Il titolo sembra forse una frase surrealista: come si può proteggere la pelle dei bambini dagli arrossamenti e dalla dermatite con dei vestitini? Certo, solitamente vi parliamo di creme naturali e di rimedi delicati che possono alleviare questi fastidiosi sintomi che indicano problemi della cute. Ma stavolta non possiamo non parlarvi di Cora Happywear!

Perché la pelle dei bambini non si protegge solo con le creme, ma soprattutto con i tessuti che scegliamo per coprire la loro cute. Preveniamo, insomma, e non curiamo e basta quando il danno è già stato fatto!

Proteggere la pelle dei bambini con dei vestitini bellissimi: con i tessuti di Cora Happywear preveniamo dermatiti e arrossamenti della pelle dei nostri figli

Esistono vestitini che siano davvero carini e indossabili e che siano veramente naturali? Spesso scendiamo a compromessi, e scegliamo abiti per i bimbi o super basic (di solito è questa la linea che seguono le aziende che utilizzano materiali super naturali) oppure bellissimi ma davvero poco ecologici e poco naturali.

Ma stavolta non dovremo scendere a compromessi, perché abbiamo scoperto un marchio che racchiude in sé tutto ciò che amiamo: la naturalezza dei materiali e l’amore per l’estetica (già, siamo mamme che amano la moda e mica ce ne vergogniamo!).

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Cora Happywear, start up italiana che arriva dall’Alto Adige (che è sempre una certezza in fatto di qualità e sostenibilità!) è tutto questo. I capi di questa azienda sono prima di tutto bellissimi, colorati, casual e più eleganti. E, importantissimo, sono anallergici, perché prodotti con fibra d’eucalipto.

La fibra di eucalipto viene estratta attraverso un processo super sostenibile che permette di ottenere un filo da tessere per realizzare gli abiti e gli indumenti intimi perfetti per i nostri bambini. L’eucalipto, infatti, come il bambù cresce molto rapidamente (e non si rischia quindi la deforestazione) e non richiede l’utilizzo di pesticidi, insetticidi, erbicidi o fertilizzanti, mantenendo quindi tutta la sua naturalezza (qui trovate tutte le informazioni)

Questa fibra biodegradabile viene utilizzata per confezionare gli indumenti di Cora Happywear, morbidi, comodi e davvero carinissimi (con colori ispirati alla natura), che sono allo stesso tempo super sicuri. Ecco perché la consigliamo in caso di bimbi che soffrono di dermatite (da pannolino o atopica), di allergie o di pelle delicata in generale: gli arrossamenti spesso sono causati oppure peggiorati proprio da tessuti non naturali ed aggressivi (non solo dai detergenti e dai prodotti cosmetici che utilizziamo) e scegliere un tessuto come la fibra di eucalipto utilizzata da CORA è un gesto d’amore nei loro confronti. Soprattutto, è bene scegliere il loro intimo naturale, soprattutto nei primi anni di vita.

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La fibra di eucalipto, inoltre, ha una grande e importante capacità rispetto ad altri tessuti: i filati ottenuti hanno una potente capacità di regolazione termica e di assorbimento dell’umidità che permettono alla pelle di respirare e che limitano la crescita batterica. È quindi un tessuto veramente igienico che lascia traspirare naturalmente la cute, che è sempre avvolta da una sensazione di freschezza.

Ve lo assicuriamo: gli arrossamenti diminuiranno, la dermatite migliorerà, e soprattutto i bimbi sguazzeranno in vestiti che sono tanto belli quanto comodi, perché pensati apposta per loro, che corrono, giocano, vanno a scuola, si muovono e ballano!

E poi CORA ha un grande cuore: dal 2014, anno della fondazione dell’azienda, è impegnata con Plan Italia per un progetto di adozione a distanza a supporto dei bambini del Senegal e del Nepal a cui viene devoluto il 2% di ogni capo venduto. È Elisabeth Tocca, la fondatrice, a chiarire il motivo di questa lodevole scelta: “Con questo piccolo contributo vorremmo aiutare bambini meno fortunati e diventare la mamma più grande del mondo. L’idea nasce perché siamo mamme di bambini in una parte fortunata del mondo e vogliamo aiutare e sostenere i bambini che crescono in situazioni di disagio ad andare a scuola per acquisire, imparare, crescere e migliorare lo status quo nei loro paesi”.

Giulia Mandrino

Il mindful eating

Giovedì, 17 Maggio 2018 07:29

Cosa c’entrano tra loro la meditazione e il cibo? C’entrano moltissimo, quando a metterli in relazione è il mindful eating, una tecnica di meditazione che ci permette di mantenere maggiore controllo sulle nostre abitudini alimentari.

È utile soprattutto nel caso in cui abbiamo bisogno, in certi periodi più che in altri, di ritrovare armonia nella nostra alimentazione, non solo dal punto di vista del dimagrimento e del sovrappeso, ma anche in relazione al rapporto che abbiamo con il cibo. Capita a tutti, infatti, di vivere periodi nei quali l’abbuffarsi o il mangiare nervosamente sembrano inevitabili. Ma non è una necessità fisica: parte tutto dalla mente. Ed ecco che il mindful eating ci aiuta tanto a stare bene con noi stessi, mentalmente ed emozionalmente, quanto a sentirci bene fisicamente, grazie ad una alimentazione sana e bilanciata, ma soprattutto armonica.

Il mindful eating: come mettere in relazione meditazione e cibo per stare meglio con noi stessi, mentalmente e fisicamente

Il mindful eating si basa essenzialmente sulla pratica buddista della meditazione, sul mindfulness, che significa riprendere contatto con le nostre emozioni, le nostre sensazioni profonde e il nostro essere, fisico e mentale. Questa pratica molto dolce ma estremamente efficace ci aiuta non solo nei momenti di sconforto o quando abbiamo bisogno di risollevarci da periodi di depressione, ma può venirci in soccorso anche quando si tratta di disturbi dell’alimentazione o di comportamenti non positivi legati al cibo.

Attraverso l’ascolto del nostro corpo, delle nostre sensazioni e delle nostre emozioni, riusciremo così a riprendere il controllo del nostro rapporto con il cibo, sviluppando una forma di meditazione e di pensiero che ci aiuta a diventare più consapevoli delle esperienze che viviamo, ascoltando gli indizi che il nostro corpo ci manda e riconoscendo le emozioni che leghiamo al cibo.

