La natura ci offre una vastissima selezione di prodotti naturali davvero meravigliosi per la pelle del bambino, oltre che la nostra: abbiamo quindi la possibilità di utilizzare nel bagnetto, al posto della crema, e per il massaggio oli e burri totalmente privi di sostanze chimiche e 100% naturali che rispettano la pelle del piccolo e la idratano grazie ai numerosi nutrienti contenuti in essi. Così anche per la nostra pelle possiamo scegliere di sostituire creme corpo con oli e burri vettore ed eventualmente oli essenziali.

Ecco la mia lista di oli e burri e le loro proprietà tratti dal mio libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme, edito da Mental Fitness Publishing interpretati secondo la teoria ayurvedica dei dosha

 

Giulia Mandrino 

Foto Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3ASheabutter-virginsheabutter.jpg

 

È la signora degli scimpanzé. No, non è la Jane di Tarzan, ma di un'altra Jane parliamo. Jane Goodall è un'etologa e scienziata britanniaca. Capelli argentei e occhietti vispi, ha dedicato la sua vita alle scimmie, e studiandole da vicino ha portato alla luce caratteristiche che hanno aiutato meglio la comprensione della nostra stessa razza umana.

Jane Goodall ci insegna il rispetto per gli animali: attraverso un suo aneddoto, i bambini possono capire quanto l'amore verso l'ambiente e gli animali sia fondamentale e irrinunciabile

Fin dagli inizi dei suoi studi, Jane si è sempre schierata contro la cattività degli animali, innaturale e barbara. Vivendo poi a stretto contatto con i primati, in Tanzania, ha reso questo studio la sua vita, fondando anche il Jane Goodall Institute per la salvaguardia delle scimmie in tutto il mondo.
La sua esperienza e la sua persona sono di grande ispirazione, e lo possono essere anche per i bambini, sempre affascinati dalle scimmie e sicuramente interessati alle gesta di questa signora che per studiarle si è avvicinata a loro cercando di replicare le loro abitudini.

Insomma, oltre ai suoi studi largamente conosciuti, Jane Goodall ha recentemente rivelato un aneddoto della sua infanzia che racchiude tutto il senso della sua esistenza e tutto il concetto di rispetto per il mondo animale che, se raccontato ai vostri bambini, può diventare pretesto per infondere in loro questo nobile sentimento. Non solo: il racconto fa capire quanto le parole di un genitore siano importanti per un bambino, che le terrà con sé probabilmente per tutta la sua vita.
Nello specifico, la vocazione di Jane per il rispetto degli animali e del loro habitat ha subito una spinta positiva grazie alle parole che una sera la madre le rivolse.

Un giorno, giocando in giardino, Jane si divertì moltissimo ad osservare un gruppo di lombrichi e a giocare con loro. Così, da bambina qual era, la sera decise di portarli nel letto con sé. La madre, vedendo questo suo gesto, le spiegò teneramente che capiva l'amore della bambina per questi lombrichi, ma che la sua idea di portarli con sé nel letto non era buona: togliendoli alla terra, i lombrichi sarebbero presto morti, perché lontani dal loro habitat naturale.

Ecco: Jane Goodall era già attratta dalla natura. Era la sua vocazione sin da piccola. Ma le parole della madre, oltre a spiegarle semplicemente un fatto naturale, la spronarono inconsciamente a dedicarsi nello specifico alla ricerca sugli habitat naturali degli animali, e le inculcarono la giusta idea che la cattività non può che essere negativa.

I bambini assimilano tutto ciò che diciamo loro durante la prima infanzia: è bene ricordarlo sempre, ed è bene prendere l'occasione per fare piccoli gesti e raccontare semplici fatti che insegnino loro il rispetto verso gli esseri umani, verso la natura e verso gli animali: prendiamo l'esempio della madre di Jane!

Sara Polotti

Come parlare ai bambini del voto in classe

Martedì, 22 Dicembre 2015 05:37

Genitori, tenetevi forti: tutte le vostre convinzioni sulle scuole accademicamente al top potrebbero subire un duro colpo. O forse no?

Ci ha pensato uno studio della London School of Economics, secondo il quale mandare i bambini in scuole "peggiori" potrebbe incredibilmente rivelarsi una scelta migliore.

Ma, nonostante questo studio, è bene ricordare che non è importante affannarsi a diventare i primi della classe: come parlare ai bambini del voto in classe 

 

La recente ricerca ha portato alla luce un fatto: secondo gli studiosi, la ferocia della competizione nelle scuole d'alto livello spesso ha effetti controproducenti, e le botte negative all'autostima possono rivelarsi devastanti. Al contrario, risultare tra gli studenti migliori in una scuola magari meno prestigiosa può dare super slancio all'autostima e quindi alle performance scolastiche.

Lo studio si è concentrato su circa due milioni di ragazzi e sui loro risultati in lettere, matematica e scienze. Il dottor Felix Weinhardt, che ha steso il rapporto, ha dichiarato di essere consapevole del fatto di andare molto controcorrente rispetto alla convinzione che circondare i bambini di alunni migliori possa infondere in loro la voglia di dare sempre il meglio, ma che in certe situazioni è davvero meglio abbassare gli standard.

