Principesse dei nostri tempi

Domenica, 30 Marzo 2014 22:48

I tempi cambiano ed anche i creatori di favole si adeguano.

Ora le principesse e le protagoniste femminili hanno lo scopo di insegnare principi più vicini ai giorni nostri, affrontando tematiche importanti  e decisamente più al passo con i tempi: da Pocahontas che si insegna il rispetto per l’ambiente e l’integrazione multiculturale, Rapunzel, Ribelle e Mulan che combattono per la libertà e l’uguaglianza fra i sessi, Ariel che lotta per l’amore senza confini (da lì nasce la pastasciutta mare-monti).

Abbiamo superato, con infinita gioia da parte mia, l’epoca delle principesse sfigate, represse, orfane e con la mania del pulisci e cuci, una sequela infinita di gnocche con il vizio di votarsi alla sofferenza senza ragion d’essere.

Partiamo con Cenerentola. Il padre, dopo essere rimasto vedono si risposa con una bruttona, stronza fino all’osso, con due figlia cifone, purtroppo anche lui muore e lei viene rinchiusa a fare la serva fino al colpo di scena finale dove trova un principe.

Come prima cosa mi viene da pensare se suo padre non avesse potuto trovare un po’ di meglio nel scegliere la nuova moglie, manco fosse l’unica donna in circolazione, secondo: ma a Cenerentola non è mai venuto voglia di chiedere aiuto a qualcuno per far valere i suoi diritti, non le sono mai girati i cinque minuti di mandare tutti a cagare, non ha mai pensato di andarsene di casa, tanto per far la serva in casa sua poteva pensare di lavorare pagata da un’altra parte.

Seconda Biancaneve. Stessa menata famigliare, la matrigna però ha pure il vizio dell’occulto.

In un’altra occasione bisognerebbe anche psicanalizzare gli uomini / padri che la Disney creava nelle sue favole, con un senso veramente azzerato in quanto a scelte di donne e senso critico.

Biancaneve vive come una serva nel suo castello fino al giorno in cui, nel mal riuscito tentativo da parte della matrigna di accopparla, scappa nel bosco e ….. va a fare la serva per sette uominini brutti e vecchi in una casetta nel paese di inculandia.

Lì trovata dalla matrigna crepa fino a che un ragazzo in calzamaglia (!!!!!!!) la bacia e la porta via.

Terza, ma non meno importante, La bella addormentata.

Principessa con il vizio del taglio e cucito che, per scappare dalla strega, viene mandata nel bosco a fare da badante e tre fatine rintronate fino a che, pungendosi con un fuso (ed era stata anche avvisata) si risveglia con un bacio slinguascento.

I principi c’è di buono non patiscono l’odore dell’alito delle ragazze che dormono da anni, non si conoscono ma si amano a prima vista e trovano sempre delle belle tocche di gnocca che li aspettano.

Per, diciamocelo, anche i principi hanno i loro problemi!

Innanzitutto uno con i capelli pettinati come loro alla Ken non ha certo un look da copertina, secondo girando a cavallo tutto il giorno immagino non profumino di violetta e poi l’abbigliamento: no dai la calzamaglia no… anche se effettivamente mette in evidenza il lato “a” ed il lato “b” quindi, teoricamente, non dovresti trovare sorprese…

La mia eroina, la migliore per me resta la mitica FIONA, moglie di Shrek .

Lei si accetta per quello che è, robusta e stagna, patrona di sé stessa, emancipata e moderna ma al tempo stesso dolce e comprensiva, sa farsi rispettare ed ha trovato un marito che la rispecchia, insieme si completano, sono felici e vivono sereni, pieni di amici che gli vogliono bene, allegri e spensierati, non sono falsi e non nascondono il vero modo di essere, sono orgogliosi di loro stessi!

