In che senso “sottovalutato?”. In maniera molto semplice: è troppo controllato. Certo, servono regole e prevenzione degli incidenti, ma siamo sicuri che esercitare il totale controllo sui bambini intenti nella loro pausa tra le varie materie scolastiche sia un atteggiamento sano ed educativo?

Perchè l’intervallo è fondamentale, anche se viene sottovalutato: con un po’ di buonsenso, è possibile rendere la pausa tra le ore scolastiche un momento educativo senza per questo eccedere con il controllo

E’ proprio come il gioco libero: ormai lo sappiamo, è fondamentale che i bambini si dedichino ad attività senza regole, nelle quali inventano i ruoli, durante le quali lasciano andare la fantasia e grazie alle quali rafforzano le loro capacità di problem-solving, di empatia e di indipendenza.

Bene: lo stesso discorso vale per l’intervallo, o la pausa-merenda che dir si voglia. Quello che dovrebbe essere un momento di svago e di libertà è oramai diventato un lasso di tempo come un altro, durante il quale troppo spesso i bambini si trovano a dover sottostare a regole troppo rigide, che non permettono loro fisicamente e mentalmente di liberarsi e sfogarsi.

Le maestre, giustamente pensando di prevenire gli incidenti, di assicurare la sicurezza necessaria e di educare il comportamento anche durante questi momenti, limitano lo spazio nel quale stare (quante volte per punizione i bimbi si vedono costretti a stare in classe? E sapete quali sono le terribili conseguenze della costrizione in un luogo chiuso!), limitano i giochi ai quali poter giocare, controllano e vigilano con eccessivo zelo.

Non stiamo naturalmente dicendo di lasciare a briglia sciolta senza alcuna regola i bambini. Possiamo però suggerire alcuni cambi di rotta che potranno aiutare le maestre a mantenere sì un controllo, ma un pochino più blando, in modo che gli alunni beneficino della bellezza del tempo veramente libero. Benefici che saranno anche a lungo termine: vi assicuriamo che molti “disturbi del comportamento” ne gioveranno a vista d’occhio, così come i piccoli screzi e litigi tra i bambini. Lasciarli un pochino più liberi, come durante il gioco, li aiuta ad acquisire competenze sociali in maniera più diretta e più responsabile!

Le regole da seguire sono poche ma buone. Innanzitutto lo spazio. Come dicevamo, gli insegnanti dovrebbero evitare come la peste le famose punizioni “in aula”: punire la classe costringendola a stare in classe anche durante il momento di sfogo è deleterio, disumano e terrificante.

Si passa poi al tempo: gli intervalli dovrebbero essere sempre più lunghi. Dieci minuti non bastano, e i bambini non ne sentiranno mai i benefici! Serve tempo per muovere a dovere il corpo, per esplorare, inventare, pensare, risolvere i problemi. Offrire loro solo dieci minuti significa interrompere sul vivo tutti i processi mentali e fisici che stanno sperimentando.

Terzo consiglio riguarda il controllo, che, come dicevamo, dovrebbe essere allentato. Sì, è chiaro che le maestre facciano attenzione che nessuno si faccia male o che non accada nulla di terribile, ma è meglio lasciare i bambini liberi, e soprattutto lasciare CHE SI SENTANO liberi, in modo da inventare senza restrizioni e senza paure e in modo da risolvere con la propria testa i problemi.

E infine i materiali che dovrebbero essere messi a disposizione dei bambini. Nessun gioco già fatto, ma oggetti e materiali singoli, magari di riciclo, senza senso ma che permettono ai piccoli di inventare giochi, creazioni, sculture, ruoli.

“Scusate, ma la mamma sono io!”: sembra una frase di quelle che vi consigliamo sempre in risposta ai consigli non richiesti della zia Ignazia, no?

Bene: non siamo solo noi di mammapretaporter a sostenere l’ineleganza e l’inutilità delle frasi fatte e dei consigli che piovono a destra e a manca da parte di parenti, amici, zie, prozie, cugine di amiche e salumieri al supermercato. Sembra che nel momento in cui spunta il pancione la gente si senta in dovere di dire la sua. Be’, non è proprio così, e per questo vi consigliamo il libro di Giorgia Cozza.

“Scusate, ma la mamma sono io!”, un libro davvero utile: Giorgia Cozza e il suo manuale di sopravvivenza per neomamme che non sopportano più i commenti non graditi

Il periodo della gravidanza e della nascita del proprio bambino (soprattutto del primo) è delicatissimo. Cambiano molte cose, dal corpo alla quotidianità, e le domande che girano e rigirano in testa sono essenzialmente infinite.

Non tutte le future e neo mamme la vivono allo stesso modo; anzi, la maggior parte di loro sentono un grande peso sulle spalle (giustamente) e anche quando serene il pensiero va sempre all’essere o meno una brava mamma. 

