(Photo: Boy and The Rabbit)

Noi adoriamo i pancake. La domenica mattina è sempre dedicata a loro, che siano preparati con la ricetta tradizionale per pancake o che siano con farina di canapa senza glutine. Stavolta vi proponiamo una versione davvero fantasiosa, che li scompone ma che ne mantiene la golosità, in una veste divertente e tutta nuova!

I pancake in barattolo: la ricetta dei tradizionali pancake rivisitata e preparata nelle mason jar

 

12 ottobre 2017: segnate la data sul calendario, se non l’avete già fatto, perché certamente i bambini non staranno più nella pelle. Arriva infatti nelle sale il film d’animazione Lego Ninjago, ultima fatica della serie firmata dall’azienda di mattoncini più famosa al mondo!

Noi l’abbiamo visto in anteprima, e abbiamo capito perché l’amore nei confronti di queste pellicole è viscerale! Non serve essere fan dei Ninjago per capire che il mondo Lego ha di nuovo fatto centro.

Lego Ninjago, il nuovo film nei cinema da domani: perché non dovremmo perderci la nuova pellicola targata Lego, con la sua azione ma soprattutto il suo divertimento intelligente

Se già i film della Lego vi hanno appassionato, questo sicuramente prenderà il suo posto sul podio, soprattutto nei cuori di quei bambini che (come i nostri) sono super fan della linea Ninjago, quella dei personaggi ninja calati in una modernissima città orientale che prende spunto dalle culture giapponese, cinese, tailandese e, in generale, del Sol Levante, proprio come nell’immaginario di un bambino.

La trama del film è semplice: Sensei Wu è un anziano maestro di spinjitzu che insieme ad una squadra di ninja deve salvare l’isola di Ninjago dall’attacco di Sensei Garmadon. Come sempre la trama si arricchisce di tutto ciò che sta a lato: l’umorismo fine, il divertimento, le immagini impeccabili che portano i bambini, come in un sogno, in un vero mondo fatto di mattoncini Lego… Non mancano, poi, voci che piaceranno moltissimo ai bambini: tra gli interpreti e doppiatori italiani, infatti, ecco Leonardo Decarli, youtuber e attore, e Lasabrigamer, la modella icona del moderno mondo dei videogiochi.

Presentato nelle sale in 2D e in 3D a partire da giovedì 12 ottobre, il film Lego Ninjago è la perfetta continuazione delle prime due pellicole del franchising Lego, intrise di umorismo, ironia e avventura (un umorismo fatto per i bambini, ma anche per gli adulti!): come sempre non sono solo gli elementi superficiali ad emergere, ma anche, importantissimo, i valori che i film vogliono trasmettere, e cioè la scoperta di se stessi, la storia intima tra figli e genitori e la ricerca dei propri punti di forza, dei propri talenti e della propria identità.

Non solo: punto a super favore del film è l’elogio che i personaggi, alla fine della storia, fanno dell’interiorità in contrasto con l’esteriorità e la tecnologia. In un mondo fatto di aggeggi tecnologici invitanti e succulenti, ciò che Sensei Wu riesce a trasmettere ai suoi allievi è l’importanza di ciò che abbiamo dentro, della nostra forza interiore, così come del fare squadra e dell’amicizia.

Per realizzare il film, che riproduce in maniera digitale i mattoncini in maniera super veritiera, ci sono voluti quattro anni: negli uffici di Los Angeles i produttori hanno ripreso “in mano” i mattoncini digitali utilizzati per il primo film Lego, creandone 3463 nuovi. Qualche numero: la città e le montagne circostanti sono state costruite virtualmente con 12 milioni e 700 mila mattoncini e il mondo del film è grande circa 78 mila metri quadrati, suppergiù come la Piramide di Giza.

Insomma: il nuovo film Lego Ninjago è un connubio perfetto di divertimento, umorismo, fascino infantile, avventura e arti marziali, il tutto inserito in un viaggio emozionale e interiore delicato e profondo, che tocca il cuore di tutti, grandi e bambini, proprio come le vecchie favole intrise di avventura e morale.

Nota per i bambinoni adulti: la versione originale ha tra i suoi doppiatori Jackie Chan, che ha anche interpretato le scene d’azione e che ha reso l’avventura ancora più autentica. Insieme ai suoi stunt ha coreografo i combattimenti, e i bambini di un tempo riconosceranno certamente l’impronta dei suoi film!

Giulia Mandrino

Il topponcino Montessori

Mercoledì, 11 Ottobre 2017 12:32

(Pinterest)

Conoscete tutti gli strumenti inventati dalla pedagogista Maria Montessori nel secolo scorso? Abbiamo le learning tower (che possiamo comprare o provare a costruire); l’alfabeto tattile; le scatole dei materiali; i vassoi e i contenitori...

C’è però un altro strumento montessoriano, stavolta dedicato ai più piccoli. Ma proprio ai piccoli piccoli! Si tratta del topponcino, o cuscino della sicurezza, pensato esattamente per i primi giorni di vita. Un cuscino, quindi, che più che per educare serve per venire in aiuto alle mamme e ai papà, ma che è altrettanto utile, comodo e geniale.

Il topponcino montessori: il cuscino della sicurezza inventato da Maria Montessori per non avere paura di maneggiare i bambini nei primi giorni di vita

No, non abbiate paura a dirlo: chi afferma con arroganza di non avere mai avuto paura di prendere in braccio un neonato sta mentendo. Forse non ricorda più la prima volta che l’ha fatto, ma certamente tenere tra le braccia un piccolo esserino di pochi giorni, settimane o mesi è terrificante. Perché abbiamo paura di fargli male involontariamente, ed è normalissimo. I bambini sembrano così delicati… SONO così delicati… Non dobbiamo temere di ammettere che nei primi giorni dopo l’ospedale eravamo quasi pietrificati durante le poppate, il bagnetto e nei momenti in cui li abbracciavamo.

