Essere un papà single in un mondo di mamme

Venerdì, 20 Gennaio 2017 09:55

Si parla molto delle mamme single, e ci sta (in effetti sono moltissime). Si parla molto del lavoro delle madri, che si snoda spessissimo tra casa e ufficio, e che non si limita alle 8 ore canoniche. Si parla molto dei padri assenti. E di quelli single, soli e presentissimi? Di quelli che per scelta, per sfortuna, per tragedie o per strani casi della vita si trovano ad essere nel tradizionale ruolo che le mamme hanno avuto per secoli e secoli di storia? Di loro chi ne parla?

La loro forza è pari a quella delle mamme. Le loro difficoltà sono le stesse. E meritano qualche parola, non credete?

Essere un papà single in un mondo di mamme: cosa significa davvero per un uomo crescere da solo una famiglia, con il bello e il brutto della situazione

“Per me diventare un papà single non è stato molto diverso dal presentarsi ad un primo giorno di lavoro. In un paese straniero. Dove tu non parli una parola della loro lingua”. Questo incipit è carico ed esplicito, e per questo ci ha colpito. A scrivere è John Allan, musicista abbastanza famoso che dopo una carriera sul palco si è dato all’insegnamento della musica negli asili di Los Angeles. Sì, è lui il papà single che porta la sua testimonianza: l’ha fatto sulle pagine di Red Trycicle, e ne è nato un breve racconto veritiero sul cosa vuole davvero dire essere un papà single.

Sin dall’inizio, niente di eroico, ma tutto molto disordinato, proprio come la maggior parte delle vite delle mamme alle prese con bimbi, pappe e pannolini: non appena si è trovato nella situazione, John Allan si è fatto prendere dal panico, e dopo essere andato in un negozio a comprare tutto ciò di cui ci sarebbe stato bisogno, si è iscritto ad un corso per genitori (scoprendo peraltro che in città erano tutti pieni: sintomo di un argomento davvero acceso!).

“Ho imparato così che quando un bambino piange probabilmente è affamato, stanco, sporco, oppure ha bisogno di fare il ruttino. Ho imparato a leggere i segni e a interpretarli. Ho imparato come stringere mia figlia per calmarla”, racconta, “e acquisire la competenza di sapere quale cura è appropriata per una certa età è stato estremamente utile, poiché ho realizzato subito che la mia bambina stava crescendo velocemente e in maniera continua, con un bisogno di attenzione praticamente costante”. Sembra banale? Pensate ad un papà che è completamente estraneo al mondo della maternità e dei bambini, e capirete quanto è difficile. E soprattutto quanto è spaventoso.

Ed ecco che allora in aiuto gli è venuta, non lo nega, anche la Super Nanny della tivù, il programma che in Italia è chiamato “Sos tata”. John non lo nega: lo ha aiutato molto, poiché se all’inizio guardando le puntate era tutto un “Ommioddio, se questo è essere genitori, con figli del genere, voglio scappare!”, di volta in volta capiva che il comportamento dei bambini è riflesso esatto di quello dei genitori. Sono le nostre scelte, insomma, a determinare le loro azioni e le loro abitudini. Ed è quello che ha fatto, riuscendo piano piano a creare con sua figlia un rapporto basato sul rispetto e sull’amore.

Tuttavia, dall’altro lato c’è sempre stato lo spettro del vivere in un mondo nel quale la maternità è prettamente femminile. Insomma, lo spettro dell’essere un papà single in un mondo di mamme.

“In alcune classi del corso che seguivo mi sentivo più accolto che in altre - racconta - poiché alcune mamme si sentivano in imbarazzo, ad esempio, ad allattare con un uomo nella stanza. Lo capivo, ma loro dovevano capire che io avevo bisogno di aiuto tanto quanto loro. E ancora adesso, dopo anni, quando vado al parco con mia figlia a volte tendo a sentirmi a disagio, fuori luogo”.

E, continua: “Alcuni papà devono ancora lottare per il diritto di crescere un bambino in una società che si dispera all’idea che un maschio possa essere colui che si occupa dei figli. Per fortuna sono molti i padri come me, ormai, e la percezione sta cambiando. Anche se possiamo interagire con i nostri figli in maniera differente, ho capito che è proprio come dicono le ricerche, e cioè che i bambini hanno bisogno di entrambi i mondi. E’ vero che non siamo come le mamme, siamo più rudi e crudi”.

E, alla fine, rivela il suo segreto: per lui e sua figlia il punto di contatto fondamentale è stata l’arte. Quando si è trovato ad essere papà a tempo pieno, c’erano moltissimi tempi vuoti da riempire. E così, in maniera naturale, ha iniziato a riempirli di musica, soggetto che interessava moltissimo anche a sua figlia, rappando, cantando, suonando e improvvisando ogni volta che avevano voglia. “Oltre che un’esperienza educativa, per noi si è rivelata la maniera perfetta per rafforzare ancora di più il nostro legame padre-figlia”:

8 risotti invernali per tutta la famiglia

Giovedì, 19 Gennaio 2017 12:43

Bastano il riso e il brodo vegetale, e poi tutti gli ingredienti che più piacciono a voi e alla vostra famiglia: fare un buon risotto è sempre un’ottima soluzione, poiché in questo modo assumerete i benefici dei cereali, unendoli alla bontà e alla salute delle verdure, cucinando velocemente in mezz’oretta un piatto completo e gustoso.

In inverno, poi, un buon risotto scalda sempre le pance e i cuori. Unendo l’utile al dilettevole, quindi, basterà preparare un bel risotto con le verdure di stagione per una cena davvero perfetta.

