fenomeno.

Un secondo punto che la dott.ssa Ravaldi sottolinea è la necessità di creare una cartella elettronica per la madre e il bambino fin dall’inizio della gravidanza: una donna in gravidanza spesso si reca durante i 9 mesi in più strutture e/o operatori che solo se facenti parte della stessa asl di appartenenza hanno accesso alla sua cartella. Un ginecologo o un’ostetrica privata o un medico di base non hanno la possibilità. Inoltre la cartella dovrebbe essere aggiornata secondo i criteri riportati nel documento inviato dalla dott.ssa Ravaldi al Ministro Lorenzin 

Infine è fondamentale ricordare che andrebbero sempre rintracciati e valutati con attenzione quei fattori (a volte modificabili, come l’indice di massa corporea, la dieta e lo stile di vita, a volte immodificabili, come età materna, numero di parti pregressi, presenza o assenza di patologie note, diagnosi di infertilità, pregresse perdite perinatali) che si associano ad un aumentato rischio di esiti avversi in gravidanza. La gravidanza è un percorso lungo e articolato, il cui buon esito dipende da molti fattori. La presenza di alcuni fattori di rischio non necessariamente si associa ad esito infausto, ma richiede, di per sè un’attenzione in più al decorso. Se le gravidanze fisiologiche non necessitano di particolari esami diagnostici al di fuori di quelli di routine, e se le gravidanze classificate come “a rischio” hanno un percorso distinto e specifico per patologia (diabete, ipertensione etc), molto si può migliorare nella gestione delle gravidanze in cui, pur in assenza di patologia conclamata, sono presenti alcuni fattori di rischio (sovrappeso o obesità, pregressa morte in utero, poliabortività, età materna, ricorso a tecniche di procreazione mediamente assistita). In questi casi, mantenendo un approccio il più possibile rispettoso della fisiologia, è necessario personalizzare i controlli, con qualche piccolo accorgimento in più.

Quindi, se da un lato dobbiamo evitare gli allarmismi inutili perché il nostro sistema sanitario nazionale e gli operatori del settore sono preparati, competenti e in linea con la media Europea, dall’altro è necessario portare avanti questi 3 progetti: estensione del Sistema Italiano di Sorveglianza Ostetrica a tutte le regioni Italiane, cartella elettronica materno-fetale e particolare attenzione alle gravidanze che presentano fattori di rischio in assenza di patologia conclamata.

Giulia Mandrino

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Romanziere per ragazzi tra i più amati, il quasi settantenne Philip Pullman ha creato mondi fantastici nei quali moltissimi bambini si sono immersi con entusiasmo. La trilogia di "Queste oscure materie" e la serie di Sally Lockhart (a partire dal "Rubino nel fumo") sono solo alcune tra le sue opere più famose.

Nel 2005 è stato insignito dell'Astrid Lindgren Memorial Award: all'autrice del romanzo dedicato all'eroina bambina Pippi Calzelunghe è dedicato dal 2003 questo premio alla Letteratura d'Infanzia, e all'inventore del mondo di Lyra Belacqua è andato l'onore di ricevere questo riconoscimento.

In occasione del decimo anniversario dell'ALMA (il premio Lindgren, appunto), Philip Pullman ha donato ai suoi lettori un pensiero meraviglioso riguardante l'importanza dell'arte e della cultura per i nostri bambini.

Storie, poesia, musica e tutto ciò di cui i bambini hanno bisogno: nelle parole di Philip Pullman la meraviglia delle arti nelle vite dei nostri figli.

Paragonando il bisogno di storie, poesia e musica dei bambini alle urgenze primarie come il cibo, il sole e l'aria aperta, lo scrittore vuole esprimere e imprimere nelle menti dei genitori l'importanza dell'arte nella crescita dei ragazzi: un bisogno non visibile o istantaneo come il nutrimento fisico, ma altrettanto fondamentale!

