"IO NON AIUTO MIA MOGLIE NELL'ACCUDIMENTO DEI FIGLI, né TANTOMENO NELLE FACCENDE DOMESTICHE"

Martedì, 01 Dicembre 2015 11:46

Questo ciò che dice lo psicologo Alberto Soler Sarriò, dopo aver udito in un supermercato due signore che commentavano: "devi vedere i giovani d'oggi come aiutano le mogli a tirar su i figli".
Dopo aver ascoltato questo discorso non potè far altro che mordersi la lingua e sorridere. Tornato a casa, però, decise di scrivere sul suo sito, ciò che avrebbe desiderato dire loro.
"questa è una situazione allettante per poter provocare e mettere in luce il mio lato "femminista".
Cosa avrei desiderato dire a queste signore? Probabilmente, come in altre occasioni avrei detto loro: mi scusi signora, ma la contraddico: non aiuto, né penso di aiutare mia moglie con i figli."

E proseguirei spiegandole il mio punto di vista a riguardo. "Prima di avere dei figli, non ero mai stato di quegli uomini che aiutano le proprie mogli nei lavori domestici, ma nemmeno mia moglie ha mai aiutato me. E quando sono arrivati i figli, le cose hanno proseguito nella stessa maniera: né ho aiutato con i figli, né con le faccende domestiche. Ci sarà qualcuno che non avendo intuito il tono del mio discorso, sarà ben felice di potersi appigliare a queste argomentazioni e starà pensando che sia una persona meravigliosa, compatendo mia moglie (poveretta che pena le è toccata).

No! Io non aiuto mia moglie con i figli perché non posso aiutare qualcuno con qualcosa che è mia intera e completa responsabilità. I bambini, come le faccende domestiche, non sono patrimonio di nessuno: non appartengono né all'uomo né alla donna. Come se non fossero i miei figli e non fosse mia responsabilità occuparmene. Faccio, con molto sforzo e molto gusto né più né meno quello che mi compete. Come del resto fa mia moglie."

Dopo di che, spiega perché abbiamo questa visione delle responsabilità ripartite, dicendo che:

"abbiamo ancora in mente un modello di educazione patriarcale, all'interno del quale ci sono delle distinzioni di ruoli molto nette: l'uomo è colui che procura il sostentamento, mentre la donna è colei che gestisce la casa (il che include i figli). Senza dubbio, negli ultimi decenni, la società è cambiata profondamente e questa distinzione di ruoli è passata, in molti casi, alla storia.

Oggi, la donna, seppure seguiti a subire discriminazioni, è responsabile delle sue scelte di vita. Può sviluppare le proprie capacità lavorative nello stesso ambito in cui le sviluppa un uomo, sebbene tutt'oggi le discriminazioni sociali siano profonde. Quando decide di dedicarsi alla cura dei figli, nella maggior parte dei casi, lo fa per scelta personale e non per mancanza di opportunità o diritti sociali.

In un momento storico in cui abbiamo questa parità di ruoli, parlare dei figli come fossero responsabilità esclusiva della donna, è un retaggio del passato. Oggi giorno uomini e donne si dividono (o dovrebbero farlo) in modo equilbrato quei compiti che impegnano entrambi, come la casa ed i figli. E cosa significa impegnarsi in modo equilibrato? Questo equilibrio non implica in (quasi) nessun caso una ripartizione 50-50, bensì un adattamento flessibile di disponibilità tra membri della famiglia ed incombenze che si avvicendano."

Prosegue il Dott. Sarriò segnalando quali sono i compiti propri della madre e quelli propri del padre. "Possiamo dire che, a parte il fatto di essere biologicamente madre, quindi incaricata dell'allattamento, il resto degli innumerevoli compiti che sono connessi alla cura dei figli, non sono patrimonio esclusivo di nessuno e sono totalmente ed assolutamente intercambiabili tra madre e padre, naturalmente in funzione delle circostanze o delle preferenze (sia dei figli che dei genitori - Oggi vorrei dormire con papà/mamma -) o delle abilità di ciascuno.
Una buona suddivisione dei compiti genera comprensione e non instaura conflitti, permettendo un'organizzazione armoniosa della routine domestica."

Per concludere:

"Quindi, tornando al principio, NO SIGNORA, IO NON AIUTO MIA MOGLIE NELL'ACCUDIMENTO DEI FIGLI. TANTOMENO NELLE FACCENDE DOMESTICHE. Vado con loro al supermercato e mi accompagnano ovunque vada. Cambio loro i pannolini, faccio loro il bagno, li porto al parco o preparo loro da mangiare, non per aiutare mia moglie, ma perché sono miei figli, sono mia responsabilità e desidero che possano crescere con un modello di famiglia e di suddivisione di compiti differente da quello che è stato il mio ed il suo signora."