Ecco 8 risotti invernali per tutta la famiglia: da quello ai broccoli a quello all’arancia, i risotti che scaldano e sfruttano la stagionalità

  • Bietole e spinaci hanno un sapore inconfondibile e un colore verde che vi farà ottenere un risotto che potrete presentare come “risotto al dinosauro”: qui la nostra ricetta, che sfruttiamo tutto l’anno alternando le erbette di stagione in quel momento. 
  • Di nuovo verde e gustosissimo è il risotto ai broccoli. Prendeteli freschi oppure surgelati e lessateli per cinque minuti in acqua salata. Nel frattempo, fate soffriggere una cipolla in un filo d’olio evo con due acciughe sminuzzate e una volta dorate aggiungete nella padella il riso (un pugno per persona), facendolo tostare per un minuto. Aggiungete quindi due mestoli di brodo e lasciatelo assorbire, continuando con questa azione fino a che il riso non sarà cotto (solitamente venti minuti). Cinque minuti prima della fine della cottura, aggiungete i broccoli che avete lessato e del parmigiano (o della ricotta), e mescolate bene bene prima di servire.

(foto 1 http://vegandad.blogspot.it/2010/06/broccoli-risotto.html)

  • Non solo verdura: tra la frutta invernale ci sono le arance, e quindi perché non sfruttarle per un risotto insolito? Ecco quindi il risotto arance e mandorle. Tritate 60 grammi di mandorle e tenetele da parte, quindi tritate uno scalogno e fatelo appassire in un filo d’olio evo. Nella padella aggiungete il riso, mescolate a spruzzate un filo di vino bianco, lasciandolo evaporare. Ora aggiungete il succo di un’arancia, versate un mestolo di brodo alla volta facendolo evaporare e portate a cottura. A fine cottura aggiungete il succo di un’altra arancia, quindi aggiungete le mandorle, del parmigiano grattugiato e mescolate bene.

(foto 2 http://www.cucchiaio.it/ricetta/ricetta-risotto-mandorle-arance/)

  • Zucca e taleggio, connubio perfetto: tagliate a dadini 500 grammi di zucca, quindi fate rosolare una cipolla con un filo d’olio e dopo un paio di minuti aggiungete la vostra zucca. Dopo cinque minuti diventerà tenera, e sarà ora di aggiungere il riso, mescolandolo per un minuto. Aggiungete ora il brodo vegetale a mestolate fino a fine cottura, e alla fine unite 200 grammi di taleggio a dadini, mescolando fino a scioglimento. Se il gusto del taleggio per voi è troppo forte, basterà sostituirlo con dell’alpigiana, della ricotta o della robiola.

(foto 3 http://www.agrodolce.it/ricette/risotto-zucca-taleggio/)

  • Aggiungendo al risotto alla zucca dei funghi otterrete un risotto dal sapore ancora più invernale: metteteli in padella insieme al riso e alla zucca verso metà cottura, facendoli ammorbidire per mezz’oretta in acqua prima di buttarli dentro.

(foto 4 http://www.mytasteit.com/r/risotto-alla-zucca-e-funghi-37328089.html)

  • Buonissimi, da soli o in piatti più elaborati, sono i carciofi. Per farne un risotto, prendetene 6 e puliteli (eliminando le foglie esterne e tagliando le estremità legnose; tagliate quindi il gambo, divideteli a metà togliendo la barba e tagliateli a fette). Metteteli in padella con un filo d’olio e una cipolla tritata, salate e pepate e fate cuocere a fuoco dolce per dieci minuti, con il coperchio abbassato. Una volta ammorbiditi, toglieteli dal fuoco e tritateli (tenendone qualcuno da parte per guarnire). Procedete quindi alla preparazione del risotto: fate soffriggere una cipolla in olio, aggiungete il riso lasciandolo tostare per un minuto e aggiungete brodo vegetale fino ad assorbimento e a cottura completata. La crema di carciofi andrà aggiunta a metà cottura, mentre a fine cottura basterà aggiungere del parmigiano per mantecare e servire guarnendo con i carciofi tenuti da parte.

(foto 5 http://www.nonsolopiccante.it/2013/04/04/risotto-ai-carciofi/)

  • Il radicchio è autunnale, ma quello tardivo si trova anche in inverno. E con il melograno otterrete un risotto tra l’amaro e l’acidulo davvero particolare. Fate rosolare una cipolla in un filo d’olio, quindi aggiungete il vostro riso, fate tostare e iniziate con il brodo a mestolate fino ad assorbimento. Aggiungete il succo di un melograno, che avrete ottenuto passandone i chicchi in un passaverdura, quindi appena la prima mestolata si è assorbita aggiungete un radicchio tagliato a listarelle. Continuate con il brodo fino a fine cottura, quindi spolverate e mantecate con del parmigiano e servite guarnendo con qualche chicco di melograno.

(foto 6 http://ricette.donnamoderna.com/risotto-al-radicchio-e-melagrana)

  • Infine ecco il risotto con la verza, crocifera invernale super benefica. Fate appassire una cipolla in una casseruola con un filo di olio evo, aggiungete il riso, fatelo tostare a aggiungete 5 foglie di verza pulite e tagliate a quadratini. Aggiungete un mestolo di brodo alla volta fino a fine cottura e mantecate con del parmigiano o del lievito alimentare in scaglie (per una ricetta veg).

(foto 7 http://www.mytasteit.com/r/risotto-con-la-verza-49817730.html)

Essere mamma è nelle piccole cose

Martedì, 17 Gennaio 2017 20:30

Non sono i viaggi a Disneyland, i progetti scientifici che vincono i primi premi, la perfezione degli abiti cuciti per i saggi di danza e le recite scolastiche. No, non sono questi a rendere una donna una mamma perfetta. Perché essere mamma è nelle piccole cose, e fare la mamma, semplicemente la mamma, è già abbastanza. Fate che questo sia il vostro mantra, e vedrete come cambierà tutto.

Essere mamma è nelle piccole cose: perché fare la mamma è già abbastanza, e perché ai nostri figli bastiamo noi, senza strafare

Ciò che stiamo per scrivere sappiamo che vi suonerà familiare. Lo sappiamo poiché ci basta scrivere delle nostre esperienze, della nostra quotidianità di mamme: tutte noi, seppur ognuna con la sua particolare famiglia e la sua particolare persona, ci prodighiamo in atteggiamenti che pensiamo ci rendano madri migliori. E’ giusto. Non lo neghiamo. Ma alla fine, sappiate che fate già abbastanza, e che i vostri figli lo sanno.

