E' soffice, si scioglie quasi in bocca: l'unione delle gocce di cioccolato e della banana poi gli da un gusto strepitoso.
Si sa…organizzare una festa di compleanno con tutti i Crismi e tutti i Sacramenti, è diventato un impegno davvero notevole. Quando ero piccola non esistevano (o almeno non da me nel piccolo paesino) gonfiabili, animazione, piattini delle principesse con festone e palloncini abbinati, catering e chi più più ne metta. Il compleanno si festeggiava in casa, nel giorno in cui effettivamente compivi gli anni. Se capitava nel week end tanto meglio, ma se capitava durante la settimana e non tutti potevano partecipare, pazienza. Un po di musica, il gioco delle sedie, nascondino e acchiapparella se lo spazio era sufficiente. E sennò un bel gioco da tavolo, o un film, e tutti erano felici e soddisfatti, il festeggiato in primis.
Adesso, per organizzare una festa di compleanno, ti devi organizzare almeno un mese prima. Cercare la location, comprare gli addobbi, ordinare torta e rinfresco e dare gli inviti (cartacei a scuola e via whatsapp per tutti gli altri). Nemmeno un matrimonio richiede un dispendio di energie e soldi simile! Quando su whatsapp mi appare la scritta “clorinda ti ha aggiunto al gruppo: festeggiamo i 3 anni di Teodoro”, il cuore perde un colpo. Perché quasi sicuramente col culo che ho, la festa sarà di domenica mattina alle 10 (unico giorno della settimana che uno potrebbe restare a letto a poltrire), e al 99% sarà in Fanculonia, in culo alle stelle e in braccio alla luna, che tu dici: “Cazzo! Vivi ad Acilia, perché devi festeggiare dall’altra parte del mondo, l’animaccia tua!”. Ma tant’è, alla festa ci devi andare, anche perché pure la scorsa volta hai messo su la scusa del “sai ho il piccolo che sta poco bene…devo tenerlo riguardato”, quindi inventare altri malanni è poco opportuno e soprattutto poco credibile…
Di solito poi, se la festa è di uno degli amici della mia grande (quasi 7), non andarci equivarrebbe a scatenare le ire funeste de ‘na ragazzina che pare costantemente in premestruo. I pianti e le urla si sentirebbero fino a Reggio Calabria, con quella voce martellante e lagnosa “tutti ci vanno tranne iooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”, che tu dici ok ora mi butto di sotto, almeno smetto di soffrire. Quindi la sera prima prepari i vestiti buoni, perché al compleanno, fosse pure al parco, non è che ci vai in tuta, prepari la borsa coi cambi che potrebbero servirti, appendi il regalo alla maniglia della porta per non scordarlo a casa, e metti la sveglia. Minchia, mettere la sveglia il sabato sera è ‘na cosa de ‘na cattiveria unica.
Poi quella sveglia suona, tiri giù tutti dal letto, li nutri li lavi li prepari, ti prepari pure tu e sul più bello il marito ti dice “uh caz…..avevo scordato una cosa!”…il tuo sguardo gelido lo trafigge “cosa avevi scordato, dimmi! Cosa?”….. “ho scordato che devo vedere un cliente a studio per il ritiro di un bundle…ma faccio presto…tu avviati e io ti raggiungo…”. E io già so che non verrà , o verrà quando la festa sarà sul finire. Quindi ingoio le bestemmie, carico i bambini in macchina, accendo il navigatore, e mi avvio.
Di solito l’opera viene completata da una bella scarica di pioggia a cielo terso, giusto per allietare la giornata, o dal piccolo che trenta secondi prima di uscire deve fare cacca (o peggio se la fa addosso). Dopo aver sbagliato strada una decina di volte (si lo ammetto, so ‘na pippa in macchina), riesco ad arrivare al luogo della festa. E 9 volte su 10, credetemi, è un posto dove uno non porterebbe mai un bambino di due anni a giocare, soprattutto un bambino come il mio. Gonfiabili con giochi immensi inondati da fiumi de ragazzini che corrono, urlano, se lanciano addosso agli altri. E tu già immagini la scena non appena il tuo piccolo metterà piede là dentro. Ovviamente provi a dire alla sorella “Ele per favore, gioca pure con Samu…” ma lei, arrogante e impunita sapete che risponde? “mamma te lo sei portato, te lo tieni!”
Eccccerto! Me lo sono portato! Non è che niente niente semo venuti qua per accontentare te…noooo! Era il mio primario desiderio concludere una settimana da delirio con una bella festa alle 10 de domenica…ma ormai sto là, che faccio…spero solo che il pronto soccorso non sia troppo pieno e mi metto l’animo in pace. “Samu vai a giocare su…mamma va a spizzicare qualcosa”.
