E la nanna dove la facciamo?

Domenica, 30 Marzo 2014 20:30

L’arrivo di un bimbo porta a pensare anche a dove dormirà la notte e durante i frequenti (ci si augura) pisolini diurni.

C’è chi opta per l’utilizzo della navicella del trio, magari poggiata su un apposito sostegno che alcune case offrono oltre al telaio. Personalmente non amo molto questa soluzione perché la navicella, girando per strade e città mi dà l’idea di raccogliere e trattenere nei tessuti lo smog che in esse si trova, quindi trovo che sia meglio utilizzare una culla od un lettino apposito, magari col riduttore per i primi mesi.

Per la mia esperienza, la culla è stata la soluzione migliore per i primi periodi, perché la mia bimba ci si sentiva protetta, lo spazio era giusto ed accogliente per lei neonata, anzi, i primissimi tempi arrotolavo un asciugamano al suo interno per farla sentire ancora più “stretta”, come se fosse ancora nel mio pancione e lei gradiva moltissimo! Ed era comoda anche per noi, le culle di solito sono leggere e si possono spostare senza sforzo di stanza in stanza, così poteva stare comodamente sdraiata in nostra compagnia qualunque cosa facessimo.

 Ecco le culle che ho scovato per voi:

 Partiamo con le più semplici, quelle che noi chiamiamo ceste e nei paesi di origine anglosassone vengono chiamate Moses Basket. Le trovo carine, semplici e comode. Ne esiste un’enorme varietà e davvero si adattano ad ogni tasca. Provate a dare un’occhiata su amazon.co.uk, partono da 38 sterline, ovvero 46 euro circa, ed alcuni rivenditori offrono la spedizione gratuita anche in Italia. Mi raccomando di controllare sempre le recensioni degli utenti che hanno già acquistato il prodotto al quale siete interessate e di verificare se nel prezzo sia o meno compreso il sostegno (stand), altrimenti ricordate di acquistarlo a parte. Sullo stesso sito ne ho trovati a 18 sterline, ovvero 22 euro circa, così come ho visto set completi a 39 sterline, cioè 49 euro! (..e con ottime recensioni)

                                                 

 Se vogliamo provare qualcosa di meno comune, mi piacciono moltissimo le culle ad amaca, ovvero le Baby Hammock, per chi volesse dare un’occhiata ai siti esteri. Pare che aiutino con le coliche ed il reflusso e che concilino il sonno dei bimbi grazie al movimento oscillatorio. Qui saliamo un po’ con le cifre, ma chi non vorrebbe essere cullato in questi bozzoli confortanti? In Italia non se ne trovano molte, ma confido che presto arriveranno anche da noi.

 Ultimamente ho poi scoperto un’azienda nostrana, e visto che spesso consiglio brand esteri, sono felice di presentarvi una realtà tutta italiana! L’azienda si chiama Laitbaby ed è stata creata da due genitori che, alla nascita della loro bimba, hanno voluto ideare una culla sicura, con una leggerezza delle linee che mi ha conquistata ed una genialità in più, ovvero due lati trasparenti per permettere a mamma e papà di controllare il proprio bimbo anche dal lettone semplicemente volgendo lo sguardo nella sua direzione, esattamente come succede con le cullette trasparenti delle nursery degli ospedali.

Inoltre i lati liberi consentono al piccolo di vedere sempre intorno a sé, dandogli la possibilità di interagire con l’ambiente circostante e rendendolo più sereno. Non solo, le spondine possono essere levate tramite un sistema sicuro, che impedisce che il bambino possa attivarlo inavvertitamente, e questo consente ai genitori una vicinanza ancora maggiore col proprio bebè, nel pieno rispetto del co-sleeping.

E poi, diciamocelo, questa culla è bellissima! 

Sul sito Laitbaby.it si possono trovare ulteriori specifiche e la lista dei rivenditori. Ho notato che la culla Oceano è stata il primo passo e che in seguito questa coppia di genitori ha sviluppato camerette complete che possano seguire i bambini dalla nascita all’età adulta. Trovo bellissimo anche il lettino per i bimbi più grandi, che segue lo stesso principio della culla Oceano, così come i letti singoli. Personalmente apprezzo la scelta dei colori neutri, perché i bimbi si sa, crescono in fretta, e le camerette ipercolorate dopo qualche anno vanno a noia sia ai figli che ai genitori. Viva i genitori italiani che pensano a cose belle da vedere ed utili da usare!

So Mummy www.somummy.com

Quando ho avuto la mia prima bimba, ho iniziato a cercare disperatamente una borsa del cambio che non gridasse per forza “qui dentro ci sono pannolini e biberoooooon!!!”. E con mio grande disappunto non ho trovato nulla di nulla nel panorama italiano che facesse al caso mio. Ho girato parecchio per i grandi e piccoli negozi per l’infanzia ed ho trovato solo borse standardizzate, con colori tristissimi o fantasie improbabili, spesso mal progettate, con poche tasche ed in generale spazi esigui che certo non potevano contenere tutto quello che una mamma DEVE portare con sé durante una giornata fuori con un bimbo piccolo.

Ora sono passati poco più di due anni ed ho voluto dare una nuova occhiata, ecco quello che ho trovato di interessante:

 Queste borse le ho viste moltissimo alle mamme inglesi, sono ben progettate, ben realizzate e mettono allegria solo a guardarle, si tratta delle borse del brand Pink Lining. La più celebre è la serie denominata YummyMumm

Non sono bellissime? A me strappano sempre un sorriso. Trovo molto intelligente anche la linea da loro progettata apposta per le mamme di gemelli.

D’altra parte si sa, due bimbi, doppia necessità di spazio.. e vi dirò.. secondo me non sono male nemmeno per un bimbo solo!

Se invece volete qualcosa di più serio, vi consiglio il brand, sempre inglese, Pacapod. Qui le borse contengono altre due piccole borse, chiamate pod, ideate specificatamente per contenere una il necessario per il cambio e l’altra il necessario per la pappa. Possono essere staccate dalla “borsa madre” ed utilizzate indipendentemente, anche al posto della borsa grande se avete necessità di uscire con poche cose, perché anche queste hanno gli agganci che consentono di appenderle al passeggino. Inoltre questo produttore ha deciso di adottare colori e materiali che permettono, una volta terminata la necessità di possedere una borsa del cambio, di utilizzare la bag anche come normale borsa. Non ci credete? Ecco qualche esempio.