Quali sono questi atteggiamenti? Il pretendere di aiutare ogni giorno i bambini con i compiti;  il cucinare manicaretti stratosferici (e magari, a volte, fare un piatto per ognuno, perché al piccolo non piacciono i broccoli e guai a propinare la minestra al papà); il disegnare al computer quella bellissima agenda per la famiglia, con font pazzeschi e disegni carini, per organizzare le settimane; l’aiutare i bimbi con il progetto scientifico strafacendo perché, beh, sai che bello se vincono il primo premio?

Ma non è questo a fare di voi delle buone madri. Questo è ciò che fa di voi delle mamme ineccepibili e molto, molto brave, non lo neghiamo, ma l’essere buone madri sta nelle piccole cose. In tutte quelle cose che sembriamo stare dimenticando, ma che facciamo tutto il giorno, tutti i giorni.

Forse non ne parliamo perché parlare della quotidianità non è molto glamour, non è cool, non è instagrammabile. Ma se proviamo a fare un elenco di tutte le piccole cose normali che una mamma fa, beh, già quelle bastano da sole per renderla perfetta.

Ci alziamo (magari dopo una notte insonne), non ci pettiniamo (al massimo uno chignon comodo e via), ci laviamo i denti, andiamo in cucina, prepariamo la colazione, svegliamo i bimbi con un bacio o una carezza, li convinciamo a vestirsi, li accompagniamo a scuola, li andiamo a prendere, prepariamo il pranzo, facciamo la spesa…

E poi tutte quelle cose che i bambini non vedono, ma magari percepiscono: il pagare le bollette, i mille viaggi avanti e indietro in macchina per accompagnare tutti dove devono andare, i fare i conti dei soldi in banca, le chiacchierate con le maestre (e magari le discussioni), il cambiare le lenzuola per farli dormire nel profumo e nel pulito, le code di cavallo e le trecce che avete dovuto imparare a fare guardando mille tutorial su YouTube, le pulizie di casa, i regali di Natale, le feste di compleanno con gli amichetti, il fare amicizia con le altre mamme. Tutte quelle cose che una mamma deve fare, inevitabilmente, senza scelta. Ma con amore.

Sono proprio queste piccole cose a fare dire ai bambini “grazie mamma”, a renderci ai loro occhi perfette. Non sono il viaggio al parco divertimento, le mille uscite al cinema, la torta super golosa preparata per merenda o tutte quelle cose “plus” che ci prodighiamo così tanto a fare

Ai nostri bambini basta che noi ci siamo, che provvediamo a loro, che li abbracciamo, che diamo loro un bacio della buonanotte, che leggiamo loro la loro storia preferita, quella che magari non è così educativa ma che a loro piace così tanto che non si strancherebbero mai di sentirla. E chissenefrega se non parla di tutti quei concetti politically correct di cui oggi le storie sembrano dover per forza parlare. E che noi mamme sembra dobbiamo per forza raccontare.

Basterà solo una regola, quindi, per essere una brava mamma: ogni tanto, lasciate perdere la perfezione. E prendete del tempo per la normalità. Per una partita a carte con loro, per guardare insieme il disegno che hanno dipinto, per fare una coccola, per fare la spesa insieme. Senza strafare, si vince. Perché essere mamma è già abbastanza, e loro lo sanno.

Tra le esperienze più emozionanti e scombussolanti nella vita di un bambino certamente ai primi posti sta l’arrivo di un fratellino o di una sorellina, soprattutto quando il primogenito è ancora da solo e si trova di punto in bianco a non essere più l’unico “coccolino” e a diventare fratello maggiore.

Ci sono molti modi per rendere meno traumatico questo passaggio (ad esempio, qui vi suggeriamo dieci mosse per fare vivere più serenamente questo momento). Tra gli altri consigli, tuttavia, ci sentiamo di darvi quello relativo ai fiori di Bach, una terapia dolcissima che ha sempre la soluzione per le diverse fasi della vita, anche di quella dei più piccoli.

I fiori di Bach per rendere più dolce e sereno l’arrivo del fratellino: per rendere meno dolorosa la gelosia e più sereno il passaggio, ecco la floriterapia per i primogeniti

 

Naturalmente, i fiori di Bach saranno solo un supporto: la prima regola è sempre quella di non fare sentire escluso o messo da parte il vostro primo figlio, che anche se ormai non avrà più bisogno delle cure di un neonato sentirà comunque la voglia di essere ancora accudito come prima. Insomma, state attenti anche a lui. E, oltre a coccolarlo un po’ (non fa mai male), cercate di coinvolgerlo nella cura del fratellino, facendolo sentire importante.

La gelosia, tuttavia, sarà davvero dietro l’angolo, poiché nel momento in cui il nuovo frugoletto arriverà a casa l’idea immaginata del “fratellino” si trasformerà in fatto concreto, e il vostro bimbo si troverà a dover affrontare la presenza di un nuovo estraneo in casa, un estraneo bisognoso di cure. Per addolcire questi sentimenti, ecco che arrivano in aiuto i fiori di Bach.

Innanzitutto, qui trovate una guida alla somministrazione, e cioè alle modalità con cui potrete dare i fiori ai bambini.

Dopodiché, ecco le varie miscele e i fiori che si prestano perfettamente allo scopo, e cioè all’armonizzazione mentale di questo passaggio così sentito ed importante. Ogni situazione, come sempre con i fiori di Bach, ha il suo rimedio, ed è quindi importante che prima di tutto osserviate bene vostro figlio, per dargli la soluzione su misura.

Se, ad esempio, la gelosia è latente e non aggressiva, e cioè se il bambino sembra affrontare bene la situazione ma con un pochino di ansia rispetto alla normalità, il rimedio più dolce sarà Walnut, fiore di Bach che aiuta il soggetto ad accettare meglio i cambiamenti esterni ed interni.

Nel mix, poi, potrete aggiungere qualche goccia di Holly, anche questo pensato per aiutare chi è geloso ma non lo dà a vedere troppo: Holly, infatti, aiuta il bambino a elaborare questa gelosia virando poi verso l’amore fraterno.