Perché casa non è un castello, ma dove vuoi tornare la sera per star bene

perché il salto di qualità di vita non è da sguattera a principessa (che si fa pulir casa dalle serve) ma è da infelice e strafelice

perché amore non è essere belle e venire baciate ma essere orche ed essere baciate

perché il lieto fine ce lo dobbiamo scrivere noi

perché, non pensate, anche i principi e le principesse si scontreranno, prima o poi, con i normali bisogni della vita, anche a loro verrà il raffreddore, un attacco di diarrea, i reumatismi o l’incazza pre-mestruo, quindi meglio un orco da cui non ti aspetti niente di più che due puzzette sparate sotto le coperte, un rutto dopo la birra e i baffi di sugo sulla maglia dopo gli spaghetti ma quando ti guarda in quel modo… ah non ha prezzo, perché ti ha scelta anche se sei un po’ orchessa e non ad un ballo in maschera pieno di zitelle organizzato per non rimanere solo, in un grande castello, ma sempre solo!

 

immagine tratta da www.coolchaser.com 

La coperta di Linus, parte 2

Domenica, 30 Marzo 2014 22:45

Anche mia sorella ha avuta la sua “coperta di Linus” nel vero e proprio senso della parola, si tratta di una copertina che mia nonna aveva sferruzzato ancor prima che lei nascesse, era una copertina da carrozzina, per neonato quindi piccola nelle dimensioni, morbidissima, di colore azzurro con delle piccole roselline rosa applicate.

Mia sorella mangiava con in grembo “La Pia”,come la chiamava lei, dormiva con “La Pia”, ci giocava, se la coccolava, gli parlava, faceva i disegni a lei dedicati e se andava da qualche parte a volte anche “La Pia” andava con lei.

Il problema era che “La Pia” era di lana e mia sorella se la portava ovunque e ci dormiva anche ad agosto, lei viaggiava con vicino quella copertina e se la portava al mare!

Mia sorella fino ad una certa età, obbligava quella poveretta di mia mamma a dare la buonanotte anche alla Pia.

Stare con “La Pia” era un modo per mia sorella per rilassarsi, con lei non aveva paura di niente e si sentiva a casa … il delitto si è consumato proprio mentre viaggiavamo direzione Toscana tutti insieme: Pia compresa.

Dato che mia sorella ha sempre sofferto il mal di auto, nave, treno, aereo, metropolitana … il mal di tutto (lei vomitava dopo circa quattro chilometri in macchia), stare con la “La Pia” la aiutava a rilassarsi perché ormai le avevamo provate tutte: stare davanti / stare dietro, sdraiata / seduta, digiuna /piena, leggere / cantare, un sacchetto di prezzemolo nella maglia (vecchio rimedio di mia nonna) / le gomme da masticare, impasticciarla / lasciarla vomitare come un idrante … niente, quando partivamo per un viaggio, appena mio papà girava le chiavi nel quadro, all’alto della sua saggezza bambinesca sentenziava “non avere paura Pia se ti viene da vomitare – diceva così quando era piccola, poi è migliorata – a volte mi scappa anche a me”.

Ok, si partiva, certo non faceva piacere a nessuno che lei stesse male, poveretta, ma dai tre chilometri in poi comunque ci sarebbe stata la concreta possibilità che vomitasse, quindi tanto valeva farne cinquecento ed andare al mare….

Certo trent’anni fa le macchine non avevano mica il condizionatore e per raggiungere il mare l’unica stada fattibile era la zona costiera della toscana che saliva saliva e scendeva scendeva tra curva, tonandi e strapiombi sul mare, quando andava bene, ma bene, si arrivava alla Cisa, lì sboccata tra mare e monti e si ripartiva.

Uno di questi viaggi, non so dove andassimo, in piena autostrada mia sorella salta su e fa

“mi viene da star male”

mio padre colto dal panico di aver rifatto gli interni della macchina tipo tre volte, butta uno sguardo dallo specchietto retrovisore a mia mamma (che viaggiava dietro per distrarla)

 “mettile la testa fuori dal finestrino”

lei gli lancia un’occhiataccia “no ma dico, non possiamo accostare”

Lui “non ora sono in corsia di sorpasso”

Intanto mia sorella butta lì due colpi di tosse e mia madre, colta da un attacco tra il panico e la disperazione prende “La Pia” e la caccia davanti al muso di mia sorella….. il resto lo potete immaginare.

A quel punto: mio padre sollevato per aver salvato gli interni della macchina, mia mamma che voleva accostare per buttare “La Pia” nel primo cestino / autogrill / piazzetta di sosta, mia sorella che piangeva disperata per aver vomitato sulla sua migliore amica e compagna di vita e io che volevo il mio succo alla mela.