In questo momento storico l’atto del “mangiare” è davvero molto diverso da come è stato per millenni. Non solo l’abbondanza di materie ci ha portati a non porre più la giusta attenzione sulla nostra alimentazione, ma è anche il “come” mangiamo a sfasarci. Mangiamo distrattamente, davanti al computer, senza pensare a cosa mangiamo ma solo al mangiare in sé (e nemmeno troppo). E poi mangiamo troppo in fretta (deleterio, perché non diamo il tempo allo stomaco e al cervello di comunicarci che siamo sazi, e in questo modo quando il segnale ci arriva abbiamo già mangiato troppo). Al contrario, poi, viviamo in un’epoca nella quale il corpo (ma solo a livello estetico) è molto centrale, e i disordini alimentari ne sono una conseguenza.

Insomma: la nostra fame non è più una fame reale, ma è più una voglia (o non voglia) di mangiare, un atto abitudinario, un qualcosa che ci è dovuto. E, soprattutto, è qualcosa che leghiamo allo stress (anche inconsciamente), ed è qualcosa di molto psicologico. Stare bene fisicamente significa stare bene mentalmente e viceversa, e un cattivo rapporto con il cibo porta a disordini mentali, così come lo stare male mentalmente ed emotivamente ci porta a sviluppare un errato e deleterio rapporto con il cibo.

Riprendendo però coscienza delle sensazioni riconosceremo finalmente la vera fame fisica, quella sana e benefica, distinguendo quella reale da quella dettata dall’abitudine (a volte sono semplicemente gli odori o la vista di certi cibi a scatenare la fame) o dall’emotività (quella che ci porta alle abbuffate). Spesso, infatti, sono semplicemente dei fattori esterni che ci portano a voler mangiare, dei trigger che scatenano in noi sensazioni di fame quando in realtà non ne avremmo bisogno. Insomma: il mindful eating ci libera dal nervosismo famelico per farci riconquistare una dimensione più naturale di questo atto vitale.

Non serve solo meditare e pensare, quando mangiamo, per raggiungere il mindful eating. Ci sono infatti gesti che ci aiutano, attraverso il fisico, a riflettere e a prendere coscienza di tutte queste sensazioni di cui parlavamo.

Ecco quindi come fare per cominciare a riprendere consapevolezza e sperimentare il mindful eating:

Mangiare lentamente, senza distrazioni (quindi non davanti alla tv o allo smartphone).

- Cercare di capire quando la fame che ci assale è un reale bisogno di nutrirci o solo una sensazione data da qualche fattore esterno che la scatena.

- Ascoltare le sensazioni fisiche della fame, per saperle riconoscere sempre (i crampetti, la sensazione di stomaco vuoto, il bisogno di energia).

- Mangiare solo fino a quando ci sentiamo sazi, e non per gola.

- Ascoltare le sensazioni di senso di colpa e di ansia che associamo al cibo, per riconoscerle e affrontarle.

- Entrare in una dimensione che ci permette di associare il “mangiare” con il “benessere”. Pensare quindi al cibo non come un nemico o un premio, ma come qualcosa che contribuisce al nostro stare in salute.

- Ascoltare il nostro corpo: come stiamo dopo una abbuffata? E come stiamo dopo un pasto come si deve?

- Godersi il cibo: apprezzarlo, annusarlo, assaporarlo davvero, guardarlo e notare ogni piccolo particolare.

Giulia Mandrino

Un parco divertimenti per rotolarsi nel fango!

Mercoledì, 16 Maggio 2018 13:28

Dell’importanza di fare giocare i bambini nel fango ne avevamo già parlato: per la sensorialità, per i germi benefici, per la creatività, per il contatto (importantissimo! Fondamentale!) con la natura…

E se vi dicessimo che in Australia sono mille anni luce avanti a noi? Che, non solo giocare nella natura per i bambini australiani è normale (con quelle sconfinate terre che li circondano sono fortunatissimi!), ma addirittura c’è chi organizza per loro eventi tutti dedicati al gioco nel fango?


Oggi parliamo del Mud World. Sperando che l’iniziativa si diffonda e che sorgano in giro per il mondo (anche qui da noi!) eventi di questo genere. Viva il fango!

Un parco divertimenti per rotolarsi nel fango: con Mud World i bambini australiani scoprono senza limiti la bellezza di giocare con il fango e nella natura

Mud World”. Un po’ come “Disney World”, insomma. Ma stavolta a divertire i bambini non ci pensano sofisticate montagne russe o ambienti sapientemente ricostruiti ad arte. No, basta semplicemente una vagonata di fango!

“Mud World” è un festival periodico che si tiene in differenti luoghi australiani durante l’anno. È organizzato da Nature Play Queensland, che si occupa di proporre alle famiglie e ai bambini la bellezza del gioco outdoor, che, come sappiamo, è fondamentale per una crescita armonica dei nostri figli.

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E cosa c’è più naturale e outdoor del fango? Immaginatevi quindi un parco divertimenti dedicato interamente a questo favoloso elemento della natura, così comune che spesso diamo per scontato senza pensare alle sue potenzialità. I bambini possono sporcarsi, scivolare, costruire, cucinare, giocare liberamente, tutti immersi nella terra bagnata, correndo e ridendo, divertendosi (finalmente!) in maniera più che genuina.

Nei luoghi dove viene organizzato il Mud World, i bambini e le famiglie trovano così le Muddy Monsterland (una zona piena di mostri da combattere dedicata ai bimbi dagli 0 ai 2 anni, una sorta di parco giochi del fango!), i Mud Slide (scivoli zuppi di fango, per divertimento assicurato), la Great Muddy Mountain Range (esatto: una MONTAGNA di fango da scalare), Mud Mania (un percorso scivoloso e avvincente, perfetto per stimolare la sensorialità con tutto il corpo) e il Village of Mud (il villaggio di fango con pozzanghere che è un po’ il centro del festival). Tutto, tutto, tutto è completamente immerso nel fango, e vedere i bambini sbizzarrirsi e giocare è quanto di più bello a cui possiamo assistere.

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Il Festival dura solitamente un paio di giorni, al termine dei quali viene organizzato il Muddy Wonderland Dance Party, una festa danzante di nuovo a base di fango. La sera, le famiglie possono così partecipare ad una serata a base di musica e ballo, con luci da discoteca perfette e super atmosferiche, divertendosi ancora una volta grazie al divertimento dato dal fango sotto i piedi.