Non bastasse, arrivano sempre tutti quei commenti non richiesti, i consigli più strampalati, i giudizi positivi o negativi sui modi di essere genitore. E, guarda caso, arrivano sempre da persone che non dovrebbero avere voce in capitolo o che vediamo una volta all’anno e ognuno sembra avere la sua idea: il parto dolorosissimo, il taglio cesareo, la nanna con i genitori, la pancia troppo alta, il ciuccio che “ommioddio!”, guai a toccare i bambini (“si sporcano e si ammalano, non lo sapevi?”).

Non preoccupatevi: succede a tutte, e tutte possiamo sentirci frustrate di fronte a tutte le argomentazioni (inutili) che ci piombano addosso. Ma se proprio non ce la fate e non sopportate più il mondo che vi circonda, così indiscreto e invadente, fiondatevi in libreria: chiedete il libro di Giorgia Cozza e mettetevi comode.

Nel suo “Scusate, ma la mamma sono io!” Giorgia racconta della sua esperienza e mette a disposizione i suoi consigli alle mamme che non sanno affrontare la situazione. Ma non sono consigli nel senso stretto del termine! No: quelli li lasciamo ai conoscenti (facendoli entrare da un orecchio e buttandoli fuori dall’altro). 

Snocciolando studi scientifici, fatti e situazioni particolari l’autrice pone il focus sulla cosa più importante, e cioè sulla competenza naturale della mamma. Lei ha fiducia nelle capacità materne così come sono, e lo stesso deve provare la futura mamma. Perché tutte abbiamo in noi la forza e gli strumenti per essere genitori. 

Detto questo, e appurato che ogni mamma ha il suo metodo (che è quello perfetto per lei e la sua famiglia) Giorgia riesce a dare dei consigli che stavolta sono davvero utili. Ma non sulla maternità o sull’educazione! No: lei consiglia, guida e accompagna le mamme nel percorso di prevenzione e superamento delle critiche e delle osservazioni degli altri. Anche suggerendo quelle risposte che spesso ci vengono in mente troppo tardi e che ora possiamo sfoderare ad ogni evenienza!

L’importante, alla fine, è essere consapevoli che stiamo facendo ciò che meglio sappiamo fare, e quindi evitare di ascoltare le sentenze dei conoscenti, prendendosela, arrabbiandosi o frustrandosi: quelle sono tutte energie che vengono sottratte al tempo per fare la mamma.

Alla fine, non preoccupatevi di risultare insensibili, state sulla vostra strada e non abbiate timore a chiedere aiuto al vostro compagno: deve proteggervi anche dalle parole, non solo dal mondo fisico. E deve incoraggiarvi: il coraggio verrà da entrambi e sarete ancora più forti!

9 idee di gioco con le foglie autunnali

Martedì, 04 Ottobre 2016 07:09

I prati e le strade si stanno colorando di rosso, giallo, arancione e marrone: è autunno, è il tempo delle foglie che cadono, ed è bellissimo uscire per godere di questa esplosione di colori caldi in contrasto con il primo freddo!

Uscite quindi con i bimbi, sguazzate nelle pozzanghere dopo la pioggia, ma soprattutto approfittatene per raccogliere le bellissime foglie. Portatele e a casa e iniziate a dare sfogo alla fantasia!

Ecco 9 idee di gioco con le foglie autunnali: come utilizzare le foglie e i loro colori per realizzare opere creative e istruttive

  • Il primo lavoro che viene subito in mente sono i collage con le foglie. Oltre a quelli astratti realizzati ritagliandole e incollandole a caso sul foglio potete proporre ai bambini di creare immagini di animali o cose partendo dalla forma delle foglie. 

(foto 1 https://it.pinterest.com/pin/196328864978862323/)

  • Sempre incollando le foglie su un pezzo di carta (ma solo temporaneamente: usate dello scotch carta) i bambini possono divertirsi con le tempere o gli acquerelli: un lavoro adatto anche i più piccoli che stanno prendendo confidenza con gli strumenti da disegno e con la loro manualità fine, perché si può pasticciare tutto il foglio. Quando poi staccherete le foglie rimarrà la loro silhouette e il risultato sarà gradevolissimo.

(foto 2 http://minne-mama.blogspot.it/2014/10/fall-leaf-painting.html?m=1)

  • Anche il semplice dipingere le foglie è creativo (e anche terapeutico): utilizzate la tempera o gli acquerelli e otterrete foglie multicolor da spargere in tutta casa. Oppure, quando ancora fresche di tempera, utilizzate le foglie come stampini per decorare fogli e tessuti.

(foto 3 http://www.simplefunforkids.com/painting-leaves.html/)

  • Lo stampino-foglia tuttavia si può fare anche senza colori. Già, perché il verde della foglia si lascia andare, quindi martellandola sopra ad un foglio (coprendola con un po’ di carta cucina) potrete replicarla.

(foto 4 http://www.delightedmomma.com/2012/08/how-to-leaf-stamp-and-make-your-own.html)

- Sempre coprendole con un foglio, ma stavolta normare (meglio se liscio e leggero), i bambini possono divertirsi a colorare il foglio tenendo le matite leggermente, per scoprire tutte le venature dei differenti tipi di foglie.

