Bambini aggressivi, l’origine del comportamento e come trattarli

L’aggressività non è mai fine a se stessa. Un bambino non è mai aggressivo solo perché “è fatto così”, e non utilizza l’aggressività senza motivo. L’aggressività è innanzitutto un modo di comunicare, ma è soprattutto un modo per far fronte ad una determinata situazione, un qualcosa che dà beneficio, in quel momento, al bambino.

Cosa significa? Significa che l’aggressività, per il bambino che la usa, è un modo sia per esprimere un sentimento sia per soddisfare una necessità. Questa necessità può essere un desiderio inconscio, una sensazione di autoprotezione o un bisogno di contatto e connessione, tra le miriadi di possibilità. In ogni caso, dobbiamo sempre tenere in mente una cosa prima di agire solo per fermare questa aggressività: c’è sempre un motivo di fondo, e soprattutto ci sono svariate esperienze (interne ed esterne) che possono avere portato a questa aggressività.

Vediamo quindi come possiamo provare a capirne i motivi e come tentare di trattare questa aggressività nella maniera più appropriata.

Bambini aggressivi, l’origine del comportamento e come trattarli: come riconoscere da dove arriva l'aggressività e come approcciarsi ai bambini per esprimere la propria emotività in maniera più costruttiva

Per comportamento aggressivo intendiamo tutte quelle azioni fisiche o verbali che il bambino mette in atto durante un momento particolare. I bimbi aggressivi discutono troppo animatamente, urlano, picchiano, mordono, e ogni età ha il suo grado di intensità. Soprattutto, ogni genitore sa riconoscere quando il proprio bambino è troppo aggressivo.

I bambini aggressivi, poi, sono esseri umani, e possiamo quindi trovare l’origine dell’aggressività proprio come se fossero adulti. L’aggressività è infatti un modo per fare fronte ad una situazione mettendo in atto un ruolo di protezione, verso se stessi o verso gli altri. Quando una persona si sente in qualche modo in pericolo o minacciata, solitamente, per istinto, agisce in uno di questi tre modi: lotta, scappa o si immobilizza.

È quindi un comportamento assolutamente naturale, che tuttavia quando eccessivo o quanto troppo frequente indica un trauma di fondo che suscita continuamente questa reazione. Questo trauma viene rivissuto in certe situazioni, che nel gergo psicoterapeutico si chiamano “trigger”, “innescatori”.

Possono essere traumi riconoscibili, come ad esempio una forte caduta dagli scalini (e quando i genitori notano le urla quando si tratta di arrampicarsi per gioco capiscono immediatamente che il bambino sta rivivendo la paura), oppure nascosti, più psicologici. In questo caso l’aggressività e la rabbia servono loro per proteggersi allo stesso modo.

Facciamoci caso: quando una situazione ci destabilizza particolarmente, tendiamo a rispondere male, a chiuderci, ad arrabbiarci. Magari non scoppiamo, ma è perché nel corso della nostra vita abbiamo imparato a gestire l’emozione. Che tuttavia compare e ricompare sempre. Pensate quindi ad un bambino che questa emozione la sta scoprendo solo ora e magari fatica a riconoscerla e a gestirla.

Detto questo, sappiamo che è difficile e che ci vuole molta, moltissima pazienza, ma spesso provare a contrastare questi comportamenti aggressivi del bambino con punizioni, sgridate o discorsi zeppi di “ti stai comportando male” (per non parlare del deleterio “Sei cattivo”) non dò alcun risultato, ma, anzi, peggiora la situazione. Perché dobbiamo sempre considerare l’aggressività come un modo per rispondere ad una necessità, ad una protezione e a qualcosa che riempie un vuoto (emotivo). Ecco perché il modo migliore per prendere i bambini in quei momenti è soprattutto la comprensione. L’ascolto.

Approfittiamo quindi dei momenti di aggressività. Lasciamo sbollire, ma poi, con calma, sediamoci insieme al bimbo e parliamo. Esprimiamo i nostri sentimenti, facciamo esempi di ciò che fa arrabbiare noi e mostriamo come noi affrontiamo queste situazioni, provando poi a lasciare che sia il bambino a parlare.

E poi osserviamo, molto bene. Solitamente i bambini cercano qualcosa con questa aggressività, e in qualche modo ad un certo punto si calmano. Cosa li fa calmare? L’attenzione profonda e attenta di un adulto (mamma, papà, insegnanti)? Uscire dalla classe (in questo caso forse è l’ambiente scolastico che li agita)? Una coccola? Il vincere?

Ogni bambino ha un suo modo di essere aggressivo ma soprattutto ogni bambino ha un comportamento che lo calma, un desiderio che nel momento in cui viene soddisfatto fa tornare l’armonia interna (l’avere attenzione, l’essere ascoltato, l’avere qualcuno che a lui ci tiene…).

Ovviamente, non dimentichiamo gli esempi: spesso i bambini imitano i genitori o gli adulti che stanno loro intorno perché ai loro occhi quello che vedono è il mondo, il comportamento “standard”. Di conseguenza una casa aggressiva e violenta non porterà che ad un bambino aggressivo e violento, e questo è scontato e non vorremmo nemmeno sottolinearlo, purtroppo.

In fin dei conti, ciò che dobbiamo fare, con pazienza, è capire le cause di questa aggressività. E pian piano ovviare alla mancanza che il bambino sente, parlare, esprimere le emozioni, trovare soluzioni alternative alla sensazione di paura che li prende. Come sempre il dialogo è fondamentale per arrivare alla radice del problema, ed è altrettanto fondamentale per cambiare il pattern, insieme, trovando armonia e trovando il giusto modo di affrontare le proprie emozioni.

Giulia Mandrino

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