"Se non si danno al bambino arte, storie, poesie e musica il danno non è subito visibile, ma c'è", si legge sulla pagina dell'ALMA sulla quale è stato pubblicato il testo integrale di Philip Pullman . "I loro corpi sono sani abbastanza, possono correre, saltare, nuotare e mangiare con appetito e fare molto rumore, come i bambini hanno sempre fatto. Ma qualcosa manca".

Questo qualcosa, appunto, è l'arte. Soprattutto quando un bambino ne è affamato senza saperlo.

Le parole di Philip Pullman continuano poeticamente, ma colpiscono in profondità: certo, non nega esistano persone che possono fare a meno dell'arte, che non possiedono alcun libro e la cui casa ha pareti spoglie, senza alcun dipinto o immagine o disco. Queste persone potrebbero non accorgersi nemmeno se un giorno tutta l'arte sparisse dal mondo, e non ne soffrirebbero, probabilmente.

"Ma - continua l'autore - altre persone, nel corso della loro infanzia, o giovinezza, o addirittura da vecchie, si imbattono in qualcosa di cui non si sono mai sognati prima. Un giorno sentono una voce alla radio che legge una poesia, passano accanto ad una casa dalla cui finestra aperta si sente qualcuno che suona il piano, vedono il poster di una particolare opera appeso al muro di qualcuno, e vengono colpiti in un modo così difficile eppure così dolce che gli vengono le vertigini".
Queste persone si accorgono all'improvviso di avere una fame che mai hanno saziato, quella culturale, perché mai è stata data loro la possibilità di farne esperienza. Così accade ai bambini ai quali è stata negata la possibilità di conoscere l'arte, la cultura, la narrativa, la musica: potrebbero imbattersi all'improvviso in essa nel corso della loro vita e capire che il vuoto che sentivano poteva essere colmato da tutto questo, oppure non accorgersene mai, e privarsi così di una parte fondamentale della loro persona.

"Gli effetti della fame culturale non sono drammatici e non sono facilmente visibili", dice l'autore, che, continuando, vuole sottolineare l'importanza di dare una possibilità ad ogni bambino. Magari non ne avrà bisogno, magari non gli importerà di leggere un capolavoro o di godere di un paesaggio ben disegnato, ma almeno avrà avuto la chance di capire se nella sua vita la cultura è importante o meno.
"Questa fame esiste in un sacco di bambini, e spesso non viene soddisfatta perché non è mai stata svegliata. Moltissimi bambini in tutto il mondo muoiono di una fame per qualcosa che alimenta e nutre la loro anima in un modo che nient'altro avrebbe mai potuto fare".

Risvegliare questa fame dovrebbe quindi essere compito di ogni genitore ed educatore. Non solo. Dovrebbe essere un diritto costituzionale di ogni bambino!

"Diciamo, giustamente, che ogni bambino ha diritto al cibo e al riparo, all'educazione, alla medicina, e così via. Dobbiamo però capire che ogni bambino ha il diritto di fare l'esperienza della cultura. Dobbiamo comprendere appieno che senza storie, o poesie, o disegni, o musica i bambini moriranno di fame".

Moriranno. Di. Fame. Capito?

 

Foto Credits: https://www.flickr.com/photos/thenickster/8016466507

10 frasi da non dire a tuo figlio

Giovedì, 07 Gennaio 2016 11:59

Nei momenti di rabbia è difficile non lasciarsi sfuggire parole grosse o frasi che in un secondo momento vi rimangereste senza indugio. Capita, quando i bambini con i loro pianti o le loro giornate no (sommate magari alla nuvola di Fantozzi che, proprio quel giorno, vi trovate sulla testa).

Meglio però prendere un attimo, fare un respiro profondo e calmarsi prima di sputargli in faccia rimproveri troppo pesanti rispetto alla situazione, ma soprattutto prima di lasciarsi sfuggire frasi che, ok, di primo acchito sembrano innocue, ma che alla lunga potrebbero influire sulla loro autostima e sulla loro considerazione di se stessi.

Ecco 10 frasi da non dire a tuo figlio: cosa evitare per non minare l'autostima e il benessere del bambino

- È meglio che tu la smetta, altrimenti...

