Saporiti, naturali e super proteici: i ceci tostati al forno ormai sono diventati una ricetta cult in casa nostra. Si preparano davvero velocemente (spesso mentre i bimbi fanno i compiti) e sono così deliziosi che uno tira l'altro. Facendoli in casa possiamo controllare la quantità di sale e olio che utilizziamo e di conseguenza renderli più sani di quelli che si trovano nei supermercati (anche se in realtà sono abbastanza rari da trovare).

Ceci tostati al forno: la merenda proteica che fa venire l'acquolina in bocca

 

Possiamo chiamarla acqua vitale o acqua aromatizzata. Il concetto non cambia: lasciare in infusione alcuni benefici ingredienti nella nostra acqua rende la bevanda più dissetante, più gustosa e quindi golosa e più ricca di benefici. Questa è per noi deliziosa, freschissima e super golosa anche per i bambini, che amano cocco e menta!

Acqua aromatizzata al cocco, menta e limone: come preparare l'acqua benefica aromatizzata per l'estate

 

Tutti ogni tanto ci proviamo, chi più chi meno. Ma quando il “più” supera il “meno” allora la situazione diventa davvero spiacevole. Parliamo delle scuse per rimandare l’attività fisica: se queste prendono il sopravvento, allora le conseguenze (negative) sono moltissime. Non staremo qui ad elencare i motivi per i quali è quanto mai benefico fare sport (almeno due o tre volte a settimana): quelli sono chiari e li sanno ormai tutti. No, oggi parleremo delle scuse più comuni che ci portano a rimandare sempre rendendoci dei pigroni allergici allo sport.

Non preoccupatevi, tutti più o meno, come dicevamo, usiamo queste scuse. Il problema è queste scuse non sono scuse, non sono credibili, perché stiamo mentendo agli altri ma sopratutto a noi stessi.

Come superare le scuse per non fare sport: 6 idee per essere sinceri con noi stessi e abbracciare una vita attiva

Lo sport è troppo costoso

È vero, certi abbonamenti in palestra o in piscina o certi corsi specifici costano abbastanza, e spesso è dura inserire questo budget nel bilancio mensile. Ma guardiamoci in faccia: sapete quanti sport assolutamente gratuiti e altrettanto benefici esistono? La camminata, la corsa, la bicicletta, lo yoga a casa…

La sera arrivo troppo stanco dal lavoro

E allora vacci la mattina, a camminare, a correre, a nuotare. O, al contrario, se la mattina fatichi ad alzarti, prenditi un’oretta dopo il lavoro, oppure in pausa pranzo. Nessuno impone un orario: devi semplicemente trovare il tuo, quello nel quale ti senti più energico.

Non mi piace allenarmi

È solo perché non hai ancora trovato lo sport adatto a te. E non parliamo di quello in cui sei bravo: magari sei un campione di nuoto ma le vasche ti sembrano noiose e tutte uguali e alla fine ti secca moltissimo andare in piscina. Il bello è che non esistono solo i canonici sport ma ce ne sono migliaia: magari il tuo è la danza (che non si comincia solo da bambini! Ci sono moltissime scuole che tengono corsi per adulti), lo scherma, lo yoga, il calcio, il kung fu, la mountain bike, la camminata veloce (con tanta bella musica in cuffia)…

E come faccio con i bambini?

Non prendere tempo per se stessi è decisamente negativo. Soprattutto quando si tratta di sport e benessere. Siamo certi che nella maggior parte dei casi partner e nonni possono badare ai bimbi per mezz’oretta. Ma in ogni caso la soluzione, anche quando abbiamo con noi i bimbi, c’è: basta portarli con noi. Se facciamo running ci sono passeggini apposta, se camminiamo possiamo portarli con noi, se ci piace la montagna possiamo metterli negli appositi zaini, se ci piace la piscina possiamo andarci insieme e frequentare corsi per bambini e per adulti durante la stessa ora… I benefici in questo caso non saranno solo nostri, ma anche loro, perché li abitueremo fin da subito alla bellezza e al benessere dell’attività fisica.

Non mi piace andare in palestra da sola

Beh, il bello della palestra è che è piena di gente. Magari i primi giorni sì, sarai da sola, ma ti accorgerai presto che nei tuoi orari c’è molta gente che continui a vedere, e una chiacchiera tira l’altra.

