A cosa servono gli ormoni? A tantissime funzioni del nostro corpo: ci danno energia, ci fanno stare bene emotivamente, regolano il nostro ciclo, ci donano una bella pelle… Gli ormoni (dall’insulina agli estrogeni) vengono prodotti da vari organi (la tiroide, le ghiandole surrenali, l’ipofisi, le ovaie, i testicoli e il pancreas) e viaggiano attraverso il nostro sangue e sono fondamentali per il benessere. Ecco perché nel momento in cui viviamo uno squilibrio ormonale cominciamo a stare male fisicamente e mentalmente.

Il ginecologo e l’endocrinologo sono i professionisti ai quali dobbiamo fare riferimento nel momento in cui vogliamo controllare i nostri ormoni. Tuttavia possiamo cominciare a riequilibrarci già modificando il nostro stile di vita, che influenza moltissimo l’equilibrio dei nostri ormoni.

Come riequilibrare gli ormoni femminili in maniera naturale: cambiando il nostro stile di vita possiamo aiutare il nostro corpo a raggiungere un equilibrio ormonale ottimale

Al primo posto tra le cause dello squilibrio ormonale sta certamente lo stress. Un’eccessiva secrezione di cortisolo da parte dell’ipofisi non può che portare squilibri ormonali e questi squilibri ormonali portano al malessere: sentiamo di non avere energia, il nostro umore è altalenante (quando non costantemente nero), il ciclo si sballa, la pelle si spegne…

E questi sintomi sono il campanello per altre malattie e squilibri che lo sbilanciamento degli ormoni può causare: la depressione, l’aumento di peso, l’infertilità, l’abbassamento del desiderio sessuale, la stanchezza cronica, l’insonnia, il diabete, la perdita dei capelli…

Il primo passo per riequilibrare gli ormoni femminili, dunque, è rallentare: rallentiamo i ritmi, rilassiamoci, prendiamoci tempo per fare sport (come, ad esempio, la camminata veloce per tre giorni a settimana), andiamo a letto ad orari decenti (mai dopo le 22.30-23). Ecco il primo passo per stare bene.

Lo sport, dicevamo. E in effetti è una delle azioni che più influenzano gli ormoni: fare esercizio fisico in maniera costante regola il metabolismo e riduce lo stress, rafforzando il sistema immunitario e stimolando le endorfine. Cerchiamo, dunque, di dedicarci a questa attività (quella che preferiamo, dalla camminata al pilates, dalla danza al nuoto), con la consapevolezza che è una medicina piacevolissima per il nostro corpo e il nostro equilibrio.

Dopodiché possiamo concederci qualche bella giornata di sole. Spesso uno squilibrio ormonale è dovuto ad una carenza di vitamina D, la vitamina del sole, e in effetti depressione e umore altalenante sono più frequenti in inverno, se ci pensiamo. Ogni giorno dovremmo cercare di esporci ai raggi del sole dai 15 ai 30 minuti, scoprendo braccia e gambe. E se ciò non è possibile, possiamo affidarci a dei buoni integratori o all’olio di fegato di merluzzo.

Anche l’alimentazione ha un ruolo importante nel processo di riequilibrio degli ormoni femminili. Consumiamo cibi il più puliti e naturali possibili, integrali e ricchi di fibre e vitamine, soprattutto C, B, magnesio, enzimi e probiotici. Anche le erbe adattogene aiutano in questo senso: si tratta di integratori alimentari che proteggono l’organismo, stimolano il sistema immunitario e, soprattutto, favoriscono l’equilibrio degli ormoni e combattono lo stress, stabilizzando il cortisolo e gli zuccheri nel sangue.

Infine, non sottovalutiamo l’intestino: una buona salute gastrointestinale è fondamentale per l’equilibrio ormonale poiché una carenza di probiotici nell’intestino aumenta il rischio di squilibrio ormonale. Via libera quindi al consumo di kefir e verdure fermentate, eliminando dalla dieta gli alimenti trasformati o gli oli idrogenati, che fanno male all’intestino e intralciano la produzione degli ormoni.

Giulia Mandrino

La tecnologia è bivalente: è comodissima, è utile, è importante per le connessioni, per le informazioni e per la cultura, per la scienza e per tutti gli ambiti umani. Ma dall’altra parte è anche pericolosa (ve lo abbiamo spiegato qua), anche per il fatto di allontanarci dalle nostre radici, non solo dalla vita all’aperto ma anche da tutti quei gesti naturali e secolari che rendono l’essere umano ciò che è. Ad esempio? La scrittura.

Ok, i nostri bambini a scuola imparano a scrivere in maniera “analogica”. Ma da un certo punto in poi la vita porta tutti, ormai, a scrivere quasi esclusivamente su tastiere e schermi, abbandonando così la scrittura. E quando utilizziamo poco la scrittura tendiamo ad utilizzare quella più semplice, dello stampato maiuscolo e dello stampatello minuscolo, lasciando indietro quella più importante, il corsivo. Ma il corsivo è davvero fondamentale, sapete?

Tornare al corsivo per allenare mente e anima: perché è necessario tornare alla scrittura manuale diminuendo quella digitale per fare del bene al nostro cervello e al nostro benessere mentale

I nostri bambini non usano più le mani. Non, almeno, come le utilizzavano i nostri avi e nemmeno come le utilizzavamo noi, che non siamo nati con il digitale. Loro, d’altro canto, sono effettivamente nativi digitali. Sono nati in un mondo nel quale gli schermi sono in ogni casa (e non parliamo della tv, ma dei computer, degli smartphone e dei tablet), e di conseguenza ormai è normale vedere bimbi di due o tre anni pigiare tasti e toccare schermi meglio di noi.