All’interno sono fatte tutte più o meno allo stesso modo, c’è il “pod” dedicato al cambio e quello dedicato alla pappa. Una volta tolti dalla borsa, questa diventa tranquillamente anche una borsa da lavoro, ci sta addirittura un pc!

 Se poi vogliamo andare sul raffinato ed abbiamo la possibilità di spendere parecchi soldini, beh..possiamo sempre buttarci su Gucci e Louis Vuitton. Sui rispettivi siti non troviamo molte specifiche tecniche, ma diciamo che si tratta del prezzo da pagare per sfoggiare questi celeberrimi brand. Di certo anche qui si tratta di borse che possono essere utilizzate anche “dopo”, perché sì, un “dopo” esiste!

Chissà se fra di voi c’è una mamma che ne possiede una e può darci qualche dritta in più.

Se state cercando la borsa del cambio dei vostri sogni ed avete un po’ di dimestichezza con l’inglese, vi consiglio di fare un giro sui siti delle marche di cui sopra, così come su amazon.co.uk, troverete alcune borse, sia PinkLining che di Pacapod scontate.

Gucci e Louis Vuitton no, ma perché non avevamo dubbi? ;-)

 

SoMummy

Stanno succedendo molte cose ultimamente, in casa SoMummy, ed alcune di queste mi portano ad avere un occhio più attento sui cosiddetti passeggini gemellari o fratellari. Avendo avuto occasione di dare una sbirciatina all’estero, in UK in particolare, mi sento serenamente di affermare che il presente del mercato inglese e, quindi, il futuro di quello italiano, sono i passeggini ed i duo/trio gemellari e fratellari. Evidentemente nell’ultimo periodo va di moda fare bimbi in rapida successione e ci si trova nell’esigenza di dover uscire di casa con un piccolo ed un piccolissimo. Fino ad ora, almeno sul mercato italiano, le soluzioni erano solo due: o le sedute affiancate, oppure il modello tir, con le due sedute poste una dietro l’altra.

All’estero invece ho notato la tendenza ad offrire una soluzione più pratica per il genitore ed ugualmente comoda per il bambino, magari sacrificando un pochino il comfort del fratellino più grande, mantenendo però alti standard di sicurezza e fruibilità, grazie a telai che sovrappongono le sedute.

C’è chi preferisce avere i bimbi affiancati e chi invece in stile trenino, ma vediamo pro e contro di tutte le soluzioni.

AFFIANCATI

Si tratta di modelli tipo il celeberrimo Aria Twin di Peg Perego  o il più stiloso ( e costoso) City Mini double di Baby Jogger

 Tra i pro spesso i genitori elencano…ecco, devo dire che non ne ho trovati molti. Si tratta di passeggini con un ingombro in lunghezza uguale ai singoli, ma hanno quasi tutti il difetto di non passare da porte, ascensori, casse del supermercato e via dicendo. Sono consigliabili più per i gemelli, che hanno più o meno lo stesso peso, piuttosto che per fratelli vicini d’età, perchè i pesi differenti possono rendere disagevole spingere più da una parte che dall’altra, con buona pace della vostra schiena!

IN LINEA

Si tratta di modelli classici come Stadium Duo di Graco o più innovativi come City Select, ancora di Baby Jogger

 La differenza tra i due sta nel fatto che il secondo, avendo le sedute leggermente sovrapposte, ha un minor ingombro in lunghezza.

In generale, questa è la tipologia più apprezzata a causa della maggior manovrabilità e della possibilità di passare più agevolmente dalle porte. Se poi si ha un bimbo più turbolento, questa configurazione evita che possa infastidire il fratello più tranquillo. Non ci si pensa, ma immaginate di aver appena fatto addormentare un neonato e di vedere il vostro più grande che gli toglie il ciuccio a forza, facendolo strillare. Ecco, meglio non dargliene la possibilità!

Personalmente, trovo geniali i sistemi che da singoli si trasformano in doppi, come il Select di cui sopra, oppure l’I Candy od il Micralite, di cui vi parlerò ora.

Molto gettonato, soprattutto per chi ha gemelli e soprattutto all’estero, il passeggino prodotto dal brandinglese I-Candy. Il loro Peach consente moltissime configurazioni diverse e monta contemporaneamente due navicelle su piani sfalsati, così garantisce la possibilità di portare a spasso due neonati con un ingombro di poco maggiore rispetto ad una tradizionale carrozzina.

Il brand, sempre inglese, Micralite propone invece una soluzione per il passeggino leggero col Twofold.

Anche lui a prima vista si presenta come un passeggino singolo, ma al bisogno si aggancia la seduta posteriore per il fratellino più grande, oppure si sblocca la pedanina che normalmente rimane nascosta sotto la seduta principale.

 Sono stata colpita anche dal modello G3 prodotto dalla statunitense Orbit, sia per i bellissimi colori accesi proposti sia per l’ampia gamma di accessori disponibili. Anche loro hanno un passeggino fratellare molto interessante sul quale ho visto (udite, udite) anche il porta I-pad che, montato sul manubrio, consente di rivolgere il dispositivo sia verso il bebè che verso il genitore.Pare che sia amatissimo dalle star.

Eccessi a parte, questi sistemi innovativi non sono economici, ma ritengo che siano ottimi investimenti da fare in occasione della nascita del primo figlio e che si ripagano ampiamente con quella del secondo. Prima singolo, poi si aggiunge una seconda seduta e quando il più grande abbandona definitivamente il passeggino, si torna alla configurazione singola. Generalmente sono di ottime marche, ben costruiti e robusti, montano sia navicelle che amache che ovetti e queste caratteristiche consentono di utilizzarli per diversi anni, evitando ai genitori di acquistare un trio normale alla prima gravidanza e poi un fratellare alla seconda, da utilizzare magari solo un anno. Ultimo consiglio, valido per qualsiasi passeggino:prestate sempre grande attenzione alle ruote nella scelta del modello, non contano solo le dimensioni (e comunque consiglio ruote grandi), ma anche la posizione. Un passeggino con ruote piccole e disposte ai lati del passeggino, che quindi non distribuiscono bene il peso dei bambini, ha un enorme punto a sfavore, fateci attenzione se non volete pentirvi ad ogni piccola asperità!