(foto 5 http://www.kcedventures.com/blog/art-and-science-of-leaf-rubbings-nature-activity)

- Provate a stirare le foglie tra due fogli di carta forno, quindi create attorno una cornice di carta (o di legno): quadretti perfetti per la cameretta dei bambini, fatti con le loro mani!

(foto 6 http://rmhouseofnoise.blogspot.it/2012/09/kids-craft-fall-leaf-stained-glass.html)

  • Con un cerchio da ricamo e dello spago potete invece realizzare un bellissimo carillon da appendere in casa: lasciate che i bambini infilino i fili nei buchetti per stimolare la manualità e la precisione, insegnandogli quindi anche qualche nodo.

(foto 7 http://buggyandbuddy.com/3-ways-preserve-fall-leaves/)

- E perché non realizzare una maschera da supereroe dell’autunno? Incollate le foglie ad una mascherina ritagliata da un piatto di carta, infilate un elastico alle estremità e indossate!

(foto 8 http://www.smallfriendly.com/small-friendly/2013/11/diy-leaf-mask.html)

  • Potete però puntare anche alla tridimensionalità: riciclate i rotoli della carta igienica o di quella da cucina e incollando le foglie alle estremità ricreate insieme ai bambini degli alberelli in miniatura.

(foto 9 http://www.1plus1plus1equals1.net/2010/09/something-special-fall-tree-craft/)

Un settembre da dimenticare

Lunedì, 03 Ottobre 2016 16:25

Il primo di settembre riesco a legare la nena sul passeggino dopo il consueto round di wrestling (ma i terrible two cominciano all’anno e mezzo?) e sfrecciamo fino all’asilo nido che abbiamo accuratamente selezionato per la nostra erede. Uno privato, perché a giugno nel pubblico ci hanno rimbalzato.

Lei giá conosce il posto per esserci stata a luglio con noi a giocare un paio di pomeriggi e quando arriviamo saltella e non si lascia per niente intimorire da alcuni bimbi che stanno piangendo. Dopo averne accarezzato uno, e dato una pacca sulla spalla al’altra, si fionda sulle bambole che stipano le mensoline della classe ed io sparisco dalla sua mente. E cosí pure i 3 giorni successivi, quando comincio a lasciarla sola per un po’ e quando rientro la trovo tranquilla, indaffarata e senza nessuna intenzione di andarsene.

Sono un po’ perplessa, lo ammetto. Trascorro questi primi giorni in uno stato di bipolarismo totale: in alcuni momenti gongolo soddisfatta pensando che, cribbio, l’attachment parenting funziona! e che effettivamente ha reso la nena una bimba indipendente e sicura; il secondo dopo penso timorosa che é tutto troppo bello per essere vero. Ed infatti non lo é. Al cuarto giorno, mentre io putroppo volo lontano per lavoro, il papá mi racconta di pianti disperati giá davanti al portone dell’asilo. Nei video che la maestra manda al gruppo di whatsapp della classe dei coniglietti, la bimba che i giorni prima sfasciava sorridente la casetta di plastica del patio si é convertita in una nena dalla faccina spaurita, con gli occhi cerchiati dal pianto, che non fa che ripetere “mama, mami”.

Lo vedo in hotel a mezzanotte, a giornata lavorativa finalmente conclusa, e chiamo il mio compagno piangendo come un vitello perché ho davvero bisogno che mi rassicuri sul fatto stiamo facendo la cosa giusta. Non prima peró di aver maledetto le nuove tecnologie. Il giorno dopo stessa storia ed io sempre lontana. Sulla strada del rientro ricevo una chiamata dall’asilo nido pubblico: mi avvisano che si é liberato un posto. Se vogliamo, la nena puó iniziare lunedí. Siamo a giovedí e abbiamo giá fatto una settimana di inserimento nell’asilo pirvato.

Dicevamo della madre di Murphy...? Io e papá ci riserviamo il fine settimana per pensarci. Intanto la situazione peggiora e il venerdí la lascio disperata alla maestra mentre a me si spezza il cuore. Vedo peró il sole quando nel consueto video di fine mattina, la mia coniglietta sorride facendo il giro giro tondo catalano con gli altri bimbi. Che cominci ad assimilare la nuova situazione? Forse. Ed é a questo punto che arriviamo noi, i suoi genitori, a darle il colpo di grazia: da lunedí cominciamo l’asilo pubblico perché nel lungo periodo é senz’altro la decisione migliore. La struttura é meravigliosa, il patio enorme, con tante piante e l’orto; la classe e gli spazi comuni sono organizzati e pulitissimi e, con mia grande sorpresa e gaudio, le educatrici seguono il metodo Reggio Emilia. E, come se fosse poco, costa parecchio meno.

