Pannolini lavabili per mamme incasinate

Domenica, 30 Marzo 2014 19:50

Questo articolo nasce dall'incontro con una mamma che usa pannolini lavabili. Io mi sento un essere umano abbastanza attento all'ecologia, ma ho in casa due bimbi di due anni e mezzo e cinque mesi, non ho quasi mai chi mi aiuta nelle faccende domestiche e il solo pensiero di aggiungere qualcosa al mio maxi-bucato mi dava i brividi! Ho sempre pensato che lavoro autonomo, due bimbi sotto i tre anni e pannolini lavabili non andassero d'accordo: negli anni 50 avevano senso ma adesso come si fa??? Poi ho visto una mamma, mamma come me, come noi, incasinatissima, che li usava, e non mi attaccava mille pippe sull'ambiente che francamente quando sei esausta non cogli molto, ma mi raccontava della sua scelta dei ciripà per praticità.  Allora ho chiesto alla mia amica Federica Borello, mamma di due bimbi e imprenditrice diraccontare la suA avventura con i pannolini lavabili: 

"Eh già ... è in corso, dal 16 al 22 aprile, la SETTIMANA INTERNAZIONALE DEL PANNOLINO LAVABILE (SIPL). Per l'Italia questa sarà la terza edizione, anche stavolta promossa da NonSoloCiripà, l'Associazione dei genitori che usano i pannolini lavabili. Anche noi di Ekobebè usiamo i pannolini lavabili ma vorremmo spiegarvi come .... Io e Silvia abbiamo aperto da un anno circa il nostro e-shop nel quale proponiamo abbigliamento biologico e accessori ecologici, tutto regolarmente "testato" sui nostri figli; infatti noi siamo due mamme, con 4 figli ... due dei quali ancora "pannolinati". Vi confessiamo che non eravamo delle gran patite di pannolini lavabili e alla nascita dei nostri primi figli siamo state inizialmente delle fans sfegatate di pannolini usa e getta delle marche più famose in commercio MA .... ahimè qualche culetto ha iniziato ad arrossarsi e allora al via tanti consigli ... la nonna apostrofava "ma non sarà il tuo latte?" ...il pediatra diceva ..."la cacca è troppo acida, provi a togliersi i latticini, sarà intollerante!" ... l'amica suggeriva ... "hai provato la cremina "X" che fa miracoli?" .... ebbene, chi di voi è mamma saprà sicuramente che un po' gli ormoni del post partum, un po' la confusione, l'inesperienza, le ore di sonno arretrato non fanno ragionare proprio bene ma c'è una cosa che alla neo mamma non manca mai .... l'ISTINTO! Istintivamente quando vediamo le natiche del nostro bambino che diventano viola, che il pannolino usa e getta dopo un'ora di utilizzo fa tanti pallini, che la confezione degli usa e getta che quando la apri puzza di petrolio beh ... ci facciamo delle domande! E allora abbiamo provato altre strade, abbiamo cercato le nostre risposte, noi abbiamo cercato tante soluzioni e devo dire continuiamo ad essere fedeli sostenitrici di alcune.

I pannolini lavabili in primis, ci hanno salvato da terribili irritazioni da pannolino, poi ci hanno aiutato nel gestire un'anca non proprio ben sviluppata, ci hanno fatto risparmiare un bel po' di soldini, ci hanno permesso di passare più agevolmente dal pannolino al vasino ... ultimo ma non ultimo ci hanno aiutato ad essere maggiormente ecologiche, considerando che i pannolini usa e getta (e gli assorbenti femminili) rappresentano all'incirca il 20% del contenuto delle nostre discariche. Ma una mamma alle prime armi imbranata e con crisi di perfettibilità come lo sono stata io, devo dire che all'inizio ... del discorso ambientale proprio non sapevo che farmene .... però vi dico il perchè alla fine ho fatto questa scelta e scusatemi se scendo in particolari un po' intimi. Ho due maschietti e la natura e l'esperienza mi hanno insegnato che molto delle condizioni psico-fisiche passano da lì ... dalle "palline" dei miei cuccioli! Riuscirei a capire la temperatura corporea dei miei cuccioli guardando l'aspetto delle loropalline ... quando non stanno bene o sono in condizioni "scomode" i testicoli sono flaccidi. Quando toglievo il pannolino usa e getta tradizionale i testicoli erano mollicci e dopo pochi secondi, a contatto con l'aria ecco che riprendevano un bell'aspetto turgido .... questa cosa non è mai successa con i pannolini lavabili, vuoi perché magari li cambi un po' più frequentemente, vuoi che a contatto con la pelle non ci sono sostanze chimiche ma sta di fatto che aprire il pannolino e vedere tuo figlio "in buona salute" è sempre piacevole! Quanto e quando li ho usati? Devo essere sincera, all'inizio no .... non potevo farcela! Ma verso i 5/6 mesi , quando impari a conoscere i tuoi figli, poi quando iniziano lo svezzamento e la cacchina da liquida diventa solida ecco che lì il pannolino lavabile è eccezionale. Devi mettere in conto qualche lavatrice in più e degli odori non proprio gradevoli ma ... vuoi mettere posare il pannolino in bagno d'inverno (quando fuori ci sono -4/-5) anziché andare sul balcone a riporlo nell'immondizia? Vuoi mettere il sacco dell'immondizia mooooolto meno pieno??? Vuoi mettere una media di 60 euro di usa e getta al mese risparmiati contro i 13 euro medi del costo di un pannolino? (io ho preso un kit da 20 per 200 euro...!!)Vuoi mettere un figlio che a 25 mesi sceglie da solo di togliere il pannolino perché si sente bagnato????