Si perché nella corsa, io la colazione l’ho saltata. E perciò, il tavolo del buffet è la mia unica consolazione….quando becchi quelle feste dove se magna…ma ahimè, non sempre succede. E capita pure la festa quella “braccino corto”…quella che arrivi al tavolo e ce stanno 8 pizzette, 3 tramezzini, mezza bottiglia de coca cola e na manciata de pop corn..e tu pensi “è uno scherzo, mo tireranno fuori qualcos’altro, forse questo è l’antipasto!”…e invece passano i minuti, le mezz’ore…e nulla, grilli e cicale, ma di cibo nemmeno l’ombra.
E di solito, chi ha organizzato la festa, si avvicina e ti fa “allora, non mangi nulla? Da prendi qualcosa!”. Ma me stai a pijà per culo? Manco da bere ce sta, ho bevuto al bagno. Ecco. Dato che nessun medico prescrive che per la salute mentale di vostro figlio dovete fare la festa di compleanno con 800 persone, la prossima volta fateme na cortesia, nun me invitate. Perché se me devo alzà all’alba e devo fa tremila chilometri, almeno esigo de magnà! Ma no semi e lupini! Cibo vero! No cibo, no party! Grazie! ☺
Cinzia Derosas
Il riciclo è ormai un must. E i pallet lo sono altrettanto! Il loro materiale e la loro forma scomponibile li rende versatili, solidi e utili. Ecco perché nelle nostre case ne spuntano sempre di più, declinati nelle più svariate forme e soluzioni.
Anche per i bambini, però, è possibile sfruttarli. A casa, all’asilo o a scuola queste strutture di legno possono trasformarsi in tantissimi mobili da sfruttare in mille modi!
(foto 1 http://www.1001pallets.com/2013/02/books-racks/)
(foto 2 http://www.woohome.com/diy-2/26-fabulous-diy-pallet-projects-for-your-kids)
(foto 3 http://www.prakticideas.com/diy-sand-box-using-wooden-pallet/)
(foto 4 http://www.recycled-things.com/furniture/pallet-made-furniture-for-kids/)
(foto 5 http://www.palletfurnitureprojects.com/kids-furniture/pallet-mud-kitchen-for-kids/)
(foto 7 http://ourtaylorlife.blogspot.it/2014/05/i-built-bike-rack.html)
(foto 8 http://www.upcycleart.info/woodworks/pallets/awesome-pallet-recycling-ideas/)
(foto 9 http://www.apartmenttherapy.com/5-outdoor-diy-kids-projects-for-summer-fun-205206)
(foto 10 http://www.recycled-things.com/furniture/pallet-toddler-bed-plans/)
La merenda a scuola durante la ricreazione è uno dei momenti preferiti dei bambini, ed è anche uno dei più importanti: i nostri figli sono in età scolare, hanno bisogno di calorie per compensare le energie perse tanto giocando e muovendosi quanto concentrandosi sulle materie studiate; hanno bisogno di crescere!
Tuttavia sembra sempre difficile raggiungere l’equilibrio perfetto tra la salubrità degli alimenti, la comodità e la nutrizione. Si pensa sempre che la comodità degli snack già pronti non possa essere superabile, che l’energia necessaria per affrontare la giornata sia possibile sono con moltissime calorie o che una merenda sana sia sinonimo solo di scomodità o insipidità. Niente di più falso!
Innanzitutto procuratevi una bella scatolina, una lunch-box o una schiscetta (come preferite chiamarla?). Il bello è che hanno più scomparti e che riescono così a mantenere intatti gli alimenti, senza rischiare di mischiarli o ammaccarli. Noi abbiamo scelto Petit Fernand per la qualità dei materiali, praticità, bellezza indiscutibile delle linee e possibilità di personalizzazione (che ai pupetti piace tanto).
Bene, ora scegliete cosa dare al vostro bambino: assecondate i suoi gusti e cercate di variare di giorno in giorno, in modo da non annoiare le sue papille e da suscitare di volta in volta la sorpresa. E' sempre utile che all'interno della snack box siano presente proteine (come yogurt, mandorle o noci, scaglie di pecorino, tufu) al fine di evitare picchi insulinici.
Noi intanto vi diamo le nostre 8 idee:
- Nei vari scomparti sistemate alcuni cracker integrali, 2 prugne e 3 scaglie di pecorino: in questo modo il vostro bimbo potrà contare sui carboidrati complessi dei cracker non raffinati, sugli zuccheri della frutta e sulle proteine del formaggio di pecora, con le sue proteine.
- Una verdura che piace moltissimo ai bambini sono le dolci carote: tagliatene una cruda a listarelle, e completate la lunch box con 5 acini d’uva (la frutta è sempre benaccetta!) e una fettina di torta con gocce di cioccolato, meglio se fatta in casa (fatela a inizio settimana per colazione e sfruttatela anche a merenda!).