SoMummy

La solitudine delle madri

Domenica, 30 Marzo 2014 19:59

Buorgiorno Marilde, grazie per averci dato la possibilità di intervistarla. Parliamo di "La solitudine delle madri". La maggior parte delle donne che oggi diventa madre lavora, normalmente full time, interagisce con molte persone, ha una buona quantità di tempo libero, tempo da dedicare a se stessa e al suo compagno, hobbies... Si ritrova quasi di colpo a casa, da sola, con uno stile di vita totalmente diverso e con un'ansia da prestazione incredibile: "non posso sbagliare con mio figlio"!!!! Sono proprio questi due punti fondamentali: il cambiamento di vita repentino durante il quale diminuiscono parecchio - quando non spariscono del tutto - le abitudini quotidiane. Un ritmo che magari era consolidato da tempo, si interrompe, cambia lo scenario, nel quale è ora presente un neonato- indubbiamente delizioso- ma con il quale dobbiamo imparare a conoscerci. Ci vuole tempo, come in qualunque altra relazione. Invece, dall’esterno, giungono molte voci il cui filo comune riguarda la perfezione richiesta alla donna nel suo essere madre. Ci si dimentica che ha appena iniziato e che ha ancora tutto da imparare. Come il padre, del resto. Oggi i padri sono più presenti, anche se la discrepanza di impegno è ancora consistente nella maggior parte delle famiglie. Spesso, anzi sempre, si parla di esigenze del bimbo, si cosa bisogna fare e cosa non si deve fare; riceviamo suggerimenti, consigli e moniti. leggiamo, studiamo, ascoltiamo il nostro istinto ma anche cosa ci dice l'amica e la suocera. Insomma che confusione che abbiamo in testa noi mamme! Perchè secondo lei siamo così insicure e spesso ci sentiamo così inadeguate? La motivazione a scrivere il libro è nata dal rendermi conto che esistevano numerosi manuali sulle esigenze del bambino, e ben pochi su quelle delle madri. E’ naturale che il bambino proprio in quanto tale necessiti di attenzioni e cure, e ben vengano i libri che ci aiutano su questo, ma se ci dimentichiamo che anche chi fornisce cure continue ha a sua volta bisogno di attenzione, dimentichiamo un aspetto fondamentale della maternità. Con questi presupposti è purtroppo naturale la sensazione di non fare mai abbastanza, sensazione che si amplifica in una società nella quale i bambini sono oggetto di attenzione forte da parte del marketing. Importante fermarsi e chiedersi quali sono i bisogni reali e quali quelli indotti dalla pubblicità. Importante è ascoltare eventuali consigli, leggere libri, ma è innanzitutto di se stesse che bisogna fidarsi, altrimenti ci si trova fagocitate da una girandola di suggerimenti che creano insicurezza e confusione. Si parla di depressione post partum, di cambiamenti ormonali di "cose fisiologiche"... alcune di noi sanno che esiste, molte associazioni e servizi pubblici e privati stanno nascendo per sostenere le mamme colpite da questa forma depressiva. Ma il suo libro è particolarmente interessante a mio modo di vedere, perchè parla proprio di quel sentimento, la solitudine, che la mamma prova proprio dal momento in cui non sarà mai più sola. Solo chi l'ha provato può capire cosa significhi stare un giorno intero senza interfacciarsi con nessuno se non con la cosina che più ami al mondo ma allo stesso tempo richiede e succhia tutte le tue energie fisiche e mentali; a volte arrivano momenti in cui si è stremati, e riesci solo a pensare: "non ce la faccio più, ti prego non mi chiedere di fare altro..." E invece ciò che viene richiesto è di fare altro ancora, di fare di più e, peggio, di non dire ad alta voce che si è pensato “non ce la faccio più”. E’ questo il tradimento grande nei confronti delle donne e della maternità. Non raccontarla tutta, dipingendola come un viaggio lieve dai colori luminosi. Credo invece che quando raccontiamo anche le ombre, le giornate buie, rispettiamo in pieno ciò che è il diventare madri, non creando false illusioni, così pericolose proprio perché irreali, e quando una donna attraversa una di quelle giornate che sembrano non passare mai, ripensando alle parole di un’altra donna, di un articolo letto, di una pubblicità televisiva (quando è veritiera), forse arriva più facilmente al termine di quella giornata. Sapendo che è possibile, che può succedere, e che passerà. La nuova tendenza, a mio modo di vedere estremamente positiva, della riscoperta della maternità naturale a 360° di cui Mamma pret a porter si fa portatrice in toto, ha un lato però oscuro: non si parla di quanto sia difficile applicare un preciso stile educativo ai bimbi e seguire una logica di naturalità per esempio nell'alimentazione. Si legge sempre quanto faccia bene cucinare tutto fresco ai bimbi, seguire il più possibile i loro ritmi, giocare con loro.... ma alla mamma chi ci pensa? C’è un rischio che vale la pena di sottolineare. La crisi economica rende ancora più complessa la presenza delle donne nel mondo del lavoro, e dunque non stupisce affatto questa tendenza a ricondurle a casa in ruoli consolidati nel passato. Ora, e lo sottolineo perché non vorrei essere fraintesa: nulla di male, anzi, se una donna si diverte, e trova un senso pieno della sua vita nella maternità al punto tale da trascorrere interamente le sue giornate a preparare cibi freschi, creare giocattoli, occuparsi delle attività scolastiche o sportive dei propri figli. Bisogna però prestare attenzione al fatto che non diventi l’ennesima colpa che si scarica sulle donne. Alcune donne desiderano farlo e – dato non trascurabile- possono permetterselo. Benissimo. Ma quelle che desiderano dare spazio anche ad altre parti di sé?, quelle (la maggioranza) che devono lavorare? Come si possono sentire di fronte a queste tendenze, rispettabilissime, ma che ovviamente richiedono un tempo che per chi lavora è impensabile? Ben venga dunque la riscoperta della maternità naturale, a meno che non sia l’ennesima gabbia nella quale veniamo rinchiuse noi donne, talvolta senza esserne consapevoli. Forse non è un caso che il tema del mio ultimo libro (Reclusioni , che è probabilmente un titolo provvisorio, e uscirà a settembre), sia quello della scelta, delle gabbie. Gli argomenti sono una decina, eterogenei tra di loro, suddivisi in capitoli, ma con un filo conduttore: la reclusione. Scelta o subita? Perché se è scelta, ben venga, se è subita forse è bene che stiamo attente e che proviamo a romperla questa gabbia in cui siamo rinchiuse. Che si tratti del corpo (che deve fare i conti con i modelli che vengono proposti dai media), o degli anni passano (e bisogna fare i conti con il mito dell’eterna giovinezza), della maternità, di tossicodipendenza, oppure che si tratti di chiudersi in un convento, il rischio di rimanere ingabbiati in modelli stereotipati, in luoghi angusti, è sempre presente. Bene rifletterci dunque, e sentire cosa davvero desideriamo noi. Al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni. In questo modo non solo saremo genitori migliori, ma soprattutto saremo persone più complete. Uno dei capitoli del libro, riguarda i segreti di famiglia, e facendo riferimento alle teorie transgenerazionali, ho sottolineato quanto sia fondamentale per ogni individuo indagare nella storia di famiglia, proprio perché un’altra (delle tante) forme di reclusione ha a che fare con i non detti, i lutti non risolti, i traumi presenti in numerose storie di vita, e sono davvero convinta del fatto che il dono più grande che possiamo fare ai nostri figli sia quello di rendere leggero ciò che inevitabilmente passiamo loro nella trasmissione generazionale. Anche questo aspetto ha a che fare con un’etica naturale della maternità.