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Ci di deve per forza lasciare andare, e anche questo è il bello del Festival del Fango: non solo lasciando che i bambini finalmente si sporchino senza regole e senza limiti, sperimentando tutta la loro fisicità e accrescendo il loro rapporto con la terra. Anche i genitori sono coinvolti, e una volta entrati nel mood siamo certi che anche loro torneranno bambini.

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(Tutte le foto sono tratte da Nature Play Queensland)

Giulia Mandrino

Dici SPA e pensi rilassamento.

Dici SPA e pensi benessere.

Dici SPA e pensi “giornata tutta per me”.

E se invece fosse una “giornata tutta per noi”? Se non dovessimo per forza lasciare i bambini con la baby sitter o con i nonni? Se il relax fosse qualcosa da condividere con tutta la famiglia?

Noi l’abbiamo scoperto da poco, dobbiamo ammetterlo. Ma ora è indubbio: anche se a volte è bello e giusto goderci una giornata tutta per noi, andare al centro benessere con i nostri bambini è un’esperienza meravigliosa, per coccolarsi e venire coccolati in un ambiente fantastico, fatto di divertimento e rilassamento allo stesso tempo!

Exit SPA, per godersi il relax con tutta la famiglia: con i Family Day godersi la SPA con i bambini è un’esperienza tutta da provare

La Exit SPA si trova a Saronno, in Lombardia. Domenica mattina (per festeggiare la festa della mamma!) siamo partiti presto e l’abbiamo raggiunta, non sapendo molto cosa aspettarci: per essere sinceri, non avevamo mai pensato di organizzare una giornata in centro benessere con i bambini. Anche quando in vacanza, approfittavamo sempre degli spazi baby nei quali i nostri bimbi potevano divertirsi mentre noi ci rilassavamo in sauna e bagno turco, oppure al massimo facevamo una capatina in piscina.

Ma leggendo “Wellness Family Day” ci siamo lasciati ingolosire. E per fortuna! La Exit Spa organizza infatti, nel corso dell’anno, delle giornate dedicate al relax e al benessere in famiglia, con percorsi dedicati e un gustoso brunch di metà giornata con un menù per gli adulti e un buffet dedicato ai bambini. Le prossime? L'8 luglio, il 2 settembre, il 28 ottobre e il 25 novembre.

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Di cosa si tratta? Di una domenica alternativa in famiglia, con marito e bambini (dai 3 anni) al seguito. Dalle 10 alle 14, durante queste giornate dedicate, il centro benessere di Saronno (che si trova in via Ungaretti 52) offre l’occasione di trascorrere la mattinata in un ambiente rilassato, ovattato, benefico. E sapete quanto siamo attente al family wellness!

È un’esperienza davvero bellissima: staccare dalla quotidianità con la propria famiglia fa davvero bene, ed è stupendo passare dalle vasche di acqua dolce e salata, dagli hammam, dalle sale per il riposo sensoriale e dagli spazi benessere tipici delle SPA coccolando i propri cari e lasciandosi coccolare. Il tutto attraverso un percorso pensato appositamente per la famiglia.

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Il centro Exit spa è davvero bellissimo: si sviluppa su cinquemila metri quadrati, ha dodici vasche, una grotta di sale (che è perfetta per i bambini, per le loro vie respiratorie e per rilassarsi a fondo!) e non manca nemmeno una vasca con la corrente, che è sempre divertentissima oltre che coccolante!

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Oltre a tutto questo, poi, nella Exit Spa sono presenti esperti del massaggio, corsi benessere ed esperienze estetiche che passano per la serenità della mente oltre che dal benessere del corpo.

E nei giorni d’estate, che si stanno avvicinando, il centro benessere apre gli oltre mille metri quadrati di area esterna: qui sono presenti lettini e ombrelloni, ma soprattutto due vasche idromassaggio esterne davvero rilassanti, per accoccolarsi al sole e in acqua e godersi il rilassamento più puro insieme ai nostri bimbi!

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Giulia Mandrino

L’aggressività non è mai fine a se stessa. Un bambino non è mai aggressivo solo perché “è fatto così”, e non utilizza l’aggressività senza motivo. L’aggressività è innanzitutto un modo di comunicare, ma è soprattutto un modo per far fronte ad una determinata situazione, un qualcosa che dà beneficio, in quel momento, al bambino.

Cosa significa? Significa che l’aggressività, per il bambino che la usa, è un modo sia per esprimere un sentimento sia per soddisfare una necessità. Questa necessità può essere un desiderio inconscio, una sensazione di autoprotezione o un bisogno di contatto e connessione, tra le miriadi di possibilità. In ogni caso, dobbiamo sempre tenere in mente una cosa prima di agire solo per fermare questa aggressività: c’è sempre un motivo di fondo, e soprattutto ci sono svariate esperienze (interne ed esterne) che possono avere portato a questa aggressività.

Vediamo quindi come possiamo provare a capirne i motivi e come tentare di trattare questa aggressività nella maniera più appropriata.

Bambini aggressivi, l’origine del comportamento e come trattarli: come riconoscere da dove arriva l'aggressività e come approcciarsi ai bambini per esprimere la propria emotività in maniera più costruttiva

Per comportamento aggressivo intendiamo tutte quelle azioni fisiche o verbali che il bambino mette in atto durante un momento particolare. I bimbi aggressivi discutono troppo animatamente, urlano, picchiano, mordono, e ogni età ha il suo grado di intensità. Soprattutto, ogni genitore sa riconoscere quando il proprio bambino è troppo aggressivo.

I bambini aggressivi, poi, sono esseri umani, e possiamo quindi trovare l’origine dell’aggressività proprio come se fossero adulti. L’aggressività è infatti un modo per fare fronte ad una situazione mettendo in atto un ruolo di protezione, verso se stessi o verso gli altri. Quando una persona si sente in qualche modo in pericolo o minacciata, solitamente, per istinto, agisce in uno di questi tre modi: lotta, scappa o si immobilizza.

È quindi un comportamento assolutamente naturale, che tuttavia quando eccessivo o quanto troppo frequente indica un trauma di fondo che suscita continuamente questa reazione. Questo trauma viene rivissuto in certe situazioni, che nel gergo psicoterapeutico si chiamano “trigger”, “innescatori”.