Fa troppo caldo/freddo fuori

La scusa per eccellenza per chi fa sport all’aperto, come la camminata, la corsa o la bici. Per il caldo basta indossare abiti leggeri e traspiranti, tecnici, indossare un cappellino leggero e la protezione solare, portando con sé tanta acqua e sali minerali. Per il freddo, beh, basta coprirsi, e anche qui è necessario utilizzare tessuti tecnici. Perché dopo un paio di minuti il freddo sparirà e con lui anche le nostre scuse!

Giulia Mandrino

Una separazione è una separazione. Un divorzio è un divorzio. Chi ci sta passando o ci è passato attraverso sa della sofferenza e degli sforzi che una situazione del genere porta con sé, soprattutto quando ci sono bambini nel mezzo. Proteggerli, farli sentire al sicuro e assicurargli sempre stabilità è il primo pensiero.

Pensate quindi se questo divorzio fosse amplificato. Se la vostra vita fosse sempre sulla bocca di tutti (e non solo dei pettegoli del paese), sulla copertina dei tabloid e tra le notizie in tivù. Allo stress aggiungi stress, sofferenza e timore per i figli.

Lo sa bene Jennifer Garner, tra le attrici più amate, che s’è vista in questi anni comparire e scomparire dalle pagine delle riviste e dei giornali con le storie (più o meno vere) della sua separazione dal marito Ben Affleck.

Il mese scorso, ospite di una trasmissione americana, ha parlato proprio di questo, e le sue parole ci hanno molto colpito, perché per quanto lontana la sua situazione (non tutte siamo attrici famose e riconosciute, no?) ciò che ha detto è applicabile a tutte noi, a tutte le nostre famiglie. E la sua forza mista a dolcezza può essere un esempio e uno spunto per farsi coraggio. La solidarietà femminile passa anche da questo e avere come esempio donne forti e speciali è una bellissima cosa.

Le parole di Jennifer Garner sul divorzio, una forza per tutte noi: l’attrice ha parlato della sua separazione con Ben Affleck e il suo discorso può dare forza a chi sta affrontando una separazione

“Per un decennio buono avevamo fuori casa cinque o dieci macchine, addirittura quindici o venti nel weekend, con i paparazzi. Se ci ripenso sento fortissimo lo stress. E mi viene da piangere”: Jennifer Garner in un’intervista a Sunday Morning sulla CBS ha parlato così della sua vita, rivelando i retroscena di una vita patinata che in molte probabilmente le invidiano, senza sapere cosa significa davvero essere sempre al centro dell’attenzione.

L’attrice non era sotto i riflettori solo per la sua bellezza o la sua bravura, d’altronde, ma soprattutto per la storia d’amore con il collega Ben Affleck. Una coppia d’oro, da sogno, che per 10 anni ha fatto sognare, fino alla separazione nel 2015. Mettiamoci un attimo nei loro panni: quanto può essere stressante essere costantemente osservati e giudicati da buona parte del mondo? Certamente dev’essere estenuante. Non solo a livello personale, ma anche di coppia. E se come in ogni coppia sorgono problemi inconciliabili, allora il processo di separazione diventa ancora più faticoso, stressante e deleterio in una situazione del genere.

“I tuoi fan sono ancora ossessionati dalla tua vita privata”, ha cominciato l’intervistatore. “Ma com’è stato per te affrontare il divorzio e vedere spiattellato tutto su ogni copertina?”. Una domanda molto seria e personale alla quale la Garner non si è sottratta.

“Ciò che credo di aver imparato è che avere questo tipo di attenzione sulla tua vita pone sempre pressione. Voglio dire: quando sei fidanzata vuoi sposarti subito, perché pensi che questo possa stoppare tutta la curiosità. E vale lo stesso al contrario. Anche se non ci sono problemi, se i tabloid decidono che ci sono problemi, i problemi si creano. Ma anche se spesso mi dicono ‘dev’essere stata dura affrontare tutto questo pubblicamente’ mi vien da dire “No, ciò che è stato difficile è stato affrontare tutto questo, punto”.