Leggendo la ricerca, viene da chiedersi se la ricerca di scuole perfette, di standard elevatissimi e di ambienti stimolanti non sia stata solo una perdita di tempo, ma anche controproducente: se scegliere una scuola alta significa nei risultati vedere il proprio bambino tra i peggiori della classe forse non è stata la decisione migliore.

Certo, la cura dei genitori nello scegliere una scuola e i suoi insegnanti (che devono sempre intessere una relazione positiva con i bambini!) è importante, ma, secondo i ricercatori, per i ragazzi ha un'influenza enorme anche il loro rapporto (anche competitivo) con i compagni. E, quando questo rapporto li fa sentire inferiori, questi prendono una brutta botta a livello di autostima. E in questo caso è bene cercare un altro modo per spronarli a dare il meglio.
È bene, ed è normale, essere ambiziosi quando si tratta dei propri figli. Ma è anche giusto non cercare solo una gratificazione genitoriale, quanto piuttosto ciò che è meglio per loro.

Ok. Fin qui non fa una piega. Non bisogna però cadere nella trappola: sarebbe semplice mandare un bambino brillante in una scuola meno impegnativa per vederlo senza sforzo tra i primi della classe. Non è giusto, è un imbroglio, e in questo modo si ritarderebbe solo la scoperta della vita vera, quella fatta di problemi, insicurezze e ostacoli.

Si è sempre tra l'incudine e il martello: per quanto un bambino possa essere intelligente, o meno brillante (capita!), non si riesce mai a capire e a decidere quando sia giusto lodarlo per sapere scrivere il suo nome o fargli capire che non sempre si risulta i migliori anche provando a fare il proprio meglio.
Ecco, nessuno mette in dubbio l'importanza del saper perdere. Anzi. Pensandoci, la ricerca della LSE è abbastanza strana...

Il saper perdere va insegnato. Ed è giusto che i bambini ne facciano esperienza. Nella vita capiterà loro spessissimo di fare colloqui e non venir selezionati per quel lavoro, dare esami all'università e non arrivare al 18, e chi più ne ha più ne metta. Ecco, anche a scuola è giusto imparare ad arrivare secondi, o terzi. O ultimi.
Certo, quando circondati da menti molto più brillanti delle loro, i bambini avvertono la pressione, e non sempre è positivo. D'altro canto è bene mettere sul piatto che non ci sono al mondo così tanti supergeni. Tutti noi, persone normali, per raggiungere gli obiettivi lavoriamo. E sodo! Se quindi non permettiamo all'autostima del bambino di irrobustirsi attraverso le sfide quotidiane (quindi, ad esempio, mandando il genietto alla scuola "normale" dove potrà eccellere) alla prima difficoltà e alla prima defiance l'opinione di loro stessi così artificialmente gonfiata scoppierà come un palloncino.
Molto meglio, quindi, instillare in loro una genuina conoscenza di loro stessi e dei propri talenti e dei propri limiti, no?

La ricerca sostiene, in parole povere, che l'immagine che una persona ha di se stessa esiste praticamente solo in relazione a chi abbiamo attorno e a chi ci paragoniamo. Sei quindi brillante quando ti circondano persone meno intelligenti? No, è solo illusorio. Nel mondo esterno esistono persone più brave di te.
Quindi, ok, non significa che il meglio per il vostro bambino sia la scuola ritenuta migliore nell'ambiente. Non è necessario. Significa solo che, con il giusto buonsenso, la decisione migliore è scegliere la scuola dove il voto non significhi "quanto si è BRAVI", ma semplicemente quanto si è compreso di quel determinato argomento. Così lodare troppo il bambino quando prende un voto alto non è mai una buona idea, meglio lodare il suo lavoro e il suo impegno, a prescindere dal voto preso a scuola. 

E' importante che le sue insegnanti la pensino e agiscano facendo sì che il bambino non relazioni il voto alla sua autostima, quindi "io sono un bambino da 10", oppure "io sia un bambino da 6", questo davvero non deve succedere: così come l'ingegnere nucleare vale quanto l'operatore ecologico, così il bambino che va bene a scuola vale quanto quello che manifesta difficoltà e lui deve percepire chiaramente questo concetto. Se la teoria sembra chiara a tutti, poi nella pratica ci si perde in vecchi (e dannosi) retaggi culturali! Mai quindi spendere tempo a parlare dei voti, così chiaramente mai paragonare o chiedere "cosa ha preso il tuo amico a scuola?". 

Quindi per riassumere, stimoliamo il lavoro e l'impegno, non il voto: il piccolo deve essere portato a dare il meglio di sè, il voto è solo uno strumento dell'insegnante per comprendere secondo uno specifico obiettivo concretizzato in una precisa modalità, cosa il bambino abbia realmente interiorizzato e in quali aree sia importante investire nuovamente. Il resto sono problemi nostri, ansie e proiezioni che non devono neanche tangere il nostro bambino. 