Fondare il rimprovero sulla paura che può provocare nel bambino è una scorciatoia, ma questa scorciatoia dietro l'angolo nasconde conseguenze parecchio negative, alla lunga: ok, oggi tuo figlio abbocca, e giustamente cambierà comportamento perché impaurito da una possibile situazione negativa; il problema è che non comprenderà il motivo del vostro no, ma semplicemente non farà quell'azione per paura della conseguenza. Inoltre da adulto per lui potrà essere normale pensare che l'ottenimento di qualcosa passi dall'intimidazione!

- Non disturbarmi ora, lasciami in pace.

Niente di peggio per far sentire il bambino inopportuno e non voluto. Chiaramente ogni genitore ha bisogno del proprio spazio, ed è giusto ritagliarsi i propri momenti. Non lasciatevi però andare all'impazienza o alla seccatura: vi sentirà scocciati e di conseguenza penserà che non avete tempo per lui. Piuttosto cercate di insegnargli da subito l'importanza degli spazi degli adulti: "ora non posso perchè sto facendo questo, quando ho finito però vengo da te".

- Sei così...

Sei così insolente, sei così stupido, sei così impaziente, sei così distratto, sei così cattivo. Il "sei così" non va mai bene, perché mette in testa al bambino che sì, effettivamente lui è proprio così, e allora perché cambiare? 

- Ti aiuto io, che tu non sei capace.

Potete pensare ad una frase più scoraggiante? "Se mamma e papà che sanno tutto mi dicono che non sono capace allora è proprio vero che io non posso fare questa cosa" penserà il vostro piccolo. Pensiamo a questa frase detta dal nostro capo mentre stiamo imparando un nuovo lavoro. 

- Su, fallo, lo so che sei capace!

E se invece non lo sa fare, quel compito? Immaginati la paura di deludervi, che stress! In entrambi i casi lasciate che ci provi, senza negargli il vostro aiuto quando ve lo chiede, ma sempre evitando di scavalcarlo o ignorarlo.

- Ok, fai ciò che vuoi, mi hai stufato.

Per forza poi continuerà con la modalità scelta: ha compreso che funziona e che quella è la via giusta per ottenere ciò che vuole. Non solo, percepirà la sensazione di non essere contenuto e sopratutto acettato. Questo senso di libertà e allo stesso tempo di vuoto non è proprio una sensazione piacevole per un bambino. 

- Mi stai facendo impazzire.

Sentendo questa frase il senso di colpa nel bambino crescerà esponenzialmente. Penserà che è solo colpa sua se in quel momento siete arrabbiati, quando magari è tutto il giorno che avete la luna storta. Piuttosto, spiegategli perché il suo comportamento è sbagliato e perché effettivamente state impazzendo: capirà da solo e cercherà probabilmente di aiutarvi a stare meglio. Comunicate le vostre emozioni perchè i bambini imparano imitanto: se vuoi riuscite a spiegar loro in che modo vi stanno facendo arrabbiare, perchè siete stanchi o anche semplicemente la sensazione di stanchezza e di paura, loro si sentiranno legittimati non solo da bambini ma anche da adulti ad esprimere ciò che provano.

- Non deludermi, dimostrami che sei...

La peggiore e la più gettonata da tanti papà. Crescere un figlio basandosi sul concetto di "delusione" e di appagamento del genitore è davvero pessimo. Un figlio deve essere amato e apprezzato per ciò che è, non per ciò che fa: evitiamo anni di psicanalisi per affrontare il dilemma "sei ciò che sei, non sei ciò che fai". Una frase bellissima da dire è "non c'è nulla che puoi fare che possa impedirmi di amarti, io ti amo sempre e comunque". Tuo figlio non vi deve dimostrare nulla, deve crescere sereno e sicuro di sè: impegnamoci a trasmettere loro la gioia per la vita, i valori e la passione per fare e imparare. Ma sopratutto il rispetto per ciò che è, perchè dobbiamo far sbocciare un fiore, non trasformare una rosa in una azzalea.  Inoltre il piccolo (ma anche da adulto) sarà sempre spinto a comportarsi come vogliono gli altri nascondendo quegli aspetti di lui che ritiene possano non piacere a chi lo circond. Non è sempre possibile compiacere tutti! E anche i bambini hanno il diritto di poter sbagliare e seguire le proprie convinzioni (e ciò non significa non insegnargli ciò che è giusto e sbagliato, naturalmente).

