È giusto allattare al seno anche quando il dolore è atroce? L'esperienza di una mamma inglese

Sul Guardian una giornalista ha raccontato i dolori atroci provati durante l'allattamento al seno e di come la pressione per non passare al latte artificiale sia stata per lei un motivo di stress enorme.

Per quanto OMS e Ministeri di tutto il mondo raccomandino l'allattamento al seno come preferibile rispetto all'allattamento tramite latte in formula, è innegabile che questo deve essere una scelta e che, soprattutto, non debba essere vissuto come un obbligo nel caso in cui il percorso risulti doloroso, faticoso o stressante. Anche perché la salute mentale della mamma ha certamente ricadute sul benessere del bambino e della famiglia in generale.

E questo racconto dolorosissimo ne è la conferma.

Le raccomandazioni

Nel Regno Unito l'NHS, in linea con le linee guida dell'OMS, consiglia l'allattamento esclusivo per i primi sei mesi di vita del neonato e l'allattamento continuato insieme a cibi solidi fino al secondo anno o più. Oltre a ciò, consiglia l'allattamento al seno suggerendo alle madri di affidarsi a professionisti e professioniste che sappiano rendere il percorso più semplice e indolore.

Il latte materno è infatti considerato un prodotto "vivo", ricco di anticorpi e proprietà protettive che riducono il rischio di infezioni e altre malattie, oltre a fornire benefici alla salute materna.

L'allattamento può essere doloroso

Nonostante le raccomandazioni e i benefici riconosciuti, l'allattamento materno può trasformarsi in una sfida dolorosa. E lo racconta bene l'articolo, nel quale questa madre descrive in dettaglio le fatiche e le atrocità subite nel periodo in cui ha tentato in tutti i modi di proseguire con questa modalità di nutrimento del suo bebè.

"Novembre 2022. Giacevo sul letto con una vestaglia in disordine, come una degente vittoriana. Mio marito si avvicinò con in braccio nostro figlio neonato. A quel punto lo vedevo come il mio torturatore. Vedevo mio figlio come un paio di pinze, come un cavo elettrico. 'Ha fame', disse. Rabbrividii. Mentre Cyrus iniziava a mangiare, guardai i miei piedi e vidi le dita piegarsi su se stesse. 'Un dolore da far arricciare le dita dei piedi', pensai. Non avevo mai capito prima quanto fosse letterale il cliché".

Il  racconto continua anche scandagliando le reazioni del personale medico alla sua rischiesta, e a quella di altre madri, di passare al latte in polvere.

"Quando Cyrus nacque, la levatrice rise mentre me lo porgeva. 'Sta già cercando', disse. La sua bocca cercava il mio capezzolo e si attaccò immediatamente, le orecchie ancora umide di liquido amniotico. Quella notte, sentii la donna nel letto di fronte chiedere il latte artificiale. 'Perché?', chiese la levatrice, con una voce di sfida che mi fece sentire sollevata di non doverlo chiedere".

La narrazione prosegue nei dettagli: parla di come dopo tre giorni i capezzoli iniziarono a sanguinare e di come comparvero le prime profonde ragadi. Di come la sensazione, allattando, era quella di stimolare continuamente una ferita aperta e purulenta. E di come l'assistente all'allattamento, dopo cinque giorni, le suggerì semplicemente di attendere: "Sarebbe diventato più facile".

Ma che fare se non diventa più facile?

Rivolgersi a una consulente dell'allattamento. Cercare risposte su Google. Resistere. Piangere allattando. Sanguinare.

Fino a quando è giusto?

Il latte in polvere, alternativa sicura

"Prima dell'invenzione del latte artificiale nel XIX secolo, l'allattamento era l'unico modo sicuro per nutrire i bambini", ricorda giustamente la giornalista. "I neonati le cui madri non potevano allattare morivano, venivano allattati da altre donne o venivano nutriti con il latte animale contraendo infezioni che spesso li uccidevano. Oggi il latte artificiale offre un'alternativa sicura, a condizione che i genitori abbiano accesso a acqua pulita e alle strutture per sterilizzare i biberon".

Ed è un'alternativa sicura anche per le madri che trovano l'allattamento al seno doloroso, stressante o estraneo a loro. E per quelle che non hanno abbastanza latte.

Allattare non è obbligatorio: è una scelta e non deve essere doloroso

"Ho pochi bei ricordi dei primi mesi di vita di mio figlio perché sono stati rovinati dall'allattamento al seno".

Questa frase riassume bene il concetto espresso nell'articolo, che in realtà prosegue raccontando della perseveranza di questa donna che ha continuato nonostante il dolore e nonostante anche il marito le suggerisse di smettere. Ma non è stato semplice e non deve essere così per tutte.

"Nei momenti più bui, leggevo forum online e mi infuriavo con le madri che dicevano di apprezzare l'allattamento, perché mi facevano sentire una fallita per voler smettere. Ma non potevo, perché avevo interiorizzato l'idea che la maternità fosse un sacrificio. Ora, dopo 14 mesi, con mia sorpresa, sto ancora allattando perché lo amo. A volte, mentre poppa con le piccole mani paffute strette a pugni e le ciglia che tremolano, Cyrus sorride da solo. In quel momento, sento che c'è qualcosa di sacro in questa transustanziazione del latte da sangue e ossa. So che sarà difficile per alcune donne leggerlo, perché potrebbe farle sentire in colpa per non riuscire o non voler allattare. Voglio dire che è assolutamente accettabile smettere o non iniziare affatto. Molte volte, è la cosa più amorevole da fare, per te e per la tua famiglia. Vorrei aver smesso. Il dolore che ho provato non ne è valsa la pena. Ma se desideri allattare, sappi che non dovrebbe mai fare male. Se fa male, c'è qualcosa di grave e hai bisogno di aiuto".

 

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