Se adottiamo questa strategia il bambino comprenderà il valore dell'impegno, ma anche la possibilità di mancare un obiettivo: insomma, con una buona autostima, saranno facilitati nel comprendere i propri talenti, i propri limiti e i propri errori, saranno più stimolati a dare il massimo e ad accettare fallimenti senza veder minata la propria persona. 

Sara Polotti

 

Non è mai troppo presto per creare le basi di matematica che serviranno al tuo bambino per tutta la sua vita. E anche attraverso il metodo Montessori è possibile iniziare!

Imparare la matematica attraverso il metodo Montessori: attività, giochi ed esercizi per iniziare a creare le basi logiche del tuo bambino

 

1. Il conto e i gruppi

Il metodo migliore per iniziare a preparare il tuo bambino alla matematica è contare gruppi di oggetti. Da subito, si possono contare insieme le dita della mano, gli spazi in un parcheggio, le persone in fila alla posta, le arance nella cassetta, eccetera eccetera. Insomma, è bene abituare il bambino ad eseguire questi piccoli e divertenti esercizi sempre più spesso.
L'importante, una volta presa confidenza con questo esercizio e con i numeri, è far sì che il bambino sincronizzi il conto con la parola. Spesso non è automatico. Bisogna quindi esortarlo a dire il numero esatto a cui ci si trova di fronte nel momento in cui l'oggetto contato è indicato. "Questa è l'arancia numero 1, questa la 2, questa la 3": semplice, ma davvero importante per passare agli esercizi successivi.

 

2. Quantità e numeri da 1 a 100

Basilare per il bambino è la conoscenza dei numeri da 1 a 100, fondamento di tutto ciò che verrà dopo (come la scrittura dei numeri, le operazioni, il saper leggere l'orario, e moltissime altre attività). Per farlo, è necessario usare sequenze di materiali ordinati in pattern logici. Come funziona, praticamente? Ecco alcune attività:
- 0-10: Usando monete e cartoncini sui quali sono scritti i numeri da 1 a 10, si raggruppano le prime in gruppi da 1, da 2, da 3, fino a 10.
- 11-100: Sempre con le monete o con altri materiali da contare (noci, palline,...) e i cartoncini da 0 a 9, si dividono in decine come quando alle elementari usavamo l'abaco, combinando le decine con le unità.
- 100: per prendere ancor più confidenza con i numeri da 1 a 100, in commercio esistono tantissimi strumenti Montessori, come ad esempio la catena di 100 perle dorate o la Tavola dei Cento. Non solo: cercando negli App Store, troverete un sacco di giochi ed esercizi per i vostri tablet e telefoni.


Foto Cretis: montessorioutlet.com

Foto Credits: alisonsmontessori.com

 

3. I numeri fino a 1000

Lo step successivo, naturalmente, sono i numeri fino a 1000. Anche qui, in commercio esistono moltissimi strumenti Montessori. Il più gettonato è il cubo di mille perle, continuazione naturale della catena di 100: sovrapponendo i quadrati da 100 il bambino arriverà fino al conteggio di 1000.

Foto Credits: montessorioutlet.com

 

4. Le divisioni

Sono il passaggio successivo alle addizioni, sottrazioni e moltiplicazioni, più intuitive e spiegabili attraverso l'utilizzo visivo di piccoli materiali (come i fagioli o le fette di torta: c'è da sbizzarrirsi). Ecco, le divisioni sono un po' più insidiose, ma esistono semplici attività per iniziare a far capire al bambino che è possibile dividere i numeri (inizialmente senza resto).
Si può iniziare con un problema semplice: abbiamo 9 monete (in un piattino) e tre bambini tra cui dividerle (simbolizzati da tre bicchieri). Ogni bambino dovrà avere lo stesso numero di monete. Come fare? Semplicemente distribuendo una per volta le monete in ogni bicchiere. Alla fine ogni bicchiere avrà tre monete. Si spiegherà quindi che la divisione significa separare in gruppi. Quindi, scrivendo "9, diviso in tre gruppo, significa avere 3 in ogni gruppo", aiuterà a comprendere "9 : 3 = 3".
Una volta compresa la divisione in generale, si potrà usare la Tavola delle Divisioni: utilizzando una griglia bianca di quadratini 10x10 (e poi 100x100) e dei fagioli, il bambino dividerà questi nelle tre colonne e nelle tre linee orizzontali (segnate con 1, 2 e 3, cioè il numero dei "bambini").

 

5. Frazioni

Dopo le divisioni, cioè la separazione di più elementi in gruppi, è bene imparare le frazioni, la separazione di un oggetto in piccole parti uguali.
Prendete l'occasione quando state tagliando la frutta, e chiedete al vostro bambino: "dove posso tagliare questa mela per far sì che sia divisa in due parti esattamente uguali?", e una volta capito gli si spiega che la si è tagliata a metà, e che quindi ogni parte è una metà, o un mezzo. Lo stesso con i terzi e i quarti: "dove taglio la banana per avere tre pezzi identici?", ottenendo così un terzo della banana, o un quarto, o un quinto.
Per capire meglio, rimettete i pezzi insieme. Le due metà della mela formeranno nuovamente una mela intera, e lo stesso i tre pezzi della banana. Quindi, un mezzo più un mezzo è uguale uno, un terzo più un terzo più un terzo idem. E così via.
Anche qui, provate a cercare on line delle applicazioni apposta per le frazioni: ce ne sono a bizzeffe, e sono davvero utilissime!