- Lo yogurt è un alimento completo, nutriente e gustoso: preparate la schiscetta con un vasetto di yogurt di soia, alcuni mirtilli e un panino piccolo alle olive. Ci saranno il dolce e il salato, e ai bimbi piacerà passare dall’uno all’altro.
- Di nuovo lo yogurt, ma stavolta quello greco: la sua corposità dà senso di pienezza, oltre che piacere molto al palato. Completate con alcune fette di ananas (o di un altro frutto tropicale - i bambini decideranno se mangiarli mischiandoli oppure uno alla volta) e una fetta di pane integrale per avere la giusta energia.
- Il pane-burro-e-marmellata è una delle merende preferite di tutti i tempi. Per una versione più sana sfruttate il ghee (burro chiarificato) al posto del burro normale, realizzando così un pane-ghee-e-marmellata con la confettura 100% frutta che più piace ai bimbi. Accanto al panino date loro dell’estratto di mela, carota e sedano.
- Avete mai provato le chips di verdura? Sono come le patatine, ma non sono fritte e soprattutto sono molto più sane. Si tratta di scaglie delle vostre verdure preferite tagliate molto sottili, condite e cotte al forno. Proponetele nella snack box per la scuola, in questo modo: le patatine di verdure (di quelle preferite dai bambini, come le carote o la zucca), 2 fette di formaggio di capra e un estratto di pesca, carota e ananas.
- Se i vostri bambini sono fan dei sandwich, lasciategli portare a scuola un panino con crema di tofu, zucchine grigliate e sale alle erbe; accanto ad esso proponete quindi un estratto di ananas, zucchina e spinacini.
Un legume al quale nessuno, e diciamo nessuno, può resistere?
- Gli edamame! Sono buonissimi anche freddi, quindi non gettate quelli che avete cucinato per cena, ma metteteli nella snack box insieme ad alcuni lamponi e ad un muffin al cioccolato.
- Chi ci segue sa che nelle nostre tavole e in particolare nelle merende non manca mai la frutta secca: ecco allora un buonissimo panino con burro di mandorle, uvetta da sgranocchiare e per finire un succo di frutta 100% frutta come ultima idea di snack box per la scuola.
Ho 39 anni appena compiuti e sono ancora figlia, già perché se tua mamma non passa alla fase successiva di nonna tu sarai e resterai sempre e solo figlia, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che comporta.
Riceverai ancora un sacco di regali a natale, la calza piena di dolcetti all’epifania, l’ovetto con sorpresa a Pasqua, mamma sarà l’unica al mondo che si ricorderà del tuo onomastico e lo riterrà degno di festeggiamenti, e qui i pro.
Mamma ti controllerà se ti ricordi di prendere l’antibiotico quando hai l’influenza, verrà a trovarti per un caffè ma avrai la sensazione di avere l’ispettore sanitario in casa, giudicherà le tue scelte (per lei mai opportune) dandoti consigli alla qualunque su come lo farebbe o agirebbe lei, da qui il fatto che come lo farebbe lei è cosa buona e giusta.
Mamma ti ricorderà che oggi è il compleanno della cognata della prozia e si scandalizzerà se non le hai telefonato per farle gli auguri, non pretenderà di passare con te tutte le festività “rosse” da calendario ma allo steso tempo ti farà sentire come se l’avessi abbandonata a sé stessa in un momento in cui, secondo lei, la famiglia dovrebbe riunirsi, e per lei riunirsi è buona ogni occasione.
In quanto figlia ti guarderà come ti vesti e storcendo un po’ il naso, chiederà genericamente “non ti avevo mai visto sta’ maglia è nuova”… “sì ti piace?” … “non sei andata così in ufficio vero?” tanto per farti capire che per lei è una schifezza… “perché non ti piace?” … “io non ho detto che non mi piace, ti ho solo chiesto se ci sei andata in ufficio”…
Lei sarà quella che fa vacillare ogni tua certezza accumulata negli anni di vita vissuta, ma sarà anche quella che, alla fine della fiera, sai che c’è sempre e pur con le sue critiche sa quando è il momento di ascoltare, quantomeno ascoltare e basta perché non hai bisogno di un consiglio, solo di parlare a qualcuno che ti ascolta.
Mamma è quella che se vai al pranzo della domenica cucina come non ci fosse un domani, come se invece di essere a tavola in quattro, si aspetti un’invasione di unni, lo fa per darti come dice lei “qualcosa che è avanzato”, in realtà ha cucinato per te per garantirti pranzi e cene da ristorante per almeno quindici giorni.