F A N T A S T I C O !!

e questa è la parte di me che sta in casa a fare la mamma MA adesso però vi racconto l'altra parte di me .... quella che esce, che va a mangiare fuori portandosi i pupi, quella che non ha voglia di portarsi in giro la "wet bag" puzzolente, quella che non ha voglia di togliere il pannolino lavabile in un bagno non proprio igienicamente perfetto, quella che non è integralista per scelta!!! Quella Federica ha scelto e sceglie ancora spessissimo una validissima alternativa, sono gli usa e getta biodegradabili, simili ai lavabili per ciò che concerne la salute del nostro bambino e l'impatto ambientale, un po' meno dal punto di vista economico ma molto molto più pratico .... se sono in ferie e non ho voglia di lavare, se sono in giro, se non sto bene, se semplicemente non ne ho voglia o..... non ne ha voglia lui!!!

Sì... perché arrivi ad un certo punto che saranno loro a dirti le cose e allora un giorno sarà ... "MAMMA, VOGLIO PANNOLINO LAVABILE BLU DA MACCHIO (maschio, n.d.r) " e un altro giorno sarà ... "MAMMA, NO VOGLIO QUELLO (pannolino lavabile n.d.r.) NON RIESCO CORRERE" (per l'ingombro....) Io per i miei figli voglio il meglio ma spesso mi rendo conto che loro sanno perfettamente qual è il meglio.

COSA C'E' DI PIU' BELLO DI UN BIMBO CHE RIESCE A COGLIERE L'OPPORTUNITA' DI SCEGLIERE QUALE PANNOLINO METTERE ????"

www.ekobebe.it 

"La scuola per me è sempre stata una grande fonte di frustrazione" dice Elena, mamma di Sofia 1 anno. "Ero una bimba molto curiosa e vivace solo che avevo difficoltà a concentrarmi, a stare seduta. Non apprendevo in maniera così veloce come i miei compagni. Alcune cose le imparavo subito altre non mie entravano proprio. Così alle superiori in alcune materie andavo molto bene, in altre proprio non riuscivo, non riuscivo neanche ad avvicinarmi. Sono sempre stata etichettata come pigra, con poca voglia di fare; la parola d'ordine per etichettarmi era svogliata. All'università ho scelto un percorso che si addattava alle mie modalità di studio e mi sono laureata con il massimo dei voti. E' stata una grande rivincita nei confronti di tutti quelli che vedevano in me solo una ragazzina pigra e con poca voglia di studiare. Per caso poi, durante un percorso effettuato con una terapeuta per tutt'altri motivi, è venuto fuori che la mia era una forma di dislessia. Senza parole: anni e anni di demotivazione di sgridate furiose. Mi sentivo sempre inadeguata. Ora la mia domanda è se sia possibile prevenirla in mia figlia e cosa posso fare per lei in modo che non debba subire ciò che ho passato io. Grazie, Elena". 

"La dislessia è la riduzione dell'efficienza funzionale della capacità di lettura causata da alterazione neuroanatonimche di natura costituzionale.

E' fondamentale fare diagnosi appena possibile, cioè verso la fine del secondo anno di scuola Primaria per due motivi fondamentali :

- per fornire al bambino dislessico tutti gli strumenti compensativi che possano garantirgli un iter scolastico il più adeguato possibile. Per strumenti compensativi si intendono tutti i possibili supporti che rendono la lettura più facile, per esempio l'utilizzo per computer con icone invece che con modalità alfabetica, lavagne interattive multimediali, librerie iconiche nel pc,predisposizione di mappe per disegni, software quali il Super quaderno in cui compare il disegno che evoca la parola, il quaderno di sussidio.. 

- per evitare che si attribuiscano gli insuccessi scolastici che ne derivano a cause

- altre, quali lo scarso impegno o la difficoltà cognitiva, che non hanno niente a che fare con la dislessia, ma che minano l'autostima e la sicurezza in se stessi dei bambini dislessici. Spesso infatti i bambini dislessici, non riconosciuti come tali, bloccano la possibilità di aumentare le proprie conoscenze, subiscono una variazione nella struttura di personalità ed hanno difficoltà nelle relazioni.

A tal proposito mi preme sottolineare che i bambini dislessici hanno un quoziente intellettivo pari o anche superiore alla media. Se è presente difficoltà cognitiva significa che il bambino non è solo dislessico, ma è necessario diagnosticare anche un altro disturbo invalidante la sfera intellettiva.

È altrettanto utile dire che il decorso del disturbo negli anni, se vengono utilizzati gli strumenti compensativi che oggi giorno si hanno a disposizione, è sicuramente di parziale miglioramento della abilità di lettura, anche se non è possibile un totale recupero. Prima del raggiungimento del secondo anno di scuola Primaria, l'unica possibile predizione di eventuale futura diagnosi di dislessia è la difficoltà di linguaggio presente ancora nell'ultimo anno di scuola dell'Infanzia.

La diagnosi di dislessia è di competenza solo di psicologi e neuropsichiatri infantili."

 

Dott.sa Monica Contiero, Psicologa clinica e Counsellor, spedializzata in psicopedagogia infantile e della famiglia.

Riceve privatamente nella provincia di Monza e Brianza e a Milano

 

immagine tratta da http://survivorpediatrics.wordpress.com/

Bambini e tv

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:15

Bambini e televisione: un rapporto problematico?

di Maria Beatrice Nava

www.educazione-consapevole.blogspot.com

 

In fondo non è che uno schermo, grande o piccolo, ormai ultrapiatto. Da spento, non è nemmeno particolarmente attraente, con quel colore nero antracite, tutto uniforme. E attira perfino la polvere. Insomma: di primo acchito ha un appeal discutibile. Eppure risulta essere l'elettrodomestico più diffuso nelle case italiane anche perchè, spesso, in casa ce n'è più di uno: due o addirittura tre. In cucina, in salotto, in ogni stanza da letto. Perfino in bagno.

Sto parlando proprio di lei: della televisione.

Compagna degli ultimi 50 anni di storia italiana, ha saputo prendere piede in modo del tutto imprevedibile ed incontrollato delle nostre vite, del nostro tempo, riempiendo il silenzio delle nostre case e portandosi via una buona parte delle nostre persone.

C'è chi la tiene accesa tutto il giorno per scacciare la solitudine e chi l'ha regalata a qualcuno e al suo posto ha messo la radio oppure una nuova libreria. C'è chi vi si affida per capire il mondo e chi ne diffida per principio. C'è chi non saprebbe farne senza e chi preferisce tenerla a debita distanza.