Sara Polotti

Come gestire il distacco dalla mamma

Lunedì, 21 Dicembre 2015 10:26

Quando nasce un bambino il più grande impegno dei genitori è quello di accudire al meglio il proprio figlio, occupandosi di lui nel modo migliore possibile.

Durante i primi mesi di vita l’importanza del genitore è evidente e la sua presenza è  necessaria per la crescita e per la sopravvivenza del bambino.  Mentre il bambino cresce le sue esigenze cambiano e si moltiplicano ed i genitori sono chiamati ad adeguarsi ad esse e spesso ad interpretare i segnali del bambino in molti casi anticipando e soddisfacendo i bisogni che esprime. Il legame che si crea tra genitore (soprattutto la mamma) ed il bambino ha le caratteristiche di un legame simbiotico, dopo la nascita la mamma è il veicolo di cibo, coccole e contenimento e anche il papà, in modo più progressivo lo diventa.  I primi mesi di vita per la mamma sono un proseguimento naturale della gravidanza, non a caso si parla infatti di diade mamma-bambino, questo naturale processo ha un’evoluzione che spesso i genitori e soprattutto le mamme faticano a vedere in modo chiaro, il figlio cresce e  pur avendo bisogno della presenza costante dei genitori, durante i primi mesi inizia anche a prenderne le distanze ed a riconoscersi come entità separata dalla mamma.

Questo processo viene chiamato di separazione ed individuazione, è proprio attraverso la progressiva separazione dalla mamma che il bambino impara a riconoscersi ed ad avere una percezione di sé come individuo ed a formare la sua identità. E’ proprio il processo di separazione che spesso mette in crisi il genitore che lo vive come una mancanza di indispensabilità per il proprio figlio, il bambino inizia a voler fare da solo a richiedere i propri spazi e il genitore non sa come comportarsi e come rispondere a queste nuove esigenze.

 

La prima cosa che il genitore deve ricordarsi è che la separazione è un processo naturale e necessario e che la sua presenza è indispensabile ma muta nelle modalità a seconda della fase di crescita in cui il bambino si trova. Quello che ricordo sempre ai genitori è che loro sono tenuti ad amare i propri figli e per fare questo è fondamentale che accettino il fatto che prima o poi il bambino affronterà il mondo da solo, separarsi vuol dire riconoscere l’altro come individuo diverso da sé, con i propri bisogni, il proprio carattere ed i propri gusti e questo ha inizio già durante i primi mesi di vita, più o meno da quando il bambino inizia a gattonare ed a esplorare il mondo in autonomia.

Il camminare, lo svezzamento,il linguaggio, il dire no, la disobbedienza, “i terribili due anni” sono una chiara manifestazione del bisogno di autonomia che nel bambino cresce, sono fasi necessarie e indispensabili che servono per una crescita sana e positiva. Se il genitore ha piena consapevolezza di questo potrà guidare il proprio figlio ad affrontare e superare queste fasi (spesso anche critiche) in modo positivo e propositivo riconoscendo autonomia e capacità al proprio figlio, l’autonomia e la competenza cambieranno a seconda dell’età e dello sviluppo del bambino, se pur in modo diverso per ognuno ci sono delle fasce d’età in cui queste fasi si presentano ed il genitore dovrà accoglierle come ha accolto i bisogni della primissima infanzia. Per tutta la prima infanzia il genitore svolge un ruolo prioritario, c’è sempre per il proprio figlio ma il rapporto da simbiotico si dovrà trasformare in un rapporto tra individui.

Il rispetto degli spazi personali diventa quindi fondamentale, l’insistenza  con cui molti pedagogisti e psicologi ad esempio  invitano i genitori a non far dormire i propri figli nel letto coniugale o il consigliarli a ritagliare degli spazi di gioco comune ma anche autonomo con i figli si basa proprio sulla necessità di separarsi da loro. Il processo è infatti bilaterale, da una parte è il figlio che deve staccarsi da genitore e dall’altra è il genitore che deve separarsi dal figlio guardandolo nelle sue capacità e potenzialità come un essere separato da sé e autonomo.

Spesso le mamme hanno delle difficoltà a percepirsi in questo modo, forse l’origine di questo è data dalla gravidanza, la mamma viene a contatto con il bambino sin dai primi mesi della gestazione lo sente come un essere legato a sé, i papà invece entrano a contatto con il proprio figlio solo alla nascita, quando esiste come essere separato dalla madre. Spesso infatti sono proprio i papà che ricordano alla mamma le risorse del bambino e che gli dicono che è cresciuto, che è capace, che ha bisogno dei propri spazi esattamente come ne hanno bisogno i genitori, sia come coppia che come singoli. Non è raro che il bambino si comporti in modo differente con il papà e con la mamma, ed esempio vogliono sempre stare in braccio con la mamma e camminare con il papà, essere imboccati con uno e con l’altro no o ancora usare il vasino o addormentarsi da solo. Questo perché in questi casi il papà non soddisfa subito il desiderio del bambino, riconosce la sua autonomia e vede più facilmente il fatto che il proprio figlio è un individuo a sé stante. 