La mamma è sempre la mamma, ed è vero, specie se, appunto, non l’hai resa nonna e lei ci spera, sempre e comunque, anche quando avrai raggiunto i sessanta, lei non demorde, e va a trovare la sue amiche che hanno i nipotini e li adora, a prescindere, anche se sono brutti antipatici e maleducati, perché come dice lei “ma dai sono bambini”; bambini? Proprio tu che quando ero piccola mi hai fatto dei pipponi che nemmeno Kate Middleton al principino George?!
La mamma che si è fatta mille problemi sul fatto che io sia stata nei pomeriggi dalla nonna e che, dopo la nascita di mia sorella, ci sia stata la tata perché lei lavorava tutto il giorno. Ma io me la ricordo con estremo amore, tutta indaffarata quando tornava dal lavoro, ci portava con lei a fare la spesa e poi giocavamo, mentre lei stirava, noi sul tavolo della cucina a disegnare o fare gli ultimi compiti, a chiaccherare e fingere di essere al super o in un negozio con tutti i vestiti delle bambole come una boutique.
Lei che non mancava mai un pranzo o una cenetta prelibata, era super organizzata e sempre presa ma amorevole e partecipe. Pur lavorando a tempo pieno si divideva tra scuola, compiti, attività varie, cucinava, lavava, stirava, faceva la spesa, da sola senza aiuti domestici e non si lamentava mai. Donne di altri tempi.
Anche papà, che se ci penso ora mi stringe il cuore, tornava dopo una giornata di lavoro, quello vero, fisicamente pesante, e noi volevamo giocare sul tappeto con lui alla lotta e farci portare come a cavallo, costruire con il lego o cucinare con i nostri pentolini e mai, mai ci ha detto di no.
Ma avevamo anche tante regole: si giocava solo in cameretta o in cucina, il salotto era off-limits, non si saltava sul divano né sul letto, si mangiava quello che c’era nel piatto e non esistevano alternative, dopo che lei aveva sparecchiato se avevi fatto i capricci e non avevi cenato dovevi aspettare la colazione per mangiare, si doveva essere sempre educati fuori casa altrimenti quando si tornava erano davvero cazzi da cagare, non esistevano giochi spersi sul pavimento una volta finito di giocare si rimetteva in ordine, ci si vestiva con quello che diceva lei anche se non ti piaceva, la maestra aveva ragione e se in classe venivi ripreso poi a casa vedevi la peggio … E noi, noi semplicemente lo facevamo perché lo dicevano mamma e papà. Punto.
Non erano i tempi delle scelte, i piccoli facevano i bambini, gli adulti i genitori, forse non tutto era giusto, lo ammetto, ma non c’erano tutte ste psicocazzate che rendono i bambini di oggi spesso orgogliosamente consapevoli di quello che desiderano, dei loro tempi e spazi, delle loro esigenze, molte volte dei sotuttoio rompipalle petulanti e saccenti che se ti dico lo devi fare lo fai punto.
Quindi mamme vi do una dritta, quello che dite e che fate per i vostri figli sarà la base sulla quale loro costruiranno le persone che saranno domani, quindi occhio.
Sulla scorta delle belle e delle cattive abitudini passatemi mi permetto di buttarvi lì delle dritte, viste sia dal mio lato ancora di figlia, sia dal mio lato di ormai adulta:
Infine ricordatevi che siete anche donne e che quando uscite con le vostre amiche, specie se non hanno figli, dopo aver sviscerato il discorso cacca pappa nanna in un monologo di un’ora e aver fatto vedere tutte le foto che avete nel vostro iphone, anche le altre avranno qualcosa da raccontare e da chiedervi ed è giusto che riguardi voi stesse.
Non è un caso se depressione e svogliatezza siano dilaganti negli ultimi anni. Il mondo va velocissimo, i cambiamenti sono enormi, ma soprattutto la vita è sempre più soggettiva ed egoista. Si pensa al proprio orticello, senza curarsi di quello degli altri.
Ma, sapete? Riscoprire il valore dell’altro, del suo sentimento, dell’immedesimarsi con le sue gioie e i suoi dolori è la soluzione migliore. Insomma: l’empatia guarirà il mondo!
E non è una frase senza fondamento: ormai è noto che la Danimarca è (secondo vari studi) “il paese più felice al mondo”. E sapete cosa insegnano fin da bambini, ufficialmente a scuola dedicandoci addirittura un’ora a settimana? Già, proprio l’empatia.
In Danimarca tutti i bambini dedicano un’ora della loro settimana scolastica “alla classe”. Sì, proprio alla classe, intesa come il gruppo di studenti. La Klassen Tid è obbligatoria dai 6 ai 16 anni (per tutta la durata della scuola dell’obbligo, praticamente) e consiste in un momento di condivisione totale tra i bambini.