Pannolini lavabili per mamme incasinate

Domenica, 30 Marzo 2014 19:50

Questo articolo nasce dall'incontro con una mamma che usa pannolini lavabili. Io mi sento un essere umano abbastanza attento all'ecologia, ma ho in casa due bimbi di due anni e mezzo e cinque mesi, non ho quasi mai chi mi aiuta nelle faccende domestiche e il solo pensiero di aggiungere qualcosa al mio maxi-bucato mi dava i brividi! Ho sempre pensato che lavoro autonomo, due bimbi sotto i tre anni e pannolini lavabili non andassero d'accordo: negli anni 50 avevano senso ma adesso come si fa??? Poi ho visto una mamma, mamma come me, come noi, incasinatissima, che li usava, e non mi attaccava mille pippe sull'ambiente che francamente quando sei esausta non cogli molto, ma mi raccontava della sua scelta dei ciripà per praticità.  Allora ho chiesto alla mia amica Federica Borello, mamma di due bimbi e imprenditrice diraccontare la suA avventura con i pannolini lavabili: 

"Eh già ... è in corso, dal 16 al 22 aprile, la SETTIMANA INTERNAZIONALE DEL PANNOLINO LAVABILE (SIPL). Per l'Italia questa sarà la terza edizione, anche stavolta promossa da NonSoloCiripà, l'Associazione dei genitori che usano i pannolini lavabili. Anche noi di Ekobebè usiamo i pannolini lavabili ma vorremmo spiegarvi come .... Io e Silvia abbiamo aperto da un anno circa il nostro e-shop nel quale proponiamo abbigliamento biologico e accessori ecologici, tutto regolarmente "testato" sui nostri figli; infatti noi siamo due mamme, con 4 figli ... due dei quali ancora "pannolinati". Vi confessiamo che non eravamo delle gran patite di pannolini lavabili e alla nascita dei nostri primi figli siamo state inizialmente delle fans sfegatate di pannolini usa e getta delle marche più famose in commercio MA .... ahimè qualche culetto ha iniziato ad arrossarsi e allora al via tanti consigli ... la nonna apostrofava "ma non sarà il tuo latte?" ...il pediatra diceva ..."la cacca è troppo acida, provi a togliersi i latticini, sarà intollerante!" ... l'amica suggeriva ... "hai provato la cremina "X" che fa miracoli?" .... ebbene, chi di voi è mamma saprà sicuramente che un po' gli ormoni del post partum, un po' la confusione, l'inesperienza, le ore di sonno arretrato non fanno ragionare proprio bene ma c'è una cosa che alla neo mamma non manca mai .... l'ISTINTO! Istintivamente quando vediamo le natiche del nostro bambino che diventano viola, che il pannolino usa e getta dopo un'ora di utilizzo fa tanti pallini, che la confezione degli usa e getta che quando la apri puzza di petrolio beh ... ci facciamo delle domande! E allora abbiamo provato altre strade, abbiamo cercato le nostre risposte, noi abbiamo cercato tante soluzioni e devo dire continuiamo ad essere fedeli sostenitrici di alcune.

I pannolini lavabili in primis, ci hanno salvato da terribili irritazioni da pannolino, poi ci hanno aiutato nel gestire un'anca non proprio ben sviluppata, ci hanno fatto risparmiare un bel po' di soldini, ci hanno permesso di passare più agevolmente dal pannolino al vasino ... ultimo ma non ultimo ci hanno aiutato ad essere maggiormente ecologiche, considerando che i pannolini usa e getta (e gli assorbenti femminili) rappresentano all'incirca il 20% del contenuto delle nostre discariche. Ma una mamma alle prime armi imbranata e con crisi di perfettibilità come lo sono stata io, devo dire che all'inizio ... del discorso ambientale proprio non sapevo che farmene .... però vi dico il perchè alla fine ho fatto questa scelta e scusatemi se scendo in particolari un po' intimi. Ho due maschietti e la natura e l'esperienza mi hanno insegnato che molto delle condizioni psico-fisiche passano da lì ... dalle "palline" dei miei cuccioli! Riuscirei a capire la temperatura corporea dei miei cuccioli guardando l'aspetto delle loropalline ... quando non stanno bene o sono in condizioni "scomode" i testicoli sono flaccidi. Quando toglievo il pannolino usa e getta tradizionale i testicoli erano mollicci e dopo pochi secondi, a contatto con l'aria ecco che riprendevano un bell'aspetto turgido .... questa cosa non è mai successa con i pannolini lavabili, vuoi perché magari li cambi un po' più frequentemente, vuoi che a contatto con la pelle non ci sono sostanze chimiche ma sta di fatto che aprire il pannolino e vedere tuo figlio "in buona salute" è sempre piacevole! Quanto e quando li ho usati? Devo essere sincera, all'inizio no .... non potevo farcela! Ma verso i 5/6 mesi , quando impari a conoscere i tuoi figli, poi quando iniziano lo svezzamento e la cacchina da liquida diventa solida ecco che lì il pannolino lavabile è eccezionale. Devi mettere in conto qualche lavatrice in più e degli odori non proprio gradevoli ma ... vuoi mettere posare il pannolino in bagno d'inverno (quando fuori ci sono -4/-5) anziché andare sul balcone a riporlo nell'immondizia? Vuoi mettere il sacco dell'immondizia mooooolto meno pieno??? Vuoi mettere una media di 60 euro di usa e getta al mese risparmiati contro i 13 euro medi del costo di un pannolino? (io ho preso un kit da 20 per 200 euro...!!)Vuoi mettere un figlio che a 25 mesi sceglie da solo di togliere il pannolino perché si sente bagnato????

