Genitorialità naturale non vuol dire "fai quel che vuoi"

Molto spesso si confonde il rispetto per il bambino con il "fai un po' quel che vuoi", con quello che i media definiscono il Bambino Tiranno: il termine fa sicuramente una grande audience ma lo ritengo un concetto molto generalista e come tale fuorviante e dannoso per noi mamme. 

Non sono una pedagogista ma in questi anni ho avuto modo di leggere e informarmi davvero tanto sulle tematiche pedagogiche, che ho toccato solo in parte durante gli studi universitari in sociologia. Premesse a parte vi racconto come io interpreto uno stile genitoriale consapevole: per genitorialità naturale io intendo un approccio all'educazione del proprio figlio basata sulla consapevolezza, consapevolezza dei bisogni fisiologici del bambino ma anche consapevolezza dei bisogni fisiologici di noi genitori.

Significa interrogarsi e spesso mettersi in discussione senza perdere mai fiducia nelle proprie risorse innate e istintuali di mamme e papà.

Significa guardare la propria infanzia e ritornare bambini per capire come possiamo migliorarci rispetto a nostri genitori (evitando situazioni che ci hanno ferito e magari destabilizzato) e cosa invece riteniamo utile riproporre.

Significa fare bene mente locale per non confondere il fine con il mezzo, quindi mettere al primo posto le relazioni che contano: per cui quando guardiamo la nostra casa in disordine perchè non siamo riuscite a terminare i lavori possiamo accogliere la sensazione di frustrazione e a volte di rabbia, perchè a noi giustamente farebbe tanto piacere vedere il nostro nido pulito e accogliente. Possiamo abbandonarci alla tristezza e magari sfogarci sui nostri figli: altrimenti possiamo sederci con loro sul divano e abbracciarli forte, perchè avremmo tutta la vita per pulire una casa senza di loro. 

Significa fermarsi, ascoltare e guardare i nostri figli negli occhi, non solo correre da una parte all'altra con una lista di obiettivi da raggiungere: cerco almeno 5 minuti ogni ora di fermarmi, svuotare la mente e dedicarmi a loro, ascoltandoli profondamente e guardandoli negli occhi. Con i miei figli questo accorgimento fa miracoli. E' però essenziale che svuoti davvero la mia mente per dedicarmi 100% a loro.  

Significa non pretendere che un bambino di un anno costruisca le torri e metta in ordine la stanza da solo, perchè in quella fase della sua vita lui tira fuori e distrugge, perchè in quella fase è giusto che faccia proprio quello. Così come è giusto che mangi con le mani.

Significa non lasciar piangere un neonato, perchè un neonato non ha vizi ma bisogni fisiologici, e il contatto è uno di questi. Accogliamo il nostro bisogno di avere qualche spazio per noi e cerchiamo con l'aiuto di nostro marito, parenti e amici di costruire attivamente momenti per noi senza lasciar piangere nostro figlio, ancor peggio di notte.

Significa evitare di dire "non hai voglia di studiare", "non sei bravo a disegnare", "sei capriccioso", perchè nell'infanzia un bambino crede davvero a ciò che dicono i suoi genitori, per cui se loro affermano che "non ha voglia di studiare" lui dirà a se stesso che non ha voglia di studiare. E magari basterebbe solo fermarsi un attimo e fare pace con le proprie esigenze di rivalsa nei confronti del mondo e rivalutare il tutto; basterebbe accettare un 6 anche se sappiamo che nostro figlio potrebbe arrivare al 10. Significa comprendere che è controproducente dire " tu sei", perchè il bambino in quella frase si rispecchia ed entra in quei vestiti, si appiccica addosso quell'etichetta. 

Significa chiedere scusa, perchè nella vita si sbaglia, e anche noi genitori lo facciamo. Ed è giusto chiedere scusa. 

Significa dare loro tempo per imparare a fare le cose, per cui si cerca di dare loro le chiavi per aprire la porta e attendere che loro la aprano. 

E a volte succede anche di piangere e di pensare di aver sbagliato tutto, si, perchè anche questo fa parte del gioco. Ed è in questi momenti che se ci si ferma con la voglia di comprendere il motivo di tale caos e di mettersi in discussione si fa un grande passo avanti e si acquistano nuove certezze e competenze. 

