Sculacci tuo figlio? Sta tutto nel tuo dolore e non nel suo comportamento

Le sculacciate sono deleterie, non solo a livello emotivo ma anche cognitivo, e vi avevamo già spiegato il perché. Ma qual è il motivo delle sculacciate? Solo la perdita di pazienza per i comportamenti eccessivi dei bambini? In realtà no. A quanto pare alla base ci sta il dolore del genitore, e non il cattivo agire del figlio. Perché come sappiamo la sculacciata è un circolo vizioso, e in qualche modo bisogna spezzare questa disagevole catena.

Sculacci tuo figlio? Sta tutto nel tuo dolore e non nel suo comportamento: le sculacciate sono causate dal disagio dei genitori e non dal cattivo comportamento dei bambini

Il concetto è semplice: sculacciare è un riflesso del proprio disagio, del proprio dolore. È una manifestazione del non sentirsi bene fino in fondo, del provare qualcosa di brutto. E il 90% delle volte se un genitore sculaccia è perché durante l’infanzia a sua volta ha ricevuto lo stesso trattamento.

Ecco perché picchiare i bambini (esatto, sculacciare è picchiare, anche se il secondo termine parrebbe molto più negativo. Sono praticamente sinonimi) è una risposta davvero immatura (emozionalmente) ai loro comportamenti. Significa che il genitore che sculaccia non ha ancora elaborato coscientemente la sua esperienza, e di conseguenza riutilizza lo stesso comportamento che i suoi genitori utilizzavano con lui, in maniera infantile ed immatura.

Non lo diciamo in senso meramente negativo, ma perché sia costruttivo: proprio perché l’esperienza non è ancora stata elaborata, la sculacciata diventa una risposta immatura in questo senso, proprio perché non maturata completamente.

Il circolo vizioso è difficile da spezzare, se ragioniamo in questi termini, ossia se continuiamo ad utilizzare questa soluzione senza riflettere e senza pensare che il disagio possa essere profondo. Perché spesso le sculacciate partono al minimo pianto, al minimo “disastro” fatto dai figli, al minimo fatto che non rientri in quello che i genitori ritengono comportamento “perfetto” dei bambini. Quanto c’è di maturo in questo? E quanto di più profondo?

Se perdiamo la pazienza con poco e sculacciamo i bambini, quindi, significa che c’è qualcosa di più nascosto che ci fa scattare, che ci fa perdere le staffe e ci fa partire le mani. C’è insofferenza verso qualcosa che magari non capiamo nemmeno noi, coscientemente. Ma dovremmo davvero riflettere, fare un esame di coscienza, pensare, fare riaffiorare i ricordi, capendo così veramente qual è il disagio alla base.

Solo in questo modo, infatti, potremo spezzare il circolo vizioso trasformandolo in un circolo virtuoso. Capire quali sono le sofferenze che ci portiamo dentro farà infatti sì che le prossime volte invece di scattare si potrà ragionare per qualche secondo, fermando le mani e utilizzando piuttosto le parole, o elaborando un approccio più ragionato e più pensato in base ad ogni situazione.

Perché, sì, ogni situazione necessita la sua reazione, la sua correzione. Se ci pensiamo la sculacciata diventa una risposta per tutto, senza distinzione. I bambini, in questo modo, vedranno l’avere rovesciato l’acqua nel piatto e l’aver picchiato il loro compagno di classe (sì: i bambini che vengono sculacciati e picchiati spesso sviluppano comportamenti violenti, è inevitabile) sullo stesso livello, e sentiranno di essere sempre nel torto, senza spiegazione o senza capire che non sono “cattivi” in generale, ma che stanno sbagliando il comportamento in base alla situazione.

Così come potete pensare alla vostra situazione, comunque, capendo che la vostra perdita di pazienza e le vostre sculacciate partono dal disagio profondo, dovete tuttavia pensare al comportamento “cattivo” dei bambini non come ad un comportamento davvero cattivo, ma come ad una situazione di loro disagio, di loro tristezza, di loro irrequietezza verso qualcosa di profondo.

Rispondendo quindi a questo disagio (reciproco) con una sculacciata, anche i bambini impareranno che a questo si risponde con la violenza. Ecco il circolo vizioso.

E il circolo virtuoso è però molto semplice: basta sostituire le mani che picchiano con le parole, con un rimprovero fermo ma costruttivo, con il dialogo. Sarà difficile, certo, soprattutto se i bambini si sono già abituati alle sgridate e alle sculacciate fini a se stesse. Ma pian piano, cominciando da subito, la situazione potrà essere ribaltata. Soprattutto se ci crediamo davvero, e se elaboriamo noi stessi le nostre frustrazioni e le nostre rabbie, in modo che anche i bambini non sentano l’impazienza, ma solo la voglia di dialogo e di insegnamento vero, concreto.

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Sara

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Cecilia

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