Possono essere traumi riconoscibili, come ad esempio una forte caduta dagli scalini (e quando i genitori notano le urla quando si tratta di arrampicarsi per gioco capiscono immediatamente che il bambino sta rivivendo la paura), oppure nascosti, più psicologici. In questo caso l’aggressività e la rabbia servono loro per proteggersi allo stesso modo.

Facciamoci caso: quando una situazione ci destabilizza particolarmente, tendiamo a rispondere male, a chiuderci, ad arrabbiarci. Magari non scoppiamo, ma è perché nel corso della nostra vita abbiamo imparato a gestire l’emozione. Che tuttavia compare e ricompare sempre. Pensate quindi ad un bambino che questa emozione la sta scoprendo solo ora e magari fatica a riconoscerla e a gestirla.

Detto questo, sappiamo che è difficile e che ci vuole molta, moltissima pazienza, ma spesso provare a contrastare questi comportamenti aggressivi del bambino con punizioni, sgridate o discorsi zeppi di “ti stai comportando male” (per non parlare del deleterio “Sei cattivo”) non dò alcun risultato, ma, anzi, peggiora la situazione. Perché dobbiamo sempre considerare l’aggressività come un modo per rispondere ad una necessità, ad una protezione e a qualcosa che riempie un vuoto (emotivo). Ecco perché il modo migliore per prendere i bambini in quei momenti è soprattutto la comprensione. L’ascolto.

Approfittiamo quindi dei momenti di aggressività. Lasciamo sbollire, ma poi, con calma, sediamoci insieme al bimbo e parliamo. Esprimiamo i nostri sentimenti, facciamo esempi di ciò che fa arrabbiare noi e mostriamo come noi affrontiamo queste situazioni, provando poi a lasciare che sia il bambino a parlare.

E poi osserviamo, molto bene. Solitamente i bambini cercano qualcosa con questa aggressività, e in qualche modo ad un certo punto si calmano. Cosa li fa calmare? L’attenzione profonda e attenta di un adulto (mamma, papà, insegnanti)? Uscire dalla classe (in questo caso forse è l’ambiente scolastico che li agita)? Una coccola? Il vincere?

Ogni bambino ha un suo modo di essere aggressivo ma soprattutto ogni bambino ha un comportamento che lo calma, un desiderio che nel momento in cui viene soddisfatto fa tornare l’armonia interna (l’avere attenzione, l’essere ascoltato, l’avere qualcuno che a lui ci tiene…).

Ovviamente, non dimentichiamo gli esempi: spesso i bambini imitano i genitori o gli adulti che stanno loro intorno perché ai loro occhi quello che vedono è il mondo, il comportamento “standard”. Di conseguenza una casa aggressiva e violenta non porterà che ad un bambino aggressivo e violento, e questo è scontato e non vorremmo nemmeno sottolinearlo, purtroppo.

In fin dei conti, ciò che dobbiamo fare, con pazienza, è capire le cause di questa aggressività. E pian piano ovviare alla mancanza che il bambino sente, parlare, esprimere le emozioni, trovare soluzioni alternative alla sensazione di paura che li prende. Come sempre il dialogo è fondamentale per arrivare alla radice del problema, ed è altrettanto fondamentale per cambiare il pattern, insieme, trovando armonia e trovando il giusto modo di affrontare le proprie emozioni.

Giulia Mandrino

Oltre alle consuete e amatissime Domeniche al Centro, il Centro Internazionale Loris Malaguzzi (sede del Reggio Children Approach ideato dall’omonimo pedagogista) organizza incontri, giornate e mostre sempre molto, molto interessanti.

Proprio come le due esposizioni che inaugureranno domani, sabato 12 maggio 2018, e che saranno visitabili poi fino a settembre 2018 e fino a maggio 2019.

Due nuove mostre al Centro Internazionale Loris Malaguzzi: “Un pensiero in festa” e “Il melograno di Ardakan” inaugurano domani a Reggio Emilia

Il Centro Internazionale Loris Malaguzzi, della Fondazione Reggio Children, si trova a Reggio Emilia, in viale Ramazzini 72/a. Proprio qui inaugureranno domani, sabato 12 maggio 2018, due mostre super interessanti che non ci perderemo assolutamente. La vernice è prevista per le 16.30, dopodiché, nei giorni successivi, le mostre saranno visibili negli orari di apertura del Centro, e cioè dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17 (entrambe ad ingresso libero).

La prima si intitola “Un pensiero in festa - Le metafore visive nei processi di apprendimento dei bambini”, ed è una mostra-atelier realizzata da Reggio Children e dalle Scuole e Nidi d’Infanzia del Reggio Approach in collaborazione con l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il bello di questa esposizione è che non si limita a mostrare qualcosa, ma propone una riflessione e degli strumenti utili poi per l’educazione dei nostri bambini.

Il tema, infatti, è quello dei processi mentali che i nostri figli mettono in atto durante la comprensione. Come producono le metafore visive che permettono loro di comprendere i concetti durante l’asilo nido e la scuola dell’infanzia i bambini? La metafora è infatti un elemento importantissimo nella loro crescita mentale, poiché rappresenta un vero e proprio organizzatore dello sviluppo intellettivo del bambino, che la utilizza come strumento per conoscere il mondo.

La mostra intende quindi esporre al pubblico come questa intuizione, questo pensiero creativo possa essere una “festa”, una intuizione in festa. L’esposizione, dopo l’inaugurazione, sarà visibile al centro fino a maggio 2019.

La seconda esposizione che inaugura domani si intitola “Il melograno di Ardakan” ed è realizzata da Reggio Children, dalle Scuole e Nidi d’Infanzia del Reggio Approach, da Fotografia Europea 2018 e CircuitOff. “La fotografia come linguaggio per dare voce ai bambini. Un progetto dall’Iran”: il sottotitolo è molto esplicativo e ci introduce subito nel tema della bellissima mostra, e cioè l’intenzione di mostrare come la fotografia possa essere un medium artistico per aiutare i bambini e i ragazzi a ridare vita alla loro città.

Le fotografie sono state scattate dai bambini coinvolti nel progetto “Photography: A Children Empowering Medium”, che andavano dagli 11 ai 17 anni, nella città di Ardakan in Iran. Tutte sono state realizzate con macchine fotografiche analogiche (ed è bello quindi anche mostrare ai bambini il sapore delle vecchie immagini sviluppate!). Attraverso i loro obiettivi i ragazzi hanno quindi mostrato la propria città e i propri quartieri, offrendo agli spettatori uno sguardo inedito e personale denso di significato.