Traduzione e revisione del testo di Sara Donati (www.saradonatifilmaker.com)

La dieta del gruppo sanguigno

Martedì, 01 Dicembre 2015 07:54

La dieta del gruppo sanguigno è un regime alimentare che si ispira all’alimentazione dei nostri antenati. Secondo questo stile, le abitudini alimentari influenzano il sistema immunitario, migliorando la propria di salute. Il naturopata italo-americano D’Adamo, ideatore di questo stile alimentare, sostiene che i 4 gruppi sanguigni (A, B, AB, 0) si siano formati durante l’evoluzione della specie e che essi rispecchino le attitudini alimentari dei vari soggetti.

Il gruppo 0, il più antico, è il gruppo dei “cacciatori”, persone con un sistema immunitario molto reattivo, con un apparato digerente molto resistente e predisposte ad un alimentazione ricca di cibi di origine animale, verdure e legumi.

Il gruppo A, è il gruppo degli “agricoltori”, persone con un sistema immunitario molto sensibile alle infezioni, la cui alimentazione dovrebbe essere basata su frutta, verdura, pesce ed uova; carne rossa e latticini non sono bel tollerati.

Il gruppo B, è il gruppo dei “nomadi”, persone con un sistema immunitario suscettibile a problematiche autoimmuni; la loro alimentazione può essere molto varia, non prediligono il glutine come il gruppo 0.

Il gruppo AB, è il gruppo più recente, presenta caratteristiche affini al gruppo A e B; il loro sistema immunitario è molto resistente contro allergie e patologie generali, non sono adatti alla digestione di carne e glutine.


Se questo stile alimentare da un lato ci permette di avere delle indicazioni di massima su quello che dovrebbe essere lo stile alimentare delle persone, dall’altro non tiene conto delle variabili individuali, tra cui la maggior reattività individuale verso determinati alimenti (reazioni allergiche o intolleranze alimentari). Oggi ci si direziona maggiormente verso la personalizzazione della dieta e a questo proposito, risulta più appropriato e soggettivo effettuare un’analisi genetica, la Nutrigenomica. Questo approccio permette di studiare e valutare il proprio corredo genetico legato al metabolismo degli alimenti e pianificare al meglio il profilo nutrizionale, sfruttando i punti di forza dei cibi che meglio rispondono alle proprie caratteristiche genetiche, migliorando le funzioni globali dell’organismo.


Dr. Alessio Tosatto, Nutrizionista IMBIO

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Ricetta davvero semplice ma che può essere utilizzata in tantissimi modi: come farcitura dei dolci, come ripieno di panini, come crema per un tiramisù veg, un dolce al cucchiaio o una bavarese. Insomma, è incredibilmente utile!

Come preparare la crema spalmabile vegan (versione dolce): 

Cercasi bambolotto, disperatamente

Lunedì, 30 Novembre 2015 13:13

Mio marito è agente di commercio, io giornalista: lui può avere un attacco di panico se lo fai stare più di un giorno seduto davanti a una scrivania, io posso soffrire di tachicardia se mi fai stare nel traffico quotidianamente. La mia amica Susanna ama stirare ma non cucina neanche per sbaglio, io invece me la cavo in cucina ma non sono capace a stirare. Ognuno è diverso e probabilmente lo è fin dal concepimento: sicuramente come genitori possiamo fare molto per la crescita dei nostri figli ma credo che le basi siano innate, che i nostri figli già dal grembo abbiamo delle caratteristiche non solo fisiche ma anche caratteriali ben precise. Così la mia primogenita in pacia era un terremoto, non mi faceva dormire mai: e ancora ora non ama dormire ed è molto agitata. Il mio maschietto dormiva sempre quando ero incinta e anche adesso è un gran dormiglione! 

Fin qui tutto semplice no? La domanda che mi pongo è: perchè, se accettiamo facilmente che noi adulti siamo diversi e generalmente non abbiamo la necessità di criticare la diversità (a te interessa se alla mia amica Susanna non piace cucinare?), con i bambini siamo così giudicanti? 

Se a partire dalle scuola materna noi genitori siamo più propensi ad eccettare l'individualità del bambino, con il neonato diventa una vera e propria ossessione per molti: il neonato ha uno standard ben preciso che deve esssere rispettato, ed è quello del bambolotto. Il bimbo bambolotto mangia, dorme, piange solo quando ha fame, fa la cacca non troppo e non troppo poco, sorride agli estranei e si fa prendere in braccio da tutti. Si addormenta in giro mentre sei a cena, ama le fotografie, l'acqua del bagnetto e farsi massaggiare. 