Sono skill, queste, di certo importanti: cresceranno già capaci di utilizzare le tecnologie che muovono il mondo. Ma dall’altra parte c’è un pericolo, ovvero quello di non sapere utilizzare invece le loro mani e la loro mente come dovrebbero. Pensiamoci: sono tantissimi i gesti ormai abbandonati che noi invece compivamo. Imparare le lettere scorrendo il dito su un giornale, disegnare con una matita su un foglio e non con un dito su un tablet, ascoltare la musica riavvolgendo le cassette con una matita e non pigiando un’icona…

La manualità fine, in altre parole, non viene stimolata come una volta e questo ha portato inevitabilmente a problemi diffusi di disgrafia, ovvero di difficoltà a scrivere a mano. La disgrafia (o disturbo dell’espressione scritta) colpisce il 20% degli studienti (soprattutto maschi), ragazzi che pur essendo capaci di scrivere al computer, navigare in internet e scattare fotografie digitali si trovano in estrema difficoltà quando devono scrivere con la matita e con la penna. Non solo: questa incapacità si estende a tutte le azioni manuali, come l’allacciarsi le scarpe, ad esempio, l’andare in bicicletta, l’arrampicarsi. Perché? Semplicemente perché i bambini passano più tempo sui tablet che nella vita reale.

Ma cosa c’entra la scrittura a mano e in corsivo con tutto questo? C’entra. A dirlo è un articolo pubblicato su Psychology Today, "Perché la scrittura manuale può renderti più intelligente": alcuni scienziati hanno scoperto che imparare a scrivere il corsivo (e a leggerlo) è fondamentale per lo sviluppo cognitivo poiché aiuta il cervello con la “specializzazione funzionale”, ovvero la capacità di ottimizzare l’efficienza. Imparando a scrivere in corsivo, il cervello mette in moto varie capacità, dal controllo del movimento al pensiero più puro, e moltissime aree cerebrali vengono attivate.

Scrivere attraverso una tastiera non è la stessa cosa: non c’è controllo della motricità fine, non c’è una così alta coordinazione occhio-mano, e soprattutto non c’è così tanto pensiero coinvolto. Non c’è nemmeno troppo esercizio per imparare a farlo, o almeno non tanto quanto quello coinvolto nella scrittura in corsivo. E alcuni studi (come questo) lo dicono chiaro: prendere appunti su tastiera non è così efficace come prenderli a penna.

Il corsivo, ormai, sta scomparendo, pare. I bambini e i ragazzi non sanno più leggerlo, né tantomeno scriverlo. Ma il corsivo è importantissimo, poiché diverso dallo stampatello, più complesso, più veloce, più da decodificare. Il pensiero è coinvolto molto di più rispetto allo scrivere con il computer o in stampato. Le lettere si legano a seconda di chi hanno davanti e dietro, vanno riconosciute. E poi è più veloce.

A conferma di tutto questo c’è un libro molto interessante, “Il corsivo, encefalogramma dell’anima” di Irene Bertoglio e Giuseppe Rescaldina, un saggio che mette in luce come il corsivo sia di fondamentale importanza per la vita. Anche gli autori portano studi scientifici (come quello che svela come per scrivere in stampato, in corsivo e su tastiera si attivino schemi cerebrali diversi e separati e come i bambini che imparano il corsivo sviluppino più memoria e comprensione rispetto agli altri), ma parlano anche di come l’abbandono della scrittura a mano rischi di farci perdere funzioni del cervello antiche e importanti, pregiate e preziose, così come di farci perdere l’autodisciplina, il pensiero critico, la creatività individuale e l’originalità.

Esatto, l’originalità: vogliamo mettere il piacere di scrivere bene, correttamente, con una nostra scrittura riconoscibile, rispetto all’anonimato di caratteri uguali su tutti gli schermi di tutte le persone del mondo? Ah, i bei tempi in cui potevamo ancora dire: “Sì sì, riconosco la tua scrittura!”.

Giulia Mandrino

Nel mondo della puericultura non esistono solo i pannolini usa e getta “tradizionali” e quelli lavabili. I secondi sono di certo molto più sostenibili dei primi, e ve ne abbiamo parlato molte volte. Ma per chi con questi non si trova bene e vuole unire comodità ad ecosostenibilità c’è un’altra soluzione, che approviamo appieno.

Si tratta dei pannolini ecologici, dei pannolini usa e getta biodegradabili, naturali e compostabili. Ecco quindi la nostra guida definitiva ai pannolini ecologici per conoscerli meglio e per comprarli in maniera sicura.

I pannolini ecologici, cosa sono e dove comprarli: l’alternativa ai pannolini usa e getta e ai pannolini lavabili sono i pannolini usa e getta ecosostenibili

Come accennato, i pannolini ecologici sono pannolini usa e getta che si differenziano dai soliti pannolini non-ecologici per il materiale in cui sono composti. Generalmente, infatti, i pannolini ecologici sono composti da un polimero ottenuto dagli zuccheri del mais che consente di creare una fibra naturale totalmente biodegradabile e compostabile (non sintetica come quella dei pannolini usa e getta normali, che per biodegradarsi impiega 500 anni!). In alternativa possono essere realizzati in Mater B, un differente tipo di polimero ricavato da varie fonti vegetali. Questo polimero è formato da granuli che permettono di lavorarlo in maniera molto simile alla plastica, ma con benefici molto maggiori in termini di salute e attenzione all’ambiente. Anche il Mater B è infatti biodegradabile e compostabile.

I pannolini ecologici sono quindi l’alternativa perfetta per i genitori che non vogliono rinunciare alla comodità tradizionale dell’usa e getta, pensando però comunque all’ambiente (azzerando di fatto i rifiuti non riciclabili prodotti dal cambio pannolino, che con gli usa e getta normali è la prima causa di inquinamento quando abbiamo un bambino piccolo in casa) e alla salute dei propri figli. Sì, esatto, anche la salute e non solo la natura. Perché utilizzando i pannolini ecologici si evita di fare entrare a contatto costantemente la pelle dei bambini con la plastica dei soliti pannolini, che, per quanto traspirante non lo sarà mai quanto una fibra naturale. Per non parlare degli agenti chimici, dei coloranti e delle profumazioni contenute.