Ognuno parla dei problemi, propri o della classe, pensa a come risolvere questi problemi, condivide, si confronta, ascolta gli altri. E, alla fine, ciò che emerge è l’assoluto rispetto degli altri e delle loro opinioni, delle loro situazioni e delle loro capacità. Ognuno dà il proprio contributo, cercando di trovare una soluzione, proponendo scenari e analizzando tutti i punti di vista.
Il tutto in un’atmosfera assolutamente familiare, intima, di agio: i bambini (e gli insegnanti; anche loro partecipano beneficiando della Klassen Tid!) mangiano infatti una torta fatta con le loro mani , sedendosi per terra (o comunque in posizioni di relax).
Oltre al rispetto, comunque, l’insegnamento alla base della Klassen Tid sono la resilienza (la capacità di affrontare le situazioni), il problem solving e, soprattutto, l’empatia.
Questo valore, ultimamente snobbato e messo da parte a favore di egoismo e spirito di auto-conservazione, è di fatto alla base della felicità che contraddistingue il popolo danese, riconosciuto, come dicevamo, come il “più felice al mondo”.
Essere empatici significa sapersi immedesimare nell’altro, soffrire con lui e gioire con lui, capendo che ognuno ha veri sentimenti e vere aspirazioni, veri problemi e vere risorse. Insomma, vuol dire sapere che l’altro è una Persona con la P maiuscola. Significa sentirlo.
Ecco, i danesi lo sanno, e sanno anche che l’empatia non è un qualcosa di insito nell’essere umano alla sua nascita. Non è che “o ce l’hai o non ce l’hai”! No: l’empatia la si può imparare, venendo educati pian piano ad essa. Ecco lo scopo della Klassen Tid: educare i piccoli essere umani a diventare adulti empatici.
Adulti empatici che, a quanto pare, sapranno creare una società felice, tranquilla e ben strutturata: in Danimarca il sistema scolastico è ottimo, i redditi pro capite molto più alti rispetto al resto d’Europa, il welfare è davvero ben congegnato (la sanità ha pochissime pecche), e, fondamentalmente, la società è davvero egualitaria.
E allora capiamo che sì, l’empatia può essere (e deve essere) intesa come una vera e propria materia di studio, una skill da esercitare per arrivare ad essere persone davvero, davvero empatiche, sensibili, attente all’altro. In modo da scansare depressione ed egoismo a favore di felicità e cameratismo!
Se tendenzialmente state attenti all’educazione dei vostri figli e ci tenete ad essere sempre aggiornati sui metodi didattici che si possono trovare in giro per il mondo, probabilmente conoscerete già Sir Ken Robinson.
Inglese, i suoi pensieri rivoluzionano un po’ il concetto tradizionale di istruzione. Ma, come per fortuna quasi tutti i suoi colleghi educatori, anche lui è un accanito supporter del tempo passato all’aria aperta. E il suo pensiero ci ha molto affascinato!
Nato nel 1950, Kenneth Robinson è britannico, ma oggi vive negli Stati Uniti d’America. Il suo pensiero didattico, nel corso degli anni, si è concentrato sul ruolo della creatività nell’istruzione (secondo lui la scuola uccide questa creatività) e sui modi per sfuggire alla trappola della didattica tradizionale e per cambiare i paradigmi educativi del mondo occidentale.
Tra questi paradigmi da rovesciare, lo stare seduti in classe tra le mura dell’istituto. Secondo Ken Robinson, infatti, i bambini passano troppo tempo al chiuso, cogliendo troppo poco spesso le opportunità per uscire all’aperto, imparando così direttamente dalla natura e dall’esperienza.
Così, in un breve video per TES (un’istituzione globale che vuole fornire aiuto e strumenti agli insegnanti di tutto il mondo) l’educatore ha stilato la sua lista di cinque motivi per i quali i bambini dovrebbero passare più tempo all’aperto.
Ed ecco questi cinque motivi!
Non bisogna dimenticare, aggiunge, che l’infanzia è il momento migliore per lasciare che i bambini imparino direttamente all’aria aperta, lasciandoli lavorare insieme divertendosi, stimolandoli a fare esperienze concrete.
Tuttavia la scuola prende effettivamente un sacco di questo tempo dell’infanzia: meglio fare un attimo marcia indietro e riprendere in mano la situazione, prevedendo sempre più momenti dedicati proprio all’insegnamento nel verde.
Non solo: oltre a questa illuminante lista di ragioni (da stampare e rileggere all’occorrenza!) Sir Ken Robinson è un sostenitore dell’”Empty Classroom Day”, il Giorno della Classe Vuota.
Di cosa si tratta? E’ un’iniziativa bellissima, alla quale possono partecipare gli istituti di tutto il mondo: semplicemente, ci si impegna a celebrare l’importanza del tempo passato all’aperto lasciando le classi vuote per un giorno (il 18 maggio 2017), facendo lezione in giardino o nei boschi per tutto il giorno e lasciando quindi le classi vuote!