F A N T A S T I C O !!

e questa è la parte di me che sta in casa a fare la mamma MA adesso però vi racconto l'altra parte di me .... quella che esce, che va a mangiare fuori portandosi i pupi, quella che non ha voglia di portarsi in giro la "wet bag" puzzolente, quella che non ha voglia di togliere il pannolino lavabile in un bagno non proprio igienicamente perfetto, quella che non è integralista per scelta!!! Quella Federica ha scelto e sceglie ancora spessissimo una validissima alternativa, sono gli usa e getta biodegradabili, simili ai lavabili per ciò che concerne la salute del nostro bambino e l'impatto ambientale, un po' meno dal punto di vista economico ma molto molto più pratico .... se sono in ferie e non ho voglia di lavare, se sono in giro, se non sto bene, se semplicemente non ne ho voglia o..... non ne ha voglia lui!!!

Sì... perché arrivi ad un certo punto che saranno loro a dirti le cose e allora un giorno sarà ... "MAMMA, VOGLIO PANNOLINO LAVABILE BLU DA MACCHIO (maschio, n.d.r) " e un altro giorno sarà ... "MAMMA, NO VOGLIO QUELLO (pannolino lavabile n.d.r.) NON RIESCO CORRERE" (per l'ingombro....) Io per i miei figli voglio il meglio ma spesso mi rendo conto che loro sanno perfettamente qual è il meglio.

COSA C'E' DI PIU' BELLO DI UN BIMBO CHE RIESCE A COGLIERE L'OPPORTUNITA' DI SCEGLIERE QUALE PANNOLINO METTERE ????"

www.ekobebe.it 

"La scuola per me è sempre stata una grande fonte di frustrazione" dice Elena, mamma di Sofia 1 anno. "Ero una bimba molto curiosa e vivace solo che avevo difficoltà a concentrarmi, a stare seduta. Non apprendevo in maniera così veloce come i miei compagni. Alcune cose le imparavo subito altre non mie entravano proprio. Così alle superiori in alcune materie andavo molto bene, in altre proprio non riuscivo, non riuscivo neanche ad avvicinarmi. Sono sempre stata etichettata come pigra, con poca voglia di fare; la parola d'ordine per etichettarmi era svogliata. All'università ho scelto un percorso che si addattava alle mie modalità di studio e mi sono laureata con il massimo dei voti. E' stata una grande rivincita nei confronti di tutti quelli che vedevano in me solo una ragazzina pigra e con poca voglia di studiare. Per caso poi, durante un percorso effettuato con una terapeuta per tutt'altri motivi, è venuto fuori che la mia era una forma di dislessia. Senza parole: anni e anni di demotivazione di sgridate furiose. Mi sentivo sempre inadeguata. Ora la mia domanda è se sia possibile prevenirla in mia figlia e cosa posso fare per lei in modo che non debba subire ciò che ho passato io. Grazie, Elena". 

"La dislessia è la riduzione dell'efficienza funzionale della capacità di lettura causata da alterazione neuroanatonimche di natura costituzionale.

E' fondamentale fare diagnosi appena possibile, cioè verso la fine del secondo anno di scuola Primaria per due motivi fondamentali :

- per fornire al bambino dislessico tutti gli strumenti compensativi che possano garantirgli un iter scolastico il più adeguato possibile. Per strumenti compensativi si intendono tutti i possibili supporti che rendono la lettura più facile, per esempio l'utilizzo per computer con icone invece che con modalità alfabetica, lavagne interattive multimediali, librerie iconiche nel pc,predisposizione di mappe per disegni, software quali il Super quaderno in cui compare il disegno che evoca la parola, il quaderno di sussidio.. 

- per evitare che si attribuiscano gli insuccessi scolastici che ne derivano a cause

- altre, quali lo scarso impegno o la difficoltà cognitiva, che non hanno niente a che fare con la dislessia, ma che minano l'autostima e la sicurezza in se stessi dei bambini dislessici. Spesso infatti i bambini dislessici, non riconosciuti come tali, bloccano la possibilità di aumentare le proprie conoscenze, subiscono una variazione nella struttura di personalità ed hanno difficoltà nelle relazioni.

A tal proposito mi preme sottolineare che i bambini dislessici hanno un quoziente intellettivo pari o anche superiore alla media. Se è presente difficoltà cognitiva significa che il bambino non è solo dislessico, ma è necessario diagnosticare anche un altro disturbo invalidante la sfera intellettiva.

È altrettanto utile dire che il decorso del disturbo negli anni, se vengono utilizzati gli strumenti compensativi che oggi giorno si hanno a disposizione, è sicuramente di parziale miglioramento della abilità di lettura, anche se non è possibile un totale recupero. Prima del raggiungimento del secondo anno di scuola Primaria, l'unica possibile predizione di eventuale futura diagnosi di dislessia è la difficoltà di linguaggio presente ancora nell'ultimo anno di scuola dell'Infanzia.

La diagnosi di dislessia è di competenza solo di psicologi e neuropsichiatri infantili."

 

Dott.sa Monica Contiero, Psicologa clinica e Counsellor, spedializzata in psicopedagogia infantile e della famiglia.

Riceve privatamente nella provincia di Monza e Brianza e a Milano

 

immagine tratta da http://survivorpediatrics.wordpress.com/

Bambini e tv

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:15

Bambini e televisione: un rapporto problematico?

di Maria Beatrice Nava

www.educazione-consapevole.blogspot.com

 

In fondo non è che uno schermo, grande o piccolo, ormai ultrapiatto. Da spento, non è nemmeno particolarmente attraente, con quel colore nero antracite, tutto uniforme. E attira perfino la polvere. Insomma: di primo acchito ha un appeal discutibile. Eppure risulta essere l'elettrodomestico più diffuso nelle case italiane anche perchè, spesso, in casa ce n'è più di uno: due o addirittura tre. In cucina, in salotto, in ogni stanza da letto. Perfino in bagno.