E no, lei nemmeno li guarda i tabloid. “Ho dovuto essere perentoria con me stessa: non è salutare, non fa bene guardare queste fotografie scattate dai paparazzi. Alla mattina puoi fare due cose: preparare la colazione e il pranzo per la scuola dei bambini o farti bella per i paparazzi. E io so benissimo cosa fare!”.

È vero, l’abbiamo sempre visto: Jennifer Garner e Ben Affleck hanno sempre messo prima di tutto i loro bambini (Violet, Seraphina e Samuel) e non si sono mai curati dei paparazzi. Eppure i paparazzi hanno continuato a stare loro addosso e probabilmente continueranno a farlo. Ma l’attrice ci dà una bellissima lezione: non importa quanto sia stressante la tua vita, non importa quanto grandi siano i problemi. Bisogna affrontarli, bisogna essere coerenti con se stessi, bisogna anche cercare di stare bene con se stessi durante i periodi cattivi.

Soprattutto, ci insegna che sta a noi decidere. Non alla pressione esterna. Sta a noi decidere in ogni situazione, bella o brutta che sia. Nessuno ci può dire chi sposare o quando è il momento di fare il grande passo così come nessuno ci può spingere al divorzio, nessuno ci può lasciare impantanate in un matrimonio finito e nessuno può giudicare la nostra vita. Perché è nostra e abbiamo il diritto e il dovere di viverla a modo nostro. Facciamo come Jennifer Garner: evitiamo (metaforicamente) di leggere i tabloid che ci hanno messo in copertina e seguiamo il nostro cuore.

Giulia Mandrino

Oltre alla pasta fatta in casa c'è un'altra ricetta che stuzzica la nostra creatività e che è decisamente più semplice di quanto si creda. Parliamo degli gnocchi, divertentissimi da fare in casa con i bambini (hanno solo tre ingredienti quindi sono super facili!), tradizionali e fantasiosi, dal momento che utilizzando le patate viola possiamo renderli colorati come piacciono ai più piccoli! E poi sono deliziosi, anche semplicemente con dell'olio evo e pecorino o con un sugo di zucchine saltate in padella.

Gnocchi viola: gli gnocchi fatta in casa a partire dalle patate viola

 

Fare in casa la marmellata è una delle nostre attività preferite, un po' perché ci divertiamo a prepararle con i bambini e un po' perché ci permette di preparare marmellate che siano più sane e meno zuccherate di quelle confezionate.

Questa ricetta è così semplice e benefica (alla frutta aggiungiamo i semi di chia!) da essere diventata ormai un must nella nostra cucina e le mattine d'estate s'impreziosiscono con la nostra chia jam spalmata su delle semplici fette biscottate integrali ai cereali.

Chia Jam: la ricetta della marmellata fatta in casa con frutta e semi di chia

 

Negli ultimi anni “empatia” è un sostantivo che è entrato moltissimo nel parlare comune. E noi ne siamo contente, perché significa che c’è una sempre maggiore attenzione nei confronti di questo atteggiamento e sentimento che ci permette di vivere la vita non distaccandoci dagli altri, ma sentendo le emozioni di tutti. Un atteggiamento, questo, che non è utile solo perché fa sì che siamo più altruisti, ma che torna a beneficio della nostra persona nella sua interezza, a livello personale e a livello sociale.

Negli ultimi anni, però, si è anche assistito ad una tendenza contraria, e se qualcuna di voi ha amiche maestre probabilmente l’ha sentito direttamente dalla loro bocca: la scuola si trova infatti a dover insegnare sempre più spesso ai bambini le emozioni poiché a casa queste non vengono più affrontate. Cosa significa? Significa che i nostri figli hanno bisogno di tornare a fare i conti con i loro sentimenti, sia a casa sia a scuola, perché evitare di parlarne, di affrontarli e di comprenderli è davvero deleterio. Tra questi sentimenti certamente sta l’empatia, che sta alla base delle relazioni sociali funzionali ed armoniche e che è la base per capire le emozioni in toto.

L’empatia, una materia da insegnare a scuola: in Danimarca l’empatia è una materia che i bambini imparano per vivere più felici e sereni

Come spesso accade, l’esempio arriva dalle scuole nordiche. Stavolta parliamo della Danimarca, che nelle sue scuole insegna ai bambini l’empatia. Quando? Durante l’ora di classe, la “Klassen tid”, un’ora che dal 1990 è inserita dal governo nel curriculum ufficiale delle scuole. Tutte le scuole, insomma, hanno nel loro programma un’ora settimanale nella quale al centro dell’attenzione c’è la classe.