Ancora oggi, dopo un lungo processo di disinfettazione e trent’anni di vita, “La Pia” sta con mia sorella, ormai il celeste è diventato azzurrino, le rosellina si sono rimpicciolite, come del resto tutta quanta la coperta, ora è uno straccetto di lana piuttosto duro e giace in un cassetto con un sacchetto profuma armadio, ma cavoli…. quando io e mia sorella la vediamo sappiamo che, se potesse parlare, ne potrebbe raccontarne di cose e, a dire il vero, non tutte belle da sentire.

Elena Vergani, autrice di il Mondo è bello perchè è variabile

La coperta di Linus, parte 1

Domenica, 30 Marzo 2014 22:43

La “coperta di Linus” è quell’oggetto che da bambini ci portiamo ovunque, quell’oggetto indispensabile e onnipresente, può essere una qualunque cosa, la costante è una sola: per noi è importantissima, una vera e propria ancora di salvezza, ci coccola nei momenti di relax, ci consola nei momenti di tristezza, ci rallegra e ci conforta.

La nostra “coperta di Linus” a volte ci segue anche dopo, quando ormai non ne avremmo più bisogno, quando siamo adulti e stra-vaccinati, ma è un ricordo così dolce che sbarazzarcene sarebbe un insulto ed un affronto imperdonabile.

Dopo 10 anni di fidanzamento e altrettanti di matrimonio, mio marito ancora mi rimprovera di avergli letteralmente “devastato” il suo miglior amico di infanzia, la sua “coperta di Linus”.

Ciottino si è stabilito sul mobile della nostra camera da letto durante il trasloco, è emerso da uno scatolone e si è subito accomodato su una mensolina, mio marito trovava carino tenere un ricordo del genere con sé, un po’ come quelle vecchie fotografie che quando le vedi ti sembra di essere ancora lì, di sentire i profumi e le sensazioni di quel preciso momento, ogni tanto mi raccontava di qualche scorribanda che lui e Ciottino avevano fatto.

Ciottino era un orsetto con i palmi delle zampe e il musetto bianchi, almeno questa era la sua sembianza in origine; la parte bianca aveva negli anni assunto il colore della diarrea (perdonatemi il francesismo ma non c’è altro termine di paragone), il suo pelo marrone cioccolato era arruffato e spugnoso, al posto degli occhi (che aveva perso in una delle tante avventure con mio marito) erano stati sostituiti da due bottoni, uno bianco preso probabilmente da una camicia, uno rosso preso da non so dove, che gli conferivano un aspetto un po’ pauroso, come se sogghignasse maleficamente; le orecchie erano una più grande e una più piccola, mio marito gli aveva praticato un’amputazione e mia suocera aveva riattaccato l’apparato uditivo alla bene e meglio …. risultato un mostro degno di Dario Argento.

Finito il trasloco, ormai insediati nella nuova casa, il signor Ciottino non mi faceva più paura come prima, anzi aveva assunto per me l’aspetto trasandato di chi, poveretto, nella sua vita ne ha passate davvero tante, mi sembrava carino coccolarlo un po’ e cosa ci poteva essere di meglio che tentare di reidratare quel pelo spugnoso con un bel bagnetto con detersivo e ammorbidente??!

Decisa lo prendo, lo immergo nel lavandino colmo di acqua calda e detersivo delicato, lo spupazzo un po’ a metà tra una frizione dal parrucchiere e un corso di salsa, lo strizzo e lo metto al sole…. La situazione non mi convinceva, pur strizzato Ciottino aveva assorbito dieci litri di acqua, bisognava drenare.

Lo riprendo un filo di detersivo per delicati una botta di ammorbidente e via con lavaggio in lavatrice.

Peccato aver lasciato la temperatura e 60° e la centrifuga a 1200 giri….

Dopo un’ora, finito il lavaggio apro l’oblò, infilo la mano nella lavatrice e trovo…. quasi niente: il signor Ciottino era diventato due taglie più piccole, gli occhietti erano talmente vicino che sembrava diventato un ciclope, l’orecchia che era tata ricucita si era staccata ed era ispido, duro, legnoso, spugnoso…in una parola infeltrito!!!!!