Ma come può uno schermo grigio e polveroso aver acquisito un tale potere? E soprattutto: come fa a mantenerlo e addirittura ad accrescerlo nel tempo?

Le spiegazioni sono più di una, non c'è un solo fattore in gioco. Ma il vero "trucco", la strategia vincente della televisione, sta nel suo pubblico: più e piccolo e maggiore è il suo effetto.

Mi sono sempre chiesta come siano cresciute e diventate adulte le generazioni precedenti la mia e anche quella dei miei genitori, senza avere la televisione in casa. I pomeriggi di pioggia come trascorrevano? Cosa si faceva? L'ho chiesto alla mia nonna, che ha 96 anni e si è fatta due guerre e ha vissuto il boom economico degli anni '60. E che, per inciso, non porta gli occhiali, nemmeno per leggere...

Mi ha risposto che il tempo della sua infanzia e quello dell'infanzia dei suoi figli era speso nelle relazioni: si lavorava insieme, si cucinava insieme, si stava insieme. Si parlava molto, anche perchè l'unica ricchezza era la forza della vicinanza con altre persone. Non esisteva la solitudine perchè se anche qualcuno non aveva famiglia, ci si occupava un po' tutti di lui e nelle corti delle cascine brianzole nessuno poteva essere davvero solo.

I tempi sono cambiati in modo drastico e drammatico: siamo tutti sempre più soli anche se cerchiamo di convincerci del contrario perchè la tecnologia ci illude di essere sempre in contatto con il mondo. Eppure il mondo che abbiamo intorno è votato al pensiero individualista: l'obiettivo pricnipale è stare bene (il "ben-essere"). E quando sto bene io, il resto non conta.

La televisione gioca un ruolo fondamentale in questo meccanismo, non solo perchè ci trasmette messaggi orientati ad aumentare il nostro isolamento, ma anche perchè iniziamo molto presto a nutrire la nostra mente con questo cibo da "fast food cognitivo-emotivo".

I bambini sono messi sempre più spesso di fronte alla televisione fin da piccolissimi, per molti motivi diversi. Spessissimo la TV è scelta per questioni di comodità, come una economica baby-sitter; oppure la si utilizza per "distrarre" i bambini affinchè mangino tutta la pappa. E ancora: la si usa come premio/punizione per convincere i piccoli a fare quello che chiediamo loro. E infine la si usa perfino per farli addormentare. Insomma: la TV è diventata la nostra ausiliatrice domestica, perchè riesce ad ottenere risultati che noi abbiamo rinunciato a perseguire.

Ma perchè la televisione ha una presa così forte sui bambini? Cosa la rende così potente, più potente della parola delle persone in carne e ossa?

Ci sono ormai diversi studi che dimostrano come le onde elettromegnetiche emesse dalla televisione impattino in modo particolare sul cervello, determinando una sorta di addormentamento cognitivo che cattura la nostra mente e ci fa entrare in una specie di trance ipnotica. Avete di certo testato personalmente questa situazione: vi svegliate in piena notte e non riuscite a riaddormentarvi? Accendete la TV e nel giro di poco cadrete di nuovo nel sonno. E ancora: osservate l'espressione dei bambini di fronte allo schermo acceso: occhi spalancati, bocca semiaperta, difficile contattabilità. Sembrano (e sono!) imbambolati: come bambole, hanno perso cioè lo spirito vitale, ciò che distingue un essere animato da uno inanimato.

Uno studio australiano abbastanza recente pubblicato su "Nature" avvisa i genitori di non esporre i bambini al di sotto dei due anni alla televisione e prende posizione in modo netto e fermo (trovate una buona proposizione dell'articolo a questo link http://www.minori.it/node/1309 ).

Fioccano da ogni dove i consigli degli esperti a segnalare che prima dei tre anni la TV non è una buona compagnia e a ricordare che i bambini hanno bisogno di risposte ai propri bisogni di gioco e di relazione e non di surrogati.

Di fronte a queste posizioni consapevoli, la TV risponde con programmi "ad hoc" per piccoli e piccolissimi: dai vari Baby Einstein, passando per i cartoni animati senza parole fino ai Teletubbies.

L'illusione è quella di credere che i cartoni, dato che sono "fatti apposta" per i bambini, siano un prodotto "buono" e valido per loro. Non è così. Nè dal punto di vista dei contenuti – spesso banali ed ossessivamente ripetitivi – nè dal punto di vista dell'abitudine che iniziamo a seminare nei piccoli: stai lì fermo e tranquillo e, possibilmente, in silenzio.

Il fatto è che mentre il bambino se ne sta fermo, tranquillo e in silenzio, la sua mente si nutre di tutto ciò che vede e sente, ancor più perchè la sua mente è abbandonata alla TV, catturata dai suoni, dalle musiche, dalle immagini in movimento.

E noi adulti non crediamo di essere esentati da questi meccanismi, non sentiamoci sicuri nella presunzione di essere "attenti" e "critici". Anche noi siamo soggetti ad una sorta di addestramento cognitivo veicolato dalla televisione. Siamo come alunni di fronte al maestro, solo che ciò che incameriamo riguarda troppo spesso emozioni negative (rabbia, paura, sfiducia, sarcasmo, abituazione al dolore altrui e conseguente calo dell'empatia fino ad arrivare all'anestesia emotiva), finte emozioni positive (chiediamoci perchè buona parte delle pubblicità snocciolino slogan che mirano a colpire i nostri bisogni più profondi come il bisogno di riconoscimento – "E' tutto intorno a te", "Nessuno è come te" – o il bisogno di essere amati – "Per te che sei speciale" – o, ancora, la sollecitazione degli impulsi e degli istinti più basilari – mi sono sempre chiesta perchè la figura femminile, specie se seminuda, serva a vendere pressochè tutto, anche l'olio di oliva). Non sto esagerando: è di pochi giorni fa un articolo che mostra come i mass media manipolino le nostre menti e ci inducano a produrre pensieri e a provare emozioni orientate al panico, allo smarrimento. Attacchi di panico e disturbi depressivi sono in aumento anche per questo motivo! (chi desidera può leggere l'articolo a questo link http://www.educare.it/j/community/laltranotizia/1801-cattive-notizie-mente?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+Educareit+%28Educare.it%29 ).

