I ritratti dell’innocenza di Ali Cavanaugh

(Photo credit: Ali Cavanaugh)

Coglie l’innocenza dell’infanzia. La disegna. La colora. La esalta e la mostra in tutta la sua bellezza e forza. Ali Cavanaugh ci piace per questo: oltre ad avere un tratto bellissimo, molti suoi lavori si concentrano sulle persone, sull’umanità, e ciò che ne esce sono riflessioni delicate sul senso della vita.

Come in uno dei suoi ultimi progetti, “Immerse”, che indaga a fondo, con semplicità, poesia e bellezza, l’innocenza dei più piccoli, con dei ritratti a bambini delicati e potentissimi.

I ritratti dell’innocenza di Ali Cavanaugh: il progetto pittorico “Immerse”, che ci piace perché profondamente riflessivo, poetico e delicato

Ali Cavanaugh è un’artista statunitense che utilizza come medium soprattutto l’acquerello. Il suo soggetto prediletto è l’essere umano, soprattutto donne e donne adolescenti, delle quali indaga i cambiamenti fisici ed emotivi, l’interiorità, l’apertura, le emozioni, le riflessioni e gli sguardi potenti.

Da quando è diventata mamma la sua musa è però cambiata: ora c’è sua figlia, con la sua innocenza e la sua onestà, la sua apertura e l’ingenuità radiosa ad ispirarla. E nei suoi lavori lo si vede benissimo. Soprattutto in uno degli ultimi progetti, “Immerse”, ispirati proprio dalla sua bambina, che diventa emblema di tutta l’infanzia e di tutti i bambini.

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Di nuovo, è l’acquerello a caratterizzare la tela. I suoi bellissimi ritratti nascono dai colori ad acqua, fluidi ed eterei, e forse è proprio anche il tratto a suggerire l’infinita dolcezza ed innocenza di questi bambini (perché anche se la sua piccola è il prevalente soggetto non mancano “intrusioni” speciali”). Ali riesce a fare suo lo scorrere del pennello, lo scorrere dell’acqua alla base di questi colori, tirandone fuori immagini pazzesche, silenziose e ingenue, forti e delicate, proprio come sono tutti i bambini del mondo.

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Ciò che ci piace di questa artista è anche la sua storia, una storia che le ha permesso di sviluppare una sensibilità e un’empatia fortissime, che ha riversato completamente nel suo lavoro.

All’età di due anni - racconta Ali sul suo sito internet - perse parzialmente l’udito a causa di una meningite spinale. Lei chiama la perdita una “benedizione nel disagio”, poiché in quel periodo imparò a dipendere dal linguaggio del corpo e a leggere le labbra per ascoltare gli altri e comunicare con loro.

Questo le ha anche permesso di sviluppare una sensibilità più spiccata rispetto alla maggior parte della gente, poiché osservando i corpi umani attorno a lei è riuscita e decifrare un linguaggio del corpo che ai più sfugge.

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“Ciò che vediamo e ciò che non vediamo dell’esistenza umana è stata una delle pietre miliari concettuali nella mia carriera come artista”, spiega. “È nel momento dell’esitazione nel quale ci si muove nello spazio interiore dei pensieri che trovo ispirazione. Voglio dipingere non solo le caratteristiche delicate esterne della persona. Voglio catturare la tenera presenza nascosta che trascende la comprensione e che sta nel fondo dell’anima. Nella mia esperienza, lavorando con le persone che dipingo scopro continuamente il profondo mistero dell’esistenza”.

Giulia Mandrino

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