Queste sono le cose che mi ripeto come un mantra per non sentirmi una infame. Il bilancio dei nostri primi giorni nel nuovo asilo sembra preso direttamente da una di quelle liste che tanto piacciono alla rete: i possibili sintomi del malaessere da inserimento nell’infante. Non ci siamo fatti mancare niente:

• Inappetenza: la bimba conosciuta da tutti per la sua fame da camionista, adesso spizzica come un uccellino

• Sonno disturbato: benché il nome sia totalmente azzeccato e lasci poco spazio all’immaginazione, non sapevo esattamente cosa fossero in terrori notturni prima che arrivassero a casa nostra. Due notti di fila. Ad oggi posso affermare che adesso mi é chiarissimo e sono veramente spaventosi

• Attaccamento morboso: rifiuta categoricamente il passeggino e vuole solo stare in braccio a me. Dopo essermi giocata entrambi i gomiti e aver compromesso pure le spalle, ho ritirato fuori il marsupio che non usavo da quando ancora non camminava. Lei contentissima. Meno male che ne azzecco ancora qualcuna

• Regressione: mi si attacca al collo sconsolata perfino quando la lascio con la iaia, la stessa con cui ha passato gli 8 mesi prima del nido e che chiamava mamma (lasciamo stare che se ci ripenso piango)

• Irascibilitá e momenti di ribellione: ogni cambio del pannolino é accompagnato dal sibilo dei calci volanti che sfiorano la mia testa e lavarle le mani é diventato ormai come fare il bagno a un gatto

• Apatia: la vedo triste, spenta, senza voglia di niente Atterrita mi chiedo dove diamine sia finita la mia bimba caterpillar. In un momento di debolezza acuta, decido che é una buona idea buttare 35 euro per un taller online sull’ “adaptación escolar”, tenuto da una non meglio identificata esperta, che, solo dopo aver pagato, scopro essere semplicemente “una madre”, con tutto il rispetto per la nostra categoria.

La presentazione di 12 slide (inclusa la prima di benvenuto e l’ultima di ringraziamento) dove mi si dice che saluti sempre la nena prima di andarmene e che le dia un “abbraccio ricarica pile” al lasciarla, mi convince del fatto pure io posso organizzare un taller online sul tema e farci i soldi. Lo terró presente nei momenti bui. Sto cosí male che a chiunque mi chieda come va, non resisto e rispondo “insomma...siamo alle prese con l’asilo e la nena l’ha presa proprio male”. Sorvolo su come l’abbia presa io.

E ovviamente, puntuale arriva la signora che mi risponde: “Tu tranquilla che sono tutti degli attori nati. Tutti, eh! E che non ti veda tentennare, mi raccomando, se no sei a posto! Ti manipolerá e l’avrá vinta lei”. Le rispondo che non credo mia figlia finga dei terrori notturni. Quindi mi instilla il dubbio che la nena abbia vissuto un non meglio specificato trauma, ma che certo non sará per l’asilo. Mi mancava il trauma di origine sconosciuta. Grazie, signora megera. Decido di tacere: non sono vestita adeguatamente per una rissa da bar.

Benché non la lasciamo mai sola nel nuovo asilo, le prime due settimane finiscono cosí, in un mare di lacrime. Nel weekend, grazie a un po’ di sana autoanalisi e a una spintarella di papá, va un po’ meglio. E parlo di me. Capisco che con la nena cresceranno anche i problemi e che sará meglio che mi dia una svegliata. Perché se é pur vero che io non posso evitarle la sofferenza nella vita (non tutta, almeno), posso insegnarle la resilienza. Con questa consapevolezza nel cuore smetto di cercare consolazione da parte tutti gli sconosciuti che incontro per strada. É giá qualcosa.

Fortunatamente e sorprendemente la nena, dal canto suo, sembra essersene fatta piú o mneo una ragione. Dorme giá un po’ meglio (arriva a sera stravolta), ha ripreso a mangiare come un bove (buon sangue non mente), continua a voler stare solo in braccio (sia mai che la abbandoni al primo angolo di strada, che “questa mamma é impazzita”), ma almeno non é piú cosí apatica e triste come i giorni precedenti. La terza settimana quindi, rincuorati dai miglioramenti, cominciamo a provare a lasciarla sola.

Mentirei se dicessi che non le (ci) risulta difficile: quando le dico che me ne vado, mi si avvinghia al collo, la bocca le prende la forma a rettangolo di quando sta per piangere, e si dispera. Il primo giorno. Il secondo smetto di sentirla urlare prima ancora di uscire dall’asilo, distratta delle bolle di sapone e il venerdí praticamente smette di piangere mentre sono ancora lí davanti a lei. Evviva! Ce l’abbiamo fatta!? Ci possiamo considerare inserite? Non voglio una risposta, per favore.

Preferisco vivere in questa illusione almeno fino a lunedí. Per adesso mi godo questo momento di sollievo dopo settimane di angoscia e sono pronta a mangiarmi (e bermi) il weekend! Ma questa é un’altra storia...