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Se cerchiamo quindi un prodotto naturale per avvolgere la pelle dei nostri bambini questi pannolini sono l’ideale. Come i pannolini usa e getta sono molto comodi e hanno una tenuta assorbente invidiabile ma allo stesso tempo sono molto traspiranti e danno molte meno irritazioni al sederino.

Noi li consigliamo a tutti, ma soprattutto a chi ha a cuore l’ambiente ma non ha il tempo per stare dietro al lavaggio dei pannolini lavabili. I pannolini ecologici sono una scelta rispettabilissima, che permette di non tradire i propri valori e di tenere sempre sotto controllo la produzione dei rifiuti casalinghi. E anche chi è abituato ad utilizzare i pannolini lavabili troverà comodità, poiché potrà alternarli nei momenti nei quali i lavabili risultano scomodi (in vacanza, con la baby sitter, dai nonni, nelle giornate in cui stiamo fuori tutto il giorno…).

E dove si comprano i pannolini usa e getta ecologici e biodegradabili? Spesso i negozi di puericultura naturale e bio li vendono. Ma in alternativa possiamo affidarci a internet. Noi, ad esempio, li prendiamo su Mi Scappa La Pipì, un e-commerce intuitivo e comodo che raccoglie le migliori marche di pannolini ecologici (a prezzi convenienti). Troviamo Andy Pandy, Love & Green, Eco by Naty, Kit & Kin…

A seconda della marca potremo trovare il pannolino che più fa al caso nostro: ci sono i pannolini in bambù, quelli in polpa di legno biodegradabile, quelli in cellulosa sbiancata senza cloro… Basterà provarli e poi capire quale sia il migliore per il nostro bambino in base alla forma anatomica, al grado di assorbenza e al materiale con il quale sono prodotti (che in ogni caso, come dicevamo, sarà molto, ma molto meno irritante di quello dei soliti pannolini, perché privo di ftalati, metalli pesanti e sostanze tossiche e poiché sempre ipoallegenico!).

Giulia Mandrino

Che la vita cambi con un figlio è innegabile. Ma anche un secondo bambino porta degli stravolgimenti, alcuni visibili e tangibili, altri più sottili, che tuttavia si manifestano quasi per forza. E non parliamo solo delle abitudini, delle difficoltà che si aggiungono quando i figli diventano più di uno (spesso di età differenti e quindi con bisogni diversi), ma anche della visione dell’essere genitori.

Insomma: l’arrivo del secondo figlio porta dei cambiamenti non solo per quanto riguarda le abitudini e la quotidianità ma anche per quanto riguarda l’educazione e l’essere genitori, pur mantenendo invariate la propria visione della vita e della genitorialità.

Come cambia l’essere genitori con l’arrivo del secondo figlio: il tempo diminuisce, il gioco ne risente, ma l’amore non cambia

Sono molti i genitori che con l’arrivo del primo figlio si sono trovati spiazzati e spaventati per i cambiamenti che questo comportava, e sono altrettanti quelli che hanno provato lo stesso senso di paura (una paura buona) con l’arrivo del secondo figlio. I dubbi sono molti: amerò entrambi con la stessa passione? Riuscirò ad essere presente con entrambi soddisfacendo i loro bisogni? Riuscirò a dormire e ad avere un po’ di tempo per me? Come organizziamo la casa ora che saremo molti di più?

Le domande si altalenano tra quelle riguardanti le abitudini e la quotidianità e quelle riguardanti l’amore e l’educazione. E per quanto le idee di fondo rimangano le stesse (perché l’idea di genitorialità che uno ha si rafforza e si aggiusta con il primo figlio, ma probabilmente rimarrà la stessa: chi punta all’attachement parenting continua su quella via, chi ha scelto l’autosvezzamento probabilmente lo userà anche nel caso del secondo figlio e così via) l’atteggiamento inevitabilmente cambierà.

Insomma: con l’arrivo del secondo figlio ci sono paure e ci sono punti fermi, ci sono sicurezze (quelle date dal primo figlio) e ci sono cambiamenti. E alcuni fanno anche sorridere: in quanti con il primo figlio erano super apprensivi e con il secondo tutto diventa più scorrevole? In quanti al primo bimbo hanno scattato mille mila foto e del secondo fanno fatica a trovarne? È normale.

Uno studio pubblicato sulla rivista “Social Development rivela proprio questo, e cioè come, con l’arrivo del secondo figlio, i genitori mantengano le stesse idee genitoriali che avevano con il primo ma, allo stesso tempo, cambino atteggiamento e tendano a cambiare il proprio modo di essere genitori.

I ricercatori hanno messo nero su bianco certi atteggiamenti. Sì, le mamme che hanno giocato moltissimo con il primo figlio ammettono di aver giocato meno con il secondo. E questo porta i primogeniti ad essere più attaccati e disponibili emotivamente ai genitori e i secondi figli ad essere un pochino meno “sociali” in famiglia.

Sembra terribile, ma un po’ è inevitabile. Perché? Perché manca il tempo, e questo è innegabile. E per quanto un genitore tenda a lasciare andare un pochino di più il primogenito nel momento in cui arriva il secondo, lasciandogli così anche la possibilità di sviluppare indipendenza, il tempo manca comunque e tutto, in famiglia, va bilanciato. Non sono errori, sono semplicemente fatti inevitabili.

Tutte le mamme e tutti i papà cercano di coinvolgere i bambini allo stesso modo, di dedicare la stessa quantità di attenzioni, di non creare gelosie, di esserci per entrambi (o per tutti e tre, quattro, cinque…). E questo i bambini lo sanno. Semplicemente, è verissimo che la vita con due o più figli cambia, e non dobbiamo e non possiamo sentirci in colpa perché gli equilibri variano.