Agrimony, invece, sarà il fiore perfetto per sistemare i sentimenti di chi reprime l’aggressività e rifugge il conflitto. Questa repressione di aggressività si manifesta con l’ansia di cui parlavamo (che è difficile a volte da vedere), ma soprattutto con segnali fisici particolari, come ad esempio il bruxismo notturno o i sorrisi a denti troppo stretti, con mascelle serrate. Addirittura, lo sfogo potrebbe essere cutaneo (con la comparsa di eczemi e irritazioni): in questo caso, provate Carb Apple, purificatore della pelle e della psiche.

Questa situazione, però, può sfociare anche nella pipì a letto la notte, poiché reprimere aggressività e sentimenti è (anche se inconsciamente) molto faticoso per il bambino, che poi tende a lasciarsi andare la notte. Non preoccupatevi, ma aggiungete ai suoi fiori Cherry Plum, fiore che modula il controllo.

Molte volte, tuttavia, la gelosia e l’ansia sono più manifeste. Può capitare che il bambino si prodighi in atteggiamenti volti ad attirare palesemente l’attenzione (in questo caso perfetto è Chicory mixato con Larch, fiore che sostiene l’autostima del bambino), oppure che manifesti la paura dell’abbandono (in questo caso sarà utile distinguere tra paura inconscia - e allora viene in aiuto Red Chestnut - e conscia, quando il bambino non nasconde il timore di essere accantonato - e il fiore sarà Mimulus, pensato per le situazioni in cui le paure sono note).

In ogni caso, parlatene con il vostro erborista, e partendo dall’osservazione dei loro comportamenti e dall’ascolto delle loro parole proponete questi rimedi, che possono essere mischiati per creare una soluzione assolutamente ad hoc per ogni bambino.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Diciamo sempre di voler seguire uno stile di vita più ecologico, sostenibile. Differenziamo, mangiamo meno carne, sprechiamo poco. Ma non saremo mai al pari degli Hjertefølger, la famiglia norvegese che in un clima artico ha saputo creare il suo habitat perfetto.

The Heart Followers, la scelta di vita di una famiglia norvegese che sta facendo il giro del mondo: l’esempio ecologico della famiglia Hjertefølger, che vive immersa nella natura ed è felicissima

Tra i luoghi comuni più comuni di sempre c’è una frase. Quale? “Vorrei mollare tutto e andare a vivere fuori dal mondo, immerso nella natura, lontano dalla città”. Ma poi, chi è che lo fa davvero? Nessuno, praticamente. Restiamo impantanati nella nostra routine, nel nostro lavoro, nella nostra vita che pur anelando all’originalità sta sempre nel solco della “normalità”.

Ma c’è qualcuno che questa decisione l’ha presa, e alla fine in mezzo alla natura ci vive davvero, appieno, e comprende fino in fondo il suo impatto sul mondo. Parliamo di Ingrid Marie e Benjamin Hjertefølger, una coppia di avvocati norvegesi specializzati in sostenibilità dell’edilizia che ha deciso di costruire la propria casa in una zona completamente disabitata, in un clima artico, per crescere i propri figli in mezzo alla natura in maniera estremamente sostenibile. 

La loro casa, a forma di geode e costruita interamente con un mix di sabbia, argilla e paglia e vetro, si trova a Gildeskal, nella contea norvegese Nordland (vicinissima al circolo polare artico). E potete ammirarla in un magnifico documentario di dieci minuti che si trova qui sotto, e che racconta come la famiglia viva in maniera ecosostenibile, coltivi le sue verdure e si protegga dal difficile clima esterno, in armonia totale con la natura circostante.

(foto 1 http://www.kuriositas.com/2016/06/the-heart-followers.html)

Il documentario è stato presentato l’anno scorso dal film maker Tord Theodor Olsen, regista norvegese che ha deciso di mostrare al mondo cosa significa inseguire davvero il sogno di molti. Un sogno che può sembrare una scelta di vita hippie declinata in maniera contemporanea, ma che nel profondo vuole solo significare la volontà di allontanarsi davvero dal mondo dal mondo creando comunque una famiglia felice.

Lo stesso regista ha raccontato al blog Short of the week cosa ha significato girare questo documentario, approcciando una famiglia che per scelta ha deciso di allontanarsi da tutti. 

“In veste di giornalista, ho incontrato la famiglia nel 2012, quando stavano ancora costruendo la loro casa - ha raccontato - e hai presente quando conosci qualcuno con il quale sei da subito completamente a tuo agio? Ecco. Calma e armonia mi hanno da subito invaso. Non in maniera “meditativa”; piuttosto, è qualcosa riguardo alla loro gentilezza e apertura. Volevo perciò che anche altri facessero la loro conoscenza, avessero la stessa esperienza. Ed ecco che ho deciso di girare un breve documentario su questa famiglia e i suoi valori, per creare lo stesso stato di calma mentale nei miei spettatori”.

(foto 2 http://www.barcroft.tv/glass-dome-sustainable-eco-house-arctic-circle-sandhorney-island-norway)

 

La discriminazione di genere è (ancora) una piaga del nostro tempo. Ma non solo ai piani alti, e cioè parlando di paghe e stipendi differenti per le donne e per gli uomini (che fanno lo stesso lavoro). La discriminazione di genere parte presto, sin da piccoli, e purtroppo è alimentata da piccoli gesti che sembrano fare parte della quotidianità e della tradizione ma che in realtà sono davvero pericolosi.

Ecco perché l’Onlus WeWorld ha deciso, con poche immagini fatte solo di parole, di fare capire ai genitori che basta poco per cambiare, e per far sì che i propri figli crescano in una casa nella quale l’importante non è il sesso, ma la persona.

L’iniziativa di WeWorld contro la discriminazione di genere: le belle e semplici immagini per imparare a correggere impercettibili gesti che possono fare male ai bambini

Innanzitutto, parliamo di WeWorld: questa Onlus italiana è davvero ammirevole, poiché è una delle poche organizzazioni non governative che oltre ad aiutare bambini e persone in difficoltà in giro per il mondo (in particolare Africa, Asia e Sud America) si impegna contro la violenza sulle donne e contro la disuguaglianza.