Sto parlando proprio di lei: della televisione.

Compagna degli ultimi 50 anni di storia italiana, ha saputo prendere piede in modo del tutto imprevedibile ed incontrollato delle nostre vite, del nostro tempo, riempiendo il silenzio delle nostre case e portandosi via una buona parte delle nostre persone.

C'è chi la tiene accesa tutto il giorno per scacciare la solitudine e chi l'ha regalata a qualcuno e al suo posto ha messo la radio oppure una nuova libreria. C'è chi vi si affida per capire il mondo e chi ne diffida per principio. C'è chi non saprebbe farne senza e chi preferisce tenerla a debita distanza.

Ma come può uno schermo grigio e polveroso aver acquisito un tale potere? E soprattutto: come fa a mantenerlo e addirittura ad accrescerlo nel tempo?

Le spiegazioni sono più di una, non c'è un solo fattore in gioco. Ma il vero "trucco", la strategia vincente della televisione, sta nel suo pubblico: più e piccolo e maggiore è il suo effetto.

Mi sono sempre chiesta come siano cresciute e diventate adulte le generazioni precedenti la mia e anche quella dei miei genitori, senza avere la televisione in casa. I pomeriggi di pioggia come trascorrevano? Cosa si faceva? L'ho chiesto alla mia nonna, che ha 96 anni e si è fatta due guerre e ha vissuto il boom economico degli anni '60. E che, per inciso, non porta gli occhiali, nemmeno per leggere...

Mi ha risposto che il tempo della sua infanzia e quello dell'infanzia dei suoi figli era speso nelle relazioni: si lavorava insieme, si cucinava insieme, si stava insieme. Si parlava molto, anche perchè l'unica ricchezza era la forza della vicinanza con altre persone. Non esisteva la solitudine perchè se anche qualcuno non aveva famiglia, ci si occupava un po' tutti di lui e nelle corti delle cascine brianzole nessuno poteva essere davvero solo.

I tempi sono cambiati in modo drastico e drammatico: siamo tutti sempre più soli anche se cerchiamo di convincerci del contrario perchè la tecnologia ci illude di essere sempre in contatto con il mondo. Eppure il mondo che abbiamo intorno è votato al pensiero individualista: l'obiettivo pricnipale è stare bene (il "ben-essere"). E quando sto bene io, il resto non conta.

La televisione gioca un ruolo fondamentale in questo meccanismo, non solo perchè ci trasmette messaggi orientati ad aumentare il nostro isolamento, ma anche perchè iniziamo molto presto a nutrire la nostra mente con questo cibo da "fast food cognitivo-emotivo".

I bambini sono messi sempre più spesso di fronte alla televisione fin da piccolissimi, per molti motivi diversi. Spessissimo la TV è scelta per questioni di comodità, come una economica baby-sitter; oppure la si utilizza per "distrarre" i bambini affinchè mangino tutta la pappa. E ancora: la si usa come premio/punizione per convincere i piccoli a fare quello che chiediamo loro. E infine la si usa perfino per farli addormentare. Insomma: la TV è diventata la nostra ausiliatrice domestica, perchè riesce ad ottenere risultati che noi abbiamo rinunciato a perseguire.

Ma perchè la televisione ha una presa così forte sui bambini? Cosa la rende così potente, più potente della parola delle persone in carne e ossa?

Ci sono ormai diversi studi che dimostrano come le onde elettromegnetiche emesse dalla televisione impattino in modo particolare sul cervello, determinando una sorta di addormentamento cognitivo che cattura la nostra mente e ci fa entrare in una specie di trance ipnotica. Avete di certo testato personalmente questa situazione: vi svegliate in piena notte e non riuscite a riaddormentarvi? Accendete la TV e nel giro di poco cadrete di nuovo nel sonno. E ancora: osservate l'espressione dei bambini di fronte allo schermo acceso: occhi spalancati, bocca semiaperta, difficile contattabilità. Sembrano (e sono!) imbambolati: come bambole, hanno perso cioè lo spirito vitale, ciò che distingue un essere animato da uno inanimato.

Uno studio australiano abbastanza recente pubblicato su "Nature" avvisa i genitori di non esporre i bambini al di sotto dei due anni alla televisione e prende posizione in modo netto e fermo (trovate una buona proposizione dell'articolo a questo link http://www.minori.it/node/1309 ).

Fioccano da ogni dove i consigli degli esperti a segnalare che prima dei tre anni la TV non è una buona compagnia e a ricordare che i bambini hanno bisogno di risposte ai propri bisogni di gioco e di relazione e non di surrogati.

Di fronte a queste posizioni consapevoli, la TV risponde con programmi "ad hoc" per piccoli e piccolissimi: dai vari Baby Einstein, passando per i cartoni animati senza parole fino ai Teletubbies.

L'illusione è quella di credere che i cartoni, dato che sono "fatti apposta" per i bambini, siano un prodotto "buono" e valido per loro. Non è così. Nè dal punto di vista dei contenuti – spesso banali ed ossessivamente ripetitivi – nè dal punto di vista dell'abitudine che iniziamo a seminare nei piccoli: stai lì fermo e tranquillo e, possibilmente, in silenzio.

Il fatto è che mentre il bambino se ne sta fermo, tranquillo e in silenzio, la sua mente si nutre di tutto ciò che vede e sente, ancor più perchè la sua mente è abbandonata alla TV, catturata dai suoni, dalle musiche, dalle immagini in movimento.