 La difficoltà della separazione affonda la sua ragion d’essere anche nelle paure che i genitori hanno, vorrebbero tutelare i propri figli da tutto ciò che li può ferire, vorrebbero essere sempre con loro ed aiutarli ad affrontare il mondo e gli altri, temono che le delusioni, le sconfitte e le difficoltà siano troppe e che facciano male, ma in realtà è proprio il contrario, sono parte integrante della crescita ed è proprio attraverso queste che il bambino può mettere alla prova le sue risorse e capacità.

Il ruolo del genitore è quello di guida non di sostituto ed a volte dovrà limitarsi ad esserci come riferimento per il proprio figlio mentre lo guarda sbagliare o soffrire ma senza intervenire in modo diretto perché amare è anche questo, fornire gli strumenti e la forza per affrontare le difficoltà e non intervenire per evitarle perché si crede nelle capacità dell’altro.  Ogni genitore ha dentro di sé gran parte degli strumenti per crescere al meglio il proprio figlio e la capacità di renderlo autonomo è uno di questi, dovrà solo ricordarsi che l’autonomia è necessaria e indispensabile per crescere e essere felici.

Associazione Eupsichia
Centro psicologico
Via Osoppo, 7
20148 Milano
Tel: 02-48702143
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Foto credits: By Alexander Fluhberger (Own work) [Public domain], via Wikimedia Commons https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AAiyana-Lee_Anderson_-daughter-.jpg 

Frutta e verdura fanno bene, così come i cereali integrali: se gli adulti però non hanno problema a smaltire la quantità di fibra presente in essi, anzi ne traggono gran beneficio perchè favorisce l'evacuazione, per i bambini nei primi due anni di vita non è così, per cui spesso in caso di alimentazione ricca di fibra quindi con molta frutta e verdura ed eventualmente cereali integrali il bambino potrà manifestare quella che viene chiamata stitichezza paradossa, ossia stitichezza "paradossalmente" causata dalla fibra. 

Oggi quindi parliamo di cibi integrali, frutta e verdura: la questione della fibra durante lo svezzamento

Come spieghiamo nel nostro libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme edito da Mental Fitness Publishing "nel primo anno di vita i bambini non hanno bisogno di fibra, per cui la frutta e la verdura dovrebbero essere utilizzate preferibilmente in estratti per la frutta e in brodo per la verdura: l’eccesso di fibra nel primo anno di vita è causa di rallentamento della crescita, disturbi della digestione, coliche gassose, stitichezza paradossa, inappetenza come spiega il pediatra Luciano Proietti nel suo libro Figli Vegetariani a pag. 109, edito da Sonda.

Quindi, cosa possiamo fare? Per i primi due mesi evitiamo di frullare la verdura all’interno della pappa ma manteniamo solo il brodo. Dopo due mesi circa potremo incominciare a frullare una parte della verdura (1-2 cucchiai) all’interno delle nostre pappe.

Quali verdure possiamo introdurre e quando? Seguendo la stagionalità nel primo anno di vita è possibile inserire: “carota, zucca gialla, zucchine, fagiolini, finocchi, porri, cipolla, lattuga, barbabietole, rape, le foglie verdi del sedano, topinambur, cavolo, aglio e carciofo” Proietti, op. cit. pag 109.

Dopo i 12 mesi potremmo poi introdurre le bietole e gli spinaci e tutte le solanacee. Questa famiglia di verdure è composta da patate (ebbene sì, la patata, quella normalmente consigliata nella prima pappa!!!), pomodori, peperoni e melanzane; contengono la solanina, una “sostanza che esercita attività inibente sul sistema nervoso centrale. Proprio in questo periodo infatti, le cellule cerebrali del bambino hanno una notevole crescita, per cui meno sostanze interferiscono con questo processo meglio è per uno sviluppo armonico” (ibidem).

E' altresì importante non utilizzare cereali integrali almeno fino all’anno, meglio se dopo i 2 anni: i cereali utilizzati fino alla completa dentizione dovranno essere non integrali, in quanto la parte esterna che riveste il chicco, seppur ricca di innumerevoli proprietà nutritive, irrita la mucosa intestinale del bambino ancora immatura: da qui le problematiche elencate quando parlavamo precedentemente. Nei cereali raffinati questa patina viene invece rimossa, per cui, anche se meno ricchi in termini di nutrienti, sono più digeribili e quindi più assimilabili.

Articolo tratto dal libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme, Mental Fitness Publishing

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Come dolcificare in maniera sana e naturale

Domenica, 20 Dicembre 2015 06:56

"Con un poco di zucchero la pillola va giù" diceva la famosa Mary Poppins nell'omonimo film Disney: eh si, il gusto dolce fa parte delle cose belle della vita e sarebbe non corretto privarsi di tale gioia ma anche dei benefici che possono apportare alcuni dolcificanti. 