Durante la Klassen Tid i bambini imparano dunque, attraverso il dialogo e alcune attività ad hoc, cosa sia l’empatia, ovvero la capacità di capire lo stato d’animo altrui, di mettersi nei suoi panni e di stabilire rapporti più profondi e sinceri. Lo fanno attraverso la concretezza e non solo studiando cosa sia questo concetto, poiché l’ora di classe è fatta proprio per parlare, esternare i problemi, dialogare svelando informazioni personali, esprimersi, rivelare le proprie paure…

La condivisione, quindi, spinge i bambini in primo luogo all’ascolto e parlando in prima persona dei loro problemi capiscono che tutti proviamo qualcosa. È un circolo virtuoso molto importante.

Spesso durante l’ora di classe si cucina qualcosa tutti insieme. Si entra così in uno stato d’animo confortevole, ci si sente a proprio agio, ci si lascia andare, dopodiché si comincia a trattare i problemi tutti insieme. Pian piano si crea un ambiente molto stimolante, sicuro e sereno nel quale tutti sanno di poter trovare conforto e aiuto. In quest’ora prevalgono la solidarietà e lo spirito di gruppo e l’empatia nasce in maniera molto naturale, perché quando tutti sono coinvolti il sentire l’altro diventa più semplice.

Tutto questo non è fine a se stesso ma ha risvolti positivissimi sui bambini, che possono fare tesoro di questo insegnamento sfruttandolo durante tutta la vita. Abituarsi a entrare in contatto con gli altri sviluppando empatia è preziosissimo, soprattutto in una società come la nostra nella quale l’individualismo è sempre più osannato e nel quale ego e narcisismo la fanno da padroni. Ma non solo a livello di “altruismo”, come dicevamo prima. L’empatia non è utile solo perché così “si diventa persone buone” (anche se è verissimo!). È utile anche a livello personale poiché l’empatia può diventare essenziale in moltissimi campi della vita: in famiglia, sul lavoro, nella carriera scolastica

Empatia è infatti scambio. E lo scambio è fondamentale per la vita. Così come per lo sviluppo naturale del rispetto: come si fa a crescere rispettosi se non si pensa alle conseguenze che le nostre azioni hanno sull’altro? Come si fanno a rispettare gli altri e i loro diritti se il loro sentire non ci sfiora?

Insegnare l’empatia dovrebbe quindi essere tradizione di tutte le scuole, in tutto il mondo, anche in Italia. Le si potrebbe dedicare un’ora a settimana come in Danimarca, sfruttando poi gli strumenti che la scuola ci dà: un giardino, un circle-time, una cucina, un laboratorio… L’importante sono il dialogo e la creazione di un ambiente sicuro nel quale tutti possano esprimersi e calarsi nei sentimenti dei propri compagni con rispetto, coinvolgimento e serietà.

Giulia Mandrino

Tutti nella vita prima o poi veniamo in contatto con delle persone tossiche che potenzialmente possono trascinarci in un brutto loop. Magari non sono persone tossiche in generale, ma lo sono per noi, e quando i nostri caratteri collidono le conseguenze sono pesanti. Oppure sono persone proprio pesanti, tossiche e inebrianti che effettivamente hanno la capacità, con tutti, di trascinarli in luoghi bui dell’esistenza.

Sono le persone arroganti, negative, che tentano di avere la meglio su tutti, che fanno del pessimismo un’arte o che s’approfittano sempre dell’altro. In ogni caso, dovremmo saperle riconoscere e non farci problemi ad allontanarci da loro. Soprattutto, non dovremmo tentare di piacere loro in tutti i modi, o di compiacerle, poiché spesso questi rapporti influiscono negativamente sulla nostra felicità

Persone tossiche, quali sono e perché sbarazzarsene: quali sono i personaggi negativi e tossici che non dobbiamo avere paura ad allontanare dalla nostra vita

Allontanare le persone tossiche dalla nostra vita ha benefici incredibili. Se di carattere siamo un po’ più deboli di altri che riescono a prenderne le distanze oppure se certi periodi della nostra vita ci fanno sentire la loro influenza negativa in maniera particolarmente pesante e coinvolgente, allora dobbiamo prendere coraggio e capire che non stiamo facendo un torto a nessuno se prendiamo la decisione di tagliare i ponti o di allontanarci un po’ da queste persone tossiche. Stiamo solo facendo del bene a noi stessi, poiché allontanando quest’aura di tossicità e negatività ne guadagniamo in salute e felicità.