E noi adulti non crediamo di essere esentati da questi meccanismi, non sentiamoci sicuri nella presunzione di essere "attenti" e "critici". Anche noi siamo soggetti ad una sorta di addestramento cognitivo veicolato dalla televisione. Siamo come alunni di fronte al maestro, solo che ciò che incameriamo riguarda troppo spesso emozioni negative (rabbia, paura, sfiducia, sarcasmo, abituazione al dolore altrui e conseguente calo dell'empatia fino ad arrivare all'anestesia emotiva), finte emozioni positive (chiediamoci perchè buona parte delle pubblicità snocciolino slogan che mirano a colpire i nostri bisogni più profondi come il bisogno di riconoscimento – "E' tutto intorno a te", "Nessuno è come te" – o il bisogno di essere amati – "Per te che sei speciale" – o, ancora, la sollecitazione degli impulsi e degli istinti più basilari – mi sono sempre chiesta perchè la figura femminile, specie se seminuda, serva a vendere pressochè tutto, anche l'olio di oliva). Non sto esagerando: è di pochi giorni fa un articolo che mostra come i mass media manipolino le nostre menti e ci inducano a produrre pensieri e a provare emozioni orientate al panico, allo smarrimento. Attacchi di panico e disturbi depressivi sono in aumento anche per questo motivo! (chi desidera può leggere l'articolo a questo link http://www.educare.it/j/community/laltranotizia/1801-cattive-notizie-mente?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+Educareit+%28Educare.it%29 ).

Quello che la TV fa è preparare per tempo i nostri bambini a queesti stessi meccanismi, facendoli diventare alla svelta consumatori di tutto, che presto si infatuano di ogni novità e altrettanto presto se ne stancano, cercando nuove fonti di divertimento e soddisfazione e pensando di trovarle in altre novità: un giocattolo plasticoso e luccicante, uno smalto glitterato per bambine "alla moda", un dolcetto pieno di coloranti, additivi, zuccheri sintetici e aromi artificiali.

Ma allora: non si può fare proprio niente per "salvare" e "salvarci" dalla nostra beneamata televisione? Certo che sì!

La prima cosa che mi viene da suggerire è: tenerla spenta il più possibile. Non solo per ridurre il tempo che i nostri piccoli ci passano di fronte, ma anche per toglierle quell'aura di potere che le è stata silentemente donata dalla nostra affezionata e quotidiana devozione (gli antichi romani dedicavano un altare alle urne e alle statue degli avi, noi abbiamo inventato i "mobili TV", moderni altari al centro delle nostre case).

Il secondo consiglio è: scegliere con attenzione cosa guardare e cosa far guardare ai nostri bambini. Esistono davvero programmi interessanti che vale la pena di vedere insieme ai nostri bambini: i documentari, ad esempio. Oppure alcuni cartoni (ma solo dopo i tre anni) che veicolano messaggi educativamente interessanti e soprattutto utili: ad esempio "L'albero azzurro", "Bear nella grande casa blu", "La Melevisione", i "Barbapapà".

La terza indicazione è: fare della televisione uno strumento, nè più nè meno come altri. Vale a dire: non perderne il controllo. Così come scelgo un libro da leggere o un gioco da fare, scelgo un programma da guardare e se non mi piace posso anche spegnere lo schermo (non succede niente, ve lo assicuro!).

Quarta idea: ricordare che la televisione non serve ai bambini. È la televisione ad avere "bisogno" di noi e dei nostri piccoli. Non regaliamole ciò che di più prezioso abbiamo: il nostro tempo, la fantasia, le mani sporche di farina e di colla, le bolle di sapone, la carta strappata e finita ovunque, le toppe sulle ginocchia e gli stivali sporchi di fango fino in cima. Non lasciamo che le parole di altri riempiano la mente e il cuore dei nostri bambini: hanno bisogno delle nostre parole, delle nostre filastrocche, delle nostre canzoni stonate.

Quinta proposta: non lasciamo i bambini da soli davanti alla televisione! Se la guardiamo insieme a loro e ne facciamo occasione per parlare, fare domande, pensare insieme... la nobilitiamo moltissimo!

E, infine, non facciamoci prendere da inutili sensi di colpa se finora abbiamo concesso alla televisione più di quel che si merita: non è mai troppo tardi per cambiare le nostre abitudini e per decidere di fare scelte diverse. La consapevolezza serve a questo: a restituirci la possibilità di scegliere, a scuoterci dal torpore dell'anima dentro cui cadiamo perchè troppo presi da troppe cose.

È nostro diritto essere presenti a noi stessi, anche se costa molta fatica e, a volte, non ce la si fa. Ma i fallimenti non ci dicono chi siamo: sono i nostri desideri e i nostri comportamenti a dirci chi vogliamo essere e diventare!

 