Ecco allora alcuni suggerimenti per zuccherare in maniera sana tratti dal mio libro The Family Food: come dolcificare in maniera sana e naturale nelle bevande ma anche nei dolci

Zucchero di canna integrale

Mentre lo zucchero bianco è derivato dalla barbabietola da zucchero, quello di canna integrale (sottolineamo integrale perché quello classico che si trova nei bar ha subito comunque raffinazioni importanti e ha lo stesso impatto metabolico di quello bianco) è meno dannoso in quanto contiene una minor quantità di saccarosio e alcune vitamine e minerali.

Sciroppo d’acero

Deriva dalla bollitura della linfa dell’acero da zucchero, raccolto principalmente in Canada all’inizio della primavera. È un remineralizzante (contiene numerose vitamine e minerali) e un antiossidante. Ha elevati poteri emollienti per la mucosa intestinale, quindi è ottimo in caso di gastrite e colite. È possibile utilizzarlo sia per dolcificare le bevande sia per fare torte e biscotti.

Malto

Deriva dalla tradizione macrobiotica ma si sta diffondendo sempre più come sostituto del miele: ne troviamo di diversi tipi, a secondo del cereale da cui deriva (mais, grano, riso, orzo). È un tonificante del sistema nervoso e un alimento altamente nutriente per tutto l’organismo. Ottimo da spalmare la mattina sulle fette biscottate o sul pane in cassetta (integrale) tostato; può essere cotto e rende soffici biscotti e torte.

Succo d’agave

Viene utilizzato fin dall’epoca azteca, lo sciroppo d’acero è un liquido dolce estratto da una pianta grassa messicana. In realtà tra le nostre proposte è quella che deve essere utilizzata meno in quanto non sono ancora molto chiari i possibili effetti collaterali di questo dolcificante: quello che al momento viene messo in discussione è il processo di estrazione industriale e la quantità di fruttosio presente in esso.

Stevia

È una pianta che potete coltivare nel vostro balcone come altre erbe aromatiche. Ha un grande potere dolcificante ed è ricca di vitamine e minerali. La troviamo anche al supermercato sotto forma di cristalli: scegliete quella bio, che non è stata sottoposta a processi di raffinazione nocivi per il nostro organismo.

Amasake

Si ottiene dalla fermentazione di un tipo specifico di riso, chiamato “riso dolce” o “mochi rise”, unito a fungo koji, sake e shochu (un distillato di orzo, riso e patate). Si presenta come un liquido denso e gelatinoso dal gusto dolce. È un dolcificante molto interessante perché è povero di grassi e ricco di vitamine del gruppo B, maltosio, destrine, sali minerali e fibre.

Melassa

È un liquido bruno che si estrae dal processo di centrifugazione dello zucchero. Ha un apporto calorico inferiore di circa il 30-40% rispetto allo zucchero bianco; contiene sali minerali e vitamine del gruppo B.

Succo di mela

È un dolcificante che potremmo preparare in casa, facendo bollire le mele e filtrando l’acqua della cottura. Utilizziamolo per torte e biscotti. In alternativa lo troviamo al supermercato: verifichiamo che nell’etichetta risulti totalmente privo di zuccheri, quindi tra gli ingredienti figuri solo un 100% di succo di mela.

Da evitare!

Zucchero bianco

“Per capire perché dovremmo evitare lo zucchero bianco basta chiedersi ‘come mai lo zucchero è così candidamente bianco?’ Perché viene sbiancato e lavorato con calce, acido solforoso e carbone, infine viene colorato con coloranti spesso cancerogeni tra cui catrame. Questo dolcificante provoca iperfermentazione intestinale, carenze di vitamine del groppo B e agisce direttamente su alcuni ormoni del nostro corpo tra cui l’adrenalina”. Molti studi internazionali hanno rilevato la correlazione tra Quindi dimentichiamoci “con un poco di zucchero e la pillola va giù”, o almeno utilizziamo un dolcificante naturale. (tratto dal libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme, Mental Fitness Publishing)

Zucchero di canna non integrale

Come abbiamo specificato parlando dello zucchero di canna integrale lo zucchero di canna comune, quello in cristalli è nocivo tanto quanto quello bianco. Ad esso dobbiamo preferire lo zucchero integrale di canna.

Aspartame

Quasi tutti lo sappiamo ma è meglio ricordarlo: non utilizziamolo assolutamente. Anche la FDA, Food and Drug Administration, ha dichiarato che questo alimento è altamente neurotossico e probabilmente collegabile all’insorgenza di patologie come un tipo di tumore al cervello. Facciamo attenzione non solo a non assumerlo nelle classiche compressine, ma anche nelle gomme da masticare e in tutti i prodotti dietetici.

Giulia Mandrino

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Cade a terra e si sbuccia un ginocchio mentre sta provando a saltare la corda per la prima volta: disgrazia. Non riesce a pedalare senza rotelle: il nervoso prende il sopravvento. La pagina del quaderno di matematica è zeppa di cancellature perché il problema è davvero insormontabile: il pianto è dietro l'angolo.