Orrore: pensa, pensa, pensa… “negare, negare sempre”

Prendo il corpicino mignon del signor Ciottino e lo sbatto al sole, ogni tanto lo rigiro come una frittella fino alla completa asciugatura, lo riposiziono sulla mensola e fingo che nulla sia successo…”come farà mai ad accorgersene … non vede al di là del suo naso … non trova nemmeno il formaggio nel frigorifero … cavoli la scorsa settimana sono stata dal parrucchiere e non si è nemmeno accorto … sono salva … omertà  e negare, negare sempre”.

A fine giornata torna lui

Lui - Tutto bene

Io - Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Lui – Novità??

Io – Nessuna …………..

Lui - Hai una faccia strana

Io - Scherzi???

Lui - È successo qualcosa

Io - Nooooooooooooooooooooooo

Lui – Va beh, mi faccio una doccia e arrivo

Va in camera e dopo un nano secondo lo vedo tornare con il signor Ciottino in mano, lo teneva come se il corpicino fosse inerme, come se fosse spirato tra le sue dita

Lui - Ma questo è Ciottino?

Io – E che ne so !

Lui – Ma cosa gli hai fatto?!

Io – Ma sei fuori … di cosa stai parlando?

Lui – No ma lo vedi, ora è grande come un portachiavi e… ha il mono-occhio e cazz… la mono-orecchia

Io – Mi avvalgo del diritto di non rispondere

Lui – Conoscendoti lo avrai lavato in lavatrice a 90°

Io – Magari ti è sempre sembrato grande perché tu eri piccolo, eri un bambino ora sei grande e le misure si sono invertite… magari si è infeltrito con l’umidità in casa… ora cosa fai … cosa stai facendo???

Lui – Chiamo mia mamma (ride maleficamente per farmi una ripicca) chissà come ci rimarrà quando lo saprà… assassina, mi hai devastato uno dei miei migliori amici d’infanzia

E mentre lo dice capisco che del signor Ciottino non gli importa un fico secco, è tutto un pretesto…..

Io – Perché non fai causa alla ditta produttrice del detersivo…. Cavoli il testimonial è un orsetto, vigliacchi, pubblicità ingannevole

E intanto 3 punti in meno con la suocera!

 

Elena Vergani

Embrione o feto?

Domenica, 30 Marzo 2014 22:28

EMBRIONE E FETO

La primavera è ormai alle porte, guardo fuori dalla finestra e gli alberi sono pieni di profumate e colorate GEMME. Tra qualche giorno, guardando fuori, non vedrò più gemme ma FIORI, dopo che il tempo, il sole, il lento ed inesorabile scorrere delle giornate avranno contribuito alla trasformazione. Non è un paragone tra tanti quello che ho scelto. Non ho parlato del bruco e della farfalla - anche perché per quanto il bruco sia quasi meglio di Brachetti – ho scelto di usare due parole, GEMMA e FIORE per parlare di EMBRIONE e FETO perché la somiglianza nel significato della trasformazione è notevole. Gemma ed embrione sono il primo stadio di quello che saranno fiore e feto. Completi di tutto maancora immaturi. Mentre il bruco e la farfalla… bè sono due cose completamente diverse.

L’embrione ovvero il primo stadio dello sviluppo di un organismo eucariote diploide (ovvero di un organismo che appartiene come noi al regno animale) è tale dalla duplicazione cellulare successiva al concepimento fino a 12 settimane gestazionali ovvero fino a quando nell’embrione vi sono tutti gli organi e tessuti che saranno presenti anche nel nuovo nato. La gemma è in botanica il primordio di un nuovo asse vegetale da cui possono avere origine foglie, rami e fiori … guarda un po’ che somiglianza. L’embrione è composto da tre foglietti cellulari da cui possono originare tutte le cellule, gli organi e i tessuti dell’organismo. Se nell’embrione ci sono tutti gli organi e i tessuti caratteristici della specie di appartenenza, la loro maturazione, il loro sviluppo avviene nel periodo fetale, dalle 12 settimane alla fine della gravidanza si parlerà infatti di FETO. Anche il FIORE che germoglia dalla gemma ha tempi e modalità differenti di esprimere la bellezza del segreto che la gemma custodiva.