- Se fai così non ti voglio più bene

Sempre come per la frase 8, anche qui l'amore è basato su cosa si fa. "Quindi mamma e papà possono smettere di volermi bene e di volermi con loro". Credo non ci sia nulla da aggiungere. 

- Sei fai il cattivo vado via

Con questa frase insegniamo ai nostri figli due cose: la prima è che come nei due casi precedenti solo se mi compèorto in un certo modo mamma e papà mi amano e vogliono stare con me, quindi io mi devo meritare il loro amore, se sbaglio loro non mi vogliono più. In secondo luogo gli stiamo dicendo che quando qualcosa non va la soluzione migliore è scappare: così quando ci si imbatte in una difficoltà nella vita la soluzione migliore è lasciar perdere e andare via. 

 

Essere genitore è difficile, questo non lo toglie nessuno, ma dobbiamo organizzarci per trovare vie che consentano di tutelare il nostro benessere e la nostra integrità. Meglio qualche ora in meno insieme, anche nel week end, ma avere dei propri spazi per rigenerarsi. E sopratutto evitiamo alcune abitudini che incrementano il nostro stress!!

Giulia Mandrino e Sara Polotti

La nuova moda dei brelfie delle star

Mercoledì, 06 Gennaio 2016 07:38

Allattamento sì, allattamento no. Ma soprattutto: allattamento in pubblico sì o allattamento in pubblico bleah?

La diatriba sul metodo più naturale per nutrire i nostri bambini nel 2015 è sbarcata sui social. E ha fatto il botto.

È bastato intrecciare le parole Breastfeading (l'allattamento, appunto) e Selfie, ed ecco la nuova moda dei brelfie delle star: un'iniziativa davvero carina per sensibilizzare su un argomento che ci sta a cuore.

Provate a fare una piccola ricerca con annesso hashtag: i risultati tra Twitter e Instagram, Facebook e Pinterest saranno infiniti. Partiamo dalle star: Gisele Bundchen, Miranda Kerr, Gwen Stefani, Bianca Balti, Tamara Ecclestone, Blake Lively, Alyssa Milano, Alanis Morrisette, Eva Riccobono. Sono loro le pioniere; sono loro che hanno accolto con gioia l'impazzata dell'hashtag pro-poppata e l'hanno fatto il loro modo per dire sì all'allattamento in pubblico. E da lì le neo mamme di tutto il mondo le hanno seguite con entusiasmo.

Non che le immagini di allattamento siano una novità: spesso le riviste patinate hanno accolto tra le loro pagine pancioni nudi e seni nascosti solo dalle testoline dei bambini delle star (ricodate Demi Moore, orgogliosamente panciuta e nuda, Eva Herzigova sulla copertina di Vanity Fair o la compagna di Mick Jagger che qualche anno fa allattava il figlio in una bellissima immagine di Annie Leibovitz per Redbook?).
Portare questi scatti sulle proprie bacheche online ha trascinato però l'argomento in una dimensione più privata (rispetto alla fama delle star, in qualche modo "giustificate" dal loro status) eppure pubblica. Un controsenso? No, neanche un po'.
La poppata social si è quindi rivelata fortunata. Certo, ha scatenato un dibattito tra i favorevoli e i contrari, che in questo caso si appigliano alla considerazione che postare immagini dell'allattamento sia solo un modo per esibire la propria nudità, in qualche modo così giustificata. E ha sguinzagliato i cani verbali di moltissimi maleducati: i commenti sotto a molte immagini spaziano da "che schifo" a "vergognati". Ma, per fortuna, la maggior parte sono solo parole di supporto e congratulazioni per il coraggio.