Un modo davvero divertente ed efficace per sensibilizzare insegnanti, bambini e genitori su un tema così importante eppure troppo spesso snobbato.
Se volete dare un’occhiata voi stessi all’iniziativa (magari coinvolgendo per primi l’Italia, che ancora non compare!) sbirciate il sito dell’”Empty Classroom Day” (https://emptyclassroomday.org.uk). E se volete ascoltare Sir Kenneth Robinson potete trovare la sua breve lista dei motivi per i quali passare più tempo all’aria aperta sul canale YouTube di TES.
Perché futurismo? Be’, perché le tavole tattili, quei bellissimi strumenti ludici e didattici costruiti da Bruno Munari per educare i bambini alla multisensorialità, nacquero proprio con Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del futurismo. E sono ancora assolutamente valide!
Potrebbero sembrare vecchie e logore, ma anche se hanno quasi un secolo queste tavole sono perfette per aiutare i nostri bambini a scoprire il mondo, stimolando il tatto, la fantasia, la creatività e la curiosità! Scopriamole insieme.
Il “tattilismo”, parola strana, è esistito davvero. Già: Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del futurismo, lo teorizzò nel 1921, con lo scopo di creare armonie tattili per migliorare la comunicazione tra gli esseri umani. Perché? Semplice: perché il tatto è il primo strumento che i bambini hanno per comunicare con il mondo, e educare questo senso significa stimolare la mente e il corpo ad una comunicazione più profonda.
Addirittura, Marinetti scrisse un manifesto del tattilismo, nel quale il tatto viene chiaramente esaltato come senso più completo e nel quale stila una lista di azioni da compiere per educarlo. Come? Nuotando sott’acqua ad occhi chiusi e riconoscendo tattilisticamente ciò che ci circonda; enunciare e riconoscere ogni sera gli oggetti in camera, stando completamente a buio; tenendo le mani inguainate per molti giorni, in modo da sorprendere poi il senso del tatto con sensazioni differenti.
“Il Tattilismo creato da me - si legge nel manifesto - è un'arte nettamente separata dalle arti plastiche. Non ha nulla a che fare, nulla da guadagnare e tutto da perdere con la pittura o la scultura. Bisogna evitare quanto più sia possibile, nelle tavole tattili, la varietà dei colori, che si presta ad impressioni plastiche. I pittori e gli scultori, che tendono naturalmente a subordinare i valori tattili ai valori visuali, potranno difficilmente creare delle tavole tattili significative. Il tattilismo (…) deve aver per scopo le armonie tattili, semplicemente, e collaborare indirettamente a perfezionare le comunicazioni spirituali fra gli esseri umani, attraverso l’epidermide. La distinzione dei cinque sensi è arbitraria e un giorno si potranno certamente scoprire e catalogare numerosi altri sensi. Il Tattilismo favorirà questa scoperta”
Fu così che nacquero le prime opere d’arte tattili, da scoprire proprio con le dita. La più famosa, che potete osservare qui sotto, si intitola “Sudan-Paris”: senza utilizzare i soliti disegni, le tele, i pennelli o lo scalpello per scolpire tradizionali opere d’arte Filippo Tommaso Marinetti decise di raccontare il suo viaggio africano incollando su una tavola ciò che gli ricordava le sensazioni provate, gli oggetti visti, le esperienze vissute. Parte integrante dell’opera diventava quindi il tatto: lo spettatore per capire a fondo “Sudan-Paris” doveva infatti toccare, sfiorare, passare con le dita sopra l’opera, per gustarne appieno il messaggio. Una comunicazione tattile, appunto.
(foto 1 http://www.sitographics.it/futurismo_tatilismo.html)
Bruno Munari, anni dopo, riprese il concetto, inserendo nel suo progetto didattico-artistico per i bambini la polisensorialità e le tavole tattili.
Egli, poliedrico ed eclettico, da sempre esplorava le differenti texture dei materiali, la loro qualità, le loro caratteristiche e differenze, utilizzandone di più svariati per le sue opere d’arte. Ed ecco che allora lo spettatore, in questo caso il bambino, diviene protagonista, toccando e facendo esperienza diretta dell’opera.
“Tutti gli umani, al momento della nascita, sono forniti di un apparato plurisensoriale, per natura”, diceva Bruno Munari. “Col passare degli anni, gran parte di questo apparato viene atrofizzato perché l’individuo, per lo sviluppo della conoscenza, dà la prevalenza alla logica e alla letteratura”. Verissimo, no?