Le persone tossiche possono essere dappertutto nella nostra vita. Colleghi, familiari, amici, amici di amici, conoscenti. E solitamente riescono ad avvicinarsi a noi in maniera molto profonda, perché una delle loro capacità è quella di attaccarsi moltissimo agli altri succhiandone emozioni ed energie, che trasformano poi in loro energia emotiva vitale.

C’è, ad esempio, l’eterno negativo. È la persona che non sentirete mai dire “Tutto bene, grazie!”, perché a suo dire nella sua vita tutto è sempre nero. Mai una soddisfazione sul lavoro (ma solo colleghi “incapaci” o che “ce l’hanno con lui), mai una svolta positiva nella vita, mai un sorriso che non sia di circostanza ma solo frecciatine nei confronti degli altri (perché la colpa è sempre esterna) e vittimismo costante. Il pericolo è che, soprattutto in periodi particolarmente giù o stressanti, l’eterno negativo ci trascini nel suo baratro e ci faccia vedere solo i lati negativi di alcuni aspetti della nostra vita (solitamente quelli che condividiamo con lui, il lavoro o la famiglia ad esempio), o che addirittura riesca a farci sentire in colpa per le “disgrazie” a lui capitate. Ma non è così, perché la maggior parte delle volte non sono disgrazie (è solo la sua visione incapace di vedere il bello nelle cose e di godersi la vita) e soprattutto perché noi non c’entriamo assolutamente nulla!

Leggermente diverso ma comunque dedito al negativismo è il negativo manipolatore, quello che commenta sempre le tue notizie con aneddoti che ti buttano giù, con commenti inappropriati (“ma davvero? Sei sicuro di ciò che hai fatto? Ah, beh, bell’aumento, ma nella tua posizione credevo prendessi molto di più”) e con finta preoccupazione. Ti fa dubitare di te stesso e questo è assolutamente riprovevole.

C’è poi il pettegolo. Quello che ci trascina sempre nel gazzettino del paese, che ne ha una per tutti, che sa ogni ultimo gossip. Il problema è questa sua tendenza crea attorno a lui un ambiente spinosissimo. Le sue maldicenze (perché questo sono, nel caso della persona tossica, non degli innocui pettegolezzi da ombrellone) sono pericolose e mettono zizzania nell’ambiente in cui vive o lavora. Spesso sono pettegolezzi credibili, altre volte veri, altre ancora del tutto falsi, ma ciò che è tossico è soprattutto l’intenzione di mettere sempre in cattiva luce gli altri. Meglio stare zitti ed evitare di cadere trappola, poiché anche solo commentando o stando al gioco diventiamo anche noi colpevoli.

Tossicissimo è l’amico (o familiare) che manipola. Sfrutta la bontà di chi ha di fronte per volgere le situazioni a suo favore o per evitare sforzi. Ti aiuta solo se quell’aiuto ha un risvolto positivo per lui, ti cerca quando ha bisogno, usa tutto il fascino di cui è capace (perché il manipolatore è affascinantissimo!) per prenderti energie, tempo e denaro a suo favore. L’insidia è dietro l’angolo, perché una persona tossica manipolatrice ci fa sentire bene con noi stessi ma soprattutto utili, quando in realtà lo farebbero con chiunque. Non è un’amicizia vera. È solo opportunismo.

Infine, è meglio distaccarci dai vecchi amici. Non quelli con cui continui ad avere un rapporto (anche se solo una volta all’anno) volentieri, o quelli con cui hai passato dei bellissimi momenti che non vuoi dimenticare, ma piuttosto quelli che sono entrati nella vita per un piccolo periodo di tempo e che ne sono usciti velocemente. Spesso si rimane attaccati a queste amicizie per senso del dovere quando in realtà ci pesano e basta. Non dobbiamo farci problemi ad allontanarci e a togliere l’ancora, soprattutto nel momento in cui l’amicizia è a senso unico. Non vi sentite più e tu ti senti in colpa? Ricorda che si è in due in un’amicizia e che anche l’altro non sta alzando la cornetta del telefono. Basta arrovellarsi per il niente!