Ora prendiamo noi stesse e le persone intorno a noi e chiediamoci se noi corrispondiamo a questi canoni: mio marito odia i massaggi, ha difficoltà ad addormentarsi e in generale non ama stare in mezzo alla gente. Io odio quando le persone sconosciute mi toccano (potessi li prenderei a pugni) e piango anche senza motivo, sopratutto quando sono stanca. Ho giornate no, e sinceramente non so spiegarvi il motivo: forse perchè ho dormito male, forse perchè semplicemente quel giorno mi girano e basta. Quindi? Sono un adulto difficile? Non credo. Di sicuro non sono una di quelle persone super accomodanti, sempre sorridenti e sempre positive: ma sinceramente, quante ne conosciamo di queste?

E di preciso, perchè vostro figlio dovrebbe esserlo se, tra l'altro, il suo corpo e la sua mente devono ancora svilupparsi e magari piange perchè non riesce ad addormentarsi ma non ha 40 anni e quindi non può prendersi un libro da leggere o guardarsi un bel film in tv per convivere con l'insonnia?

Papavero3 

I tots sono delle crocchette di patate o di verdure molto famose nel mondo anglosassone: io le preparo molto spesso a casa mia perchè sono gustose, veloci da creare e mi consentono di far mangiare verdura al mio bimbo grande (e a suo padre anche). 

Ecco la ricetta per preparare dei deliziosi cavolfiore tots: un modo veloce e gustoso per far mangiare verdura ai bambini

Sophie è nata in Francia, ha cinquant'anni, ma è bella come il primo giorno. Il signor Rampeau la inventò nel 1961, e da allora è stata l'alleata di migliaia di dentini che spuntano in tutto il mondo.

Con Sophie la Giraffa, sicurezza e morbidezza a prova di dentino esistono: scopriamo questo giocattolo bello, sicuro e adatto ai bimbi tormentati dai dolori dei primi denti che spuntano.

Mordicchiare senza pericolo è il pensiero di tutte le mamme per i loro piccoli nel momento dello spuntare dei primi dentini. Un'alternativa ai soliti aggeggi c'è, ed è molto divertente: parliamo di Sophie, la giraffa creata con amore, con materiali rigorosamente atossici e seguendo un processo che prevede quattordici operazioni manuali necessarie affinché questa amica non rappresenti un pericolo per i più piccoli.
Anzi. Con la sua consistenza e il suo aspetto esotico e dolce, Sophie è amata da tutti i bambini a partire dai tre mesi di vita, e lo prova il fatto che i pianti a dirotto vengono spesso interrotti quando tra le loro braccia si infila Sophie. Accarezzabile e mordicchiabile, alta 18 centimetri e realizzata in caucciù naturale dipinto con colori atossici alimentari, la giraffina ha un aspetto davvero tenero, ed è perfetta per la percezione dei bimbi così piccoli.

La forma e la dimensione di Sophie sono studiate perché stiano esattamente e comodamente tra le mani dei bimbi in età da dentini: la sua presa è facile ed è maneggiabile con facilità per permettere i movimenti che in quel momento il bambino ritiene più confortevoli ad alleviare il fastidio.
Soprattutto (ed è questa la caratteristica che la differenzia e le fa fare un salto di qualità rispetto agli altri giocattoli pensati per quel periodo), Sophie la Giraffa stimola tutti e cinque i sensi, dimostrandosi pedagogicamente utile oltre che confortante.

La vista è incoraggiata grazie alle macchie scure in contrasto con il fondo chiaro, a somiglianza di una vera giraffa; il tatto è coccolato grazie al naturalissimo e morbidissimo caucciù; l'udito si allerta grazie al suono ottenuto nel momento in cui l'animale viene premuto; l'olfatto è in costante ascolto dell'inconfondibile profumo vanigliato, identificabile rispetto a qualsiasi altro odore. E infine ad essere stimolato è il gusto, su cui il bambino inevitabilmente si concentra mordicchiando e salivando teneramente su Sophie.

A partire da Sophie, protagonista indiscussa, sono nati successivamente altri giocattoli e personaggi.

Finora, le linee sono tre.

Nella prima, "C'era una volta", si possono trovare i funghetti Chan, Pie e Gnon, Fan Fan il cerbiatto, Gabin l'orsetto, Josephine la topolina, Kiwi l'uccellino, il gattino Lazare e la tartaruga Margot, pensati anch'essi per stimolare e alleviare i dolori della dentizione; e, oltre a quelli specifici per i dentini, è possibile trovare anche il giochino per il bagnetto e il sonaglino, di cui protagonista è di nuovo Sophie.

"So' Pure" è la seconda linea, pensata per essere totalmente ecosostenibile, prodotta in cotone organico 100%, fibra di mais e gomma 100% naturale. Al suo interno compaiono diversi giocattoli per i neonati, anch'essi pensati per stimolare i sensi. Dall'anello per la dentizione (più tradizionale) alle palline per la prensione, dai cubetti di caucciù fino a un altro giochino per il bagnetto.