E allora Bruno Munari continua: “Occorre attivare di nuovo questo apparato che ci fa conoscere scale di valori tattili, sonori, termici, materici, di durezza e di morbidezza, di ruvidità e di levigatezza, di impenetrabilità, di equilibrio e di staticità, di leggerezza e di pesantezza, di fragilità e di solidità... tutti valori che, spiegati a parole diventano argomenti complicatissimi e quasi incomprensibili.”
La tavola tattile, in particolare, si compone in maniera semplice: una tavola di legno sulla quale vengono applicati vari materiali, dai tessuti alla pelliccia, dalla carta ai nastri fino alla gommapiuma. Il bambino deve assolutamente toccare, manipolare, sentire i materiali, scoprendo così le differenze al tatto, le diverse consistenze, le differenti maniere in cui gli oggetti si presentano.
Non è difficile riproporre a casa o a scuola queste tavole. Si tratta, essenzialmente, di realizzare lunghe strisce di legno sulle quali incollare i diversi materiali che possono stimolare il tatto. Non serve comprare nulla in particolare: tutto ciò che occorre lo si può trovare tra gli scarti casalinghi.
(foto 2 http://www.lapappadolce.net/il-senso-del-tatto-bruno-munari-maria-montessori-e/)
Nastri, quindi, ma anche bottoni, ritagli di tessuti, gommapiuma, piume, pezzettini di pelliccia, cortecce, carta, cartoni fustellati, lana, spugne, piastrelle, cartoni delle uova, scovolini… L’importante è far sì che scorrendo con le dita i contrasti siano davvero percettibili, contrastanti appunto, in modo da dare al bambino la possibilità di rendersi conto delle differenze di texture, di temperatura, di morbidezza, di ruvidezza…
(foto 3 http://simonabalmelli.blogspot.it/2014/03/tavole-tattili.html)
Anche Maria Montessori, infine, propose le tavole tattili. Come per Munari, anche per la pedagogista italiana la plurisensorialità è fondamentale per aiutare il bambino a scoprire il mondo, accompagnandolo nella conquista dell’indipendenza.
Le tavole tattili montessoriane, tuttavia, si distinguono da quelle munariane fondamentalmente per l’ordine (come sempre elemento basilare nella sua didattica) e per i contrasti insiti in loro: ogni tavoletta è infatti divisa ordinatamente in due o più sezioni. Queste due o più sezioni alla vista del bambino potrebbero sembrare esattamente identiche, o comunque molto simili, ma ognuna di esse rappresenta una sensazione tattile, sempre a contrasto con quella accanto: liscio-ruvido, caldo-freddo, duro-morbido, elastico-rigido…
(foto 4 http://www.mammafelice.it/2008/11/28/le-tavole-tattili-liscioruvido/)
Anche in questo caso le tavolette possono essere ricreate a casa, con materiali d’uso quotidiano o di scarto: prendete delle tavolette in legno (o dei cartoni fustellati abbastanza resistenti), tagliateli in modo da avere tasselli rettangolari, divideteli idealmente a metà (o in più sezioni) e caratterizzate ogni sezione con un materiale dalla sensazione tattile definita, accostandovi direttamente il suo contrario.
Potete, ad esempio, incollare del plexiglas con accanto della carta vetro, della pellicola per alimenti accostandola a del feltro… Insomma, cercate di ricreare i contrari e i contrasti decisi: carta, vetro, piastrelle, metallo, pelliccia, nylon, velluto… E dall’altro lato feltro, tulle, carta crespa, polistirolo, spugna, paglietta, sughero… E un’idea è quella di accostare i materiali secondo gradazione di sensazioni, in modo da portare il bambino dal liscio al ruvido e così via, in maniera più dolce e (se volgiamo) più sottile a livello cognitivo.
Ai bambini non serve molto: spesso ai costosi giocattoli preferiscono le scatole da riciclare, trasformabili in fortini e castelli, e ancora più spesso (provare per credere) hanno più voglia di passare il loro tempo fuori, spensierati, piuttosto di stare seduti davanti alla tivù e ai videogiochi!
Il tempo speso in natura, all’aperto, è importantissimo, e noi di mammapretaporter lo sottolineiamo sempre. Ma oltre a sottolinearlo amiamo darvi tanti spunti per far sì che i bambini sfruttino questi momenti all’aperto, godendoseli fino in fondo, traendone lezioni e imparando a vivere nel verde.
Già, perché nel verde ci sono un sacco di lezioni da cogliere: quale metodo migliore per studiare la natura se non vivendola direttamente e facendone esperienza concreta? E allora la cosa più bella che potete fare per i vostri bambini è fornirgli gli strumenti necessari per osservare a fondo ciò ch'egli sta dinnanzi. Insomma, gli attrezzi del mestiere!