Ma bastano pochi gesti e parole per far sì che la giornata volga lo stesso per il verso giusto. Senza minimizzare il problema: quello rimane! Ma prima o poi il vostro bambino ne verrà a capo da solo. Fino ad allora, l'importante è che tu gli stia vicino e gli infonda il giusto coraggio.

Ecco 12 frasi da dire tutti i giorni al vostro bambino: qualche parola per fargli capire che sono importanti, amati e valorosi anche quando stanno sbagliando qualcosa

Sono frasi semplicissime, ma di vero impatto, e ripassarle non fa mai male:

- Ti voglio bene! (in generale cerchiamo di dirlo almeno 3-4 volte e vedremo ridotti i capricci del 50%)

- Ti sei impegnato davvero tanto per fare questo

- Le tue parole o le tue azioni non cambieranno mai l'amore che provo per te

- Ho proprio voglia di sapere com'è andata la tua giornata

- Sei un fratello/sorella/amico davvero prezioso.

- Adoro passare del tempo insieme a te.

- Hai scelto davvero bene

- So che puoi farcela!

- Sono davvero felice che tu sia arrivato nella mia vita

- E' bello parlare con te

- Grazie per l'aiuto che mi dai tutti i giorni

- I tuoi sentimenti e le tue emozioni sono importanti per me

Niente in stile cheer-leader, insomma! Non serve escogitare cose complicate. Basta stare sul semplice: ripetere qualche frase d'incoraggiamento durante il giorno, lasciargli post-it amorevoli insieme alla merenda per la scuola, o parlare un po' prima di andare a letto.
E vi meraviglierete quando vostro figlio inizierà a infilare le vostre parole nel suo vocabolario quotidiano: sarà bellissimo vedere come il pianto disperato per il compito insormontabile si trasformerà in un "Ok, è difficilissimo, ma so che posso farcela"!

Sara Polotti

Viviamo in un mondo abbastanza spaventoso. Furti in casa, aggressioni in strada, attentati, incidenti stradali. Certo, è vero e non lo si può negare. Ma anche i bambini avvertono la tensione, quando i genitori vivono sul chi va là: non pensate che la scampino. Le nostre emozioni si riversano su di loro, sempre, e quando queste emozioni sono negative o tese i bambini somatizzano tanto quanto noi. Tanto più quando l'educazione che tentiamo di infondere in loro si basa su sensazioni di paura (inconsce, ma altrettanto concrete).

Ecco perché dobbiamo rinunciare all'educazione basata sulla paura: bambini allarmati saranno adulti diffidenti, ed è bene cambiare un po' la rotta.

Nessuno nega la paura. Quella c'è, e deve sempre esserci: è umano e naturale, ed è un istinto di protezione irrinunciabile. Ma ultimamente sembra che fare i genitori sia diventata una questione di preoccupazioni e nient'altro. Sì, brutte cose accadono, e sì, a volte (non così spesso come crediamo) bambini spariscono, o si trovano in situazioni orribili per loro. È vero, ed è orribile.
Ma facciamo un passo a lato. La questione è venuta prepotentemente a galla in seguito ad un esperimento sociale condotto da Joey Salads, un intrattenitore.

Qui sotto trovate il video dell'esperimento. In un parco giochi, chiedendo il permesso alle mamme, ha provato ad avvicinare i bambini con la scusa di un cucciolo. Le mamme, sicure della reazione dei figli (abituati ogni giorno a sentirsi dire: "non parlare con gli sconosciuti"), non hanno opposto resistenza. La loro espressione però cambia, da tranquilla a incredula, quando i loro bambini (tutti!) si lasciano avvicinare e addirittura accompagnare da questo sconosciuto a "vedere gli altri cuccioli" che ha.

"I tuoi figli sono al sicuro?", conclude il video. Un forte pugno nello stomaco, non c'è che dire. Il "non parlare agli sconosciuti" è assolutamente da insegnare, ma è davvero così pericoloso che i nostri figli vengano rapiti da sconosciuti? Non secondo le statistiche (secondo cui le sparizioni di bambini sono da imputare solo all'1% a sconosciuti).
Più che educare alla paura verso l'estraneo, è importante però far sì che i nostri figli acquisiscano una forte indipendenza. Basare l'educazione sul timore e sull'ansia non aiuta: i bambini interiorizzano questo nostro atteggiamento di paura verso tutto ciò che sta dietro l'angolo in agguato, e come può questo aiutarli a raggiungere l'indipendenza?

L'atteggiamento giusto, dunque, è quello di accompagnare i nostri piccoli affinché riescano a stare al mondo da soli. Un esempio: l'attraversare la strada. Si inizia con il dargli la mano, poi piano piano gli si fa capire l'importanza di guardare da entrambi i lati, poi li si lascia andare da soli guardandoli, e alla fine ci si fida di loro. Insomma, li si guida.
Si parla sempre dell'educazione anni Ottanta e Novanta: noi genitori ricordiamo quanto fosse bello giocare all'aperto, andare a trovare gli amichetti, sbucciarsi le ginocchia senza farne una questione di stato. I pericoli esistevano anche allora, no? Eppure non si viveva in costante tensione. Anche i nostri genitori si preoccupavano, e magari spesso sbirciavano dalla finestra il nostro comportamento. Ma alla fine si fidavano di noi, e noi questa fiducia la avvertivamo. Era una bella sensazione. Ci dava il senso di indipendenza, e questo è importantissimo.