Nicoletta

Chi come me ha difficoltà a livello di metabolismo dei carboidrati o ha una leggera forma di diabete o in generale ha deciso di prestare particolare attenzione ai picchi insulinici troverà questa ricetta perfetta: è infatti una torta con una componente proteica molto importante, quindi ricotta di pecora e uova. E' un'ottima alternativa alla torta veg della mattina per chi come noi vuole fare una colazione ricca di proteine e povera di zuccheri. 

Questa che vedete di seguito è la ricetta base, ma potete personalizzarla come meglio vi aggrada: quindi con gocce di cioccolato, limone, cocco, arancia etc...

La ricetta della torta proteica di ricotta: come preparare una torta per la colazione della mattina ricca di proteine

 

 

Bye bye leggerezza

Lunedì, 03 Ottobre 2016 11:54

Sono diventata madre un anno e mezzo fa. La mia nena (bimba in Catalogna, dove vivo) é arrivata un giorno di grandine dopo 18 ore di travaglio.

Finalmente seduta sul letto della stanza dell’ospedale con il mio fagottino nudo sulla pancia, a solo poche ore dal parto mi colpirono due veritá.

La prima: l’aciditá di stomaco dei cinque mesi precedenti era svanita di colpo. La seconda: con l’aciditá era sparita anche la leggerezza che non sai nemmeno di avere quando non sei ancora genitore. In quel momento, guardandolo negli occhi, sibilai incredula al mio compagno un “Madre mia, che sofferenza!”.

ùE non mi riferivo ai postumi del parto vaginale, quanto piuttosto ad un senso di inadeguatezza e al timore che la mia creatura stesse soffrendo per qualcosa e io non me ne stessi rendendo conto: freddo, caldo, fame, paura, smarrimento? Sentirá, vedrá, avremo fatto abbastanza pelle a pelle (con mamma) o pelle a pelo (con papá)? La gioia immensa di quel momento era giá accompagnata da una inquietudine quasi costante.

Allora non sapevo quanta ragione avessi avuto con quella epifania ospedaliera! Questa sofferenza non se ne andó nemmeno nei mesi successivi, quando la fragilitá del bebé cominció a lasciare spazio alla energia, alla ciccia e simpatia della bambina. Semplicemente prese altre forme. Insieme a tutte le difficoltá dell’allattamento al seno, ricordo come fosse ieri e con smarrimento la data del primo raffreddore della nena. Ricordo lo stress per l’introduzione dell’alimentazione complentare che per me, nota capra in cucina peró militante anti-omogeneizzato, fu peggio che prendere una seconda laurea.

Col passare delle settimane poi cominciai ad accettare un amara veritá che normalmente le madri novelle ignorano: esiste una legge tanto oscura quanto inesorabile che io chiamo “la Legge della Madre di Murphy”, ovvero quella regola per cui, se sei madre e qualcosa si puó complicare, si complicherá. Ed infatti la varicella ci sorprese, ai 9 mesi della nena, il 26 di dicembre. In Italia.

Con la pediatra in vacanza ed il papá ripartito per Barcellona la sera prima. Per non finire in terapia con uno bravo questo episodio lo dovetti elaborare con svariate e interminabili sedute di whatsapp nel chat delle amiche mamme del gruppo di supporto all’allattamento.

Quando la bimba compió i 10 mesi arrivó il temuto rientro al lavoro, che mi tolse il sonno per svariate settimane benché lei, quando la mattina la lasciavo alla sua iaia (la nonna catalana), aveva la stessa espressione dei pastorelli di Fatima davanti alla Vergine e nemmeno si girava per salutarmi.

E per concludere, affrontammo anche la fine dell’allattamento al seno, che fu piú o meno come togliere un cosciotto di antilope ad un leone affamato. Fino a qualche settimana fa pensavo di essere stata brava, tutto sommato. Nonostante le tre ore (spezzate) di sonno per notte, un compagno con orari lavorativi discutibili e madre in un paese straniero lontana dalla mia tribú, non me l’ero cavata poi cosí male: la nena era un sole, tranquilla e serena ed io riuscivo perfino a fare sport, la manicure e a ricordarmi di tirare fuori i panni puliti dalla lavatrice.

Quello che non potevo immaginare era che, dopo un anno e mezzo mancasse ancora all’appello una nuova sfida. O meglio, una tortura. LA tortura, oserei dire: l’introduzione all’asilo nido. Ma questa é un’altra storia....

Nicoletta

Non sono una fan dei battericidi, ma devo dire che questi gel che troviamo in farmacia sono davvero comodi per lavare le mani ai bambini, sopratutto quando siamo ai giardinetti o in fattoria e hanno toccato la qualunque, animali compresi. Le salviette infatti mi danno l'idea di pulire in maniera moolto parziale, e quando siamo al parco possiamo lavare le mani solo sotto la fontanella, non abbiamo quindi sapone. Ho ceduto quindi all'acquisto di uno di quei mini gel che si trovano in farmacia in un pomeriggio piovoso quando, appena usciti dal metrò, i bambini mi hanno chiesto l'uvetta. 

Ho però poi letto gli ingredienti, e sopratutto ho notato l'effetto super aggressivo sulla pelle non solo loro, ma anche mia e ho deciso che dovevo assolutamente trovare una soluzione per farlo da me. 