E non dimentichiamoci di chi non vuole mai uscire dalla sua confort zone tenendo anche voi appiccicati a lui, chi è aggressivo senza motivo, chi utilizza troppo sarcasmo mettendovi sempre in cattiva luce di fronte agli altri. E soprattutto chi vi fa credere che senza di lui non sareste nessuno: tutti sono qualcuno e tutti hanno il diritto di vivere una vita serena senza zavorre che ci trascinino in un baratro solo perché sanno farci sentire in colpa!

Giulia Mandrino

I parchi divertimento migliori d’Europa

Lunedì, 23 Luglio 2018 07:21

L’anno scorso vi avevamo parlato dei parchi divertimento più belli del Nord Italia e dei parchi più strani che possiamo trovare lungo lo stivale. Ma se quest’estate abbiamo in programma un viaggio in famiglia in una città o in una località europea questo non basta. Ecco perché abbiamo deciso di svelarvi i nostri parchi divertimento europei preferiti, quelli più o meno conosciuti ma che in ogni caso ci assicurano giornate di spensieratezza infinita con i nostri bambini!

I parchi divertimento migliori d’Europa: dove trovare i parchi divertimento migliori durante il nostro viaggio europeo con i bambini

Per noi romantiche e per le famiglie che viaggiano nel Nord Europa il consiglio è quello di fare una capatina al Tivoli Gardens di Copenhagen. Perché? Perché è tra i più vecchi d’Europa (è il secondo più “anziano” dopo il Dyrehavsbakken, sempre in Danimarca - l’abbiamo scoperto grazie all’utilissima e definitiva guida ai parchi divertimento europei stilata da Shopalike). Lo chiamano anche semplicemente “Giardini di Tivoli” e dal 1843 delizia le giornate delle famiglie che vogliono divertirsi in un gigantesco luna park. Ci sono giostre e attrazioni, ma ciò che amiamo è il verde in cui è immerso, con i suoi ampi boschi e gli animali che li popolano!

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Bellissimo è anche il Wiener Prater di Vienna, conosciuto per la sua immensa ruota panoramica ma anche per le montagne russe: è ricchissimo infatti di queste attrazioni adrenaliniche (per tutti i gusti e per tutte le età) e piace quindi moltissimo anche ai papà.

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In Polonia, a Zabor, è presente invece uno dei parchi divertimento più adatti alle famiglie, Energylandia, che secondo la guida di Shopalike è il migliore di tutti in base al prezzo del biglietto (67 euro per 4 persone), per la possibilità di pernottamento e per il numero di attrazioni (92!). Segue, in Olanda (a Slagharen) l’Attractiepark Slagharen, con 35 attrazioni ed un prezzo a famiglia medio di 100 euro. Qui troviamo scivoli enormi, montagne russe per tutta la famiglia, i vecchi calcinculo e le canoe sull’acqua, oltre a tantissimi altri giochi.

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Impossibile non parlare poi di Disneyland Paris, che per metratura è il parco divertimenti più grande d’Europa. E c’è da dire che l’essere così famoso non è un caso: è curato in tutti i dettagli e oltre ai tantissimi giochi da fare in famiglia vale la pena anche solo per le passeggiate immersi nelle ambientazioni Disney che hanno ricreato. Per non parlare degli spettacoli della sera, con i personaggi dei cartoni che mandano giustamente in visibilio i bambini (e anche noi genitori ci sciogliamo un po’, senza vergogna).

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Se la nostra vacanza sarà inglese, sappiate che ad Alton, nello Staffordshire, è presente Alton Towers, un parco divertimenti con - tra gli altri - moltissime montagne russe (due per la famiglia, le altre estreme o super estreme!), rapide per bagnarsi in maniera divertente, una casa stregata, una scuola guida per bambini, le giostre con i cavalli e le tazze (che a Gardaland non troviamo più).