immagine tratta da theparentreport.it

Amare il silenzio

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:12
della Dott.ssa Gabriella Falcicchio, articolo tratto da "Azione nonviolenta", marzo 2012, anno 49 n.579 "Entriamo in un luogo dell'educazione, chiudiamo gli occhi e prestiamo l'orecchio a cosa si percepisce. Scopriamo ben presto che la maestra della scuola dell'infanzia per farsi sentire da tutti i piccoli (da 20 a 28, in media) alza molto il tono della voce. Che alle primarie e alle medie, urla, quando c'è troppo caos, quando qualcosa è sfuggito al controllo. I bambini e i ragazzi stessi, all'uscita dalla scuola, corrono urlando (liberatoriamente?). Quando i toni sono meno forti, si parla. I bambini parlano in continuazione, quando non devono ascoltare chi li istruisce. Gli adolescenti parlottano, chiacchierano, bisbigliano, ridacchiano. Nelle palestre, troppo grandi e vuote, il livello di rumore è insopportabile. Poi ci sono le aule degli edifici scolastici – l'edilizia peggiore, si sa – rettangolari o quadrate, troppo fredde o troppo calde, troppo grandi o troppo piccole, a volte di cemento, a volte di cartongesso, ma sempre, inspiegabilmente, rimbombanti. I banchi che si spostano fanno rumore, un libro che cade fa rumore. Non è solo un suono, è un suono fastidioso, come fragorose possono diventare le voci dei ragazzi alla ricreazione, quelli costretti dalla circolare di turno a stare in aula, seduti sui banchi a sgranocchiare crackers, o costretti, in una scuola che funziona al contrario, a stare all'esterno, nell'atrio che si riempie di decine, centinaia di ragazzi vocianti, finalmente liberi di raccontarsi le loro cose. Il rumore poi prende i tratti dell'eccesso visivo, andando a ritroso, verso i più piccoli. I nidi, le ludoteche, i centri gioco abbagliano con i mille colori, non c'è un tavolo, una sedia uguale a un'altra e i colori pastello hanno ceduto il posto ai colori forti. Un altro tipo di rumore. Non trovi una parete bianca nemmeno a pagare. Non trovi una parete libera, perché ogni angolo è occupato da foto, disegni, schede, mobili, porta penne, giocattoli: la vetrina della classe, i trofei dei frugoletti. Senza nulla togliere al valore della parola, all'allegria scomposta dei ragazzi, alla gioia sorridente dei piccoli, a me sembra che manchi qualcosa di importante: il silenzio. In tante sue forme. Quando c'è, di solito ci si preoccupa, e a ragione. Se mia figlia sta giocando nella sua stanzetta e non ne sento alcun suono, mi preoccupo: o è successo qualcosa o ne ha combinata una. E se c'è troppo silenzio a scuola, si comincia a percepire un'atmosfera da convento o da caserma. Ma non è questo il silenzio di cui manca la presenza. Maria Montessori ne aveva ben compreso il senso e Aldo Capitini dedica al silenzio le pagine conclusive di Educazione aperta. Per non parlare delle tradizioni orientali sulla meditazione e della pratica mistica ad ogni latitudine.Il silenzio è riposo della mente, spazio di gestazione del pensiero, terreno di coltivazione del desiderio che non si impossessa, attesa del lavorio intimo della persuasione, scoperta di percezioni nascoste, provenienti da dentro e da fuori, liberazione di canali dell'essere occlusi dal rumore della vita attiva. Non è solo l'ascolto intimato dal leader (fate silenzio!), è spazio cavo, generativo, apertura a dimensioni non evocabili dalla parola (che è l'attivatore neocorticale per eccellenza), è lentezza, immobilità, trascendenza. È povertà dell'essere che si spoglia. Ecco, la povertà dell'essere chiede anche la povertà esteriore, la liberante rinuncia agli orpelli (nell'epoca dell'accessorio!), per ritrovare la bellezza anche dei sensi. Sappiamo che quando c'è rumore, non si sente il sapore e l'odore. Allo stesso modo abbiamo bisogno di ritrovare tutti i colori, proprio tutti, dell'esistenza. E tutti i suoni, anche il silenzio. Allora sarebbe bello se nelle scuole, anche dei più piccoli, si lasciassero spazi di parete bianchi, non affollati di cromatismi rumorosi, e che si creassero spazi per ogni tonalità interiore, anche quelle grigie, blu, nere. I bambini hanno bisogno dei loro "angolini" dove attraversare la tristezza, la rabbia, il dolore, il lutto, nel loro silenzio nudo, senza essere disturbati dall'obbligo di tornare felici il prima possibile o dire cosa gli è preso. E ci sarebbe bisogno di tempi senza rumori, da respirare con gli occhi chiusi, fermi, perché dalle nostre scuole sembra che i bambini siano (leggi: debbano essere) sempre allegri e senza ombre, attivi e pronti a ballare appena si accende lo stereo (di brutta musica per bambini), tagliare, incollare, colorare, scrivere, leggere, recitare, rispondere alle domande, raccontarsi a tutti i costi anche quando vorrebbero stare zitti. Dove sono questi spazi e questi tempi silenziosi? Lasciamoli aperti, liberiamoli; scopriremo che la crescita avviene soprattutto allora."

Tutti a pancia sotto

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:08

Sfatiamo il primo mito, ogni generazione ne ha molti, per cultura popolare o per gli sviluppi della ricerca scientifica che danno consigli a riguardo...
Da tenere sempre presente che quanto diciamo qui è un'indicazione a livello generale, non per forza adattabile a tutti i bimbi, per dubbi a riguardo chiedete sempre o rivolgetevi a specialisti vicini a voi, pediatra o neuropsicomotricisti o terapisti che possano vedere e conoscere voi ed il vostro bimbo/a.

Da linee guida dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la posizione per dormire in bimbi tra 0 e 6 mesi è a pancia in su. Verissimo, è un'indicazione fondamentale per neomamme e neopapà! 
Ma questo non deve farci dimenticare che da svegli, è tutto un altro mondo! giochiamo e guardiamoci in faccia stando sul fianco, in braccio a pancia in su o a pancia in giù...
La variabilità posturale è importante per le prime esperienze di sè e del proprio corpo!! 
Nei primi 3 mesi si tratta soprattutto di esperienze a contatto con la mamma...sfruttando momenti di coccola come il bagnetto o il cambio, o il momento della crema per girarli, giocando e coccolandosi allo stesso tempo.
LA POSIZIONE PRONA non a tutti piace, ma piacerà sempre di più, più saranno abili a mantenerla da sè..e per questo ci sono piccole accortezze come magari le prime volte che regge il capo da solo, usare un rullino sotto le ascelle ;)
Ma provate un pò, così: già da piccolissimi i bimbi possono ricevere le prime coccole stando pancia a pancia con la mamma magari semisdraiata sul divano (non completamente orizzontali, gli chiederemmo troppo, il piccolo infatti inizia a sollevare la testa per guardarvi verso il terzo mese), cantando una canzoncina o cullandolo o guardandovi.
A poco a poco il vostro bimbo riuscirà ad alzare la testina per guardarsi attorno, poi saprà reggersi sugli avambracci, poi le mani, poi ancora afferrare un oggetto reggendosi su una mano sola...
ma ora freniamo, questo avviene nel giro di mesi!! 
Iniziate a guardarlo ora per come è e vedrete che da solo vi farà vedere ciò che sa...

Buoni giochi!

Laura Caronni, terapista della neuro psico motricità dell'età evolutiva

Apine sul lettino... in pensione!

Mercoledì, 26 Marzo 2014 20:05

Care mamme, avrete visto un sacco di giocattoli simpatici e carini, sugli scaffali per bimbi o tramandati dalla tradizione popolare; non tutti però stando agli ultimi studi, sono utili per i nostri cuccioli.
Tra questi troviamo le classiche Apine, che volano in cerchio su molti lettini.
Tra gli 0-3 mesi una delle cose più importanti per il bimbo, è quella di sentire mamma e papà, come contatto, come scambio di sorrisi e facce buffe, come 'chiacchierata' di suoni incomprensibli. Le nostre apine ed i nostri giochi meccanici, sono ripetitivi e soprattutto non cambiano in nessun modo di fronte ai diversi comportamenti del piccolo, non gli rispondono, come una sorta di 'tv per piccoli'...

Quindi, a mio parere, care apine sarebbe ora di andare in pensione!

dott.ssa Laura Caronni, Neuropsicomotricista

Sara

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Cecilia

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