Ci sono organi e tessuti completamente maturi nella vita intrauterina e quindi alla nascita come la pelle e il sistema sensoriale ad essa legato mentre altri sono ancora immaturi per un lungo periodo come il sistema nervoso centrale, nonostante questi tessuti derivino dallo stesso foglietto embrionale.

Ostetrica Veronica Pozza

foto tratta da: www.chicagonow.com

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Il tubo neurale

Domenica, 30 Marzo 2014 22:23

L’embrione è composto da tre foglietti ovvero tre strati differenti di cellule da cui originano i tessuti e gli organi del feto e quindi del nascituro. Da uno di questi, dall’ectoderma, origina dalla terza settimana di sviluppo la placca neurale (per ispessimento) e successivamente il tubo neurale, un vero e proprio tubo caratterizzato dal ripiegamento su se stesse delle pieghe neurali e loro successiva fusione. Se vi stavate chiedendo a cosa serve l’acido folico che viene prescritto alle donne che cercano un figlio o dal concepimento ecco… serve a far sì che questo processo avvenga in modo corretto e che quindi il sistema nervoso centrale si sviluppi senza patologie, in particolar modo la spina bifida. L’acido folico andrebbe assunto già nel periodo precedente alla ricerca della cicogna se però giunge inaspettata va quantomeno assunto dal test di gravidanza positivo fino alla fine del periodo embrionale. 

Oltre alla formulazione farmaceutica che le donne ben conoscono esso si trova anche in numerosi cibi naturali come le verdure verdi a foglia larga (lattuga e spinaci), nei legumi, nelle uova e anche in cibi fortificati ovvero con l’aggiunta di acido folico come alcuni cereali per la prima colazione.

Ostetrica Veronica Pozza

immagine tratta da: ilfarodelsud.net

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Ogni anno, circa 3 milioni di bambini muoiono nel loro primo mese di vita - molti di loro, per ragioni che avrebbe potuto essere evitate. Più di un terzo di questo totale muoiono nel primo giorno di vita. Ogni anno, 40 milioni di donne eseguono un parto in casa, senza l'aiuto di professionisti. Questo è ciò che indica il rapporto "Sopravvivere il primo giorno", elaborato dall’ONG Save the Children.

L'indice annuale delle madre (che raccoglie informazioni sulla salute delle donne, dei bambini, l'istruzione, tra gli altri) utilizza dei dati da 176 paesi. Le nazioni sono giudicati da cinque indicatori: salute materna, il benessere dei minori, lo stato educativo, economico e politico.

Nel 2013, la Finlandia è stata considerata il miglior paese al mondo per essere una madre, secondo il rapporto dell’ONG. Una combinazione di politiche sanitarie efficaci, il rispetto ai diritti delle donne e una rete di sicurezza per i neonati assicura la lideranza del ranking al paese europeo, che è seguito dalla Svezia e della Norvegia. D'altra parte, colpiti da gravi violenze nella regione del Nord Kivu, la Repubblica Democratica del Congo è vista come il peggior paese al mondo per essere madre e prendersi cura di un bambino. La mancanza di accesso alle cure sanitarie di base e di monitoraggio per i neonati pongono il paese all'ultimo posto. Nella Repubblica Democratica del Congo, il rischio di morire durante la gravidanza o parto è di 1 su 30. Mentre in Finlandia, è di 1 a 12.200.

Nello stesso rapporto del 2012, Save the Children ha anche sottolineato che in Norvegia, per esempio, una donna studia in media 18 anni, ha un'aspettativa di vita media di 82 anni e soltanto 1 madre ogni 175 ha il rischio di perdere suo figlio prima che lui compie cinque anni, oltre che l'82% fa uso di metodi contraccettivi.

Già nel Niger, la situazione è l'opposto: una donna studia in media solo quattro anni, ha un'aspettativa di vita di 56 anni ed 1 bambino su 7 muore prima del loro quinto compleanno. Inoltre, 1 ogni 16 donne muore a cause legate alla gravidanza o parto, e solo il 5% fa uso di metodi contraccettivi.