Quello che la TV fa è preparare per tempo i nostri bambini a queesti stessi meccanismi, facendoli diventare alla svelta consumatori di tutto, che presto si infatuano di ogni novità e altrettanto presto se ne stancano, cercando nuove fonti di divertimento e soddisfazione e pensando di trovarle in altre novità: un giocattolo plasticoso e luccicante, uno smalto glitterato per bambine "alla moda", un dolcetto pieno di coloranti, additivi, zuccheri sintetici e aromi artificiali.

Ma allora: non si può fare proprio niente per "salvare" e "salvarci" dalla nostra beneamata televisione? Certo che sì!

La prima cosa che mi viene da suggerire è: tenerla spenta il più possibile. Non solo per ridurre il tempo che i nostri piccoli ci passano di fronte, ma anche per toglierle quell'aura di potere che le è stata silentemente donata dalla nostra affezionata e quotidiana devozione (gli antichi romani dedicavano un altare alle urne e alle statue degli avi, noi abbiamo inventato i "mobili TV", moderni altari al centro delle nostre case).

Il secondo consiglio è: scegliere con attenzione cosa guardare e cosa far guardare ai nostri bambini. Esistono davvero programmi interessanti che vale la pena di vedere insieme ai nostri bambini: i documentari, ad esempio. Oppure alcuni cartoni (ma solo dopo i tre anni) che veicolano messaggi educativamente interessanti e soprattutto utili: ad esempio "L'albero azzurro", "Bear nella grande casa blu", "La Melevisione", i "Barbapapà".

La terza indicazione è: fare della televisione uno strumento, nè più nè meno come altri. Vale a dire: non perderne il controllo. Così come scelgo un libro da leggere o un gioco da fare, scelgo un programma da guardare e se non mi piace posso anche spegnere lo schermo (non succede niente, ve lo assicuro!).

Quarta idea: ricordare che la televisione non serve ai bambini. È la televisione ad avere "bisogno" di noi e dei nostri piccoli. Non regaliamole ciò che di più prezioso abbiamo: il nostro tempo, la fantasia, le mani sporche di farina e di colla, le bolle di sapone, la carta strappata e finita ovunque, le toppe sulle ginocchia e gli stivali sporchi di fango fino in cima. Non lasciamo che le parole di altri riempiano la mente e il cuore dei nostri bambini: hanno bisogno delle nostre parole, delle nostre filastrocche, delle nostre canzoni stonate.

Quinta proposta: non lasciamo i bambini da soli davanti alla televisione! Se la guardiamo insieme a loro e ne facciamo occasione per parlare, fare domande, pensare insieme... la nobilitiamo moltissimo!

E, infine, non facciamoci prendere da inutili sensi di colpa se finora abbiamo concesso alla televisione più di quel che si merita: non è mai troppo tardi per cambiare le nostre abitudini e per decidere di fare scelte diverse. La consapevolezza serve a questo: a restituirci la possibilità di scegliere, a scuoterci dal torpore dell'anima dentro cui cadiamo perchè troppo presi da troppe cose.

È nostro diritto essere presenti a noi stessi, anche se costa molta fatica e, a volte, non ce la si fa. Ma i fallimenti non ci dicono chi siamo: sono i nostri desideri e i nostri comportamenti a dirci chi vogliamo essere e diventare!

 