(foto 1)
(foto 2)
(Foto 3)
Un argomento che no è per niente frivolo, una scelta che cambia completamente rispetto a prima della gravidanza! Il reggiseno, che già normalmente è un indumento fondamentale per il nostro benessere e che deve essere scelto con cura, diviene durante l'allattamento ancora più fondamentale. Ma come sceglierlo, vi chiederete.
Innanzitutto non fatevi ingannare: non tutti i reggiseni catalogati come "da allattamento" fanno bene al nostro seno!
Ecco la nostra guida per scegliere il reggiseno perfetto per l'allattamento: i modelli, la comodità e gli accessori del capo intimo più importante per le neomamme
Solitamente questo acquisto lo si fa subito, ancora prima del parto, quando inizia lo shopping dedicato all'arrivo del bambino. E spessissimo tante mamme comprano subito i reggiseni da allattamento tipicamente caratterizzati dalla presenza della finestrella apribile sulle coppe.
Be', meglio ragionarci un attimo, perché non è tutto oro quel che luccica, e troppe volte questi reggipetti sono responsabili dell'ostruzione dei dotti. Già, la finestrella è responsabile di tutto ciò: la stoffa che avvolge il seno della donna lascia segni abbastanza profondi (ma anche lievi) che influenzano il passaggio del latte, spesso non consentendolo e causando così gli ingorghi che non aiutano lo svuotamento del seno durante le poppate.
Detto questo la scelta deve quindi poi ricadere su indumenti intimi che non lasciano questo tipo di solchi (controllate molto bene: i solchi non devono essere neanche lievi, né sopra, né sotto, né lateralmente ai seni).
La comodità la si può trovare nell'utilizzo di reggiseni che si aprono davanti, con il gancetto tra le due coppe; a volte invece basta solo un semplicissimo reggiseno morbido di quelli senza coppe o ferretto, da poter sfilare con facilità.
Chiaramente sempre meglio scegliere materiali naturali, quindi optiamo per reggiseni di cotone.
Il reggiseno serve quindi a sostenere al meglio il seno, senza provocare ostruzioni e facilitando la mamma a spogliarsi nel momento del bisogno. Ci sono poi alcuni accessori che, meno indispensabili, aiutano tuttavia la madre che allatta ad evitare alcuni spiacevoli inconvenienti della pratica.
Le coppette assorbilatte da appoggiare tra il seno e il reggiseno, ad esempio, danno conforto a molte donne per contenere le perdite di liquido che possono macchiare gli abiti. Non serve utilizzarle sempre, ma in effetti quando si esce di casa evitano alcune figure spiacevoli (anche se date da un fatto assolutamente naturale).
L'importante nel caso delle coppette assorbilatte è fare attenzione al materiale. Molte di quelle usa e getta sono composte da plastica e da materiali impermeabili che, ok, non lasciano fuoriuscire nulla, ma allo stesso tempo non lasciano respirare per niente la pelle e addirittura rischiano di recare danno al capezzolo. Avete mai provato quindi a sostituire queste coppette usa e getta con dei semplici panni di cotone da lavare e riutilizzare o delle coppette assorbilatte lavabili?
Per le mamme con alcuni problemi fisici come ad esempio i capezzoli troppo piatti o rientranti esistono poi i paracapezzoli. La loro forma consente, indossandoli, di aumentare le dimensioni del capezzolo nel senso della lunghezza per consentire al bambino di tettare meglio. In ogni caso la scelta dei paracapezzoli, siano essi in silicone o il caucciù, deve passare dal parere del proprio medico di fiducia o dell'ostetrica: un loro sbagliato utilizzo potrebbe fare solo danni, o causare addirittura dolorose ragadi.
I paracapezzoli in commercio tuttavia non servono solo a modificare la forma del seno; esistono anche quelli creati appositamente per proteggere il capezzolo dal tocco con i vestiti per quelle mamme che, soprattutto durante le prime settimane di allattamento, avvertono molto fastidio quando vengono sfiorate in quel punto delicato, mantenendo il distacco e aiutando anche a far respirare la pelle. In questo caso state attente alla pressione che esercitano, perché quando troppa attorno all'areola potrebbe schiacciare i dotti provocando ostruzioni come nel caso dei reggiseni. Non teneteli addosso troppo, e se proprio non ce la fate più concedetevi di girare a seno scoperto almeno in casa.
Quelli ormai più conosciuti e utilizzati sono i paracapezzoli in argento, materiale dalle proprietà antisettiche e cicatrizzanti che aiuta le mamme nella lotta alle ragadi, prevenendole e curandole poi. Le ragadi però devono essere considerate per quello che sono, e cioè un disturbo provocato da un attacco errato del bambino o nel suo posizionamento durante l'allattamento. Valutate quindi prima la poppata, scegliendo poi la migliore misura contro i disturbi! E, come nel caso dei normali copricapezzoli, lasciate comunque il più possibile respirare la pelle.
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