I luoghi comuni quindi hanno una base di verità: con il primo figlio giochiamo, fotografiamo, ci siamo sempre. Con il secondo ci siamo un po’ di meno, e il tempo dedicato al primogenito, magari con un po’ di gelosia, ne risente. L’equilibrio è labile, ma è un equilibrio naturale, e nel nostro cuore sappiamo che stiamo dando il giusto, perché stiamo dando tutti noi stessi.

Ma l’altra verità è altrettanto semplice: l’amore non cambia, ma si moltiplica. Non si divide, ma si espande. E non è il tempo a determinare la qualità dell’educazione o la quantità di amore, ma è il modo in cui sfruttiamo questo tempo, la qualità dei momenti vissuti insieme. E i bambini questo lo sanno.

Giulia Mandrino

Ricetta tipica del Libano, il Fattoush è un piatto di contorno che ci piace moltissimo, un'insalata a base di verdure crude, menta e pane pita che si prepara in un attimo e che si condisce semplicemente con olio e limone. Accompagna tutti i piatti di pesce e verdure ed è sana, oltre che deliziosa.

La ricetta del Fattoush: come preparare l'insalata libanese con pomodori, menta, pita e insalata

 

15 modi per utilizzare le foglie di menta

Mercoledì, 29 Agosto 2018 09:23

La menta è una pianta aromatica preziosissima, non solo per i suoi innumerevoli benefici ma anche per il suo forte sapore, che piace alla maggior parte di noi adulti e dei bambini e che permette, in questo modo, di aromatizzare moltissimi piatti senza abusare di zucchero o sale.

Essendo perenne e molto resistente (si parla di pianta infestante!), la menta è semplice da coltivare in casa: basta tenerla in estate sul terrazzo e in inverno vicino ad una fonte di luce, in un semplice vasetto in ceramica, staccandone le foglie quando ne abbiamo bisogno. Ricrescerà molto in fretta, quindi non dobbiamo avere paura di strappare troppo.

Oltre alle proprietà cicatrizzanti e disinfettanti, le si riconosce la capacità di aiutare in caso di disturbi gastrointestinali, di aiutare il fegato e favorire la digestione. È inoltre ricca di vitamina C e sostanze antibiotiche naturali. La menta è quindi ottima in caso di cattiva digestione, diarrea, ma anche in caso di raffreddore e tosse, grazie al mentolo contenuto, che ha proprietà sedative e spasmodiche e che dilata la mucosa nasale.

Ma vediamo come utilizzarla quotidianamente inserendola nelle ricette di tutti i giorni!

15 modi per utilizzare le foglie di menta: le nostre ricette per utilizzare quotidianamente la menta nelle ricette di tutti i giorni

Mojito Naturale

Il mojito è sempre una buona idea, soprattutto se analcolico e naturale, poiché possiamo godere di un aperitivo gustoso ma comunque benefico. Per prepararlo bastano 20 ml di succo di limone o lime, due cucchiaini di zucchero di canna integrale e qualche foglia di menta, ai quali, dopo averli pestati nel fondo del bicchiere, aggiungeremo ghiaccio tritato, limonata e acqua tonica.

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Insalata pesca e menta

Nella stagione delle pesche, ottima è l’insalata a base di pesca e menta. Come base possiamo utilizzare la nostra verdura a foglia preferita (misticanza o spinacini ci stanno benissimo), alla quale aggiungeremo tre pesche tagliate a fette (che possiamo anche grigliare per dare un tocco in più) e delle foglie di menta. Il condimento perfetto è a base di olio e limone, senza aggiungere sale per apprezzare al meglio il sapore degli ingredienti.

Insalata anguria, feta e menta

In estate è deliziosa anche l’insalata anguria, feta e menta, la cui ricetta potete trovare qui. Gli ingredienti sono semplicissimi: dell’anguria, della feta (o del tofu marinato al limone nel caso volessimo preparare un’insalata totalmente veg) e delle foglie di menta.

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Tè verde alla menta

Il tè verde alla menta è una bevanda tipica marocchina tranquillamente replicabile a casa se abbiamo a disposizione le nostre foglie di menta. Bastano mezzo cucchiaio di tè verde e qualche foglia di menta, da mettere in infusione in una teiera. Sul fondo della teiera adagiamo le foglie di tè verde e versiamoci sopra dell’acqua bollente (non moltissima), ruotando velocemente la teiera e buttando poi questa prima acqua (tenendo le foglie di tè). Aggiungiamo le foglie di menta lavate e un litro di acqua bollente, lasciamo in infusione per circa 5-7 minuti, eliminiamo le foglie di menta e versiamo.

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Fattoush

Un’insalata che a noi piace moltissimo e che è super veloce da preparare: parliamo del fattoush libanese, a base di verdure fresche, pita e menta. Tagliamo dei pomodori, due cetrioli, una cipolla rossa, un ravanello e della lattuga e inseriamoli in una ciotola, sminuzzando dentro anche delle foglie di menta lavata. Prendiamo del pane pita e tagliamolo a cubetti, da scaldare in forno (oppure facciamo dei crostini tostati con il pane integrale che abbiamo in casa). Aggiungiamolo all’insalata e condiamo con limone e olio evo.

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Spring rolls vietnamiti

Ricetta veloce ed etnica che possiamo proporre in tavola una volta a settimana: ai bambini gli involtini piacciono moltissimo e questi sono super sani. Prendiamo 8 fogli di farina di riso, un po’ di germogli di soia, spaghetti di riso, 1 carota, 8 gamberi, un cipollotto e qualche foglia di lattuga e di menta. Peliamo e tagliamo la carota a fiammifero, quindi tagliamo a rondelle il cipollotto. Cuociamo per pochi minuti in acqua bollente i gamberi pelati, tagliamoli a metà per il lungo e lasciamoli da parte. Nella stessa acqua (una volta spenta) lasciamo ammorbidire per cinque minuti gli spaghetti di riso. Bagniamo poi i fogli di riso in acqua tiepida finché morbidi e componiamo i roll: al centro stendiamo i gamberi, le verdure e gli spaghetti e spolveriamo con le spezie, quindi chiudiamoli a involtino e rinforziamo avvolgendo intorno un altro foglio di riso.