Questa discriminazione sicuramente sta alla base di moltissimi problemi, ma non parliamo solo della discriminazione sociale ed economica. Anche di quella di genere, che se inculcata sin da piccoli porta nel tempo a problemi ben più gravi, come, appunto, la violenza sulle donne.

E’ di qualche giorno fa quindi la loro campagna apparsa su Facebook contro questa discriminazione di genere, che se è ancora radicata nei paesi poveri del mondo lo è altrettanto nel nostro paese. Non lo direste? Be’, i casi di femminicidio sono all’ordine del giorno, così come i meno gravi (ma comunque sintomo della situazione) casi di discriminazione sul lavoro, a scuola o in famiglia. Sì, è esatto: le “femmine” sono ancora considerate meno importanti dei “maschi”, e i “maschi” non virili, be’, sono subito etichettati (lo stesso vale viceversa per le bambine che non amano pizzi e merletti).

Dalle prime righe del post che hanno pubblicato sulla pagina di WeWorld abbiamo capito che la loro campagna è ammirevole, poiché vuole sottolineare semplicemente come piccoli gesti che consideriamo normali possano invece indirizzare verso la discriminazione, senza toni violenti, accusatori, allarmistici o da scoop.

“Sapevi che chi nasce in una casa dove mamma e papà si spartiscono i lavori domestici è meno portato a fare discriminazioni di genere? Ecco piccole accortezze per le prossime generazioni”: tutto qui. Piccoli gesti come questi.

Ed ecco quindi alcune delle loro bellissime e semplicissime frasi, che dovremmo ripetere come mantra: 

  • Non esistono “lavori da maschi” e “lavori da femmine”. Esistono solo lavori per cui si è portati, e altri no.
  • I colori servono per esprimersi, non per ridurre tutto a categorie (rosa=femmina, azzurro=maschio)
  • Le bambole non sono solo per femmine tanto quanto le macchinine non sono solo per maschi.
  • Una bimba quando gioca ha lo stesso diritto di sporcarsi e muoversi del suo amico. Vestila comoda. (PAROLE SANTE)
  • Fai scegliere a tuo figlio i suo sport, anche se è l’unico maschio della classe a fare danza p l’unica femmina nella sua squadra di calcio
  • Le pulizie di casa sono divise equamente tra mamma e papà

Il succo, insomma, è: non soffocare le inclinazioni naturali dei tuoi figli. Ma soprattutto dai tu l’esempio, che è la migliore educazione!

 

L’arte giapponese di superare un aborto

Lunedì, 16 Gennaio 2017 09:29

L’aborto spontaneo è uno di quegli argomenti attorno ai quali aleggia un inspiegabile silenzio. Nessuno ne parla, ma soprattutto i genitori non vengono trattati come se fosse un vero lutto, e sono lasciati a loro se stessi spesso senza supporto psicologico di alcun tipo.

Vi avevamo già quindi parlato di Ciao Lapo,  la meravigliosa associazione che si occupa di sostegno, prevenzione e molto molto altro in merito al lutto perinatale; e anche della prevenzione della morte in utero; tuttavia oggi vi vogliamo parlare di una pratica giapponese delicatissima che ha colpito i nostri cuori, e che emozionalmente potrebbe aiutare moltissimi le mamme e i papà dei bambini volati in cielo troppo presto.

L’arte giapponese di superare un aborto: dalla tradizione orientale un piccolo gesto spirituale per alleviare il dolore della perdita di un bambino nell’utero

Se passeggiate nei cimiteri giapponesi, vi accorgerete che ogni tanto il percorso si costella di piccole statuette rappresentati una divinità paffutella coperta da un mantellino rosso o con al collo un bavaglino dello stesso colore. Queste piccole statue di pietra stanno ad indicare Jizo, una divinità venerata in tutto l’oriente buddista con nomi differenti (Jizo in Giappone, Địa Tạng in vietnamita, Dìzàng in cinese) e che oltre a proteggere i viaggiatori è considerata la protettrice dei defunti, in particolare dei neonati prematuri e di quelli morti in utero.

Insomma, nei cimiteri e lungo le strade queste piccole figurine vogliono proteggere le anime dei bambini mai nati, che secondo la credenza popolare devono essere protetti per non ricevere la punizione per aver causato un forte dolore ai genitori.

Ai loro piedi la gente è solita depositare scarpine, giocattoli e piccoli dolcetti, dono dei genitori per affrontare la vita dall’altra parte.

Insomma, le madri giapponesi si straziano come noi, ma almeno hanno la loro tradizione, il loro gesto di conforto, un gesto che non vorrà dire nulla ma che per chi ha passato un momento del genere può essere tutto. Può essere l’elemento tangibile di un lutto che purtroppo è tremendo, poiché non hai nemmeno un corpicino da seppellire, su cui pregare o su cui piangere le tue lacrime.

Perché allora, nel momento in cui si vive quel dolore, non provare a riversare le lacrime su una statuina di questo tipo? Ognuno potrebbe crearla con le proprie mani, oppure, per onorare del tutto la tradizione orientale, la si potrebbe comprare online.

Sbirciando qua e là sul web si trovano moltissime di queste piccole divinità in pietra, subito a partire da Amazon. Questa, ad esempio, oppure quest’altra.

O, ancora, su Etsy si trovano bellissimi ciondoli da poter portare sempre con sé (vicino al cuore), come questo in argento, questo prezioso in oro e smeraldi, oppure questo, in pietra.

 

S.I.B. (sistema immunitario bastardo)

Venerdì, 13 Gennaio 2017 13:31

Si…non sono sparita…ma diciamo che da fine novembre ad oggi credo di essere stata inghiottita da un buco spazio-temporale. Chiusa in un vortice di milleottocento cose da fare, che non ho ovviamente fatto. Chiusa quasi sempre in casa. Chiusa dentro me stessa. Vi starete chiedendo perché. Nulla di poi così grave, semplicemente i miei figli (soprattutto il piccolo a dire il vero) continuamente ammalati a rotazioni più o meno cicliche. Ora direte voi…see lallero! E che sei la prima ad avere i bambini a casa con la febbre o con tossevomitodiarrea?