Oltre a classificare i paesi, l'Ong cita sei misure "essenziali" che possono agire come "salvagente" e possono raggiungere qualsiasi madre nel mondo: l'allattamento al seno, alimentazione supplementare, vitamina A, ferro, zinco e buone prassi igieniche . Il latte materno, infatti, potrebbe impedire un milione di morti infantili ogni anno.

Tathi Saraiva

Congedo di maternità nel mondo

Domenica, 30 Marzo 2014 21:56

 Il congedo di maternità è un mezzo di protezione per la donna che lavora e che per ragioni biologiche ha bisogno di riposo per recuperare la stanchezza fisica e mentale causata dalla gravidanza e del parto. Il congedo può essere remunerato o non a seconda delle legge nazionali.

Secondo il New York Times, soltanto otto paesi (dei 188 che forniscono questo tipo di dati), non offrono il congedo retribuito per le neo mamme. Tra questi, gli Stati Uniti, dove le donne possono anche smettere di lavorare per un periodo, ma devono rinunciare la remunerazione – alcuni casi possono essere negoziati direttamente con le aziende, ma non c'è nessuna legge che difenda questo diritto delle donne. Gli Stati Uniti sono l'unica nazione sviluppata (e l'unica nell'emisfero settentrionale) che non offre questo beneficio. In paesi come la Russia, Regno Unito el'Iran, le donne arrivano ad avere diritto a 26 o più settimane di congedo retribuito.

Nei paesi nordici, come la Svezia e la Finlandia, la legislazione è più avanzata rispetto al resto del mondo. Più che discutere della licenza per le madri, loro hanno anche delle leggi che favoriscono il padre. E cosi è possibile che anche lui abbia il congedo invece della mamma. E quindi, la decisione di chi dovrebbe prendersi cura del bambino rimane nelle mani della coppia e non del governo.

Secondo uno studio condotto dal “Center for Economic and Policy Research” (Centro per la Ricerca Economica e Politica), negli Stati Uniti, le politiche che includono le madri e i padri, possono avere un impatto importante sulla parità dei sessi, sia sul posto di lavoro sia per quanto riguarda la suddivisione della cura dei figli. Lo stesso studio ha concluso che, dal momento in cui, gli incentivi del congedo retribuito non siano visti come un diritto sia della donna come dell'uomo, si rafforza l'opinione che le madri dovrebbero stare a casa a prendersi cura dei bambini e i padri dovrebbero andare a lavorare. 

Ecco una visione comparativa del Congedo di Maternità in alcuni paesi nel mondo:

ARGENTINA - 12 settimane con il 100% della retribuzione.

BRASILE - 12 settimane con il 100% della retribuzione.

ITALIA - 20 settimane con l'80% della retribuzione.

GERMANIA - 14 settimane con il 100% della retribuzione.

CANADA - 17 settimane con il 100% della retribuzione.

CILE - 18 settimane con il 100% della retribuzione.

CUBA - 18 settimane con il 100% della retribuzione.

BELGIO - 15 settimane con il 82% della retribuzione.

GIAPPONE - 14 settimane con 60% della retribuzione.

AUSTRALIA - 52 settimane senza retribuzione.

NUOVA ZELANDA - 14 settimane senza retribuzione.

 

Tathi Saraiva

Introduzione sui pannolini lavabili

Domenica, 30 Marzo 2014 21:41

Neo genitori in ascolto, state pensando di passare ai pannolini lavabili? Nessun problema. Vi aiutiamo noi a districarvi nella giungla di informazioni!

Pannolini lavabili, una scelta consapevole: una guida per i genitori che stanno optando per questa soluzione ecologica e ottima per le tasche!

Oltre ai vantaggi che vengono subito alla mente, è innanzitutto un'ottima cosa capire anche gli altri benefici del passaggio dai pannolini usa e getta a quelli lavabili. Ecologia ed economia, quindi, ma anche salute: il materiale naturale fa sì infatti che il bambino subisca meno irritazioni e sia meno soggetto alle allergie legate all'utilizzo dei tradizionali pannolini.