immagine tratta da theparentreport.it

Amare il silenzio

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:12
della Dott.ssa Gabriella Falcicchio, articolo tratto da "Azione nonviolenta", marzo 2012, anno 49 n.579 "Entriamo in un luogo dell'educazione, chiudiamo gli occhi e prestiamo l'orecchio a cosa si percepisce. Scopriamo ben presto che la maestra della scuola dell'infanzia per farsi sentire da tutti i piccoli (da 20 a 28, in media) alza molto il tono della voce. Che alle primarie e alle medie, urla, quando c'è troppo caos, quando qualcosa è sfuggito al controllo. I bambini e i ragazzi stessi, all'uscita dalla scuola, corrono urlando (liberatoriamente?). Quando i toni sono meno forti, si parla. I bambini parlano in continuazione, quando non devono ascoltare chi li istruisce. Gli adolescenti parlottano, chiacchierano, bisbigliano, ridacchiano. Nelle palestre, troppo grandi e vuote, il livello di rumore è insopportabile. Poi ci sono le aule degli edifici scolastici – l'edilizia peggiore, si sa – rettangolari o quadrate, troppo fredde o troppo calde, troppo grandi o troppo piccole, a volte di cemento, a volte di cartongesso, ma sempre, inspiegabilmente, rimbombanti. I banchi che si spostano fanno rumore, un libro che cade fa rumore. Non è solo un suono, è un suono fastidioso, come fragorose possono diventare le voci dei ragazzi alla ricreazione, quelli costretti dalla circolare di turno a stare in aula, seduti sui banchi a sgranocchiare crackers, o costretti, in una scuola che funziona al contrario, a stare all'esterno, nell'atrio che si riempie di decine, centinaia di ragazzi vocianti, finalmente liberi di raccontarsi le loro cose. Il rumore poi prende i tratti dell'eccesso visivo, andando a ritroso, verso i più piccoli. I nidi, le ludoteche, i centri gioco abbagliano con i mille colori, non c'è un tavolo, una sedia uguale a un'altra e i colori pastello hanno ceduto il posto ai colori forti. Un altro tipo di rumore. Non trovi una parete bianca nemmeno a pagare. Non trovi una parete libera, perché ogni angolo è occupato da foto, disegni, schede, mobili, porta penne, giocattoli: la vetrina della classe, i trofei dei frugoletti. Senza nulla togliere al valore della parola, all'allegria scomposta dei ragazzi, alla gioia sorridente dei piccoli, a me sembra che manchi qualcosa di importante: il silenzio. In tante sue forme. Quando c'è, di solito ci si preoccupa, e a ragione. Se mia figlia sta giocando nella sua stanzetta e non ne sento alcun suono, mi preoccupo: o è successo qualcosa o ne ha combinata una. E se c'è troppo silenzio a scuola, si comincia a percepire un'atmosfera da convento o da caserma. Ma non è questo il silenzio di cui manca la presenza. Maria Montessori ne aveva ben compreso il senso e Aldo Capitini dedica al silenzio le pagine conclusive di Educazione aperta. Per non parlare delle tradizioni orientali sulla meditazione e della pratica mistica ad ogni latitudine.Il silenzio è riposo della mente, spazio di gestazione del pensiero, terreno di coltivazione del desiderio che non si impossessa, attesa del lavorio intimo della persuasione, scoperta di percezioni nascoste, provenienti da dentro e da fuori, liberazione di canali dell'essere occlusi dal rumore della vita attiva. Non è solo l'ascolto intimato dal leader (fate silenzio!), è spazio cavo, generativo, apertura a dimensioni non evocabili dalla parola (che è l'attivatore neocorticale per eccellenza), è lentezza, immobilità, trascendenza. È povertà dell'essere che si spoglia. Ecco, la povertà dell'essere chiede anche la povertà esteriore, la liberante rinuncia agli orpelli (nell'epoca dell'accessorio!), per ritrovare la bellezza anche dei sensi. Sappiamo che quando c'è rumore, non si sente il sapore e l'odore. Allo stesso modo abbiamo bisogno di ritrovare tutti i colori, proprio tutti, dell'esistenza. E tutti i suoni, anche il silenzio. Allora sarebbe bello se nelle scuole, anche dei più piccoli, si lasciassero spazi di parete bianchi, non affollati di cromatismi rumorosi, e che si creassero spazi per ogni tonalità interiore, anche quelle grigie, blu, nere. I bambini hanno bisogno dei loro "angolini" dove attraversare la tristezza, la rabbia, il dolore, il lutto, nel loro silenzio nudo, senza essere disturbati dall'obbligo di tornare felici il prima possibile o dire cosa gli è preso. E ci sarebbe bisogno di tempi senza rumori, da respirare con gli occhi chiusi, fermi, perché dalle nostre scuole sembra che i bambini siano (leggi: debbano essere) sempre allegri e senza ombre, attivi e pronti a ballare appena si accende lo stereo (di brutta musica per bambini), tagliare, incollare, colorare, scrivere, leggere, recitare, rispondere alle domande, raccontarsi a tutti i costi anche quando vorrebbero stare zitti. Dove sono questi spazi e questi tempi silenziosi? Lasciamoli aperti, liberiamoli; scopriremo che la crescita avviene soprattutto allora."

Tutti a pancia sotto

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:08

Sfatiamo il primo mito, ogni generazione ne ha molti, per cultura popolare o per gli sviluppi della ricerca scientifica che danno consigli a riguardo...
Da tenere sempre presente che quanto diciamo qui è un'indicazione a livello generale, non per forza adattabile a tutti i bimbi, per dubbi a riguardo chiedete sempre o rivolgetevi a specialisti vicini a voi, pediatra o neuropsicomotricisti o terapisti che possano vedere e conoscere voi ed il vostro bimbo/a.

Da linee guida dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la posizione per dormire in bimbi tra 0 e 6 mesi è a pancia in su. Verissimo, è un'indicazione fondamentale per neomamme e neopapà! 
Ma questo non deve farci dimenticare che da svegli, è tutto un altro mondo! giochiamo e guardiamoci in faccia stando sul fianco, in braccio a pancia in su o a pancia in giù...
La variabilità posturale è importante per le prime esperienze di sè e del proprio corpo!! 
Nei primi 3 mesi si tratta soprattutto di esperienze a contatto con la mamma...sfruttando momenti di coccola come il bagnetto o il cambio, o il momento della crema per girarli, giocando e coccolandosi allo stesso tempo.
LA POSIZIONE PRONA non a tutti piace, ma piacerà sempre di più, più saranno abili a mantenerla da sè..e per questo ci sono piccole accortezze come magari le prime volte che regge il capo da solo, usare un rullino sotto le ascelle ;)
Ma provate un pò, così: già da piccolissimi i bimbi possono ricevere le prime coccole stando pancia a pancia con la mamma magari semisdraiata sul divano (non completamente orizzontali, gli chiederemmo troppo, il piccolo infatti inizia a sollevare la testa per guardarvi verso il terzo mese), cantando una canzoncina o cullandolo o guardandovi.
A poco a poco il vostro bimbo riuscirà ad alzare la testina per guardarsi attorno, poi saprà reggersi sugli avambracci, poi le mani, poi ancora afferrare un oggetto reggendosi su una mano sola...
ma ora freniamo, questo avviene nel giro di mesi!! 
Iniziate a guardarlo ora per come è e vedrete che da solo vi farà vedere ciò che sa...

Buoni giochi!

Laura Caronni, terapista della neuro psico motricità dell'età evolutiva

Apine sul lettino... in pensione!

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:05

Care mamme, avrete visto un sacco di giocattoli simpatici e carini, sugli scaffali per bimbi o tramandati dalla tradizione popolare; non tutti però stando agli ultimi studi, sono utili per i nostri cuccioli.
Tra questi troviamo le classiche Apine, che volano in cerchio su molti lettini.
Tra gli 0-3 mesi una delle cose più importanti per il bimbo, è quella di sentire mamma e papà, come contatto, come scambio di sorrisi e facce buffe, come 'chiacchierata' di suoni incomprensibli. Le nostre apine ed i nostri giochi meccanici, sono ripetitivi e soprattutto non cambiano in nessun modo di fronte ai diversi comportamenti del piccolo, non gli rispondono, come una sorta di 'tv per piccoli'...