Considerare l'allattamento in pubblico mero esibizionismo sembra però un po' esagerato e parecchio assurdo. È naturale, è fisiologico ed è benefico. E non c'è nulla di strano. Anche perché, diciamolo, per una mamma che allatta concentrarsi sul proprio esibizionismo è l'ultimo dei pensieri, no? Non è uno sbandierare di seno, non è una sfilata di nudità oscena.

Ecco, il Brelfie vuole toccare questo tasto che è ancora un tabù. Sta ad ogni mamma decidere se allattare o meno senza sentirsi giudicata in un senso o nell'altro, e se sentirsi a proprio agio in mezzo alla gente con il proprio bimbo al seno o optare per un allattamento più intimo: ad ognuna la sua scelta. Ma, almeno, si faccia sì che la scelta possa avvenire, senza essere additate come svergognate o esibizioniste.

Foto:
Gisele Bundchen, Gwen Stefani, Miranda Kerr, Blake Lively, Alanis Morrisette, Bianca Balti
Tutte da Instagram

Sara Polotti

Chi ha un bambino che frequenta una scuola montessoriana lo sa: un momento importantissimo è quello dedicato ad apparecchiare la tavola. I piccoli camerieri imparano a disporre le stoviglie per i pasti in maniera precisa ed ordinata, diventando piano piano bravissimi in questa attività.

Tutto questo non ha valore solo perché "bon ton". No. L'importanza dell'apparecchiare la tavola è spiegata molto bene dalla stessa pedagogista: il lavoro necessario a questa attività quotidiana permette al bambino, grazie alla crescente difficoltà dei compiti e alla pazienza che deve saper dosare, di sviluppare il suo carattere e di provare sulla sua pelle il senso della responsabilità.

Perchè e come i bambini devono apparecchiare tavola secondo Montessori: come disporre tovaglie e stoviglie per far sì che il bambino sviluppi la sua indipendenza 

Tutto deve essere insegnato gradualmente. Naturalmente i più piccoli (pensiamo a quelli di due anni) non sono in di maneggiare piatti in porcellana o bicchieri di cristallo (e non è nemmeno sicuro), ma se il bambino ha un'età in cui la sua manualità fine si sta sviluppando è necessario utilizzare le stoviglie vere.

Iniziate quindi (anche a casa, se già lo fa a scuola) a giocare all'"apparecchiare il tavolo"! Nella cameretta montessoriana di cui vi abbiamo parlato non deve mancare il tavolino (o la piccola scrivania) a misura di bambino. Si può quindi cominciare con l'apparecchiare per finta il piccolo tavolo. Con tovagliette di carta, piatti e bicchieri di plastica e posate adatte ai più piccoli iniziate a insegnare a vostro figlio i principi: il piatto al centro, le posate ai lati del piatto, e così via.
Non fossilizzatevi però sulle stoviglie anti-rottura, come dicevamo, e utilizzatele solo nel caso di bambini davvero piccoli piccoli. Nelle scuole montessoriane camerieri e dispensieri (i bambini che a turno si occupano della preparazione dei tavoli da pranzo) utilizzano vere tovaglie, veri piatti in ceramica e bicchieri di vetro. Questo perché è importante che i bimbi capiscano ed apprezzino il valore materiale delle cose: capiterà di rompere qualcosa, ma una volta accaduto il bambino capirà la delicatezza delle cose e sarà in grado di valutare come maneggiare tutto con la cura necessaria.

Provate quindi qualche gioco per rendere tutto più divertente prima di passare alla vera attività.

Ad esempio, prendete delle tovagliette di tela o sughero, bambù o legno: l'importante è che non abbiano pattern che disturbano, quindi meglio tinta unita. Su di esse disegnate quindi le silhouette degli elementi da posizionare (oppure ricamatele): il piatto, le posate (la forchetta alla sua sinistra e cucchiaio e coltello - con la lama rivolta verso il piatto - a destra), il cucchiaino sopra il piatto e il bicchiere in alto a destra.