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E senza dimenticare l’Italia (fa parte dell’Europa, no?) non possiamo non citare Gardaland e Mirabilandia: sono i più conosciuti, e un motivo c’è. Per la grandezza dei due luoghi e per la ricchezza di attrazioni, non solo per i più temerari, ma per tutta la famiglia! Dal Colorado Boat a Mammut a Gardaland fino al Rio Bravo e alle Brontocars di Mirabilandia, il divertimento con i bambini è completo. E anche solo passeggiare per questi parchi curati al dettaglio è un’avventura!

Giulia Mandrino

Il 20% delle mamme soffre di depressione post parto, una patologia di cui si parla molto ma che spesso non viene affrontato nella maniera corretta dai media e da chi ci sta attorno, poiché la tendenza è quella di nascondere questa realtà. Un numero davvero molto elevato. Ma non è l’unico. Perché in pochi lo sanno, ma anche il 10% dei papà soffre di depressione dopo la nascita del proprio figlio. E anche questo è un argomento di cui si dovrebbe parlare molto di più.

Sì, esiste anche la depressione post parto dei papà: la PPD, Paternal Postpartum Depression, ovvero quando i papà soffrono dopo l’arrivo di un figlio

Parlare di un problema è il primo passo verso la sua risoluzione. Perché solo parlando lo si riconosce e una volta riconosciuto lo si può affrontare. Perché quindi lasciare nell’oblio un disturbo come la depressione che colpisce i padri dopo l’arrivo di un bambino? La depressione postpartum è tipica delle madri, ma il baby blues colpisce anche i padri, in maniera differente, e non dovremmo fare finta di niente.

Perché non se ne parla? Un po’ perché effettivamente non si conosce questa patologia (e sono pochi gli uomini che la riconoscono, associandola all’arrivo del bambino e non ad altri aspetti della vita), un po’ per cultura, perché come sappiamo agli uomini è ancora, purtroppo, affibbiato il ruolo di machi senza sentimenti, di robot senza lacrime che se lacrimano sono meno uomini (e ricordate il bellissimo progetto “What real men dry like”?).

Alcune ricerche (come questa) hanno osservato come la causa di questa depressione sia l’abbassamento di testosterone. Se a nove mesi dalla nascita del bambino il testosterone del padre si abbassa, infatti, aumenta il rischio di depressione. Questo testosterone, tuttavia, ha un’influenza contraria sulla madre. Se infatti il partner presenta bassi livelli di questo ormone, la madre rischia in maniera minore di soffrire di depressione postpartum (e al contrario quando il testosterone del papà è troppo alto il rischio aumenta, anche per l’aggressività e lo stress che caratterizzano gli uomini con alti livelli di questo ormone). Sembra un’altalena, e in effetti è così, e l’ideale è quindi l’equilibrio del testosterone.

Questo studio non fa che confermare una cosa, e cioè che anche i padri presentano, alla nascita dei figli, dei cambiamenti fisici che influenzano la loro psiche. Non è solo la mamma quindi a provare gli sbalzi d’umore (come spesso pensiamo, anche per le implicazioni fisiche della gravidanza e del parto). E questo spiega anche come certi padri siano molto coinvolti nella crescita dei figli mentre altri non sentano la necessità di stare loro vicini (anche a livello di contatto fisico).

La ricerca però ha sottolineato anche un altro fatto, e cioè i benefici della presenza di una partner di supporto e presente. Se i padri con basso testosterone soffrivano infatti di depressione, questa diminuiva e migliorava nel caso in cui la compagna era una compagna presente e d’aiuto. E in effetti sono molti gli studi (come questo) che sottolineano come la migliore soluzione per combattere la depressione postparto dei padri (detta anche PPD, Paternal Postpartum Depression) sia il supporto del partner che si ha accanto.

Il primo passo per stare vicino ad un papà che sta soffrendo di questo disturbo è quindi quello di stare vicino. Prima parlandone con delicatezza, poi trovando un valido supporto negli psicologi che conoscono il problema.

E un altro validissimo aiuto è parlare e fare amicizia con altri padri. Il “villaggio” è un concetto molto importante poiché trovando persone nella nostra stessa situazione (non la depressione, ma la paternità) possiamo trovare risposte, capire meglio noi stessi, vedere altri approcci alla paternità, trovare un aiuto nell’amicizia vera.

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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