Quindi, a mio parere, care apine sarebbe ora di andare in pensione!

dott.ssa Laura Caronni, Neuropsicomotricista

In punta di piedi

Mercoledì, 26 Marzo 2014 19:59

Premettendo che ogni bimbo ed ogni situazione è a sè, ed ogni bimbo su cui si ha qualche dubbio meriterebbe di essere osservato direttamente da un esperto dello sviluppo, Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'età evolutiva, o fisioterapista specializzato in infanzia.
Spesso capita che i bimbi ai primi passi adottino camminate 'buffe', dal bimbo con gambe e braccia molto aperte al bimbo che corre sulle punte. 
- Tutto questo se avviene nei due tre mesi dopo che il bimbo ha iniziato a camminare è del tutto comune, a poco a poco il bimbo acquisirà sicurezza ed un cammino 'da grande'... 
- Se la posizione dei piedini SULLE PUNTE invece è costante; cioè anche dopo molti mesi il bimbo cammina solo sulle punte, oppure mantiene questa posizione di piedini non solo quando cammina, o se provate a massaggiarli vedete che sono rigidini e rimangono in quella posizione. Allora consultate uno specialista, che in base alla causa, potrà darvi alcuni suggerimenti o possibilità di accompagnare il bambino...con 'giochi motori' o esperienze sensoriali da fare coi piedini, o aiutando la posizione anche con scarpine particolari.

Laura Caronni, terapista della neuro-psico-motricità dell'età evolutiva

Ritmi frenetici, impegni eccessivi, emozioni forti sono elementi che incidono fortemente sul nostro orologio biologico a tal punto che spesso non riusciamo più a rilassarci, a risolvere i problemi con calma e lucidità, ad avere durante la giornata degli spazi, anche brevi, tutti nostri per poterci staccare dal turbinio che la società moderna ci costringe ad assumere.

Spesso inoltre i ritmi sonno veglia del bambino piccolo non ci consentono di dormire tutta la notte. Tutto questo può sfociare in irritabilità, insonnia, delusione verso se stessi e gli altri.

6 strumenti naturali per diminuire lo stress e aiutarci a dormire bene: come contrastrare lo stress e la carenza di sonno con rimedi naturali

Oli essenziali: 

Un auto-massaggio ai piedi, schiena e braccia effettuato la sera con un olio può essere di grande aiuto: uniamo quindi un olio base come quello di jojoba (circa 250 ml) con 5 gocce di olio essenziale di ylang ylang, 10 di lavanda e 5 di niouli può essere un grande strumento per raggiungere uno stato di rilassamento profondo requisito fondamentale per una buona qualità del sonno.

Fiori di Bach:

Una miscela di floriterapia indicata in questi casi é Oak, Olive, Elm, Walnut, Centaury ma la miscela puó variare a seconda di molti fattori per cui consigliamo di chiedere il supporto di un naturopata esperto in floriterapia. 

Alimentazione:

Come sempre consigliamo di non assumere la sera carboidrati per facilitare l'addormentamento e il riposo notturno: dopo le 17 è quindi sconsigliata per chi ha problemi di sonnol'assunzione di frutta, pane, grissini, pasta, riso e patate. La cena perfetta è a base di proteine (legumi, carni bianche, pesce, uova e verdura).

Ayurveda:

Infine ottimi integratori sono per esempio il Tulsi della Virya oppure l'Ashwaganda, sempre di Virya.

Magnesio:

Un aiuto eccellente é il magnesio la cui integrazione é ormai considerata di fondamentale importanza in numerosi casi. Chiedete consiglio al vostro naturopata di riferimento e leggete questo articolo che spiega in maniera semploice ma concreta quali sono i segnali di una carenza di magnesio nel nostro corpo

Fitoterapia: 

In questo articolo trovate tutti i migliori fitoterapici adatti a noi adulti in caso di disturbi legati al sonno e all'addormentamento. 

Giulia Mandrino

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Come si ammalano i bambini di oggi

Mercoledì, 26 Marzo 2014 19:44

"Ho assistito negli ultimi 30 anni di vita professionale, passata più o meno a contatto con i bambini, a un grosso cambiamento nel loro modo di ammalarsi. All’inizio degli anni ottanta lavoravo come medico scolastico nelle scuole materne, elementari e superiori. Periodicamente ricevevo le statistiche comunali che riguardavano la diffusione delle malattie infettive, in quanto si era direttamente partecipi alla loro compilazione. Uno dei compiti del medico scolastico era infatti quello di riammettere i bambini dopo le malattie acute, di registrarne la causa e di trasmetterle all’ufficio responsabile. Si vedevano ancora malattie esantematiche e soprattutto le si riconosceva con facilità in quanto mantenevano quei tratti comuni e tipici delle varie manifestazioni.

Ora invece sempre di più ci si arrampica sugli specchi per cercare di riconoscere quelle poche forme che riescono a sopravvivere.

Come si ammalano i bambini di oggi: l'articolo della dottoressa Simona Mezzera sulla salute dei nostri bambini

Ma perché fanno così paura da volerle debellare a ogni costo?

In parte forse per l’idea tuttora così presente delle epidemie del passato, per l’immagine della morte, del contagio ancora così attuale nel nostro subconscio. Inoltre si tende a sottovalutare la possibilità di un loro contenimento attraverso la conoscenza delle vie di trasmissione e dei cambiamenti igienici che ne conseguono.Nel momento in cui si sa per esempio come avviene il contagio del virus dell’epatite A si modificano i comportamenti in modo da evitare le situazioni a rischio. Queste attenzioni hanno nel tempo sempre più inciso nell’andamento delle forme epidemiche più di qualsiasi vaccino.

Un’altra possibile causa per cui ci si scatena contro le forme infettive acute dipende dal fatto che questa lotta dà all’uomo l’illusoria sensazione di essere onnipotente, di sgominare con i suoi mezzi le malattie, di poter controllare la natura. Certamente nel campo medico si sono fatti passi da gigante però a volte la possibilità di manipolare prende il sopravvento e non si considerano la complessità e le ripercussioni che si producono quando si alterano pesantemente i meccanismi biologici. Nel caso delle malattie acute o infettive infatti è necessario per prima cosa riconoscerne il ruolo e l’importanza prima di accanirsi contro di esse in maniera sistematica. Capire fino a che punto fanno parte di un normale processo di sviluppo dell’essere umano o quando possono essere pericolose.