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Ghiaccioli alla menta

Per preparare i nostri ghiaccioli alla menta utilizziamo come base l’acqua di cocco, le foglie di menta e tre cucchiaini di zucchero integrale di canna per sei ghiaccioli. Riempiamo gli stampini con la nostra acqua di cocco, lasciando un centimetro di spazio, quindi versiamo l’acqua in una ciotola (questo procedimento serve per farne le giuste quantità). All’acqua aggiungiamo lo zucchero di canna e la menta tritata,

Acque aromatiche alla menta

La menta è uno degli ingredienti base perfetti per le acque aromatizzate, che possiamo preparare con gli ingredienti di stagione. La ricetta è semplice: in una brocca d’acqua aggiungiamo le nostre foglie di menta con del succo di limone e della frutta fresca mista (in base alla stagionalità), lasciamo macerare per qualche ora in frigorifero e gustiamo fresche. Qui e qui qualche spunto.

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Taboulé

Il taboulé è un altro piatto della cucina mediorientale che ci piace moltissimo, che è sano e gustoso allo stesso tempo. È a base di burgul e prezzemolo e possiamo aromatizzarlo con la menta. Cuociamo il nostro burgul secondo i tempi sulla confezione, e nel frattempo sminuzziamo un mazzetto di prezzemolo, qualche foglia di menta e del cipollotto. Tagliamo anche qualche pomodoro rosso e un cetriolo. Mischiamo tutto in una ciotola insieme al burgul e condiamo con olio evo e il succo di un limone, mescoliamo bene e gustiamo.

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Salsa indiana Raita alla menta per il pinzimonio

La salsa Raita si prepara in questo modo: mescoliamo in una ciotola 300 grammi di yogurt greco, 1 cucchiaio di aceto, 1 cucchiaino di zucchero di canna integrale, 1 piccolo cetriolo tritato, 1 cipolla rossa tritata fine, 1 pomodoro tritato e due cucchiai di menta tritata finissima. Aggiungiamo sale e pepe a piacimento e utilizziamo la nostra salsa come base per il pinzimonio.

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Crostini integrali con fichi, ricotta e menta

I crostini sono un ottimo aperitivo o una merenda sana, se preparati a dovere. Grigliamo del pane integrale in cassetta e condiamolo con della ricotta di pecora, dei fichi tagliati a rondelle e delle foglioline di menta tritata per un gusto bomba!

Tofu alla menta all’indiana

Un’altra ricetta etnica perfetta come secondo per cena: il tofu alla menta alla indiana si prepara semplicemente con tofu a cubetti, menta fresca, cumino, pepe e coriandolo. Qui trovate la nostra ricetta.

Pesto alla menta

Se amate il pesto e il sapore forte della menta, questa è la vostra ricetta, perfetta per condire la pasta estiva ma anche come condimento leggero per le insalatone. In un frullatore tritiamo tutto: 40 foglioline di menta lavate bene, 40 grammi di ponoli, 50 ml di olio evo, sale, pepe e una spruzzata di pecorino grattugiato.

Gelato alla banana e menta fatto in casa

Fare in casa il gelato velocemente è super facile: basta tenere sempre in freezer qualche banana tagliata a rondelle. Tiriamola fuori dal congelatore, lasciamola ammorbidire per cinque minuti quindi mettiamola nel frullatore insieme a qualche foglia di menta sminuzzata. Frulliamo tutto per bene (e, se vogliamo, aggiungiamo qualche goccia di cioccolato fondente). Si formerà un gelato cremoso da mangiare al momento!

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Cocktail al melograno e menta

Perfetto per la fine dell’estate, il cocktail a base di melograno e menta è dolce e fresco al contempo e possiamo proporlo sia prima di cena che come bevanda post-pasto. Estraiamo i semi di due melograni quindi passiamoli nel passaverdura o nell’estrattore. Versiamo il succo nei bicchieri, da riempire poi con ghiaccio tritato, acqua frizzante, mezzo cucchiaino di zucchero di canna e qualche foglia di menta, guarnendo poi con alcuni chicchi di melograno rimasti.

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Giulia Mandrino

Tabù: “In etnologia e in storia delle religioni, interdizione o divieto sacrale di avere contatto con determinate persone, di frequentare certi luoghi, di cibarsi di alcuni alimenti, di pronunciare determinate parole, e sim., imposti per motivi di rispetto, per ragioni rituali, igieniche, di decenza o per altri motivi”. Così si legge sul vocabolario Treccani. E basta applicare questo concetto alle mestruazioni per vedere che calza a pennello: del ciclo mestruale non si parla, non lo si nomina senza sentirsi provocatori, non si spiega apertamente cosa sia se non in un contesto rigido di educazione sessuale.

Ma perché dobbiamo continuare a vivere in equilibrio su un filo inutile? Perché non possiamo parlare tranquillamente, apertamente e senza vergogna di una condizione naturale, sana e (per quanto fastidiosa) necessaria che vive il 50% della popolazione mondiale?

Sì, le mestruazioni sono ancora un tabù, ed è assurdo: per cambiare rotta servono sicurezza, nuove terminologie e la sfrontatezza di non avere vergogna di parlare di qualcosa che vergognoso non è

Le mestruazioni sono un tabù da sempre. Già dal vocabolario: le mie cose, il barone rosso, le rosse, i parenti dall’America… Per non parlare delle assurde credenze che circolano attorno alle donne con il mestruo: la maionese che non monta, le piante che, se toccate, muoiono. O anche solo il non poter fare sesso o il non poter rimanere incinte durante le mestruazioni (entrambi falsissimi miti). Questa percezione di certo arriva da secoli e secoli di religioni (quelle monoteiste) che hanno sempre marchiato le donne mestruate e da credenze popolari radicate e assurde.