La linea "Fresh Touch" vuole invece coprire tutti i momenti di bisogno del bambino, non solo quelli della dentizione. Trottole, tappeti interattivi, libri morbidi, set per la tavola, sonaglini: c'è un po' tutto, e, come sempre, ogni prodotto rispetta la natura e la sicurezza del bambino.

Detto ciò, non stupisca che Sophie da cinquant'anni a questa parte abbia preso un posto d'onore nel cuore di genitori e bambini: è meritato. È bella, tenera, naturale, sicura, confortante. E (un po' di frivolezza non guasta mai) le celebrities la amano altrettanto. Date un'occhiata alla gallery!

Sara Polotti

3 libri da regalare al papà a Natale

Lunedì, 30 Novembre 2015 10:17

La vita da mamma sicuramente vince il premio di quella più stressante in assoluto nel 99% dei casi, e qui non ci piove. Ma spesso anche quella dei papà non è male!

Ecco allora 3 libri da regalare al papà a Natale: 3 idee regalo per papà alle prese con una vita stressante

 

- "Cadere sette volte e rialzarsi otto"

 

Sembriamo essere condannati a vivere un’esistenza di cui a volte sembra fuggirci l’essenza. Ciononostante quando cadiamo, dobbiamo imparare ad accettare la sconfitta e poi a rialzarci. Per farlo dobbiamo riuscire a cambiare i signifi cati del mondo che ci assedia, cambiare la metafora della nostra vita, e trasformare l’energia della paura in capacità di agire nell’interesse di tutti. Infatti, il vero cammino verso il successo non è una lotta per vincere scontrandoci contro le avversità che incontriamo, ma è un percorso di conciliazione di quei confl itti che, originandosi dentro di noi, si proiettano sullo scherma del mondo esterno rappresentato dalla nostra esistenza quotidiana.

Con il racconto della sua vita, Luigi Zoia spiega come cavalcare l’onda dell’energia e ridirigerla dall’interno per costruire nuovi futuri. Zoia ci illustra come ha trovato il successo applicando i suoi principi di vita spirituali e come si possa riuscire a sviluppare la propria capacità di trasformare in modo positivo l’energia che proviene dalle situazioni ostili. Lo ha fatto dapprima come giovane campione sportivo internazionale di karate, poi come dirigente di banca e imprenditore a New York, approdando infine all’alta fi nanza internazionale; in un mondo ostile dove si combatte per annientare l’avversario. Zoia è tornato da questo campo di battaglia, che si estende dagli stretti e profondi canyon di Wall Sreet, tempio del capitalismo più crudele, sino alle strade e agli edifici degradati di Harlem, dove si manifestano le più profonde contraddizioni sociali che dilaniano i suoi abitanti. Ed è tornato per spiegare come il vero successo di trova solo raggiungendo l’unità dentro di noi, riconciliando il caos dualistico esterno-interno, e imparando a trovare e poi applicare una nuova, più effi cace metafora della propria vita.

LUIGI ZOIA è nato a Milano nel 1948. Cintura nera sesto dan di karate, è stato per tre volte vice-campione del mondo (1971, 1973, 1975), tre volte campione europeo e tre volte campione italiano di karate di Stile Shokotan. Laureato in Bocconi, dirigente di banca prima a Milano e poi a New York; nella Grande Mela è stato imprenditore nel settore immobiliare a cui ha fatto seguito l’apertura in Europa di una società fi nanziaria di gestioni patrimoniali. Recentemente ha fondato l’associazione culturale Conscious Business Group di cui è presidente.

 

- "Stress? no grazie sono resiliente"

 

Se pochi sanno davvero cosa si intende per ”stress”, un termine così inflazionato, ancora meno conoscono i meccanismi che lo regolano e i danni che può provocare se diventa cronico!

Esiste una soluzione che è dentro ciascuno di noi e si chiama ”resilienza”: è la capacità dell’uomo di uscire rafforzato dalle avversità della vita e spesso tra- sformato. la maggior parte delle persone neanche si rende conto di questa incredibile capacità perché non ne conosce il meccanismo e non ”si ascolta” come dovrebbe.

Attraverso un percorso teorico e pratico potrete conoscere davvero lo stress e imparare le tecniche più corrette per sviluppare la resilienza e uscire indenni dal ”Mal Essere”. scoprendo, alla famigerata data del 21 dicembre 2012, che forse la fine del mondo è semplicemente l’inizio di una nuova era. Quella del ”Ben Essere”.

Alfredo Formosa: legale specializzato in ”Asset Protection”, è anche Direttore di COnsulnET ll.C., agenzia di comunicazione scientifica statunitense che lavora nel campo delle neuroscienze. È da sempre appassionato di psicologia e filosofia, discipline che ha esplorato attraverso approfonditi studi. su queste tematiche ha scritto numerosi articoli e partecipato come relatore a conferenze. Per la collana Mental Fitness PuBlishing ha scritto anche ”Paradiso prêt-à-porter” e ”Med & lunch”.