Una mostra, questa, curata da Hamed Yaghmaeian e Reza Sheikh e che sarà visibile al Centro fino al prossimo 30 settembre.

Per informazioni: Reggiochildren.it

Giulia Mandrino

Nell’ultimo anno ho perso 22 kg: finalmente sono quasi al mio pesoforma. Dopo otto anni (e sottolineo OTTO anni) sono riuscita a farcela: per me è stato un traguardo enorme e dopo svariate diete, improbabili tentativi di fitness vario ed eventuale sono tornata ad avere il mio corpo. Perché è questo il punto: riprendere contatto con sé.

Fidatevi di me, non ci sono metodi miracolosi, non ci sono super diete che vi faranno tornare davvero in forma (o magari lo fanno per qualche mese, ma poi quei chili li riprenderete tutti, forse anche qualcuno in più). Non ci sono beveroni magici, non c’è fitness che tenga, e sopratutto non esistono polverine e integratori miracolosi. Inutile prendersi in giro, tornare in forma è difficile, richiede energie, tempo e tanta, tanta volontà.

Ma arriviamo al dunque. Due sono i punti principali su cui mi sento di porre l’attenzione:

1. Fai spazio per te stessa nella tua vita: prendersi cura di sé non è un piacere, ma un dovere. Richiede tempo, energia mentale e fisica, attenzione. Non sono i dieci minuti la sera dopo che hai messo i bimbi a nanna, non sono i cinque minuti la domenica in cui per tre settimane ti dedichi agli esercizi trovati sul sito internet consigliato dall’amica. Non è il beverone miracoloso. Sono più momenti durante la giornata in cui prendi contatto con te stessa e solo con te stessa (anche se a volte non ne hai voglia). Sono scelte che condividi con tuo marito/compagno/famiglia. Perché in quel momento lui o lei DEVE prendersi carico dei bambini e/o della casa per lasciare spazio a te. Elimina dalla tua vita ciò che non è necessario, le persone tossiche, i doveri dati da prassi ma in realtà inutili: tira fuori del sano egoismo e inizia a focalizzarti anche su di te. Senza questo step è inutile anche iniziare!

2. Conosci te stesso: siamo individui unici e irripetibili, sia a livello mentale che fisico. Lo diceva già Socrate, e sappiate che questo punto è irrinunciabile. Non esiste un percorso di dimagrimento che funziona per tutti, ma dei sentieri personalizzati che si adattano alla vita, alla mente e sopratutto al nostro corpo. Ho passato alcuni anni a effettuare diete che sulla carta erano sanissime, ma che non solo erano insostenibili a livello di tempo da dedicare alla cucina, ma che mi facevano gonfiare come un pallone. Per me la svolta è stata effettuare degli esami presso un centro specializzato che hanno fatto emergere come il mio problema sia il metabolismo degli zuccheri: il mio corpo ha molta difficoltà a gestire pasta, riso, pane, farine, zucchero bianco e di canna (e la maggior parte dei dolcificanti, anche naturali), patate, frutta etc… I medici e i nutrizionisti mi hanno stilato una lista con una serie di alimenti da evitare assolutamente (pasta e riso bianco, pane, grissini, zucchero bianco e di canna, banane, fichi, uva). Alimenti che posso mangiare senza esagerare e non dopo le 16 (riso integrale, quinoa, legumi, frutta…) e altri da mangiare anche la sera, come la verdura (ad accezione di patate), pesce, uova, carne bianca… Ma non è assolutamente detto che questo schema funzioni per voi, perché magari il vostro metabolismo degli zuccheri è perfetto, e il vostro principale problema consiste invece nell’assunzione di grassi: io non ho limitazioni sulle quantità di olio a crudo, la mia amica assolutamente sì. Dovete trovare la vostra via, e spesso farete tentativi che falliranno: non importa, fatene tesoro. Il mio consiglio è di effettuare esami che consentano di aiutarvi a tal fine, così da essere già indirizzati e perdere meno tempo.

3. Il cibo non può essere fonte di consolazione: passaggio fondamentale. Fin quando il mio cervello vedeva come unica consolazione il biscotto o il gelato o la caramella alle 10 di sera tutto il lavoro della giornata era buttato nel cestino. Dovete riscoprire qualcosa che vi appaghi e in cui rifugiarvi che possa rendervi pieni, così che non sentiate la necessità di cercare cibo: per me sono i libri. La sera metto i bimbi nel mio lettone, io leggo e loro si addormentano con me: la mia mente vaga in posti e avventure che mi distolgono dai piccoli-grandi problemi e mi fanno staccare completamente la spina. Purtroppo nella nostra cultura mangiamo se siamo felici, se siamo tristi, se siamo annoiati (io per prima lo facevo e a volte ci ricasco): sganciamoci da questo e facciamo in modo che i nostri figli non cadano in un tranello davvero pericoloso. Se siamo felici e vogliamo festeggiare facciamo un giro in bici, mettiamoci lo smalto, facciamoci una maschera, chiamiamo la nostra amica, compriamoci un paio di orecchini… Così con i nostri figli, non premiamoli con una caramella ma con un gioco da fare insieme, un’attività che loro amano particolarmente o ancora meglio con qualcosa che preveda movimento, così a livello psicologico assoceranno il movimento a qualcosa di bello, a un momento di gioia.

4. Stile di vita: lo stile di vita è un termine molto vasto che comprende principalmente abitudini alimentari e attività fisica-movimento. Partiamo dal presupposto che la sinergia dei due è fondamentale.

4.a: alimentazione: come detto prima, dovete trovare il vostro modo di mangiare, alimenti, piatti e tempi che si adattino al vostro corpo e alla vostra famiglia. Partite dal presupposto che spesso dovrete mangiare cose diverse dai vostri figli: all’inizio è abbastanza traumatico devo ammettere, ma vi abituerete prestissimo! Sopratutto quando vedrete i risultati sarà tutto molto più semplice.
La mia colazione è generalmente fatta di un uovo, un frutto, due gallette di riso integrale e un tè; oppure latte di soya con cannella e un frutto, oppure riso e latte con riso integrale, cannella e latte di soya e mandorla (senza zucchero), oppure yogurt e cereali senza zucchero, chia pudding con latte di mandorla o soya senza zucchero.
Il mio pranzo comprende cereali integrali generalmente senza glutine, legumi o pesce e verdura. A metà pomeriggio mangio della frutta se ho la possibilità di fare movimento altrimenti salto o mangio qualche seme di girasole o zucca.
La sera come anticipato in precedenza pesce, carne bianca, uova e verdura.
Una volta a settimana faccio una crostata o una torta che dolcifico con fruttosio: la mangio a colazione. Anche in questo caso dopo anni di ricerca e sperimentazione su di me gli unici dolcificanti che in piccole dosi non mi fanno cadere nella spirale degli zuccheri sono la stevia e il fruttosio (in minima parte).