Certo, è bene utilizzarli in maniera corretta, altrimenti si rischia di inquinare eccessivamente allo stesso modo che con gli usa e getta. Un bambino, in media, nei primi anni di vita consuma circa 6000 pannolini, che tradotti in rifiuti pesano circa una tonnellata. Lo spreco è quindi subito evitato, ma è bene tenere a mente alcune regole anche con i pannolini lavabili: cercare di fare meno lavatrici possibili lavandoli con il resto della biancheria, non superare i 30/40 gradi, ridurre il detersivo (anche per non intaccare la capacità di assorbimento dei pannolini) e mai (MAI!) aggiungere ammorbidente o candeggina, non utilizzare l'asciugatrice e non stirarli.

Se seguite correttamente, quindi, queste regole vi porteranno a inquinare molto meno e a risparmiare un sacco: rispetto ai 1500/2000 euro stimati per i famosi 6000 pannolini, quelli lavabili costeranno circa 300 euro (più, se vogliamo essere pignoli, circa 150 euro in tre anni tra detersivo e consumo dell'acqua della lavatrice - lavatrici che comunque avreste fatto). E, perché no, i pannolini lavabili sono un ottimo regalo-non-inutile che permetterà ai parenti di rendervi felici e farvi risparmiare avendo qualcosa che in effetti vi serve sul serio.
Bene. Detto questo, ecco le informazioni principali di cui avete bisogno.

I pannolini lavabili hanno, indipendentemente dalla marca, una struttura che li accomuna. Sono composti da tre parti:

- la struttura esterna impermeabile in stoffa (lana, per stare più freschi) o poliuretano (traspirante);

- lo strato assorbente in tessuto removibile (o parzialmente removibile): potete trovarlo in tessuti naturali come bambù o cotone, più assorbenti ma lenti ad asciugare, o in microfibra, meno assorbenti ma dall'asciugatura più veloce);

- l'eventuale strato drenante o velina, cioè quel tassello che sta a contatto con la pelle del bambino (in lana, seta, pile o microsuede) e che la mantiene asciutta. Questo strato è facoltativo: alcuni pannolini lavabili sono già strutturati in modo che lo strato assorbente rimanga a contatto con la pelle direttamente (anche se in caso di irritazioni è meglio sempre ricorrere a questa velina).

Una volta presa la decisione di passare ai pannolini lavabili, è bene sapere che ne esistono vari modelli; capire quali sono questi tipi vi aiuterà a decidere qual è il migliore per il vostro piccolo.

Sara Polotti

Foto Credits: By MissMessie (mini stack) [CC BY-SA 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

 

Il lavoro della doula

Domenica, 30 Marzo 2014 20:42

Chi è e cosa fa la doula.

Le prime doule italiane iniziano ad essere formate nei primi decenni degli anni 2000: le formazioni sono le più svariate (autoformazioni o rilasciate da enti più o meno certificati) e solo negli ultimi anni iniziano ad avere basi comuni.

Le doule lavorano già da tantissimi anni sia in Europa che nel resto del mondo ma mia intenzione è parlare di cosa facciamo noi che operiamo in Italia!

La prima doula della storia viene rappresentata dal mito di Galati. La giovane riesce a “trattare con il mondo spirituale ed emotivo” ingannando la dea del parto Lucina ed aiutando lo sbloccarsi del travaglio di Alcmena e quindi la nascita di Ercole.

Si evince quindi che la doula sta accanto alle donne accogliendo i loro bisogni emotivi e, aggiungo io, materiali.

La doula viene definita in divesi modi: colei che fa da “madre alla madre”, “specchio assorbente delle ansie materne”, “sponda sicura”... E' una donna d'esperienza (che ha “lavorato” sul suo essere donna, spesso madre) che affianca le mamme per far si ch'esse abbiano la migliore esperienza di maternità.

Ma nel concreto che fa la doula? La doula, sostiene, ascolta, affianca, fornisce un aiuto materiale in casa e soprattutto fa si che la mamma trovi le sue potenzialità per riuscire ad essere quello che desidera essere in quel periodo con quel bambino!

Attenzione però! La doula è una figura che gravita attorno al mondo della maternità ma non ha competenze sanitarie e quindi non sostituisce assolutamente gli specialisti materno infantile a diverso titolo.