Nell’Antico Testamento si parla del sangue mestruale come capace di deteriorare i cibi e di sterilizzare i campi; Plinio il Vecchio addirittura proponeva di portare una donna mestruata nei campi per eliminare i parassiti. E sono molte le culture che tenevano le donne segregate in casa durante le mestruazioni.

Addirittura, nei libri di medicina su cui i dottori studiavano fino al secolo scorso si leggeva che le mestruazioni servivano per eliminare le sostanze tossiche accumulate nel corpo femminile, le menotossine, e fino a sessant’anni fa la legge italiana impediva alle donne di avere accesso alla magistratura perché “fisiologicamente tra un uomo e una donna ci sono differenze nella funzione intellettuale, e questo specie in determinati periodi della vita femminile”.

Perché quindi chiamarle fiori, zii, rosse e compagnia bella? Il primo passo per togliere il marchio a qualcosa che di marchio non ha bisogno è chiamarlo con il proprio nome (proprio come insegnano J.K.Rowling ed Hermione Granger: “La paura di un nome non fa altro che incrementare la paura della cosa stessa”). D’ora in poi, quindi, chiamiamole con il loro nome: mestruazioni. Ciclo mestruale. E impegniamoci a farlo con le nostre figlie sin dal momento in cui compare il menarca.

Perché dobbiamo fare attenzione e ragionare: probabilmente ci sentiamo avanti, femministe, all’avanguardia, al passo con i tempi. Ma quando diciamo “mestruo” sentiamo ancora una vocina in fondo alla testa che ridacchia, che ci dice che stiamo dicendo qualcosa di proibito e provocatorio, e la nostra voce, inconsciamente, s’abbassa impercettibilmente. Eppure siamo tranquille, no? No. Perché la società ci ha portato a provare vergogna di qualcosa che di vergognoso non ha assolutamente nulla.

È naturale: per 2.400 giorni circa in una vita una donna sanguina dalla vagina. In età fertile, ogni 28 giorni, per quattro o cinque giorni, a una donna arrivano le mestruazioni. È naturale e necessario: sono gli ormoni che regolano la produzione delle cellule uovo ed è l’endometrio che, pronto per accogliere il feto, non trovandolo si sfalda. Punto. Tutti lo sappiamo, perché tutti abbiamo fatto educazione sessuale. E allora perché pare sempre qualcosa di cui ridere, vergognarsi o nascondersi?

Eppure i segnali di una “ripresa” ci sono. È di questi giorni la notizia degli assorbenti gratuiti in Scozia per tutte le studentesse, dalle scuole medie all’università; non molto tempo fa qualche parlamentare italiano aveva proposto una legge per eliminare l’IVA dagli assorbenti (nominata, in maniera ridicola, sminuente e irrispettosa, Tampon Tax, come se fosse qualcosa di irrisorio o inutile: ma ci pensate a quanto una donna spende in una vita tra assorbenti e tamponi?); e poi si vedono sempre più spesso mariti e fidanzati al super davanti al reparto assorbenti. Magari al telefono che chiedono “di che colore mi hai detto?”. Ma, in ogni caso, chapeau.

Le vacanze per me sono sempre un intenso momento di lavoro. Non solo perché essendo mamma non hai tregua 24 ore su 24. Non solo perché come blogger e social media manager non smetto mai di lavorare. Ma anche perché ho modo di osservare le persone, di parlare, di confrontarmi e quindi di avere nuovi spunti di lavoro al mio ritorno. 

#myhealthychallenge, ossia da dove comincio per mangiare sano: la nostra nuova sfida per raggiungere l'equilibrio e trovare la propria strada in fatto di alimentazione sana

Possiamo dividere (chiaramente per eccesso) le persone in vacanza in due categorie, considerando lo stile di vita: il primo gruppo vede nella vacanza un momento di svago assoluto, il momento per "lasciarsi andare" per eccellenza. Per loro la vacanza è fatta per dormire, mangiare all’eccesso, feste, aperitivi e tanto, tanto sonno. 

Il secondo gruppo, quello più pericoloso (a mio modo di vedere), considera le ferie il momento ideale per un percorso di detox, sport intensivo e redenzione. Cosa succede, in pratica, al detox-addicted? Il nostro samurai del benessere nei primi giorni si nutre di giorno a insalate e di sera a spritz e patatine, alternando colazioni inesistenti a brioches e cappuccino, per passare da spuntini inconsistenti a gelati confezionati e focacce al formaggio, il tutto condito con sensi di colpa e inadeguatezza perché, chiaramente, si sente un totale fallimento privo di forza di volontà. 

Ma non importa. A questo punto il nostro samurai punta tutto sullo sport. D’altra parte quando aveva diciotto anni si allenava tre volte alla settimana giocando a basket, e a venticinque, quando era a casa con mammà (sì, con l'accento care signore dell'ortografia, qui non è mamma ma mammà), giocava a calcetto due volte a settimana, senza contare le corsettine post seratona, post alcol a profusione e post sconosciuta nel letto (“chissàchièpoiquestaesopratuttocomefaccioamandarlaviaora”, tutto attaccato perché sta sbiascicando ancora).

Partendo da questi presupposti il nostro nuovo wellness influencer punta la sveglia alle 6.30 del mattino e inizia a correre. Non importa se sono passati vent’anni dall'ultimo allenamento: lui si sente gggiovane e si redime dai peccati di gola con la corsa.

Sì, in poco tempo la pancetta sparirà, si sentirà un toro e tornerà la tartaruga. Abbronzato, tonico e bello. Non prende l'ascensore, perché lui è un guerriero del benessere. Non molla mai. E se può ti rompe anche un po' le palle quando sei stravolta dopo una giornata con i bambini e il pensiero di fare le scale con la borsa della spiaggia ti fa rimpiangere i power point per il tuo capo.