Tutti siamo un’unità, ormai questo concetto sta entrando sempre più nel pensiero comune, le medicine naturali si stanno diffondendo a macchia d’olio e il termine olismo è sempre più abusato. Essere un tutto significa che, come sostenevano i filosofi greci, ogni essere umano come ogni animale, ogni cosa che ci circonda, è animato da una energia vitale. L’organismo, secondo la visione vitalista, è un microcosmo dinamico di energie che naturalmente sono interdipendenti fra loro e con quelle esterne. Questo concetto sottende il fatto che la vita dell’uomo è costituita sì da fotografie del momento in cui vive la persona, ma sono collegate fra di loro; come un film che è formato da singole immagini, che fanno però parte di una storia più articolata e complessa.

Le malattie acute e soprattutto quelle esantematiche dell’infanzia, in quanto dovrebbero caratterizzare quel periodo di vita, hanno quindi una loro funzione non solo fisica, ma anche emotiva e in senso lato energetica sullo sviluppo del bambino. Come spiegano bene gli antroposofi il bambino nei suoi primi anni di vita compie uno grosso sforzo legato alla sua individualizzazione. L’essere individuo è infatti “il risultato di uno sviluppo durante il quale l’ego deve prevalere nel confronto con gli ostacoli”.

Le malattie infettive sono una delle espressioni di questa lotta necessaria per la propria crescita, come a livello emotivo possono essere le prime regole e i primi no, o a livello motorio le prime cadute importanti per permettere di formare una relazione adeguata con il proprio corpo e con lo spazio. Naturalmente questo non vuol dire mettere il bambino allo sbaraglio degli eventi perché deve diventare “forte”, non lo diventerebbe in ogni caso senza un adeguato sostegno da parte dei genitori e degli educatori, però non farlo sperimentare porta a uno sviluppo non completo.

Quando si parla di malattie acute il primo pensiero va alla febbre solo come sintomo potenzialmente pericoloso. Quest’ultima invece, se osservata e eventualmente aiutata e non soppressa in caso di eccessivo fastidio per il bambino, svolge una azione fondamentale nella crescita e nell’individualizzazione del bambino. Quando si nasce la maggior parte delle informazioni arrivano dalla madre, se si pensa anche solo a livello immunitario attraverso il latte si passa al figlio la propria “conoscenza”, piano piano poi il bambino diventa sempre più in grado di sintetizzare i propri anticorpi creando quindi una sua individualità e non solo immunologica.

La febbre amplifica questo processo in quanto accelera la distruzione delle vecchie proteine (materne) e aumenta la velocità di sintesi delle nuove. Si inizia quindi a creare un proprio bagaglio immunitario che si porterà per tutta la vita. Bloccare lo sforzo che sta compiendo sopprimendo la temperatura può portare alla formazione di proteine non complete che, in certi soggetti predisposti, può scatenare nel tempo risposte immunitarie non adeguate. Da queste poche riflessioni emerge che la soppressione della febbre o l’uso del vaccino che impedisce la manifestazione della malattia acuta provoca a lungo andare da una parte un sistema immunitario non sufficientemente formato e a volte non in equilibrio con possibilità a medio termine di sviluppare malattie allergiche o autoimmuni e dall’altra parte uno sviluppo più difficile della propria individualità, del proprio Io. In poche parole il tentativo di eliminare le forme acute con il tempo sta provocando a livello generale un aumento delle forme croniche e degenerative.

Anche per gli adulti, se non defedati, la febbre che può comparire per esempio nelle forme influenzali stagionali ha una sua funzione che è quella di alleggerire il carico cronico del soggetto o di tenere sempre in attività il sistema immunitario. Basti pensare solo allo possibilità che ha l’organismo di interrompere il ritmo usuale, di riposarsi, di staccare delle solite dinamiche, dai soliti alimenti e dai soliti lavori; in quel momento si rinnova per poter riprendere rinvigorito la sua vita.

Naturalmente non è sempre così perché in caso di soggetti con poca energia vitale o con malattie croniche importanti lo sforzo per bypassare la malattia può essere talmente forte da indebolire ulteriormente l’organismo, il soggetto in questa situazione deve essere accompagnato con un adeguato supporto per ottenere gli effetti benefici che la fase infiammatoria può apportare. Il tentativo di far scomparire le malattie infettive e esantematiche dell’infanzia sta modificando la reattività del bambino, compaiono sempre più manifestazioni allergiche (dermatite, asma, bronchiti asmatiche, tossi) oppure disturbi ricorrenti per esempio tonsilliti o otiti o bronchiti che tendono a ripetersi in quanto i bambini fanno più fatica a superare con i mezzi che hanno la malattia e la devono riproporre in continuazione. Oppure si hanno quelle poche malattie infettive, che non sono state ancora soppresse dall’uso dei vaccini, in modo anomalo.

Per esempio si assiste a infiammazioni tonsillari ricorrenti causate dallo streptococco responsabile della scarlattina, oppure varicelle virulente che in passato non si vedevano più e che fanno inneggiare a un uso maggiore del vaccino che è entrato in uso negli ultimi anni. Inoltre, come già detto, la scomparsa di vecchie forme microbiche che il nostro organismo conosce da tempo anche attraverso il passaggio nelle generazioni passate, per cui la risposta contro esse fa ormai parte del sistema immunitario, lascia spazio a nuove forme che, quando compaiono, mettono l’ organismo in una situazione di sforzo eccessivo in quanto non ha informazioni adeguate e deve formare totalmente la risposta.

In poche parole le nostre difese non si sviluppano in modo idoneo, la fase acuta non permette lo scarico di tensioni emotive e fisiche attraverso la manifestazione della sua fase critica e per finire si lascia uno spazio per la comparsa di nuove forme più aggressive per il nostro organismo. I farmaci L’altro aspetto da prendere in considerazione anche se non di completa comprensione è l’uso e abuso di farmaci nel bambino e soprattutto nelle sue varie fasi di vita. Mentre è più semplice capire cosa può provocare una soppressione continua della febbre per mezzo degli antipiretici, o l’uso prolungato e ricorrente degli antibiotici, più difficile è pensare cosa può provocare l’uso del cortisone in età infantile. Essendo un ormone le sue ripercussioni avvengono a livello emotivo e fisico.