Stefano Pallanti: Professore associato di Psichiatria all’università degli studi di Firenze, Dottore di Ricerca in neurofisiopatologia, Professore associato di Psichiatria e Direttore del Centro strategico di Eccellenza di Psichia- tria presso la Mount sinai school of Medicine di new York, Direttore dell’Agenzia di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso l’Azienda Ospedaliera-universitaria Careggi di Firenze. ha tenuto conferenze in tutto il mondo, è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche e collabora con riviste e giornali italiani ed esteri.

 

- "L'arte di Risalire"

Un incontro di lavoro in un noto caffè milanese diventa lo spunto per iniziare una chiacchierata sul tema della resilienza e sulle sue implicazioni nella vita di tutti i giorni.
Prendendo spunto da vicende ed esperienze sportive personali, la conversazione si sposta verso una rievocazione di eventi particolarmente drammatici che hanno
colpito personaggi importanti e famosi del mondo dello sport, campioni che hanno subito gravi incidenti e ”stop alla carriera”.
Perché qualcuno ce l’ha fatta a tornare, reinventandosi vita e carriera, e altri no? Quali sono i meccanismi che regolano la resilienza e come si può migliorare questa favolosa facoltà che tutti abbiamo? È proprio necessario ricorrere al doping per migliorare le proprie prestazioni?
Sono tutte tematiche di grande interesse per sedentari e sportivi, costretti entrambi ad affrontare quotidianamente prove e situazioni difficili. L’esempio fornito dai campioni dello sport può essere di grande utilità per la vita di tutti i giorni.

Alfredo Formosa: Legale specializzato in ”Asset Protection”, è anche Direttore di CONSULNET LL.C., agenzia di comunicazione scientifica statunitense che lavora nel campo delle Neuro- scienze. È da sempre appassionato di psicologia e filosofia, discipline che ha esplorato attraverso approfonditi studi. Su queste tematiche ha scritto numerosi articoli e partecipato come relatore a conferenze. Per la collana Mental Fitness PUBLISHING ha scritto anche ”Stress? No grazie, sono resiliente!”, ”Paradiso prêt-à-porter” e ”Med & Lunch”.

Elena Campanini: psicologa - psicoterapeuta, specialista in psicoterapia; si occupa di Psicologia Clinica della Salute, Sport e Movimento. Nell’ambito dello sport si è occupata della formazione di istruttori ed allenatori di varie discipline sportive e della preparazione mentale di atleti di medio e alto livello agonistico; ha collaborato con varie Federazioni Sportive del CONI; considera lo sport come una palestra di vita per tutte le età e come un’esperienza esistenziale, psico-educativa e riabilitativa insostituibile.

 

Oggi una mamma ci scrive: "Buongiorno, una domanda, si può dare la camomilla ad una bimba di quasi 5 mesi? se si cerca su web ci sono pareri discordanti, x la mia pediatra non si può dare nemmeno una goccia d'acqua. Che dire? mia figlia è molto irrequieta, forse si annoia non so, ma è stra carica di energia, diventa tesa con pugni e piedi stretti e urla a bocca chiusa. Consigli? grazie"

Ecco la mia risposta con i consigli per comprendere come far rilassare un bambino nei primi 8 mesi di vita: cosa fare e cosa non fare per aiutare il piccolo a dormire e rilassarsi

Buongiorno mamma, dunque la camomilla non è un'erba che agisce sul sistema nervoso rilassando, ma è benefica per l'apparato digerente, quindi aiuta a digerire. L'uso della camomilla per il sonno è frutto di una riuscita pubblicità di una nota marca produttrice ma non c'è nulla di più sbagliato di usare la camomilla. Anzi in alcuni soggetti la camomilla sortisce l'effetto opposto, quindi è un eccitante. Dunque eviterei.

Personalmente sono fortemente contraria all'utilizzo di tisane prima dei sei mesi, perchè:

1. fino ai sei mesi il bambino deve assumere secondo l'organizzazione mondiale della sanità solo latte materno o latte formulato (la tua pediatra ha ragione non ha bisogno di acqua)

2. servono fondamentalmente a noi adulti per darci l'idea di fare qualcosa per farli rilassare, tutto qui

3. possono essere mal tollerate dai bambini

4. le tisane per bambini in commercio sono zucchero e qualche erbetta buttata lì per caso

Cosa possiamo fare dunque?

- PENSIERI: dobbiamo accettare il fatto che i neonati non sono bambolotti e che hanno un temperamento in parte dettato dall'ambiente in cui vivono e in parte risultato della genetica. Dobbiamo sempre aver ben chiaro che ogni neonato, così come ogni bambino e ogni adulto è a sè, per cui basta con questa idea del bebè cicciobello, la vita reale è un'altra. 