4.b. movimento: il nostro corpo è fatto per fare movimento, ce l’abbiamo nel DNA anche se in questo momento vi sembra impossibile. Che sia uno sport o la camminata veloce dobbiamo assolutamente farlo: io ho scelto, per una serie di problemi fisici, la camminata veloce. Ogni giorno mi ritaglio 45 minuti per fare una camminata veloce con il mio cane: talvolta la mattina presto, a volte la sera, a volte la mattina. Insomma, appena posso cammino, ricercando assolutamente strade in salita (a volte le ripercorro 3-4 volte così da aumentare lo sforzo). Appena ci sono scale da fare le preferisco all’ascensore, così come cerco di non parcheggiare troppo vicino o di andare a piedi a fare una commissione (e i bambini ne sono davvero felici, loro usano monopattino o roller o la bici). Adesso che è iniziata la bella stagione aggiungo nel week end alla mia camminata giornaliera un giro in bici di 15 km con i bimbi.
Un mio grande alleato per controllare il movimento e sopratutto ricordami di muovermi ogni ora è l’orologio Fitbit (io ho Fitbit Versa): il mio obiettivo giornaliero è quello di raggiungere i 15.000 passi e di effettuare un minimo di passi ogni ora. Questo aspetto è fondamentale perché, tra i tanti benefici, consente di mantenere sotto controllo i livelli di zuccheri nel sangue, quindi di evitare le “voglie di zucchero”.

4.c. trucchetti:

- colazione: avete presente quella voglia di carboidrati che viene fuori alle 10 del mattino, poi alle 11,30, poi alle 14, poi alle 16… ecco, facendo una colazione proteica, inserendo una proteina in ogni pasto e muovendovi come indicato sopra potrete davvero venirne a capo alla grande. Qui potete trovare una lista di colazioni proteiche. Se proprio non riuscite a starci dietro, ma solo in questo caso, potete ultimare gli shaker proteici a base vegetale, se possibile non tutti i giorni.

- spuntini: è un po’ un falso mito quello che fare spuntini è una buona abitudine a prescindere. O meglio, ci sono di certo molte persone a cui fa benissimo e sopratutto sono in grado di fare un piccolo spuntino a metà mattina o a metà pomeriggio senza entrare nella spirale di “ho più fame ora di prima”: per questo torniamo sempre al punto due, ossia conosci te stesso. Se come me hai problemi a livello di metabolismo degli zuccheri un frutto alle 10 di mattina (se poi non hai la possibilità di muoverti e devi stare seduto alla scrivania) è una pessima idea, perché inizierà il circolo vizioso del bisogno di carboidrati. Piuttosto una proteina pura come un pezzo di pecorino o uno yogurt senza zucchero. Attenzione poi, e questo lo dico non solo per noi adulti ma anche per i bambini, allo “spiluccamento" perenne: bisogna sempre attendere almeno due ore tra un pasto e uno spuntino sia per far si che la nostra bocca (palato, denti, saliva, etc…) riescano a ritrovare il loro equilibrio, fondamentale per la prevenzione di carie, ma anche perché l’intestino e gli ormoni collegati ai processi digestivi non siano eccessivamente sollecitati.

- gli sgarri: gli sgarri ci devono assolutamente essere una volta a settimana, massimo due. I miei sgarri sono un aperitivo e una pizza o un pasto con amici in cui mi trangugio almeno due spritz in totale gioia. Il giorno successivo faccio colazione solo con una tazza di latte di soya e cannella e riduco un po’ la quantità di carboidrati a pranzo. Ci saranno sempre persone che vi chiederanno di unirvi a loro per un dolcetto o altro: la risposta è un categorico no, perché voi siete assolutamente in grado di essere felici, appagate, belle e sorridenti senza quel cavolo di dolcetto che vi porterà la sera ad avere un desiderio folle di carboidrati, rendendovi le ore successive davvero impegnative. Adoro però andare al bar: in questo caso bevo latte di soya con cannella (la cannella è un naturale regolatore di zuccheri), acqua frizzante e limone, tè (senza zucchero).

- i consigli della dottoressa Dawn Harper di Malattie Imbarazzanti Uk: chi mi segue su Instagram ha potuto vedere che lo scorso marzo ho avuto il piacere di intervistare la dottoressa Dawn Harper all’evento Fitbit in Costa Dorada. Come potete immaginare l’ho sommersa di domande alla quali ha risposto con incredibile competenza e gentilezza: mi ha sorpreso anche il grande senso pratico, perché prima di essere un medico di fama mondiale la dottoressa è mamma di tre figli, quindi sa benissimo lo stress a cui siamo sottoposte noi mamme. Ma arriviamo al dunque! Ecco i suoi suggerimenti:

Non mangiare in piedi: tutto quello che mangiamo in piedi è un extra e non ne abbiamo bisogno.
Prima di iniziare a mangiare mettere tutto il cibo che abbiamo intenzione di assumere nel piatto così da avere sott’occhio la quantità.
Se abbiamo ancora fame aspettiamo 15 minuti: nel 90% dei casi sentiremo di essere sazi.
Dopo l’assunzione di un biscotto (io vi suggerisco assolutamente senza zucchero) se sentiamo il desiderio di mangiarne un altro, aspettiamo dieci minuti e se possibile muoviamoci, anche solo facendo qualcosa in casa o in ufficio che però richieda appunto un movimento fisico. Anche in questo caso con molta probabilità trascorso questo lasso di tempo non avremo più fame.

Giulia Mandrino

“Giochi filosofici” con i bambini!

Venerdì, 11 Maggio 2018 07:51

“La filosofia è difficile”. “La filosofia è incomprensibile”. “Cavolo, troppo profonda la filosofia!”. Frasi che si sentono spesso riferite a questa materia affascinante, che già di per sé è considerata di difficile comprensione e che, di conseguenza, viene in pochissime occasioni proposta ai bambini.