Che sei la prima a non dormire una notte filata per settimane? Che sei la prima a vedere accumularsi tutte le cose da fare in casa fuori casa e a lavoro? Bene. Vi dico che no, non sono la prima. E non sarò ahimè nemmeno l’ultima. Ma onestamente, tutto questo gran correre tutto il giorno e spesso anche tutta la notte per non riuscire mai a mettere nemmeno un punto e dico uno alle cose iniziate e non concluse, onestamente mi spiazza non poco. Per dirla in francese, e senza remore, mi ha veramente rotto i coglioni, sfracellati, sminuzzati! Ma porcaccia la miseriaccia ladra!  Ora, del sistema immunitario dei bambini se ne parla sempre. Dal pediatra, tra mamme fuori scuola, sui blog, in chat…se ne parla di continuo. E ogni volta che ti azzardi a elencare le patologie che hanno colpito i tuoi nanetti nel corso delle settimane, ti senti dire sempre la solita frase: eh sai, il sistema immunitario ancora non si è formato del tutto. Fine. Stop. Non vi azzardate a provare a ribattere perché tanto sarebbe completamente inutile.

Poco importa se tu ai tuoi figli da fine agosto a fine giugno dai vitamine, fermenti, integratori, immunostimolanti, frutta, verdura, carne, pesce, legumi, direfarebaciare, tutto! Gli dai tutto! Il pediatra ogni volta che ti vede entrare con la faccia affranta e il bambino smocciolante, ha già pronto il foglio con su scritto l’ultimo rimedio (naturale o meno) per infonderti una piccola dose di coraggio. E tu vai in farmacia, ti metti in fila, poi arriva il tuo turno e… “salve, mi occorre questo farmaco…che poi guardi in realtà non so se è un farmaco o meno, ma il pediatra ha detto che aiuta il bimbo a essere un po’ più forte durante i mesi invernali…sa…si ammala sempre…e…quindi…si forse ce ne vogliono due scatole perché deve prenderlo per tre settimane…va somministrato alla sera sa…ma lontano dai pasti…quindi da oggi ceneremo a mezzanotte…ma va dato anche a ridosso dell’orario della nanna…quindi penso che glielo darò, poi lo faccio dormire un po’, poi lo sveglio, ceniamo e poi proverò a riaddormentarlo…ma sono quasi certa che non riprenderà sonno facilmente…avendo dormito prima…”………..il farmacista sbuffa e dice “ma quando?”…e tu… “gliel’ho detto, deve iniziare oggi”…e lui “no signora, quando gliel’ho chiesto”. Ok. Attimi di imbarazzo e ttrrrr ttrrrrr esce lo scontrino… “ sono 98 euro signora, come paga?”… “Non saprei, un litro di sangue può bastare?”…Gggggrrrrrrr! E ve bene piccolo bastardo sistema immunitario! A noi due!

Arriva la sera e provi a far ingollare al pargolo 33 gocce del nuovo portentoso farmaco/immunostimolante/acquasanta! E lui lo sputa per terra! Per la precisione, essendo il flacone da 100 ml, sputa per terra 1 euro scarso di quelle che dovrebbero essere gocce per evitare il tuo prossimo ricovero al manicomio! Allora tu lo guardi…respiri… e lui ti dice con quella vocina incazzata da treenne saccente “io no prendo quetto, fa chifo, bleah!” . E allora tu, madre amorevole, accarezzi la sua dolce testolina biondiccia e morbida, lo guardi nei suoi grandi occhi da cerbiatto e con la voce più dolce che possiedi gli sussurri… “o prendi queste stramaledette gocce, o la tua prossima baby sitter sarà Grimilde…do you know? Te ricordi…la mela avvelenata, il corvo…apri sta bocca e manda giù!”.

E lui ovviamente sapendo che menti…spudoratamente…invece di ingoiare ride e sputa di nuovo, stavolta sulla tua maglietta preferita e miracolosamente pulita. E scappa. Allora decidi che ok…le prenderà a stomaco pieno… “Samuuuuuu guarda mammina ti da il succo di pesca!”. Fatto! Prese! Adesso andrà tutto bene. Non si ammalerà più fino quando non partirà per fare il militare. E infatti tre giorni dopo ha 39 di febbre. Tu chiami il pediatra, ti prudono le mani. E sapete lui che vi dice? “Signora, è normale, è un effetto del farmaco che stimola il sistema immunitario…non si preoccupi.

Lo tenga a casa una settimanella e passa tutto. Signora…pronto? È ancora in linea?”. Ma tu non senti. Perché sei in lacrime accasciata sul pavimento…e tuo figlio nel mentre ti saltella sulla schiena! La gioia di essere madre. Rassegnatevi. Il sistema immunitario dei nostri figli non ci ama e mai lo farà. Pazientiamo mamme…ne usciremo vive! Spero…

Cinzia Derosas

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Resti di Natale

Venerdì, 13 Gennaio 2017 12:49

Le feste sono passate, ora possiamo tornare a comportarci da bastardi come al solito, abbandonando l’atteggiamento buonista che cerchiamo di assumere durante il periodo natalizio per entrare nello spirito più “Jingle Bells” che possiamo.

Siete sopravvissuti? Si, detta così sembrerebbe un’esagerazione ma le festività con i famigliari danno poco e pretendono tanto. 

Intorno alla metà di novembre si inizia a pensare che il Natale presto arriverà e tutti gli anni, come ogni anno, ci illudiamo che sarà un sereno e felice natale: col caz….!

Partiamo sempre con dei buoni propositi, tra la fine di novembre ed i primi di dicembre c’è già qualcuno che, invece di pensare alle decorazioni, ha già bardato casa come le vetrine della Rinascente meneghina in Piazza Duomo: lucine, palline, nastrini, albero, presepe con muschio e cascata, brillantini, candele profumate, ogni oggetto della casa è natalizio, dal centrotavola in salotto alle presine in cucina, dal piumone dei bambini allo zerbino fuori casa. Un super abete che troneggia in casa, sfavillante, luccicante, sbriluccicoso, oggetti ed oggettini appesi ed appoggiati come un’esposizione di mercatini natalizia, luci e ghirlande alle porte ed alle finestre; poi arriva il giorno che dovrai pur spolverare i mobili o passare l’aspirapolvere ed è lì il primo istante in cui una minuscola, piccolissima, invisibile crepa deturpa il tuo stato interiore di merry christmas, ti accorgi che più che un “giro di swiffer” devi traslocare la casa degli elfi in Lapponia ed è così, che le prime vocine canticchianti, i primi campanellini trillanti, i primi propositi da Polyanna che avevi in testa cedono il posto ad una mini versione del Grich nel nostro cervello.