- ROUTINE: i consigli dell'Ostetrica Angela Dinoia nel libro Il Neonato e i suoi segreti, edito da Mental Fitness Publishing

- ATTENZIONE AGLI STIMOLI: attenzione a non stimolare eccessivamente il piccolo come spieghiamo in questo articolo

- USARE LA FASCIA PORTABEBE': la fascia è davvero un toccasana per il bambino perchè è a contatto con la mamma (è un bisogno fisiologico, non un vizio), è contenuto fisicamente quindi si sente protetto, e poi è in posizione elvevata rispetto a terra, quindi ha la possibilità di avere stimoli visivi e olfattivi più interessanti. Visita la nostra sezione dedicata al babywearing

- FIORI DI BACH: ecco una miscela di fiori di Bach che aiuta il piccolo a rilassarsi

- TISANE: a partire dai sei mesi possiamo utilizzare queste tisane

- OSTEOPATIA: l'osteopatia pediatrica è un modo davvero eccellente per aiutare il naturale equilibri emotivo e fisico del bambino. 

Giulia Mandrino

 

 

 

L'ultimo ingrediente? Il riciclo

Domenica, 29 Novembre 2015 21:27

Si parla tanto, sempre, ovunque di cibo e di cucina, di ricette e di ingredienti, di cuochi professionisti e amatoriali. Ci sono programmi ovunque in tv, libri e riviste spopolano, tutti ci mettono la loro e anche noi ci mettiamo del nostro!

Si cucina di tutto in tv, dalle ricette più classiche, ai classici rivisitati, dagli ingredienti più introvabili a quelli più fantasiosi negli abbinamenti.
Si cucina a tema, a tempo, per ingredienti, a squadre, in gruppo, a staffetta, tutti contro tutti, si cucina ingredienti a sorpresa e chi più ne ha più ne metta.
I risultati non sono sempre quelli sperati, a volte invece rimaniamo stupiti.ì

In un famoso programma (ormai c’è la versione italiana, quella americana, quella neo zelandese e quella canadese) c’è chi cucina un menù completo in soli trenta minuti con ingredienti a sorpresa decisi dai giudici, nella realtà a me pare che i piatti siano alla fine, gira che rigira, sempre quelli: i pettini di mare, il purè di manioca o di zucca, cipolle caramellate, salsa di accompagnamento, riduzione di qualcosa, burro alle erbe o all’aglio, guacamole e verdure spadellate.

E la pasticceria? Potevamo esimerci dal cucinare una torta nuziale e tre piani coperta di fiori di zucchero, marmellata fatta al momento, frutta fresca e decorazioni di fondente in un’ora secca? O provare le dolci specialità di altri paesi, senza averle mai viste né assaggiate e doverle infornare e impiattare nel tempo di un battito di ciglia?

Ci sono addirittura pasticceri, ma in questo caso professionisti (!), che sfornano dolcezze di ogni tipo per un programma, è tutta gente che lavora in pasticcerie o ne ha delle proprie e poi al momento della prova li senti bellamente dichiarare cose del tipo “la prova è sicuramente difficile, non avevo mai fatto i bignè” ... “si tratta di temperare il cioccolato, una delle operazioni più impossibili” ... “la pasta frolla? E chi l’ha mai fatta”... no vabbè ma di cosa stiamo parlando, ma non lavori in pasticceria da sette anni? Ma non hai un tuo negozio da quattro anni? E che cazzo di torte fai se non sai lavorare il cioccolato, fare la frolla, sfornare i bignè...?
Alcuni personaggi poi sono ormai i volti noti della cucina: chi non conosce Gordon Ramsay e il suo filetto alle wellington, Cracco e la sua mania per le uova, la Parodi con tutto quello che c’è frigor l’importante è che si prepari in cinque minuti (e la adoro perché per le qualunque ingrediente è sostituibile con un altro, tipo se fai il risotto alle fragole e non hai le fragole vanno bene funghi... certo peccato che a quel punto sarà un risotto ai funghi e non alle fragole.. ma sono dettagli...), Simone Rugiati che mette spezie e zenzero ovunque perché lui li adora, la Clerici che con lo stipendio strepitoso che prende, dopo più di vent’anni alla prova del cuoco, libri di ricette ed un “ristorante” nel centro commerciale ancora non ha imparato a cucinare (e si vede!!).

Non commento i piccoli chef emergenti... a me un bambino che a dieci anni mi insegna come disossare un pollo lo trovo discutibile e contro ogni natura!
Tra le mille ricette più o meno innovative a periodi ci propinano quelle per riciclare gli ingredienti: a Natale il panettone, a Pasqua la colomba o il cioccolato, d’estate il riso avanzato; peccato che l’ultimo degli ingredienti che serve nella ricetta sia proprio quello da riciclare. Tipo?