 


Foto Credits: http://www.daniandcolf.com/wp-content/uploads/2015/02/tovaglietta-montessoriana2.jpg

Il bambino dovrà appoggiare gli elementi (meglio quindi quelli veri, di ceramica e vetro) seguendo le forme.
Tutto questo sarà svolto sulla tavola vera, quella dove la famiglia mangia: aiutandosi con uno sgabellino montessoriano, il bambino vi aiuterà fin da subito (magari, se piccolo, ricorrendo alle tovagliette preparate per poi toglierle gradualmente) in questa utilissima attività, che dovrà svolgere con cura e con costanza (può diventare un suo compito quotidiano).

Gradualmente le tovagliette che lo aiutano saranno eliminate: una volta imparata la disposizione il bambino potrà passare ad utilizzare la tovaglia vera e propria.
E, mi raccomando, insegnate anche a sparecchiare; lasciate che siano i bambini a riporre ordinatamente le tovaglie e a raccogliere le stoviglie sporche. Anche questa è un'attività importantissima per la vita pratica!

Sara Polotti

KORTO, l'orto online biologico di Torino

Martedì, 05 Gennaio 2016 07:53

Avere un piccolo orto è il sogno irrealizzabile di moltissimi abitanti delle città italiane. Spesso, non avendo spazio esterno è impossibile curare un piccolo appezzamento di terra per provvedere ai bisogni di frutta e verdura della famiglia in maniera autonoma e sostenibile. Ma c'è chi ci ha pensato e ha trovato una soluzione fighissima.

A Torino è nato KORTO, l'orto online per soddisfare i sogni biologici dei cittadini: seduti comodi comodi alla scrivania di casa, i torinesi possono coltivare la loro terra grazie alla start-up di Davide Almondo e al suo team

Si è chiesto: come far sì che ognuno possa coltivare i suoi ortaggi anche quando lo spazio non lo permette? Bene, ecco un server delle colture.

L'imprenditore torinese Davide Almondo ha messo così a disposizione la terra ai torinesi. Si fa tutto online: vai sul sito www.korto.it, ti iscrivi gratuitamente, crei il tuo orto (personalizzato al 100%!) e ogni settimana ricevi a domicilio i tuoi kilogrammi di verdure (2,5kg a 9 euro a settimana, 5kg a 16 euro e 10kg a 29 euro). Come? Grazie ai contadini che pianteranno le tue verdure in uno degli oltre 500 Orti Urbani creati presso Venaria Reale, se ne prenderanno cura, le coglieranno e le spediranno a casa tua (se vivi in provincia di Torino) una volta a settimana dal momento in cui saranno pronte.

Il tutto controllabile da casa come in un The Sims vegetale: una webcam sarà sempre puntata sui tuoi ortaggi e potrai spiarli ogni volta che vuoi.
Il team ha pensato a tutte le variabili: ovviamente nei primi tempi di crescita non potrai ancora ricevere i frutti del tuo web-lavoro, quindi avrai la possibilità, comunque, di ricevere prodotti di coltivatori locali. E, se per qualche ragione in una determinata settimana non riceverai i tuoi prodotti, ovviamente non pagherai nulla.

Non solo: per chi volesse fare la vera esperienza della coltivazione, sporcandosi le mani e i gambali di terra, ci sarà la possibilità, ogni sabato, di recarsi presso il proprio orto per cogliere i prodotti personalmente, risparmiando così anche sulla consegna.
E per ogni evenienza, il tuo personal farmer (cioè il contadino che segue il tuo orto) sarà rintracciabile sempre, via WhatsApp, per le domande e le richieste (come, ad esempio, sapere come sta crescendo sana la tua carota viola o poter trasformare in confetture e marmellate i tuoi prodotti).

È a km Zero e quindi ha impatto bassissimo sull'ecologia, è controllato, è sano e genuino, è occasione per conoscere la coltivazione, è comodissimo, creativo e divertente, e sostanzialmente è una figata.
Ahimè, per ora è disponibile solo ad un'utenza torinese (ovviamente: altrimenti il concetto di km0 andrebbe abbastanza a farsi benedire).