Ecco allora come realizzare il gel mani disinfettante: la ricetta naturale per creare il gel igienizzante da tenere sempre in borsetta

Ricordiamoci che, come tutti i gel igienizzanti anche questo non è indicato per i bambini al di sotto almeno dei due anni. Per utilizzarlo su bambini di 2-3 anni raddoppiamo di 2/3  la quantità di gel di aloe rispetto alla quantità di oli essenziali e testiamo prima il prodotto su una piccolissima parte di mano per verificare che non ci siamo reazioni allergiche. 

 

 

I bambini lo adorano e in effetti, come dargli torto, è davvero buonissimo. Come farlo però in casa in versione sana, evitando tonnellate di zucchero bianco? E' la ricetta più semplice del mondo e ve la mostro oggi

Come preparare in casa il Nesquik: la ricetta del Nesquik fatto in casa

Se ne sente parlare spessissimo: la storia dell’amianto è una storia molto triste. Triste e pericolosa. E, fondamentalmente, racconta di un minerale estratto ed utilizzato moltissimo in passato, finché se ne sono scoperti i pericoli per la salute, davvero tremendi.

Essendo così pericoloso, tutti dovremmo conoscere di cosa si tratta, le sue caratteristiche e i pericoli, nonché le misure preventive per far sì che questo minerale (o questa lega di minerali nel caso dell’Eternit) non influisca sul nostro organismo.

Vi raccontiamo l’amianto, la sua storia e i pericoli per la salute: cos’è l’asbesto, perché è nocivo e come provare a contrastare malattie e fastidi

L’amianto, detto anche asbesto, è un minerale silicato presente in natura, di aspetto fibroso e a struttura microcristallina. Il suo nome deriva dal greco e significa letteralmente “eterno, perpetuo” (per questo è detto anche “eternit”). Esistono diversi tipi di amianto che rispondono a questo nome comune e che sono divisi in due gruppi: il primo è quello degli anfiboli, nel quale rientrano gli amianti composti da amianto blu, amosite e tremolite; il secondo è detto serpentino e comprende i minerali composti da amianto bianco sfrangiato.

Ma qual’è la storia dell’asbesto? Dobbiamo tornare indietro al 1901, quando l’austriaco Ludwig Hatschek brevettò questo nuovo materiale per l’edilizia formato da una lega di cemento e amianto, un minerale che si estraeva in cava o miniera (attraverso la frantumazione della roccia madre). Tra le cave di Amianto più grosse e attive ce n’era una italiana: si trattava della Amiantifera di Balangero, nel torinese, attiva dai primi anni del Novecento fino al 1990.

 

Dopo solo un anno dal brevetto di Hatschek si era già alla produzione industriale di vari manufatti creati con questo minerale e nel giro di un decennio l’Eternit (ormai conosciuto con questo nome che richiamava l’immortalità) era già impiegato per la realizzazione di tegole, lastre, vasche di raccolta di acqua e tubi.

La forma ondulata che conosciamo arrivò però negli anni Trenta, e da quel momento i tetti e i capannoni furono costruiti quasi unicamente con questo materiale. Addirittura, nel 1954 un designer svizzero, Willy Guhl, creò una sedia a sdraio utilizzando una lastra di Eternit. 

Negli stessi  anni, tuttavia, i primi sospetti sulla nocività dell’amianto vennero a galla: nel Regno Unito, in particolare, già nel 1930 studiarono e dimostrarono il rapporto diretto tra l’utilizzo dell’asbesto e l’insorgere di tumori, e nel 1943 la Germania riconobbe per prima il cancro al polmone e il mesotelioma come malattie legate strettamente all’inalazione di questo materiale (risarcendo anche i lavoratori malati).

Dagli anni Ottanta si iniziò quindi a capire sul serio che la fibrosità di questo materiale era pericolosissima, in quanto le fibre dell’amianto sono molto sottili, tendono a sfaldarsi dividendosi longitudinalmente, rimangono sospese in aria e vengono quindi respirate. Per capire la loro sottigliezza, basti pensare che se in un centimetro quadrato stanno 250 capelli, nello stesso spazio possono ammassarsi 335.000 fibrille di amianto.

La sua pericolosità tuttavia è ancor più tremenda poiché le malattie possono insorgere moltissimo tempo dopo l’inalazione, anche quarant’anni più tardi. Naturalmente esistono tipi più o meno pericolosi di amianto, e circostanze più o meno compromettenti. Ad esempio, è pericolosissimo quel tipo di asbesto (amianto friabile) che tende a rilasciare fibre quando soggetto ad ogni tipo di sollecitazione (vento, pioggia, sbalzi termici), mentre lo è molto meno quello compatto, che tende a non liberare mai le sue fibre.