E' una figura che può accompagnare durante tutto il percorso legato alla maternità, in base alle sue specifiche competenze e predilezioni..

Ritengo che nel panorama italiano le doule siano essenziali nel post parto, quando la mamma, dopo i primi periodi del post parto si ritrova sola con le sue ansie ed insicurezze!!

Quello che piace fare a me come doula lo potete vedere nei miei post su mammapretaporter.it


Cora Erba
Pedagogista e Doula
3391206776
Immagine tratta da: http://embracinglabor.com/

Che lavoro fai? La pedagogista

Domenica, 30 Marzo 2014 20:40

Che lavoro fai?

 

Ogni volta che mi si fa la fatidica domanda ho due opzioni..

Quando l'interlocutore non mi sembra sul pezzo rispondo: “mi occupo di mamme e di bimbi 0-3 anni”, “ah, lavori in un asilo nido?”..

Ecco, e lì, in base alla giornata in cui mi trovo o svio l'argomento o seguo la seconda opzione (usata come prima con chi è “sul pezzo”)...

Rullo di tamburi...

Lo sguardo si inorgoglisce e traspare la passione: “No, faccio la pedagogista, l'educatrice ed anche la doula!!!!!”

Silenzio...

(Drammatizzo un po' per ridere.. Negli ultimi anni un sacco di gente sa cosa fanno le doule e cosa fanno le pedagogiste.)

Le risposte sono poi delle più svariate e divertenti: dalla podologa, al “ma ti pagano anche?”, al “si anche mio zio guidava un pulmino per disabili”, al “anche all'oratorio da piccolo avevo gli educatori...”

La parola doula, nel frattempo, è già stata dimenticata!

 Ok. Arimo. Pausa.

 Serve un po' di chiarezza in queste due professioni tanto poco conosciute quanto di fondamentale importanza!

 Vi anticipo cosa contraddistingue ed accomuna i miei due lavori: mi piace pensarli di trincea, professioni ove si sta davvero “in campo” a fianco delle persone, accogliendo con loro gioie e dolori e cercando la strada migliore da percorrere, diversa per ogni individuo..

Mestieri per cui serve una bella “vocazione” ed un po' di voglia “di sporcarsi le mani”, essendo capaci di esserci, senza grandi competenze tecniche, “solo” esserci.

 Ma cosa fanno queste due figure?

Chi è e cosa fa l'educatore ed il pedagogista.

In Italia dagli anni '90 esistevano due percorsi per diventare educatore e poter prestare la propria opera nel sociale.

La scuola per educatori (della durata di un triennio) e la la Laurea in scienze dell'Educazione (che durava un anno in più, ma dava anche il titolo di Pedagogista).

Poco dopo le lauree triennali hanno messo maggiore uniformità.

Quando ho iniziato a lavorare non era raro incontrare educatori che non avevano un “titolo particolare” quanto tanta esperienza acquisita sul campo.

Ma cosa fa davvero l'educatore?

Vi sono educatori che lavorano in ambito assistenziale-riabilitativo (case di cura per anziani, per persone con patologie psichiatriche, croniche, invalidanti, in centri per disabili), altri lavorano in ambito prettamente animativo, altri operano con soggetti minori (dai centri d'aggregazione, ai nidi, ai servizi di tutela...), con le famiglie, con la maternità, col femminile...

Gli ambiti son davvero svariati e tantissimi, quello che secondo me l'educatore deve fare è affiancare, accompagnare in un percorso, cercando gli stimoli più adeguati per l'utenza e sostenendo successi ed insuccessi.

E' necessario infatti che l'educatore condivida gli obiettivi di lavoro con le persone che accompagna, insomma: una volta definito il piano d'attacco è più semplice lavorare insieme!

Il pedagogista è un modo di definire un educatore più anziano o più formato. Preferisco dire più “anziano” in quanto, secondo me, la maggior esperienza si fa sul campo e va poi coniugata con un buon aggiornamento. Il pedagogista può, a sua volta, sostenere altri educatori o stilare progettazioni educative.

 

Cora Erba

Pedagogista e Doula
3391206776

 

Immagine tratta da www.rivistainforma.it

Sara

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Cecilia

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