Chissà che ad altri start-uppers italiani venga l'idea di coltivare orti urbani come questi ideati da Korto e di trapiantarli in tutto lo stivale: non sarebbe bellissimo per ogni famiglia poter coltivare il proprio orticello con ogni possibile verdura anche quando gli spazi e le abitazioni non lo permettono? Mamme, papà e bambini potrebbero crearlo tutti insieme e una volta a settimana recarsi presso il proprio spazio agricolo per cogliere insieme al proprio personal farmer verdure e ortaggi di stagione. Magnifico, no?

Sara Polotti

Resilienza: in ecologia, la capacità di un ecosistema di tornare al suo stato originario dopo un cambiamento; in tecnica, la resistenza di un materiale alla rottura dinamica. Nella vita, una risposta positiva ad una situazione di avversità.

La parola "resilienza" sta prendendo sempre più piede nel vocabolario di tutti i giorni, presa in prestito da ambiti un po' più scientifici ma effettivamente adattabilissima alla scienza sociale.

In un momento di crisi, è normale cercare di resistere in maniera positiva a degli stati negativi. La resilienza significa proprio questo: sapersi adattare e tornare alla serenità nonostante i problemi, i traumi o i disagi. Importantissimo dunque che anche i figli imparino quest'elasticità.

Aiutiamo i bambini a diventare resilienti:Insegnare ai bambini la gestione dello stress fin da piccoli.

Un recente studio statunitense, condotto in collaborazione con il Centro per lo Sviluppo del Bambino dell'Università di Harvard, ha messo in luce come un significativo ruolo in questo senso lo abbia il rapporto del bambino con gli adulti: se il piccolo ha una relazione buona e stabile con un adulto che lo supporta, allora avrà maggiori possibilità di crescere in maniera tranquilla, senza grosse difficoltà e sviluppando una capacità di resistenza positiva alle avversità.

Questo perché il cervello in via di sviluppo conta sulle interazioni del dare e ricevere che intercorrono tra un bambino e chi (adulto) si occupa principalmente di lui. Quando queste interazioni intercorrono con regolarità e senza problemi, il piccolo sviluppa le capacità di pianificare, regolare il comportamento, adattarsi alle circostanze più mutevoli e infine resistere nella maniera positiva di cui parlavamo. Al contrario, quando non aiutato e non supportato dall'adulto di riferimento, il bambino perde la possibilità di costruirsi una struttura cerebrale pronta a queste situazioni; anzi, il quel caso l'assenza è percepita come una minaccia, la minaccia provoca lo stress e lo stress induce il cervello a portare al corpo cambiamenti fisiologici permanenti che influenzano salute fisica e mentale. E il bambino, intossicato (fisicamente!) dallo stress non è più in grado di adattarsi o ripiegare le situazioni non confortevoli a proprio vantaggio.

Provvedere a non privare un bambino di un rapporto come questo è quindi il primo passo (pedagogico ma anche fisico) per aiutarlo a diventare una persona resiliente. Ma anche altre piccole spinte possono dargli la possibilità di capire questo concetto pian piano.

Ad esempio, insegnategli l'importanza della pazienza e dell'attesa: quando si presenta una situazione del genere (che so, aspettare l'aereo, attendere nella sala d'attesa del medico) provate a non offrirgli nessun intrattenimento (videogame o fumetti). E anche il senso dell'attesa in senso più lungo e vitale: quando parlate del cibo sano fategli capire che non è un'imposizione noiosa e adulta ma che è per il suo bene e per la sua vita (i benefici sono a lungo termine).
Create occasioni per provare esperienze nuove, sconosciute e lontano dalla zona-comfort: sport "estremi" (arrampicata o canoa), corsi per imparare nuove cose manuali (cucito, cucina, tip tap: ciò che volete), campi scuola diversi, conoscere bambini di altre lingue e culture. Meglio se senza gli amichetti abituali: imparare cose nuove (quindi una cosa già challenging di per sé) in assenza di persone conosciute "obbligherà" il bambino a darsi da fare in entrambi i sensi per trarne il beneficio.