Oggi si tende a usarne sempre di più iniziando dall’infanzia, dalla nascita, se compaiono delle dermatiti, per continuare con le prime forme infettive abbinandolo agli antibiotici per potenziarne l’azione. Sappiamo che oltre agli effetti antinfiammatori è un immunosoppressivo con quindi una maggiore possibilità di abbassare le difese immunitarie e di fare entrare il bambino in un circolo chiuso di malattie trattamento e di nuovo malattie, ma cosa muove a altri livelli è più difficile a dirsi. Naturalmente si conoscono le forme di sovradosaggio, ma cosa cambia in maniera più sottile in un bambino in crescita non è semplice da raccontare.

Da un punto di vista emotivo può dare cambiamenti dell’umore con un aumento dell’aggressività, irrequietezza, insonnia. Stimola la formazione del glucosio, diminuisce la sua utilizzazione periferica e ne aumenta la riserva come glicogeno oltre a aumentarne la concentrazione ematica. Per quanto riguarda le proteine accelera il loro catabolismo per cui c’è una riduzione dei vari tessuti linfatici, ossei, muscolari, cutanei con diminuzione di tono e massa per un riassorbimento della matrice proteica di ogni organo. Si può anche presentare una distribuzione differente del grasso con un aumento nella parte alta del corpo, viso, collo, nella parte posteriore, area sopraclavicolare, e una diminuzione della sua distribuzione alle estremità. Agisce sugli elettroliti e soprattutto, in usi prolungati, provoca una alterazione nella più ampia regolazione ormonale. A questo punto non sarebbe forse meglio rinforzare naturalmente il sistema immunitario invece di lottare contro nemici “esterni” che cambieranno forma, dimensioni, virulenza, ma ci saranno sempre?"

Articolo della dott.ssa Simona Mezzera

 

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Antibiotici e prima infanzia

Mercoledì, 26 Marzo 2014 19:38

 Partiamo sicuramente da una precisazione. Meno male che gli antibiotici esistono. Sicuramente hanno salvato moltissime vite. Ma se venissero utilizzati un po' troppo? Ma se venissero utilizzati un po' troppo in ottica preventiva nei bambini e nel lattanti? Spesso ci sentiamo dire "Meglio non rischiare degenerazioni...". Sempre più bambini però dopo la prima terapia antibiotica hanno ricadute, e così di nuovo si rende "necessaria" la somministrazione del farmaco; a quel punto si parla di fragilità del sistema immunitario del bambino, di particolare predisposizione del soggetto ad imbattersi in virus e batteri.

Leggiamo un po' cosa è emerso da uno studio effettuato presso la University of British Columbia:

"20 MAR - L'uso sbagliato o eccessivo di antibiotici è dannoso perché genera resistenza ai farmaci. Ma se questi medicinali provocassero anche altri effetti collaterali meno direttamente ricollegabili ad essi. Secondo uno studio della University of British Columbia che ha analizzato come gli effetti che alcuni antibiotici hanno sulla flora intestinale, risulta che questi farmaci potrebbero anche indurre all'aumento di percentuali di incidenza e gravità dell'asma allergica nei primi anni di vita. La ricerca che ne parla è stata pubblicata suEMBO reports.

"Per lungo tempo abbiamo sospettato che i bambini cui venivano somministrate dosi maggiori o più frequenti di antibiotici potessero essere più a rischio di sviluppare asma", ha spiegato Brett Finlay, autore dello studio e microbiologo alla UBC. "Ma questo è il primo studio che lo dimostra".

In particolare, i farmaci analizzati dagli scienziati sono stati la streptomicina e la vancomicina,due antibiotici largamente diffusi, che attaccano l'ecosistema dello stomaco. Nello specifico, però, la seconda è risultata alterare profondamente le colture batteriche nell'intestino e aumentare la gravità dell'asma su modelli murini. Gli stessi antibiotici non sembrano però avere ripercussioni sulla suscettibilità alla patologia nei topi adulti: ciò indica che sono solo i primi anni di vita ad essere un periodo critico per stabilire un sistema immunitario salutare.

Lo stomaco umano è colonizzato da circa 100 miliardi di batteri, e contiene fino a 1000 specie diverse. Sebbene gli scienziati non sappiano bene in che modo, la flora gastrica svolge alcune importanti e utili funzioni. "Il miglioramento delle pratiche sanitarie nelle società moderne, come l'uso di metodi di cura più efficaci o la diffusione degli antibiotici, ha come effetto collaterale quello di distruggere alcune delle specie di batteri più antiche che popolano il nostro stomaco, e questo potrebbe avere delle ripercussioni – anche importanti – sul sistema di difese dell'organismo", ha spiegato ancora il ricercatore. "Il nostro studio dimostra come questo sia ad esempio il caso di alcuni antibiotici, che vengono ora connessi all'asma. Questo tipo di risultati sono consistenti anche con le osservazioni che facciamo sui trend di diffusione delle patologie allergiche: queste sono in effetti meno diffuse, o comunque hanno subito un incremento più limitato, nei paesi in via di sviluppo, dove gli antibiotici vengono usati meno".

Ecco perché, secondo gli esperti, è meglio limitare la somministrazionedi questo tipo di farmaci ai bambini più piccoli. "È stato riconosciuto il ruolo che i microbi hanno nella salute umana, ed oggi stiamo imparando sempre di più come l'annientamento di questi organismi abbia ripercussioni sulla nostra salute", ha commentato Marc Ouellette, direttore scientifico del CIHR's Institute of Infection and Immunity. "Lo studio conferma che dare antibiotici ai bimbi e dunque disturbarne la flora gastrica, non dovrebbe essere fatto a cuor leggero". "

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=8020

 

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Sara

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Cecilia

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