Quando poi scatta la corsa al regalo qui ci si divide in due categorie.

Quelli che si riducono alla vigilia di Natale a comperare i regali “alla qualunque”, sempre indaffarati, come se il Natale avesse deciso di arrivare così, all’improvviso, tra “capo e collo”, cambiando data a sorpresa e solitamente sono quelli che hanno regali da fare a centinaia di persone, parenti, amici, cugini, zii di terzo grado, colleghi di lavoro, al medico, al veterinario, alla maestra, a quelli della palestra, al vicino, ma hanno sempre mille idee, magari piccoli pensieri, ma la fantasia non manca.

Poi ci sono gli organizzati, quelli che ad agosto iniziano a preparare una pseudolista che aggiornano man mano che arriva la stagione, iniziano a comperare e poi modificano, spostano, ridestinano, cambiano articolo, rivedono il budget, ripensano se il pacchetto è in linea col fiocchetto, se il biglietto è adatta o troppo informale, si sparano tante di quelle seghe mentali che alla fine rischiano di ridursi come quelli della prima categoria.

Mentre trottoli alla ricerca dei regali, dei pensieri, degli omaggi e dei presenti, incontri per strada tante e tante persone che, come te, sono alla disperata ricerca dei regali, se li conosci, anche poco, una cosa ti regaleranno sicuro: i microbi.

Nei luoghi chiusi tipo centri commerciali & c. è la sagra del bacillo, milioni di persone sudate che si affannano a spendere mentre sternutiscono e tossiscono nell’aria i loro microbacci pestilenziali influenzali, per non parlare di quelli che conosci, la scena è tipo questa…

Tu – ciao ma guarda chi si vede

Loro – ciao

… stretta di mano, bacio sulla guancia…

Tu – allora come state?

Loro – insomma siamo strasupermega influenzatiiiiiiiiii, ce la stiamo passando tutti in casa

Tu (dici) – cavoli mi dispiace, proprio sotto le feste…

Tu (pensi) – ma porca di quella… ma vaffa…. ma lurido untore dei miei stivali lazzarettiano manzoniano di sto caz… ma non potevi dirmelo prima e non sbaciucchiarmi, bastardo, spero che la cascata del presepe ti inondi casa e che le pecore ti caghino sul tappeto….

Se superi i regali, gli addobbi, hai sfornato i tuoi biscottini pandizenzero e l’influenza vagante, arrivi al fatidico giorno di Natale e dopo mille inviti di parenti (mai nessuno gradito quanto la solitudine di un’isola caraibica, ed a volte anche solo la solitudine sarebbe meglio), arriva il pranzo… ah il pranzo di Natale, così lungo di inglobare anche l’orario di merenda e di cena e se proprio sei tanto tanto fortunato il ribattino di S. Stefano; ed è così che a tavola tra pietanze ingollate e litri di spumantini ci si è giocati la maggior parte delle ferie, specie se, come quest’anno cascano  nel fine settimana… tristezza.

La parte dura da sopportare di ste’ festività in famiglia è: la famiglia. Si perché a meno che tu non sia a vivere in Giappone e venga una volta l’anno a trovarli, i parenti sanno davvero prosciugarti l’anima, ti lobotomizzano i sentimenti, ti intontiscono di parole, ti topogigiano la vita, ti sfracellano le palle. E la cosa peggiore che non puoi sceglierli come gli amici, no quelli sono nel pacco regalo che ti appioppa la vita alla nascita!

Però appunto Natale è anche la festa dei regali, di quelli fatti e di quelli ricevuti. Alzi la mano chi di voi almeno una volta nella vita non ha aperto un regalo ed è rimasto così deluso da avere la giornata sverza. Perché chiaramente noi i regali li facciamo col cuore, si così tanto col cuore che poi appena apriamo il regalo di tizio facciamo subito mente locale di cosa gli abbiamo regalato noi, di quanto abbiamo speso e del tempo profuso nel cercarlo, di come il negalo di tizio non sia adatto alla nostra persona, e via discorrendo. Insomma da almeno una volta abbiamo aperto un regalo che proprio ci ha deluso o che proprio non era nelle nostre corde o che, obiettivamente, faceva davvero cagare!

Ed è qui che, passate le feste, mentre si rimballano le decorazioni, si incartano le pecore ed i pastori, si avvolgono le ghirlande appese e si impacchettano le renne di pannolenci, ci risaltano in mano i vari regali e regalini, pensieri e pensierini e qui la domanda fatidica: butto o riciclo? E poi riciclo sì o riciclo no?

Diciamo che c’è regalo e regalo, c’è riciclo e riciclo. Io penso che se alcune cose siano soggettive, su alcuni regali siate sinceri: sono oggettivamente una merda. Ecco quelli magari evitate (a meno che non siate proprio bastardi dentro o dobbiate farla pagare a qualcuno).

Cose che mi è capitato personalmente di ricevere? Cavatappi e bottiglia di vino (oltretutto di pessima qualità), peccato che io e mio marito non beviamo; una candela a forma di rosa che aveva lo stoppino nero, probabilmente era già stata accesa; un paio di ciabatte numero 37 neroazzurre, peccato io abbia il 40 e sia tifosa del milan; un mini cesto con prodotti alimentari tipo cotechino (senza lenticchie), ragù di cinghiale, cioccolatini bianchi al latte, due mini salamini, non il massimo per una vegana ed un vegetariano. Un profumo da donna ma senza scatola e senza tappo. 