Se respirate, queste fibre si depositano nei bronchi e negli alveoli polmonari, danneggiando irreversibilmente i tessuti. Dopo anni di silenzio, quindi, l’asbestosi si manifesta con una formazione di cicatrici fibrose che provocano ispessimento degenerativo del tessuto polmonare, portando ad una insufficienza respiratoria gravissima; oppure si trasforma in carcinoma polmonare o mesotelioma pleurico-peritoneale, e cioè un tumore del rivestimento dei polmoni

In Italia la legge che vieta l’estrazione, la produzione e la lavorazione dell’amianto risale al 1992, ed è conosciuta come legge n. 257. Ecco perché in questo momento gli unici professionisti a cui è permesso lavorare con l’amianto sono i deputati allo smaltimento e alla bonifica di questo. Naturalmente ci sono molte disposizioni riguardanti le norme di sicurezza per lavorarvi: dal vestiario alle maschere a doppio filtro.

La legge ha lo scopo di limitare l’utilizzo dell’amianto e di fornire una normativa di sicurezza in merito alla bonifica dei luoghi contaminati. Accanto ad essa, poi, sono stati emanati moltissimi decreti e circolari, per far sì che le regole siano sempre più rigorose.

Il problema però rimane: l’amianto utilizzato nel secolo scorso è ancora presentissimo in tutto il mondo. Tetti, case, scuole, pavimenti, magazzini, ma anche fioriere e guanti da forno: sono ancora troppi gli oggetti e le strutture caratterizzate dalla presenza dell’Eternit. La prevenzione, quindi, si limita ancora una volta alla segnalazione da parte dei privati, delle aziende e degli edifici pubblici della presenza di amianto: saranno poi ditte specializzate ad occuparsi dello smaltimento, avendo cura di rispettare le norme in maniera ferrea per evitare disastri peggiori.

Per quanto riguarda lo stile di vita per prevenire le malattie legate all’esposizione all’amianto, la letteratura è un po’ carente. Il fatto che i problemi insorgano dopo così tanti anni rende il cancro dovuto all’asbesto praticamente imprevedibile. Tuttavia, come per tutti i tumori, il consumo di frutta e verdura fresche aiuta sicuramente moltissimo nel contrasto.

Una delle poche ricerche in questo senso è poi quella del dottor Cesare Gridelli, oncologo dell’ospedale Moscati di Avellino (città nella quale il mesotelioma da amianto è purtroppo diffusissimo). Nel suo libro “In cucina contro il cancro” parla in generale dell’alimentazione preventiva, ma ad un certo punto si sofferma proprio sull’amianto.

Secondo lui, infatti, esistono alcuni cibi che effettivamente potrebbero attenuare e contrastare gli effetti delle fibre di amianto respirate. Su tutti? Le cipolle e i carciofi. Sembra infatti che queste verdure ricche di quercina possano combattere gli effetti tossici dell’Eternit. 


Non a caso due anni fa è partito uno studio proprio in questo senso: all’Istituto Tumori Regina Elena di Roma hanno infatti avviato un trial per dimostrare se gli estratti di carciofo possiedono effettivamente attività antitumorali. “L’obiettivo è dimostrare che l’estratto, realizzato in laboratorio semplicemente prendendo le foglie del carciofo ed “elaborandole”, impedisce che le cellule esposte ad amianto esprimano a pieno il potenziale cancerogeno, prolifichino e diano luogo a effettivamente un tumore” (http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/14_giugno_20/lavoratori-esposti-all-amianto-si-puo-prevenire-mesotelioma-coi-carciofi-9b193de4-f873-11e3-8b47-5fd177f63c37.shtml): le parole sono proprio dei ricercatori impegnati nello studio.

Speriamo quindi che la ricerca dia una speranza in un ambiente troppo terribile: le morti per inalazione di asbesto (circa 1000 all’anno solo in Italia) sono eccessive, inutili e paurose, ed è ora che la solfa cambi.

 

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11 pastine e risottini per bambini

Venerdì, 30 Settembre 2016 14:30

O mangi sta minestra… No, fermi tutti, stop. Siete sicuri che ai bambini non piacciano le minestrine? Forse è perché non gli proponete le minestrine giuste! Le minestre e i risotti sono un ottimo pasto per i bambini: sono a base di brodo, e il brodo è altamente rimineralizzante e ricco di tutte le proprietà della verdura, che qui si trovano concentrate.

Basta scegliere la ricetta giusta, in modo da avere ogni sera la possibilità di portare in tavola piatti diversi e gustosi, talvolta così colorati che i bambini non sapranno resistere. E, soprattutto in autunno e inverno, riscaldanti!

Unica regola: abbiate sempre il brodo vegetale fatto in casa pronto per l’uso!