Ma la filosofia non è semplicemente l’arte di interrogarsi sulle cose e pensare? E in questo senso i bambini non sono già dei finissimi filosofi?

Proprio così: la filosofia non è una materia così difficile come pensiamo, e soprattutto non è un argomento non adatto ai bambini. E noi lo sappiamo bene da quando abbiamo letto e sfruttato insieme ai nostri figli “Giochi filosofici” di Luca Mori, un libro della casa editrice Erickson che porta ai bimbi delle “sfide all’ultimo pensiero per bambini coraggiosi”!

“Giochi filosofici” con i bambini: i libri per cominciare a parlare di filosofia con i bambini, anche per scettici!

Fare filosofia con i bambini (e ve ne avevamo parlato anche qui) significa donargli uno strumento importantissimo e prezioso: la capacità di ragionare, di pensare e di parlare. Proprio come le capacità fisiche vanno allenate, infatti, anche il pensiero e la mente devono sempre essere stimolati, e cosa c’è di più stimolante a livello mentale della filosofia?

La filosofia da sempre si interroga sulle questioni più spinose, misteriose e curiose del nostro mondo. Cos’è l’uomo? Perché viviamo? Di cosa è fatto il nostro universo? Qual è l’origine di tutto? Queste sono solo alcune delle domande che i filosofi da sempre si pongono, e il libro “Giochi filosofici” di Luca Mori parte proprio da queste, proponendole ai bambini per accompagnarli nella riflessione sulla vita e sul mondo.

Questo libro è adatto ai bambini dagli 8 ai 10 anni, un’età davvero proficua quando si parla di ragionamento, perché il loro pensiero sta continuando a formarsi con alle spalle il bagaglio di conoscenze che si portano da quando sono piccoli e la prospettiva di una mente che è un libro ancora tutto da riempire! In questo periodo i bambini si fanno moltissime domande, e spesso si rispondono da soli, ed è quindi semplicemente uno spingerli verso qualcosa di innato che già possiedono.

Luca Mori propone giochi per pensare ai fenomeni naturali (non tanto nella loro composizione scientifica ma a livello più profondo), all’essere umano, ai ragionamenti, al linguaggio che utilizziamo… Il tutto parlando prima dell’importanza di questi ragionamenti e pensieri, che è utile sviluppare e stimolare sin dalla scuola elementare.

Ecco quindi quindi “problemi filosofici” ispirati alla storia di questa materia (e chi ne mastica riconoscerà tutti gli autori dai quali prendono ispirazione). Questi sono divisi in sezioni: la filosofia della natura, la filosofia dell’essere umano, la filosofia del linguaggio e il cambiare prospettiva.

Con Luca Mori che li guida, i bambini si trovano così a ragionare e a esercitare il loro pensiero deduttivo, potenziando le loro capacità intellettive, che potranno poi sfruttare nel corso della vita e nel loro percorso scolastico. Tutto naturalmente con la giusta leggerezza e il divertimento imprescindibile quando si tratta di libri per bambini!

Perché oltre a presentare i filosofi e a proporre le domande più profonde, il libro introduce ai paradossi più strani, bizzarri e curiosi della storia della filosofia, spiegandoli ma dando la possibilità ai bambini di ragionare con la propria testa (e proponendo, ad esempio, esperimenti scientifici o pratici per concretizzare un pensiero). E poi le domande che pone non sono solo iper profonde (“Cosa siamo? Qual è il nostro scopo?”), ma anche più leggere, proprio come quelle che i bambini si pongono ogni giorno (“Chissà chi sposerò?”, “Che lavoro farò da grande?”, “Chi ha inventato la scuola?”).

Sara Polotti

Le iniziative green ci mettono sempre di buonumore, e amiamo vedere come queste si susseguano sempre di più ci piace moltissimo, perché significa che la sensibilizzazione in materia ecologia sta dando i suoi frutti. E i suoi alberi!

Alberi, esatto. Perché per la festa della mamma Treedom ha pensato ad una iniziativa davvero unica, speciale e favolosa. Un regalo diverso, per fare felici le mamme ma anche il nostro bellissimo pianeta.

Festa della mamma, regaliamo un albero alla nostra Terra: con Treedom rendiamo il pianeta più verde anche in occasione della giornata dedicata alle nostre mamme

Treedom, a dispetto del nome inglese (gioco di parole fra “Tree”, albero, e “Freedom”, libertà), è una piattaforma web nata proprio in Italia, in particolare a Firenze. Dal 2010 Treedom vuole sensibilizzare i cittadini del mondo riguardo ad un tema importantissimo, la sostenibilità, sostenendo campagne per rendere sempre più verde il nostro pianeta.

Grazie al lavoro della piattaforma, in questi otto anni sono stati piantati nel mondo (in Africa, America Latina, Asia e Italia) più di 410.000 alberi, alberi che contribuiscono a contrastare la deforestazione e a infoltire sempre di più la Terra di vegetazione.

La community è formata da 100.000 persone che credono nella stessa mission. Attraverso le iniziative proposte da Treedom possono essere piantati gli alberi, coinvolgendo i contadini locali delle zone prescelte (oltre 24.000, fino ad oggi). Riforestare il pianeta ha quindi benefici non solo ecologici e ambientali, ma anche sociali ed economici!

In occasione della Festa della Mamma Treedom propone quindi un regalo alternativo davvero speciale: piantare un albero dedicato a lei in Kenya o in Camerun, donandolo proprio nel giorno dedicato a lei. Questo albero poi crescerà nel tempo, e potremo seguirlo per tutta la nostra vita!

Come regalare questo albero? Con un clic! Basta infatti visitare il sito internet di Treedom e pigiare il tasto “Pianta e regala!”. Questo magnifico e semplicissimo tasto ci permetterà di piantare “a distanza” il nostro albero, conoscendo il luogo esatto, vedendolo nel momento in cui viene piantato e ricevendo poi tutti gli aggiornamenti riguardanti il progetto agroforestale in cui l’albero è inserito.

Anche in questo caso l’albero della nostra mamma verrà piantato da contadini kenioti e camerunesi locali, che se ne prenderanno poi cura e potranno godere dei frutti della pianta. Una importante integrazione al loro reddito!