Fate sì che il vostro bambino aiuti gli altri, nelle situazioni quotidiane ma anche inserendolo in gruppi di volontariato: oltre che l'empatia capirà il valore di superare le difficoltà, dal momento che esistono situazioni di tutti i tipi, tutte diverse tra loro ma sempre superabili.

Incoraggiatelo sempre: quando non riesce a fare i compiti, quando si strugge davanti a qualcosa di cui non capisce il significato, quando non si sente adatto allo sport che pratica. Non serve correre subito in suo aiuto! Lasciate che affronti la cosa da solo (fin dove può farcela) e che tenti di risolverla con le sue risorse. Dispensate però qualche parola di incoraggiamento, quello sì. "Tutto passa", "ce la puoi fare e lo so che non è semplice" e altre frasi del genere, se dette da voi adulti, fanno capire al piccolo che è veramente così: l'esperienza poi lo confermerà, e quando il momento di crisi sarà passato potrete ricordagli come stava quando era giù e come il momento sia passato tranquillamente.

Insegnate ad essere grati quando qualcosa ti viene donato, restate fermi sulle posizioni che avete preso (ad esempio, i 10 minuti di tivù devono essere 10, non 15), non correte in aiuto quando non è necessario in modo da mostrare loro che avete fiducia nelle loro capacità: ecco, situazioni di buon senso che senza cattiveria spingono il bambino a trovare il buono nelle "brutte" situazioni da sé, ad essere indipendente, a rivoltare le situazioni spiacevoli in opportunità. E una volta "resiliente" il vostro bambino diventerà un adulto davvero in gamba!

Per informazioni in merito ai meccanismi della resilienza vi consigliamo la lettura del libro "Stress, no grazie sono resiliente", Mental Fitness Publishing

 

I nostri consigli per idratare i capezzoli nei nove mesi: come preparare il seno all'allattamento durante la gravidanza

"Il seno della mamma è già naturalmente pronto" spiega l'ostetrica Eleonora Bernardini nel libro Mamme pret a porter edito da Mental Fitness Publishing.  è durante la gravidanza, infatti, che iniziano le modifiche che consentiranno la produzione di latte e l’avvio dell’allattamento.

"Tutte le mamme durante i mesi dell’attesa possono notare un cambiamento del proprio seno: pensiamo, ad esempio, al cambio di colore di areole e capezzoli, al comparire di piccole protuberanze sull’areola, i cosiddetti tubercoli di Montgomery, e a volte anche la secrezione di piccole quantità di colostro...
Spesso, le mamme con capezzoli piatti o rientranti pensano di dover fare qualcosa per facilitare, in futuro, l’attacco del bambino. In realtà, molte di queste donne notano una più marcata protrusione dei capezzoli avvicinandosi al momento della nascita. Anche se questo non dovesse accadere, non preoccupatevi: il bambino non deve attaccarsi al capezzolo, ma al seno, quindi la sua forma potrebbe essere irrilevante. Eventuali problemi si potranno valutare solo dopo la nascita, osservando l’attacco del bambino e, nel caso, aiutandosi con l’uso di paracapezzoli. Per quanto riguarda le ragadi, invece, non c’è nulla che possiamo fare per prevenirle prima del parto: occorre solo adottare un buon attacco al seno dopo la nascita." (ibidem).

Possiamo però tener idratata la pelle, come per altro tutto il nostro corpo. Ottimo a questo fine l'olio di germe di grano da applicare sulla pelle umida tutti i giorni. Un altro olio particolarmente utile, sempre da utilizzare sulla pelle umida, è l'olio di bala, detto anche Bala Tailam, un meraviglioso olio della tradizione ayurvedica specifico per la futura e neomamma. Lo potete trovare qui

Ecco poi una ricetta eccezionale e super idratante adatta a prevenire smagliature e idratare in profondità il seno in gravidanza:

- 250 ml di olio di germe di grano

- due cucchiai di burro di karitè

- due cucchiaini di vitamina E

- 3 gocce di olio essenziale di lavanda

Mescolare insieme gli ingredienti e applicare sulla pelle umida almeno una volta al giorno.

 

Giulia Mandrino

 

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Sara

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Cecilia

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