“Vi capita che sia passato Natale (o Pasqua) e avete avanzato una fetta di panettone (o di colomba)? Magari proprio non avete voglia di mangiarla ancora così? Vi facciamo vedere come riutilizzarla e ricettarla per fare un dolcetto un po’ diverso... Prendete: cioccolato, latte, burro, uova, fate una crema, flambate con il rum i tocchetti di panettone, aggiungete alla crema delle nocciole tostate e tritate, guardine con un culì di lamponi e spolverizzate con zucchero a velo”... ok, altro? La mia ricetta? Prendete il panettone e mangiatevelo con un the, aspettate che sia passato il natale e vedrete che vi torna la voglia, non ingollatevi per tre o quattro giorni e vedete come vi va giù, fatevi una bella camminata al parco e vi torna la voglia di panettone!

“Per il cioccolato delle uova di Pasqua avanzate potete scioglierlo a bagnomaria aggiungere della panna, spolverizzarlo con la cannella, guarnirlo con scorzette di arancia che avrete precedentemente candito, aromatizzarla con un infuso di spezie o menta, creare una ganasce per guardine dei dolci, fare una crema, grattugiarlo su una torta...” Se volete, a mio modesto parere, potete schiaffarlo tra due fette di buon pane e farci merenda oppure congelatelo, state certe arriverà presto il momento in cui la voglia di cioccolato si fa sentire!

“Quando avanzate il risotto o il riso bianco il modo migliore per riutilizzarlo è, ad esempio, degli arancini. Fate un bel ragù, aggiungete i piselli, metteteci il riso e formate delle belle palline, impanatele e friggetele, potete anche aggiungere prosciutto, verdurine o la mozzarella per l’effetto filante” E poi avrete spignattato per altre tre ore. A parte che a me una basla di risotto così non mi avanza se non lo faccio intenzionalmente e poi di quello avanzato ti fanno vedere che ne usano un terzo, quindi punto a capo, hai altro risotto di cui “disfarti”, io lo metto nella pentola antiaderente e lo scaldo o così o al forno e ciao.

“Con il pane raffermo poi gli usi sono mille”... Ma a chi avanza tutto quel pane? Per quante persone lo comperate? Se dopo dieci volte ti avanza tanto pane perché la volta dopo non ne comperi meno?
Perché se devo aggiungere altri dodici ingredienti, programmarci una spesa ad ok e fare due ore di preparazione spignattando per riciclare una fetta di panettone raffermo o un etto di cioccolato, mi passa la voglia, io me lo butto in bocca così, perché il riciclo non può essere l’ingrediente di contorno ma quello principale, minima spesa massima resa! Sarà che in casa mia non avanza mai un cavolo se non cucino il doppio del necessario, sarà che peso tutto quello che butto in pentola, sarà che odio buttare la roba da mangiare, ma a me non capita manco per sbaglio di avere una ciotolona di risotto giallo avanzato! Quindi via con il riciclo, il cibo non si butta, certo che no.. ma che non diventi l’ingrediente “incriminato” per farci fare altra spesa!

Elena Vergani, autrice di Il mondo è bello perchè è variabile 

Foto credits: https://www.flickr.com/photos/15216811@N06/5300955223

Un tema sempre caro ai genitori è quello delle regole, spesso mi chiedono se darle, quando e soprattutto su cosa e come applicarle. Ma che cos’è una regola? Per rispondere almeno in parte a questa domanda dobbiamo fare una distinzione tra regole famigliari e regole sociali, le prime sono quelle regole che vengono create ed applicate in famiglia, le seconde invece sono quelle che ritroviamo nel tessuto sociale nel quale la famiglia ed i bambini sono immersi. Questa distinzione ci permette di capire che prima o poi il bambino si imbatterà in norme di comportamento che dovrà imparare a capire, seguire e crescendo anche a contestare. Il genitore ha quindi un ruolo fondamentale nell’introdurre il bambino nel contesto sociale d’appartenenza e questo passaggio, direi obbligato, passa anche attraverso l’interiorizzazione delle regole che vengono applicate in famiglia.

Ogni famiglia è diversa dalle altre e quindi anche le regole che vengono delineate sono diverse, non ci sono regole giuste o sbagliate ma solo regole che i membri della famiglia decidono e seguono. Le regole sono necessarie e sono una parte fondamentale della “cassetta degli attrezzi” di cui il genitore (con l’aiuto di tutti gli adulti di riferimento che il bambino avrà) dovrebbe dotare il bambino per aiutarlo ad affrontare il mondo esterno e la crescita; è necessario però che nella loro formulazione i genitori riflettano profondamente sui propri valori interni di riferimento, possiamo dire infatti che le regole non sono nient’altro che la definizione dello spazio di comportamento all’interno del quale i valori profondi si esprimono, ad esempio se per un genitore è fondamentale seguire il valore della cooperazione cercherà di insegnare al bambino il medesimo valore mettendo delle regole sulla condivisione dei giocattoli, sul prestito, sul giocare insieme.