Ecco le nostre 11 pastine e risottini per bambini: dalla classica pastina con pomodoro al risottino piselli e curcuma, piatti gustosi e nutrienti perfetti anche durante lo svezzamento

  • La prima minestrina è abbastanza classica e semplice, fatta proprio come quella “normale” ma con l’aggiunta di pomodori freschi per dare un tocco ancor più gustoso: fate cuocere del sedano e della cipolla in olio extra vergine a fuoco basso, quindi aggiungete alcuni pomodori sbucciati e tritati, condite con del sale integrale (non prima dell'anno) e cuocete per dieci minuti. Aggiungete del brodo vegetale, unite la pasta per minestra che preferite (le stelline ci stanno benissimo) e fate cuocere. 
  • Se amate il pomodoro, anche questa ricetta vi piacerà moltissimo: una sorta di risotto fatto in realtà con la pastina a forma di risone. Sbollentate dei pomodori in acqua, quindi frullateli (lasciando la buccia per mantenerne le vitamine). Tenete due bicchieri dell’acqua di cottura, e ad essa aggiungete il succo di pomodoro (potete farlo con l'estrattore con il filtro a maglia larga), quindi condite con olio e sale e lasciate cuocere per dieci minuti. Aggiungete ora i risoni (un pugno e mezzo per persona) e lasciate assorbire il sugo (che è molto acquoso, quindi non servirà aggiungere molta acqua). Servite quindi con del basilico (se piace) e gustate.

(foto 1 http://www.tavolartegusto.it/2012/05/30/risi-al-pomodoro/)

  • La pastina di patate e zucchine siamo certe piacerà a tutti: basterà bollire due patate e due zucchine a pezzi, e una volta morbide frullatele. Nell’acqua di cottura fate quindi cuocere la pastina per la pasta, e una volta pronta trasferitela nella crema di patate e zucchine, aggiungendo quanti cucchiai di acqua di cottura volete, in modo da ottenere una minestrina più o meno liquida a seconda dei gusti.
  • Sempre con le zucchine buonissima è la pastina zucchine e ricotta: mettete a bollire due zucchine tagliate a tocchetti e quando l’acqua bolle aggiungete anche la pastina (un pugno di gattini all’uovo per ogni persona). Verso fine cottura aggiungete della ricotta e mescolate bene, in modo da scioglierla e diffonderla bene. Servite quindi nel piatto e grattugiate sopra altra ricotta.
  • Così come le verdure, anche la curcuma, ingrediente potentissimo e benefico, può essere aggiunta alle minestrine e ai risotti per far sì che i bambini la assumano senza accorgersi. In questo caso preparate un risottino con piselli (amatissimi dai bimbi!) e arricchitelo con la spezia. Fate cuocere una cipolla, quindi versate in padella il riso e fatelo tostare, aggiungendo subito dopo i piselli surgelati. Aggiungete il brodo e mescolate, lasciandolo evaporare e lasciando cuocere il riso (aggiungendo il brodo fino a cottura ultimata). Alla fine mantecate con del parmigiano veg. .

  • Per una cena magica, preparate il nostro brodo blu di Mago Merlino! Basterà aggiungere un po’ di brodo vegetale fatto in casa, della pastina (le letterine completeranno il divertimento!) e un po’ di formaggino per una cenetta veloce e coloratissima.

(foto 2 mammapretaporter)

  • Risottino perfetto per integrare la verdura nella dieta dei bimbi assicurandogli le vitamine del gruppo B, il ferro, il potassio, la clorofilla e l’acido folico è quello alle erbette: un risottino con bietole, malva, spinaci e borragine delizioso e ricco.

(foto 3 idem)

  • Oltre alle erbette, buonissime sono le erbe aromatiche. Tritate le preferite dai vostri bambini (basilico, timo, rosmarino, salvia…): vi serviranno per la minestrina erbette e carote! Preparate il vostro brodo di verdure, versateci il trito di erbette e, dopo un attimo, aggiungete due carote a rondelle e una patata a pezzetti. Portate a bollore quindi buttate la pastina che preferite (sempre un pugno a testa). Cuocete secondo istruzioni e pappate la minestrina completando con sale e olio.
  • Super scenografica e amato dai bambini è la minestra O il risotto) viola fatto con il cavolo viola appunto, detta anche la minestra della Fata Viola: trovate qui la ricetta. 
  • Bomba di proteine e gusto è la minestra all’uovo con profumo di limone! Sbattete in una ciotola l’uovo con il succo di un limone. Riscaldate il vostro brodo e aggiungetelo un po’ alla volta all’uovo, mescolando. Travasate in un pentolino, aggiungete due pugni di pastina e cuocete a fiamma lieve per dieci minuti, mescolando e aggiustando alla fine di sale.
  • Risotto rosa: qui le piccole principesse diventeranno davvero matte: basta preparare un normale risotto e aggiungere del succo di barbabietola o una barbabietola tagliata a pezzetti. Il risultato è davvero sorprendente!

(foto 4: http://www.antoskitchen.com/beetroot-rice-a-tasty-beetroot-recipe/)

  • Abbiamo fatto risotti rosa barbabietola, verdi zucchine, gialli curcuma, rosso pomodoro, blu e viola. Ma manca l'arancione! Ecco allora la ricetta del nostro risotto alla zucca: la trovate a pagina 92 del nostro libro, The family Food, ricette naturali per famiglie incasinate edito da Mental Fitness Publishing

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

 

Sara

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Cecilia

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