Chiaramente si distinguono i parenti e gli amici che ti fanno un regalo, magari anche piccolo, ma pensato e davvero dedicato a te, che ti saresti comperata tu stessa, che soddisfazione, che gioia!

Ma allora se quella cosa io non la uso perché non è nelle mie corde, ma fosse perfetta per qualcun altro? Se io leggessi solo romanzi e mi regalassero un giallo, non varrebbe la pena regalarlo alla zia Ignazia magari sapendola essere appassionata del genere? Sarebbe un riciclo, ma un riciclo autorizzato? Se mi dovessero regalare un bagnoschiuma alla lavanda, ed io odiassi la fragranza, non potrei regalarla alla mia amica che la adora e che riempie casa di pout pourri lilla? Qui il riciclo è autorizzato, è un atto contro lo spreco o un gesto di avarizia e noncuranza nei confronti altrui?

Bene, comunque le feste sono passate e adesso per un po’ non ci dobbiamo più pensare, ci porremo il problema quando sarà il momento, tanto torna, tornano sempre le feste…

E come ogni fine anno che si rispetti, come ogni inizio anno che sia degno di essere chiamato tale, ci ritroviamo e fare un bilancio, dell’anno passato, delle cose successe e di quello che le feste ci hanno lasciato… Beh volete sapere nella maggior parte dei casi l’unica cosa che ci hanno lasciato?… tre chili in più…, inesorabili, inevitabili, imperdibili!

Mia nonna diceva che non si ingrassa da Natale a S. Stefano, ma da S. Stefano a Natale, sante parole, è vero, però qui si inizia al 10 di dicembre e trovarsi per la panettonata, la tombolata, il caffè coi biscotti, un the pomeridiano, una pizzata, l’aperitivo, tutto per farsi gli auguri, che ora che arrivi a Natale già rischi di andare vestita con la tuta da ginnastica perché l’abito non lo infili se non a fatica…. Riprovati il tuo tubino nero il 10 di gennaio, vedi come fai a chiudere la lampo e poi ne riparliamo… maledetta linea, bastarda dieta, immancabili sensi di colpa, logicamente solo post-pesata, è così tutti gli anni, e lo sarà sempre, perché il Natale quando arriva… arriva e quando se ne va… questi sono i resti del Natale. Auguri!

Elena Vergani 

Non vestirò mai mia figlia di rosa

Venerdì, 13 Gennaio 2017 10:54

Il primo figlio lo volevo femmina, assolutamente femmina: sarebbe stata tranquilla, dormito tutta la notte, avremmo fatto shopping insieme e tanta tanta pittura su tela: è arrivato Tommy, ore di sonno consecutive per i primi due anni 3, fino ai sei anni 5 nei giorni migliori; odia lo shopping e prefisce tagliarsi le mani piuttosto che disegnare, un cubo logico-meccanico-matematico come il suo papà, raramente sono di buon umore, sopratutto in vacanza.

Il secondo figlio lo volevo maschio, per formare una degna coppia di cinghialotti: è arrivata Emma, dalle manine sottili, ore di sonno giornaliere 22, quando è stanca va sul divano, si mette il ditino in bocca, tira su la coperta e dorme. Quando non canta disegna. Tutto è una sfumatura, se cade la casa se ne costruirà insieme un'altra.

Ma forse la cosa su cui vengo più presa in giro è la cosidetta questione del rosa: non sono mai stata una bambina/ragazza/donna particolarmente avvezza alle cose femminili, posso uscire in tuta come in decoltè, non mi vengono attacchi di panico se non sono truccata e non ho bisogno dell'ultima borsa di Prada per sentirmi appagata. Il rosa non era contemplato. 

Così quando ho scoperto che stava arrivando Emma una delle prime indicazioni che ho detto a tutti, a tappeto, è stata quella di non regalarmi nulla, ma proprio nulla di rosa: mia figlia sarebbe stata una di quelle fantastiche bimbe molto urban style, con jeans e cappotto blu. Avrebbe fatto nuoto, atletica ma di certo non danza, quelle cose da femminucce merletti e balze. Figurati. Mai più.

Poi è arrivata lei, un batuffolo morbido all'inverosimile, delicato, rosa, tutta completamente rosa: ma non quel rosa carne, lei era proprio rosa del colore delle rose antiche. Forse è lì che mi è partito l'embolo. Da quel momento le sfumature delle sue tutine andavano dal rosa, al rosa carne, al lilla, al viola, già il bianco mi urtava un po' perchè mi pareva di tramortire la sua femminilità. Ora lei ha 5 anni e la sua passione è la danza e prima di Natale ho assistito al suo primo spettacolino, con le lacrime agli occhi e immortalando ogni secondo con video, risultando ampiamente ridicola. 

Foto Credits: https://www.facebook.com/MADMEDAACCADEMIADANZA/?fref=ts

Ma forse è questo il grande insegnamento dei figli: abbattono le barriere, i preconcetti per farci prendere la giusta via, la verità, per farci toccare l'essenza della vita oltre che di noi stesse. A volte è faticoso, estenuante, talvolta doloroso perchè devi abbattere muri protettivi che avevi costruito per proteggerti e renderti meno vulnerabile. Ci insegnano che l'amore viene prima di tutto, ci obbligano a spogliarci per far venire fuori la parte più vera e autentica, la nostra essenza.

Grazie a lei mi sono ricordata di quanto siano importanti alcune cose che con la quotidianità avevo messo da parte perchè, obiettivamente, tra lavoro, figli, casa e commissioni tutto il resto va nel dimenticatoio: e così ti ritrovi che hai tutto quello per cui potresti essere felice ma non lo sei, e ti senti anche in colpa perchè obiettivamente non hai nulla di cui poterti lamentare. Poi la osservi, la studi da lontano e vedi te stessa, e scopri quanto una musica ascoltata mentre cucini possa fare la differenza, uno smalto fuksia il martedì sera possa dare una notevole svolta alla stanchezza della settimana, e un abbraccio con la tua bimba con bigodini made in china viola e rosa appena messi e forse mai più tolti da tua figlia siano la cosa che avevi sempre desiderato. 

Giulia Mandrino

 

 

Sara

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Cecilia

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