E’ bene ricordare però che le regole senza l’esempio comportamentale da parte dei genitori non funzionano, se pensiamo che l’apprendimento del bambino passa principalmente attraverso il canale dell’imitazione è auspicabile che le regole non solo vengano dette, ricordate o scritte ma soprattutto applicate e seguite da tutti i membri della famiglia, verranno chiaramente fatte delle eccezioni e degli adeguamenti rispetto alla differenza tra adulto e bambino, alle varie fasi della crescita, agli equilibri che si creano ed ai cambiamenti famigliari, ma il valore di fondo sarà il contenuto più importante che il genitore vuole trasmettere attraverso la regola.

Il genitore deve guidare i propri figli non dandogli ordini o sottomettendoli alla propria volontà ma sostenendo i propri valori ed obiettivi con sufficiente integrità da farli sentire motivati a collaborare. Le regole sono uno degli strumenti principali che i genitori hanno disposizione per ricoprire il ruolo di guida, ed il modo più fertile per farlo non è imitare o seguire pedissequamente quello che i pedagogisti consigliano ma essere persone autentiche con i propri bisogni, gusti e limiti mantenendo però la piena consapevolezza del ruolo che si ricopre come genitore e come adulto di riferimento. In questo modo sarà possibile insegnare ai propri figli come acquistare sensibilità per i confini ed i bisogni degli altri.

I bambini piccoli spesso violano i limiti e le regole imposte dai genitori, non per mancanza di rispetto ma per un duplice obiettivo, soddisfare i loro desideri ed al contempo conoscere i genitori dedicando attenzione ai segnali ed alle risposte che ricevono. Vogliono sperimentare che cosa desiderano, che cosa gradiscono e che cosa accettano o rifiutano mettendo in atto un comportamento di “disubbidienza”. Con la crescita il bambino interiorizza il modo di vedere del genitore, ciò che è giusto e che cosa no, ciò che è bene e ciò che è male, nasce così profondamente la concezione morale. Questo processo di apprendimento richiede da parte del genitore chiarezza e ripetizione costante, non solo nella definizione delle regole ma anche nelle reazioni al comportamento del bambino che devono essere il più chiare e coerenti possibile. I genitori dovranno imparare anche ad aspettare che tutto quello appreso passi e si fissi nella coscienza del bambino ed il processo può richiedere da alcuni giorni ad anni. L’apprendimento è un meccanismo di esplorazione ha quindi bisogno per poter essere costruttivo di fiducia e di amorevolezza ma anche dei confini entro cui muoversi chiari e definiti e di un’atmosfera il meno tesa e negativa possibile. E’ necessario che il genitore dia un feedback a questo costante processo di esplorazione ed è bene che impari ad esprimersi in modo personale, sicuro, chiaro e veloce ed allo stesso tempo deve imparare a rispettare il desiderio di autonomia e di indipendenza del figlio. Il linguaggio (verbale e corporeo)utilizzato nel definire e ripetere le regole e nella reazione all’obbedienza o disobbedienza è importante , deve essere non solo sicuro e chiaro ma anche personale ed amorevole, per il bambino è più facile affrontare il processo di interiorizzazione delle regole se vengono espresse in questo modo, dire non si fa perché è così è un imperativo non personale il genitore potrebbe invece dire, “Per me è importante che tu faccia questo”, il concetto espresso è lo stesso ma la modalità è diversa, nella seconda frase il genitore trasmette il suo valore al bambino ed è per lui è più semplice capire il perché del comportamento richiesto e prevedere le reazioni del genitore facilitando così il processo di interiorizzazione.

Quindi regole si o no? Essendo inseriti in un contesto sociale la risposta è assolutamente si, con le accortezze descritte. Definire regole famigliari in linea con i propri valori profondi di riferimento, dirle e ricordarle ai figli in modo chiaro e coerente ed allo stesso tempo rispettarle. Reagire alla disobbedienza con fermezza ed allo stesso tempo con amorevolezza, ricordandosi che è necessario per il bambino esplorare anche la disobbedienza ma tenendo sempre saldi e precisi i limiti da rispettare comunicandoli in modo chiaro e personale. Non c’è una regola giusta ma è giusto che la regola ci sia.

Associazione Eupsichia
Centro psicologico
Via Osoppo, 7
20148 Milano
Tel: 02-48702143
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sara

sara.png

Cecilia

Untitled_design-3.jpg