Senza paura, crescere in una società avversa al rischio: il libro di Tim Gill

Lo diciamo sempre e lo ribadiremo all’infinito: i bambini devono passare il maggior tempo possibile all’aria aperta e in libertà, sperimentando il gioco libero e di ruolo. Non solo per la vitamina D che li rende forti, ma anche e soprattutto per la loro natura e per il loro bisogno innato di esplorare, divertirsi e imparare senza limiti di spazio.

Oggigiorno i bambini sono però sempre più chiusi tra quattro mura: a casa, a scuola, durante le attività extrascolastiche che tolgono tempo alla libertà e al gioco. Tuttavia c’è un modo semplicissimo per invertire questa tendenza: basta ripensare alla nostra infanzia e ripercorrere i ricordi passati capendo nel profondo che i momenti migliori e memorabili sono quelli passati all’aria aperta.

Senza paura, crescere in una società avversa al rischio : il libro di Tim Gill apre gli occhi sul passato per invertire la rotta del futuro del gioco all’aria aperta

Il libro a cui facciamo riferimento nel titolo è “No fear - Growing up in a risk averse society”. Tim Gill l’ha scritto nel 2007: il nuovo millennio porta a fare queste considerazioni sulle tendenze del gioco dei bambini. Le cose sono infatti cambiate moltissimo rispetto al secolo scorso, e sembrano sempre più precipitare. 

Basta pensare che noi genitori siamo cresciuti negli anni Settanta e Ottanta: un periodo non così lontano, eppure completamente differente dal punto di vista ludico ed educativo. Oggi i bambini sono sempre più impegnati, non hanno momenti abbastanza lunghi per essere liberi di fare ciò che gli pare e di giocare senza regole.

L’esercizio che Tim Gill chiede di fare è quello di ricordare i momenti migliori della propria infanzia. Provateci: il risultato differirà di poco, e la tendenza comune sarà quella di ricordare momenti molto simili tra loro. Quali? Le giornate passate all’aperto, i giochi avventurosi e soprattutto i momenti passati senza la supervisione degli adulti, e cioè quei giochi inventati con i propri amici e portati avanti senza gli occhi dei genitori sempre puntati addosso.

Viene quindi spontaneo pensare alle giornate dei nostri bambini: non è colpa nostra, è un po’ la società che detta regole non scritte, ma se ci fate caso vi accorgerete che i bambini tra casa, scuola, sport e corsi non hanno molto tempo per il gioco libero. E soprattutto non ce l’hanno per quello all’aperto.

Cosa ancora più pesante è poi la supervisione dei grandi: siamo ormai abituati a pensare che lasciare liberi i bambini sia pericoloso e mortale. Certo che è pericoloso, ma prima di tutto senza il pericolo i bambini non imparano il rischio e, non ultimo, quando supervisionati e controllati non esprimono loro stessi, non sperimentano l’indipendenza e rischiano di crescere con molti, moltissimi limiti.

Il pensiero di Tim Gill si rivolge poi agli aspetti più profondi: se la società ha effettivamente mutato il tempo che i bambini passano all’aria aperta ciò che non è cambiato e che non cambierà mai è il loro bisogno naturale di passare il tempo fuori. Questo desiderio innato è dato da sue semplici motivi: per i bambini stare all’aria aperta significa sperimentare la loro autonomia e al contempo nutrire la loro curiosità e il loro bisogno di sapere

Noi genitori degli anni Duemila siamo troppo abituati ad adottare il metodo zero-rischi. Avvolgiamo i bimbi nel cotone per non fargli male, li riempiamo metaforicamente di pluriball per proteggerli. Ma proteggerli dal rischio ha i suoi rischi! A volte la troppa protezione li mette davvero in serio pericolo.

Più gli anni passano e più ai bambini viene negata la possibilità di avere libertà lontano dalla famiglia, e il risultato è l’abbassamento di indipendenza e di autonomia, di problem solving e di crescita armonica. La supervisione, insomma, li sta soffocando.

Ciò di cui ci sarebbe bisogno è un po’ di “sano trascurare”. Non significa lasciare i bimbi a loro stessi ignorando i loro bisogni, ma al contrario rispondere al loro bisogno naturale di indipendenza, di libertà, di gioco libero e di esperienza diretta dei pericoli.

In questo modo la libertà sarà a doppio senso: noi genitori ci libereremmo finalmente dell’oppressione data da una società che ci vuole totali supervisori, dittatori e agenti di polizia della vita dei figli; dall’oppressione di dover essere sempre perfetti, insomma. Dall’altro i bambini farebbero davvero esperienza della libertà, dell’autonomia e della vita vera.

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Sara

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Cecilia

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