E a volte non si riesce a mettere in pratica tutto: ma anche questo fa parte del gioco. 

 

E ora vediamo cosa NON SIGNIFICA essere a mio modo dei genitori che abbracciano uno stile genitoriale consapevole: 

Non significa far fare ai bambini tutto quello che vogliono, quando e come lo vogliono, perchè i bambini hanno disperatamente bisogno di confini esattamente come hanno bisogno di essere presi in braccio quando piangono. 

Non significa lavarsi le mani delle loro azioni perchè questa è una gran comodità più che educazione attraverso la consapevolezza, ammettiamolo. 

Quindi se un bambino di due anni è nella fase in cui vuole lanciare tutto contro il muro non lo lasceremo scagliare il telecomando contro la tv dicendo "è solo un bambino" ma accoglieremo il suo bisogno e gli proporremo di giocare a lanciare la palla di spugna e altri oggetti morbidi contro l'armadio per esempio. 

Se un bambino di 3 anni ha il bisogno di giocare con l'acqua non lo lasceremo allagare il bagno come e quando vuole, ma magari lo metteremo in giardino o sul balcone a travasare acqua da una baccinella a un'altra, oppure in uno sgabello vicino al lavandino, magari con un po' di schiuma.

Significa che la tv si guarda solo in un determinato momento, non come babysitter; perchè si possono proporre giochi altrettanto stimolanti se possiamo accettare di vedere la nostra casa un po' sporca per qualche ora. 

Significa dire dei "no" spiegandone il motivo, perchè i "no" davvero sono utili per loro: in quei momenti loro impareranno a gestire la frustrazione dell'impedimento, e noi saremo con loro nell'accoglierla e nel dare dei confini a questa. Perchè non è accettabile che un bambino arrabbiato sfoghi fisicamente su cose o persone la propria rabbia come spesso vedo: questo succede a mio modo di vedere perchè ha intorno a sè genitori che lo permettono, che magari si fermano due minuti guardandolo negli occhi e dicendo "no amore non si fa" come hanno letto nel libro "x", utilizzando però il tono che io uso per chiedere a mio marito di portarmi il bagnoschiuma nella doccia se l'ho dimenticato, e poi dopo due minuti tutto è tornato come prima. 

Questo non vuol dire alzare le mani, perchè davvero basta dedicare tempo quando si verificano tensioni: possiamo far sedere il bambino su una sedia vicino a noi "per far riposare le mani" invece che dire "sei in punizione", significa comunicargli quanto si è arrabbiati e amareggiati per quel comportamento (non perchè lui è cattivo ma perchè il comportamento è stato negativo, c'è una gran differenza tra il primo e il secondo). Significa secondo me anche non aver voglia di giocare con lui perchè si è arrabbiati. Credo sia importante che i bambini apprendano da noi adulti tramite imitazione le modalità da utilizzare in caso di frustrazione e rabbia: cosa fanno mamma e papà quando sono arrabbiati? 

Vuol dire secondo me pretendere che il bambino stia a tavola finchè non ha finito di mangiare, poi quando ha terminato può scendere, consapevole che non mangerà poi alle 11 di sera però. Allo stesso tempo credo non sia giusto chiedere a bambini piccoli di stare seduti ore al ristorante, perchè davvero è qualcosa di insensato. 

In questi anni infatti mi sono resa conto che quando mi trovavo in situazioni in cui i bambini davano di matto e io con loro e provavo una grande sensazione di rabbia dovuta al senso di impotenza, il problema non erano i bambini, non ero io, ma era la situazione: quindi era la situazione che era sbagliata e non era adatta a noi. Ma una volta che acquisisco questa consapevolezza acetto più facilmente il momento di caos senza cercare presunte colpe, e se possibile cerco di evitare di ricacciarmi in quel guaio. 

Ma tutte queste sono solo mie idee di mamma. Scrivetemi le vostre qui sotto nei commenti: credo che lo scambio tra genitori sia qualcosa di fortemente potitivo. 

Giulia Mandrino

 

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