E quale albero possiamo scegliere? Proprio in occasione della Festa della Mamma Treedom ha realizzato tre alberi in edizione limitata: la pianta del Cacao (che verrà piantata in Camerun) e le piante di Arancio e Guava che troveranno il loro posto in Kenya.

Una volta scelto e piantato il nostro albero (e ce ne sono di vari prezzi, in modo da poter scegliere non solo la varietà ma anche quello che più si addice alle nostre tasche) la mamma riceverà via mail, oppure su Whatsapp o Messenger, il messaggio, oppure, in alternativa, riceverà di persona il biglietto personalizzabile che possiamo creare su Treedom per farle sapere quanto le vogliamo bene e per spiegarle il motivo del nostro regalo sostenibile, speciale e altruista. E poi possiamo affidare ad ogni albero un messaggio per chi riceverà questo nostro regalo!

Insomma: se non abbiamo idee, se siamo stufi dei soliti profumi o se sentiamo di voler portare ad un livello più alto i nostri regali, Treedom è davvero la soluzione. E siamo certe che se le mamme che riceveranno questo regalo sono attente all’ambiente quanto noi, il dono sarà davvero, davvero apprezzato!

Giulia Mandrino

“Non sono un esperto di genitorialità” e “a volte con i miei figli perdo le staffe. E per “a volte” intendo quasi tutti i giorni e due volte alla domenica”: già dall’introduzione si capisce la piega che prenderà questo libro, che acchiappa l’occhio per il titolo accattivante, che fa storcere il naso ma che alla fine si rivela davvero, davvero utile e illuminato.

Perché a scriverlo non è un esperto senza figli o un filosofo della genitorialità che fa sembrare l’essere mamma e papà tutto rose e fiori, ma un vero papà (di due gemelli, peraltro!), che ha vissuto tutte le situazioni nelle quali ci troviamo anche noi ogni giorno. E sa che è difficile. Ma sa anche che c’è un modo per affrontare ogni cosa, perdendo le staffe, certo, ma anche ridimensionando i drammi!

“Calmati, ca**o!”, un libro per rilassarsi ed educare con il sorriso: David Vienna e il suo libro “per genitori zen” che tutti dovremmo avere in libreria

S’intitola “Calmati, ca**o! - Metodo per genitori zen”. È edito da Macro ed è scritto da David Vienna, che forse conoscerete per il suo famoso blog, The Daddy Complex. David non è un esperto di genitorialità, come dicevamo, ma fonda il suo metodo sulla sua diretta esperienza di padre di due gemelli. E questo suo metodo si fonda su un acronimo: CTFD: “Calm the F**k Down”, ovvero, “Calmati, ca**o!”.

Cosa significa? Significa che non ha voluto lasciarsi frustrare da tutti i consigli sulla genitorialità che trovava in libri e blog, che trovava irreali e iper negativi (perché, diciamocelo, spesso ci fanno sentire non all’altezza o addirittura sbagliati nel nostro essere genitori: perché gli altri riescono a fare tutto con tranquillità e ad essere perfetti e noi abbiamo sempre la casa piena di urla, piatti sporchi e litigi?!). E ha così messo nero su bianco la sua esperienza, scrivendo consigli veri per genitori che vogliono vedere tutto in una prospettiva più reale e trovare comunque una propria dimensione.

Il tutto attraverso capitoli e paragrafi perfetti perché non sono astrusi o astratti, ma veri, basati su situazioni verosimilissime nelle quali ci troviamo tutti i giorni. E per ogni situazione oltre ad una spiegazione simpaticissima c’è il consiglio su come affrontarla in maniera zen. In che senso? Nel senso che basta staccarsi per un attimo dalla situazione, guardarla dall’esterno, rimetterla in prospettiva e capire che nulla è una tragedia. C’è una soluzione a tutto, ma soprattutto questa soluzione ci arriverà prima e meglio se affrontiamo le cose con un pochino di tranquillità in più!

Il bimbo non fa la cacca? Succede a tutti! State tranquilli, perché appena la farà ci sarà da pulire un mare marrone. E se dopo cinque giorni ancora sarà lì che spinge senza successo, allora è ora di andare dal pediatra (e anche in quel caso la soluzione arriverà, quindi tranquilli!).

Il bimbo ha ingoiato la polvere trovata a terra? Che schifo! Che paura! Ma alla fine le sue difese immunitarie aumenteranno…

E poi situazioni più profonde, più difficili da gestire, del tipo: “Mio figlio fa scenate quando non si fa a modo suo”. In questo caso David suggerisce di pensare sempre che nostro figlio non fa lo str..o di proposito, e che dobbiamo sempre avere la pazienza di insegnargli la gratitudine, l’empatia, la pazienza, la calma. Praticandole noi per primi.

Ma parla anche di noi genitori. Di noi genitori che ci troviamo annegare nella nostra stessa educazione. Perché se, ad esempio, il nostro è un approccio alla “attachment parenting”, allora prima o poi ci troveremo ad essere noi stessi bisognosi di attenzioni, contatto e affetto, e non dovremo sentirci in colpa. E se siamo “genitori elicottero”, quelli che stanno sempre attorno per pigliare i bimbi prima che si facciano male, dobbiamo capire che non è un male lasciare che i nostri bimbi ogni tanto cadano.

E se non ci sentiamo subito subito genitori? In questo caso, stacchiamoci di nuovo da tutto ciò che sentiamo in giro. Perché ciò che sentiamo in giro ci fa sempre sentire in difetto. Ogni situazione è diversa, ogni famiglia ha i suoi ritmi. E ogni mamma e ogni papà ha i suoi ritmi. Una volta che le giornate rallenteranno e la vita si adatterà ai nuovi tempi, allora avremo il tempo di godere della sensazione di “essere genitori”.

Insomma, “Calmati, ca**o!” è un compendio speciale, perfetto per rilassare i nervi, ma soprattutto ideale per sentirci finalmente bene con noi stessi, per non sentirci in difetto, per ridimensionare le situazioni e per prendere tutto con la giusta dose di preoccupazione e di tranquillità.

David Vienna lo sa: non c’è una ricetta giusta per essere genitori. Dobbiamo prendere gli ingredienti delle nostre vite e sfornare la nostra torta educativa. Senza pressioni, con tanto amore, rilassandoci per poter dare ai nostri figli quello di cui hanno realmente bisogno. Che non è ciò che gli altri dicono, ma ciò che noi sappiamo!

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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