“Fame di pelle”, il distanziamento sociale ci fa mancare il contatto fisico

Il contatto fisico pelle a pelle è fondamentale per la vita (pensiamo solo al breast crawling, l’istinto primordiale dei bambini appena usciti dal grembo materno) e abbiamo parlato diverse volte dell’importanza di stabilire un contatto fisico tra genitori e figli.

In questo periodo di pandemia dove il distanziamento sociale è la prima arma contro il coronavirus, ci siamo tuttavia ritrovati ad avere molti meno contatti fisici rispetto alla normalità. Non solo in famiglia, ma anche con chi orbita attorno alla nostra vita. Perché anche se solitamente non ci prestiamo attenzione, anche con gli amici, i parenti e i conoscenti ci scambiamo tocchi, e ora tutto questo si è azzerato.

Ma appunto perché il contatto fisico è fondamentale per il benessere, il lockdown ha portato anche ad una grande conseguenza: quella della fame di pelle, ovvero della mancanza (vera!) di contatto fisico.

“Fame di pelle”, il distanziamento sociale ci fa mancare il contatto fisico: perché alla fine della pandemia dovremo essere grati degli abbracci

Nel XIII secolo, Federico II di Svevia fece un esperimento. Provò a fare crescere alcuni bambini con un nutrimento “giusto” ma senza contatti. Ovvero: faceva dare loro da mangiare e non gli faceva mancare nulla, ma il contatto fisico con altri bambini e altri esseri umani era quasi azzerato. La conseguenza? Questi bambini, lentamente, morirono.

Federico II, tuttavia, non è l’unico strambo essere umano ad aver sperimentato e studiato la mancanza di contatto fisico, e gli esiti sono sempre analoghi: gli esseri umani senza il tocco dei loro simili stanno male. Ma anche gli animali: in uno studio degli anni Cinquanta, ad esempio, si notò come i cuccioli di macaco stessero rannicchiati addosso a dei fantocci fatti con asciugamani caldi, rispetto a quelli di metallo che tuttavia davano loro del cibo. Sceglievano quindi il calore, rispetto alla pancia piena.

Anche su Focus lo dicono: stare a lungo senza contatto fisico porta ad una condizione con un nome specifico, ovvero skin hunger, “fame di pelle”.

Questa fame di pelle ha conseguenze dirette sul corpo, che passando dalla depressione mentale arriva a debilitarsi. Non provare contatto fisico, infatti, porta a stress, nervosismo, insonnia, depressione…

Il motivo? Toccare la pelle e farsela toccare stimola i pressocettori e i nervi, e il sistema nervoso, passando informazioni a tutto il corpo, abbassa la pressione sanguigna, rallenta il battito cardiaco e rilassa tutto il corpo, insieme alla mente. Già, perché allo stesso tempo, grazie al tocco con un altro essere umano il nostro corpo rilascia ossitocina, l’ormone “dei legami”, e abbassa i livelli del cortisolo, che è invece l’ormone dello stress.

Anche i livelli di serotonina ne traggono vantaggio: abbracciandosi e toccandosi, questo elemento si alza, evitandoci disturbi come l’insonnia e l’ansia e dandoci così una sensazione di benessere.

Insomma: la fame di pelle è vera, reale, e il fatto che ci sentiamo più stressati e ansiosi in questo periodo potrebbe essere dato anche da questo (oltre che da una serie di altri fattori, come la cattività forzata, le routine sballate e i cambiamenti lavorativi non sempre positivi).

Di certo va meglio a chi in casa vive con altre persone, come i familiari. Chi è single, soffre maggiormente di questo disturbo. Tuttavia, sono tutti a sentire la mancanza di contatto fisico con gli altri, anche chi abbraccia tutti i giorni i genitori, il/la partner o chi vive con lui/lei. È per questo che, a fine lockdown, quando ci siamo trovati a poter vedere congiunti e amici il primo istinto sono stati gli abbracci, le strette di mano, i “batti il cinque”. Tuttavia non è ancora arrivato il momento: solo a fine pandemia potremo tornare ad estinguere la fame di pelle, ricordandoci sempre di essere grati per questo contatto fisico che in questo momento ci è - giustamente! - proibito.

 

Photo by Andrea Piacquadio from Pexels

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