Quanto dura tutto ciò? Tranquille, dopo una settimana massimo da samurai del wellness cederà, causa dolore al menisco o strappo muscolare, trasformandosi in fiero sostenitore dello spirtz alle 11.30 e del gin tonic alle 18.30, passando per una colazione con brioche e cappuccino e un cornetto alle 16. E se provi a parlare della famosa encrateia greca, la moderazione, lui alzerà gli occhi al cielo (come facevi tu quando tua madre ti chiedeva di apparecchiare la tavola "perché questa casa non è un albergo”). Per la cronaca, questo è mio marito, ma tanto lui non legge mai i miei articoli, quindi...

Ma torniamo a noi. Perché il nostro provetto seguace della religione del benessere fallisce miseramente? Per lo stesso motivo per cui le diete la maggior parte delle volte non funzionano: la nostra vita, così come il nostro organismo, non sono dei tasselli a sé stanti, dei cassetti da svuotare o da riempire a piacimento. 

Se dovessi usare una metafora visiva, da buona dislessica quale sono, proporrei un prisma realizzato con un fitto reticolo: non puoi pensare di modificarlo semplicemente tirando un filo. Ci vogliono tempo, osservazione, comprensione e azioni, ma prima è fondamentale capire, accettare, analizzare, fare piccoli cambiamenti, scoprire. A volte si sbaglierà, a volte alcuni sforzi non porteranno a nulla, questo dobbiamo metterlo in conto. Ma tutto, tutto serve.

Io prima di perdere i miei 25 kg ho passato cinque anni a cercare di dimagrire provando cibi e stili alimentari diversi, e più mi indottrinavo e seguivo diete più ingrassavo. Davvero. 

Quindi, miei cari samurai del benessere, tranquilli, vi guido io. Passo dopo passo. Non ci saranno dottrine da seguire ma piccoli suggerimenti e spunti. E pian piano la matassa si sbroglierà e troverete il vostro equilibrio. Abbiamo 90 giorni di tempo!

Ho infatti deciso di intraprendere questo percorso sulla nostra pagina instagram per aiutarvi a trovare la vostra dimensione come io ho trovato la mia: ogni giorno troverete uno o due post con i compitini per la giornata (possiamo chiamarli suggerimenti!). Ci saranno settimane in cui troverete un compitino al giorno, altre in cui lavoreremo per tutti i sette giorni sullo stesso punto. In particolare quando ad ottobre inizieremo i giorni di detox (molto più semplici di quello che credete!) faremo 3 giorni senza uno specifico alimento, come suggerito dalla dottoressa  Sara Gottfried.

Ma andiamo con calma: non vi consiglio di comprare alcun libro, ma di seguire semplicemente le mie indicazioni su Instagram

Questa non è una dieta dimagrante, non è un periodo detox, non è uno stile alimentare: vuole essere semplicemente un percorso per aiutarvi a trovare il vostro personale stile alimentare. Incontreremo alcuni medici e nutrizionisti che ci daranno suggerimenti, alcuni dei quali saranno utili per creare il proprio stile alimentare, altri no. Ciò che vi chiedo è di non cambiare nulla, ma proprio nulla del vostro stile alimentare, almeno per ora. Niente curcuma o acqua e limone per sentirvi più il linea con questo percorso. Non siete samurai del benessere, siete Sara, Marco, Francesca, Simona, Andrea, Alessandra... Siete voi, con la vostra storia, i vostri pensieri, la vostra vita incasinata. Pian piano, con costanza e sopratutto con i giusti tempi, gli obiettivi saranno raggiunti. 

Vi aspetto quindi su Instagram con le vostre domande e i vostri utilissimi suggerimenti e una volta a settimana troverete un piccolo riassunto sul nostro sito: vi chiedo però di essere il più possibile costanti con la lettura dei post giornalieri su Instagram, perché è necessaria una piccola cura quotidiana per creare un giardino lussureggiante!

Giulia Mandrino

La crema Budwig, colazione benefica perfetta

Martedì, 28 Agosto 2018 08:59

La crema Budwig è sempre più nota, e un motivo c’è: si tratta di una crema perfetta per colazione che accosta alimenti nutrienti e benefici e che è adatta praticamente a tutti (naturalmente sempre sotto consiglio di un nutrizionista o di un dietologo). L’ha ideata la dottoressa Johanna Budwig, ma è anche grazie al metodo Kousmine che ha preso piede. Ma vediamo meglio perché e come possiamo preparare a casa la nostra crema Budwig.

La crema Budwig, colazione benefica perfetta: come preparare a casa la crema Budwig, la nutriente colazione del metodo Kousmine

La dottoressa Catherine Kousmine è un medico svizzero vissuto nel secolo scorso, la cui ricerca si è concentrata sull’impatto dell’alimentazione sulla salute e il suo ruolo nella prevenzione dei tumori. Secondo la scienziata alcuni alimenti avrebbero la capacità di disintossicare il nostro organismo prevenendo così varie tipologie di cancro.

Il suo metodo mette quindi a disposizione della salute il cibo e secondo la dottoressa una dieta sana e il colon in buono stato di salute (anche attraverso la pulizia intestinale con clisteri ed enteroclismi) sono alla base di una vita sana. Tra i principi troviamo l’eliminazione dello zucchero, dell’alcool e dei grassi cattivi, da sostituire con frutta fresca, verdura, semi oleose e granaglie amidacee.

La dottoressa Johanna Budwig, invece, è una scienziata tedesca che con i suoi studi ha evidenziato come i lipidi trasformati abbiano effetti negativi sul nostro organismo, poiché l’elaborazione industriale dei grassi distruggerebbe i campi di elettroni necessari alle cellule per funzionare in maniera corretta. L’alterazione del metabolismo dei grassi a sua volta influenzerebbe in maniera negativa la funzione di tutti gli organi, portando ad un cattivo stato di salute.

La Crema Budwig, quindi, è una crema equilibrata, sana e bilanciata ideata dalla dottoressa Budwig e inserita concretamente nel metodo Kousmine, che abbina vari alimenti di origine naturale e biologica (questo è fondamentale!) per ottenere una colazione completa e disintossicante.

