Capricci: come faccio a farlo smettere?

Definire cos’è un capriccio è molto complicato infatti può assumere diverse forme ed avere infinite manifestazioni, dalla crisi ininterrotta di pianto a comportamenti aggressivi verso oggetti e persone, dall’immobilità al correre fino allo sfinimento, dal dire no ripetutamente a qualsiasi cosa al non parlare per ore e potremmo continuare ancora. Una cosa però accomuna tutti i capricci: mettono decisamente alla prova i genitori. Spesso è il motivo che spinge i genitori a richiedere degli incontri di consulenza psico-genitoriale, a rivolgersi ad esperti in materia psicopedagogica, a chiedere consiglio ad amici e parenti ed a confrontare il loro bimbo con quelli degli altri.
La domanda che spesso mi sento fare è : Come faccio a gestire i capricci di mio figlio? Qual è il modo giusto? Cosa devo fare? Come faccio a farlo smettere? Perché non smette?.

I genitori a volte sono davvero disperati e privi di risorse davanti ai loro “bambini capricciosi” e cercano delle soluzioni variegate al problema, dal chiedere al bambino cosa c’è che lo tormenta alla sculacciata, i comportamenti anti-capriccio che i genitori cercano di mettere in atto sono, anche in questo caso, moltissimi. Durante la mia esperienza professionale e personale ho maturato una convinzione: Non c’è un modo giusto di gestire il capriccio. Ai genitori questa risposta non piace mai, ma credo che sia l’unica corretta che posso proporvi. La risposta alla domanda dei genitori deve essere per necessità più complessa e non può essere una ricetta precostituita che magicamente aiuta il genitore a gestire il capriccio o in generale il comportamento del proprio figlio. Esistono dei comportamenti dei genitori che aiutano a gestire il capriccio nel momento in cui si scatena ma è importante che questi comportamenti ,che successivamente descriverò, siano integrati in un “percorso di relazione” che genitori e figli devono percorrere insieme.

Per prima cosa è necessario chiarire perché il bambino mette in atto un capriccio. E’ forse un essere sadico che vuole portare allo sfinimento i suoi genitori? O è così masochista che vuole ricevere una sculacciata? Niente di tutto questo, il bambino fa’ i capricci perché richiede l’attenzione dei genitori e la radice di questo bisogno cambia a seconda della situazione, della famiglia e del carattere del bambino. Il perché di questo bisogno di attenzioni è l’incognita che il genitore è tenuto a risolvere e non c’è una risposta univoca, i motivi scatenanti della richiesta di attenzione sono infiniti, può essere motivato dal cambiamento dell’assetto famigliare (nuovo figlio, separazione dei genitori, traslochi, lutto ecc) o da un momento di cambiamento nella vita del bambino (svezzamento, abbandono del ciuccio o del pannolino, inserimenti al nido-scuola materna ecc) o semplicemente da un momento di frustrazione che il bambino prova in momenti della vita quotidiana. Il capriccio diventa quindi una espressione di un bisogno è un comportamento con il quale il bambino esprime un dissenso e urla ai genitori “guardatemi, datemi attenzione, esisto e sono qui”, questa modalità comunicativa varia a seconda dell’età ( secondo me è possibile parlare di vero capriccio dai 9 mesi in poi) e dal grado di maturità cognitiva del bimbo, ma la richiesta alla base è sempre la stessa essere visto e riconosciuto. Se partiamo da questo presupposto fondamentale ingenuamente ci sembra ovvio che il comportamento da attuare è quello di dare attenzioni in quel momento al bambino così che il capriccio passi, ma non è così anzi è proprio il contrario. Molti esperti di pedagogia e di educazione suggeriscono giustamente di ignorare il capriccio. Pur sembrando paradossale è necessario che il genitore ignori il capriccio perché la modalità con cui il bambino sta comunicando il suo bisogno non è quella ottimale, il capriccio è un comportamento “agito e non pensato”, il bambino mette in atto il comportamento che gli sembra istintivamente più funzionale per il suo disagio ma senza riconoscere il bisogno che ha dentro, non è ancora in grado di verbalizzare la sua frustrazione e “mette in scena” il capriccio. Se il genitore presta attenzione al capriccio, alle urla o a tutti i comportamenti “capricciosi” può risolvere momentaneamente il disagio del bambino senza però aiutarlo a riconoscere il bisogno alla base o anche semplicemente a tollerare quel vuoto o quella rabbia che sente. Ignorare il capriccio invece aiuta il bambino ad imparare a calmarsi da solo ed a riflettere su quello che gli si muove dentro per capirlo ed esprimerlo in modo più efficace e maturo. Chiaramente questo meccanismo ha una declinazione più o meno complessa a seconda dell’età del bambino. Il genitore non si deve però limitare solo a ignorare il capriccio ma deve ricordarsi il bisogno che il bambino ha sempre, quello di essere accudito, riconosciuto e visto dalle persone che ama, per questo mamma e papà dovranno dedicare del tempo di qualità al loro figlio nei momenti in cui è calmo e tranquillo. Per “tempo di qualità” intendo lo svolgere attività piacevoli per i genitori e per il bambino insieme, anche in questo caso non ci sono ricette o soluzioni magiche, semplicemente il genitore si deve sentire a suo agio tanto quanto il bambino nel giocare, parlare, leggere o fare qualsiasi attività che ritiene opportuna e fattibile nella propria famiglia. Mettendo in atto questo duplice atteggiamento, ignorare il capriccio da una parte e dedicare del tempo ad attività familiari ritengo sia il modo migliore per gestire i capricci, modulando tempi ed attività a seconda dei caratteri dei membri della famiglia e delle età dei figli.

Un comportamento che a mio avviso è indispensabile evitare è quello della punizione corporale, la famosa sculacciata che alcuni genitori accennano anche solo come gesto verso il proprio figlio, ritengo che non solo non aiuti il bambino a capire profondamente i suoi errori ma all’interno della gestione dei capricci è controproducente. La modalità comunicativa del bambino quando fa i capricci è spesso violenta ed aggressiva ed è per questo motivo che alcuni genitori credono che con una piccola sculacciata il capriccio finisca, in realtà stanno rispondendo all’aggressività del bambino con altra aggressività, e stanno implicitamente trasmettendo il messaggio che esprimere il proprio disagio con la violenza è giusto ed adulto. Invito quindi tutti i genitori a riflettere sul perché a volte non riescono a fare a meno di punire in questo modo i bambini, non stanno forse mettendo in atto senza riflettere lo stesso identico meccanismo che c’è alla base del capriccio? Voglio essere ascoltato, riconosciuto nel mio valore ed agisco quindi con aggressività esattamente come un bambino.

Pur non essendoci un “modo giusto ed infallibile” di comportarsi come genitore possiamo rintracciare una linea guida che ci orienta nell’educazione dei figli, il genitore è l’adulto di riferimento è la guida del bambino che da lui apprende imitandone i comportamenti, soprattutto nei primi anni di vita, è necessario quindi che il genitore sia consapevole di questo ruolo fondamentale e che si comporti di conseguenza. Altrettanto importante è che il genitore si senta a suo agio nei panni che veste e che segua i suoi valori profondi di riferimento nel vivere in famiglia e nell’affrontare la quotidianità e la crescita dei propri figli.

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Sara

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Cecilia

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