Oggi, purtroppo, anche per colpa di tutti quei video virali e di quelle leggende metropolitane che attraverso internet non fanno che prosperare, l'essere genitori è diventato solo fonte di preoccupazione, ma in maniera deleteria, malsana.
Se vogliamo crescere figli responsabili, indipendenti e capaci dobbiamo affrontare le nostre paure ed esorcizzarle. Dobbiamo rimanere concentrati sul presente e vedere le cose in prospettiva per quello che sono. E non significa essere genitori irresponsabili o pericolosi: l'esperimento mostra come dei bambini di 4 anni si lascino abbindolare da un adulto. Certo: hanno 4 anni, si fidano di tutti gli adulti, ma quale genitore lascerebbe un bambino di quell'età al parco da solo? Dall'altra parte, se dovesse accadere a bambini più grandi (ad esempio di 8 anni), che, certo, ormai stanno al parco per conto loro, probabilmente avrebbero la facoltà di rispondere "no, grazie", perché glielo abbiamo insegnato e perché sono responsabili e indipendenti. Non serve quindi stargli sempre col fiato sul collo. Basta una buona educazione, e quando il bambino si sentirà responsabile e indipendente saprà prendere le giuste decisioni da solo.

 

Foto credits: http://wowzmelissa.deviantart.com/art/Fear-160563130

Massaggio infantile per le gambe

Sabato, 19 Dicembre 2015 07:53

 

Dopo alcuni giorni di vita si può, anzi si dovrebbe iniziare il massaggio infantile: credo sia infatti inutile iniziare un corso di massaggio infantile a 3 mesi quando le colichette sono pressochè scomparse e il bambino, non essendo abituato, rischia di non apprezzarlo molto. Ecco l'articolo introduttivo che spiega 

Ecco come iniziare il massaggio infantile del bambino: il massaggio infantile per le gambe e i piedi

- chiudiamo per qualche istante i nostri occhi e concentriamoci su di noi, sul nostro stato d’animo: lasciamo andare le preoccupazioni e i doveri, in questi minuti non sono necessari. Se abbiamo paura di dimenticarci le cose da fare scriviamo una lista su un foglio, così possiamo concentrarci sul nostro bimbo. 

- eseguiamo una manualità di apertura che si consiglia di effettuare sempre all’inizio e alla fine del massaggio per far si che il piccolo comprenda che stiamo inizando la routine del massaggio e farci capire, col tempo, se in quel momento ha piacere di riceverlo oppure no: appoggiamo le nostre mani alla sommità del capo del nostro bambino, poi facciamole scivolare lentamente sul suo petto. Proseguiamo fino sotto al sederino dove si effettua un piccolo dondolio a destra e sinistra per circa 3-4 volte, infine facciamo scivolare le nostre mani fino ai piedini, dove vi consiglio di ripetere il dodolio. Ripetiamo la sequenza 2-3 volte ricordandoci di guardare bene negli occhi il nostro piccolo e di focalizzare la nostra mente su di lui.

- poi appoggiamo le mani sul petto per qualche secondo, mantenendo un contatto visivo costante. Da qui le mani si congiungono e poi si aprono rispettivamente a destra e sinistra, come per "aprire" il petto.

Ecco il massaggio ai piedi e alle gambe vero e proprio:

- prendiamo in mano il piedino del bimbo, immaginiamo di dividerlo in due parti con due linee; e dal punto centrale della prima linea effettuiamo una apertura a ventaglio dal punto centrale verso l’esterno; effettuiamo lo stesso procedimento partendo dal punto del tallone.

 

Qui trovate le indicazioni per effettuare il massaggio riflessologico del piede del bambino

- eseguiamo delle “mungiture” delle gambine: la mungitura consiste in un accarezzamento delicato e ritmico delle gambine partendo dall bacino fino ad arrivare alle dita dei piedi utilizzando un'alternanza della nostra mano destra e di quella sinistra. Se incominciamo con la sua gambina sinistra (quindi stando davanti a lui quella alla nostra destra) la nostra mano destra partirà dall’interno coscia per arrivare all’anca e poi scivolare sulla parte posteriore della gambina del bimbo, sollevandola leggermente; quando la nostra mano destra sarà arrivata alla caviglia la nostra mano sinistra effettuerà lo scivolamento con il pollice rivolto verso la parte superiore della gamba mentre le altre dita nella parte posteriore. Le stesse modalità verranno effettuate per l’altra gamba, invertendo le nostre mani. Effettuiamo questa alternanza per almeno una decina di volte in maniera ritmica e avvolgendo bene con le mani la gamba del bambino.

Scopri il massaggio completo del bambino sul mio libro Mamme pret a porter, il primo anno insieme, Mental Fitness Publishing, in tutte le librerie e online. 

Giulia Mandrino

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Sara

sara.png

Cecilia

Untitled_design-3.jpg