La base della Crema Budwig possono essere ricotta (meglio se di pecora o capra) o yogurt (anche di soia per gli intolleranti o per chi evita i latticini) a basso contenuto di grassi. A questo si abbinano, mescolando bene, 2 cucchiai di olio di semi di lino o di girasole.

Si passa quindi agli ingredienti aggiuntivi: alla nostra crema base aggiungiamo una banana matura schiacciata (oppure semplicemente un cucchiaino di miele, che addolcisce), il succo di mezzo limone, 2 cucchiai di semi di lino appena macinati (basta un frullatore con la funzione specifica per i semi o un estrattore), 2 cucchiai di riso integrale crudo macinato o di avena cruda frullata e 1 porzione (200 grammi) di frutta fresca di stagione.

Il tutto contribuisce ad ottenere l’energia giusta per la giornata già di prima mattina, con il vantaggio di assumere grassi buoni e leggeri e di non intossicare ulteriormente il nostro organismo con alimenti confezionati o modificati, pieni di grassi cattivi o poco nutrienti.


Oltretutto, ha un basso contenuto calorico e i cereali integrali e la frutta apportano carboidrati a basso indice glicemico. La crema Budwig, poi, è ricchissima di fibre e vitamine, di acidi grassi polistaturi, di acido citrico e di proteine di qualità.

La nostra ricetta della crema Budwig è questa:

4 cucchiai di yogurt di soia bio

2 cucchiai di olio di semi di lino

1 banana schiacciata

Mezzo limone bio

2 cucchiai di olio di semi di lino

2 cucchiai di avena bio frullata finemente

200 grammi di mirtilli e lamponi

Per rendere il tutto più goloso possiamo aggiungere a piacimento anche dei cereali integrali e della frutta secca.

 

Giulia Mandrino

 

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Inizia la scuola, i nostri bambini crescono

Lunedì, 27 Agosto 2018 13:39

Sei anni. Sei anni fa sono nati loro, e pare ieri. Ma già vanno alle elementari e tra qualche giorno li sentiremo scivolare dalle nostre mani, tra le dita, senza riuscire a trattenerli più. Gioia e malinconia si mescoleranno come mai nella vita, perché la felicità nel vederli compiere un passo così importante si mischierà inesorabilmente con la consapevolezza che stanno crescendo e che la crescita porterà con sé autonomia e allontanamento.

Pensiamoli, coccoliamoli, riflettiamo e sorridiamo: è un momento che non tornerà più e che dobbiamo vivere fino in fondo!

Inizia la scuola, i nostri bambini crescono: un periodo terrificante e meraviglioso allo stesso tempo, da vivere fino in fondo con gioia e speranza

Mamma, questo settembre il tuo bimbo andrà a scuola per la prima volta. La routine cambierà, la quotidianità si stravolgerà, i pomeriggi porteranno con sé i compiti, i momenti all’aria aperta diminuiranno, gli attimi insieme idem. Ci saranno nuove sfide, nuove difficoltà. Ma ci saranno anche grandissime gioie, grandissimi traguardi, bellissimi momenti e favolose conquiste.

Sembra che la vita “insieme” sia finita qui. Che i bimbi scappino via da noi nel momento in cui varcano il cancello della scuola. Impareranno così tanto che dovremo dire addio agli anni dell’infanzia insieme, no? Ma pensiamo a tutto ciò che di meraviglioso questi anni porteranno con sé. Proprio come quando quel test risultò positivo, o ci chiamarono per quella notizia incredibile, e insieme al terrore di una nuova vita ci siamo messi a pensare, immediatamente, al bello della nuova famiglia.

Sembrava impossibile eppure siamo sopravvissute a mesi e mesi di nausee, o a anni e anni di attesa di una chiamata dal tribunale, o a mesi e mesi di letto forzato. Siamo sopravvissute ai giudizi riguardo all’allattamento/non allattamento. Siamo sopravvissute agli ormoni che ci hanno assalito diventando mamme.

E ciò che di meraviglioso abbiamo guadagnato è stato incalcolabile: le prime parole, i primi passi, i pannolini puzzolenti ma che ci hanno permesso, con le coccole, di stabilire un legame corporeo con il nostro bimbo ancora più profondo. Le coccole nel lettone, le prime vacanze insieme, i nuovi amici con figli, le serate in casa sotto le coperte e le cene in balcone tutti insieme, sbrodolando felici.

Lo stesso accadrà ora, dal momento in cui il nostro bimbo lascerà la nostra mano per raggiungere il suo banco, sul quale sistemerà ordinatamente (forse solo per quel giorno!) matite e quaderni. Faremo fatica a lasciarlo andare, a guardarlo da lontano costruire la nostra vita, ma diventeremo più forti noi, non solo lui. Perché cresceremo, impareremo il nostro ruolo di guida e non di autorità, ci faremo da parte quando necessario e faremo sentire di esserci sempre e comunque, come quando era piccino, se necessario.

La scuola porta con sé nuove amicizie, nuove abilità, una nuova quotidianità nella quale nostro figlio troverà il suo angolino in casa, quello in cui fare i compiti in tranquillità. Porta con sé nuove guide magnifiche (gli insegnanti validi che i nostri figli incontreranno sul loro cammino), nuove esperienze e nuove speranze.

La speranza che i nostri figli trovino la loro strada, che acquisiscano gli strumenti necessari per diventare qualcuno nel mondo, che imparino i valori più veri, che sappiano mettere a frutto le nozioni imparate in maniera giusta, equa e davvero importante, che imparino che è giusto sbagliare, che trovino amici veri con i quali ridere, litigare, crescere, che capiscano che il lavoro duro è necessario nella vita, che comprendano che l’empatia e il cuore sono fondamentali in tutti i campi della vita (anche a scuola), che sappiano discernere il giusto dallo sbagliato e che capiscano davvero chi sono, con la consapevolezza che ognuno è qualcuno e nessuno è sbagliato!

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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