Bene, Maria Montessori ha pensato anche a questo. E ha progettato per tutti i genitori un cuscino che prima di tutto protegge il bambino, e in secondo luogo dà sicurezza agli adulti che stanno per prendere in braccio quel bambino.

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(Etsy)

Si chiama cuscino della sicurezza, ma ultimamente lo si chiama anche topponcino montessoriano, e si tratta semplicemente di un piccolo materassino di dimensione appena superiore a quella di un bambino di pochi mesi. È di forma rettangolare con gli angoli tondeggianti (di forma ellittica, insomma) e al suo interno prevede una leggerissima imbottitura, quella che servirà, appunto, a prevenire e attutire i colpi al bambino. In sostanza, è una federa leggera imbottita con un mollettone altrettanto leggero.

Il topponcino si usa in maniera semplicissima: grazie alla sua forma e alla sua leggerezza è molto più maneggevole e meno ingombrante di un materassino, quindi lo si utilizza tenendolo sempre sotto la schiena del bambino. Essendo un po’ più grande del neonato, il topponcino sporgerà da sopra la testa e da sotto i piedini, come una copertina più rigida.

Quando lo allattiamo, quando dorme, quando lo prendiamo in braccio, quando lo teniamo tra le nostre braccia (per non fare ciondolare la testa), quando lo spostiamo o lo cambiamo: il topponcino lo si usa sempre e grazie al suo aiuto il bambino viene protetto. Il secondo risvolto positivo è il fatto che i genitori grazie alla sua presenza acquisiscono sicurezza e familiarità con i movimenti, fino al momento in cui il cuscino della sicurezza non servirà più.

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(Feeding The Soil)

Il topponcino è semplicissimo da realizzare, quindi basta un po’ di manualità con la macchina da cucire: lo si crea come un normale cuscino, tenendo la forma che dicevamo e imbottendolo con un “mollettone”.

Altrimenti, lo si può tranquillamente comprare: su Etsy, ad esempio, oppure su Amazon. In questo caso troviamo una comoda custodia, da riempire con un’imbottitura leggera.

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(Amazon)

Giulia Mandrino

Che giungla questa febbre!

Mercoledì, 11 Ottobre 2017 09:10

Ieri pomeriggio abbiamo partecipato ad un evento davvero interessante per tutti noi: “Che giungla questa febbre”, patrocinato dalla Casa Pediatrica Fatebenefratelli-Sacco, ha presentato la ricerca SWG sul comportamento delle mamme in relazione con gli episodi di febbre dei propri figli.

Come ci comportiamo? Quando iniziamo a preoccuparci? Chiamiamo il pediatra troppo presto o troppo tardi? Quando la febbre è collegata ad altro di più importante? A queste domande e a molte altre hanno risposto gli esperti, presentando le statistiche e chiarendo quali sarebbero, invece, i comportamenti da adottare quando ai nostri piccoli viene la febbre.

Che giungla questa febbre: i risultati della ricerca SWG sul comportamento delle mamme quando compare la febbre nei bambini


Lo studio ha preso in considerazione un campione di donne italiane con figli tra gli 0 e i 10 anni, chiedendo loro il loro comportamento durante gli episodi di febbre dei loro bambini.

I dati che balzano più all’occhio? Il numero di mamme che ancora si affida ai metodi della nonna e quello delle madri che iniziano ad agitarsi nel momento stesso in cui la temperatura aumenta. Ma entriamo nel dettaglio: ad allarmarsi immediatamente è una mamma su quattro (e per allarmarsi si intende che chiama subito il pediatra o addirittura porta il bambino direttamente al pronto soccorso), mentre ad affidarsi ai rimedi tradizionali è addirittura l’81% delle madri. Il problema è che questi metodi tradizionali comprendono sia l’applicazione della borsa del ghiaccio sulla testa, sia spugnature con alcool o acqua su testa, polsi e caviglie, pratiche che in realtà potrebbero portare all’effetto contrario di quello sperato (l’abbassamento della febbre - che, in realtà, nella maggior parte dei casi non andrebbe abbassata, ma lasciata agire in quanto meccanismo di difesa del nostro organismo)

Lo studio ha inoltre portato alla luce il fatto che nonostante le mamme siano effettivamente preparate sulla teoria (l’88% dichiara di sapere che la febbre è un meccanismo di difesa, come abbiamo già detto), in realtà nella pratica si lasciano prendere dal panico o dall’insicurezza: ecco allora che il 59% delle madri rimane incerta su quando misurare la febbre (e solo il 41% la prova, come giusto che sia, ogni due ore).

Il problema alla base, probabilmente, è la mancanza di informazioni che, parrebbe un ossimoro, è in realtà effetto della troppa quantità di informazioni che si trovano in rete: il 50% delle mamme, infatti, cerca di risolvere i suoi dubbi affidandosi a internet, quando in realtà questo prezioso strumento dovrebbe essere utilizzato con cautela, essendo presenti sì molte informazioni esatte, ma anche moltissimi falsi miti (http://www.mammapretaporter.it/salute/salute-ben-essere-mb/5-risposte-a-5-miti-sulla-febbre-dei-bambini), credenze e informazioni false.

Tuttavia, fortunatamente, il 63% delle madri si affida ancora al pediatra, figura di riferimento quando si tratta di chiedere consigli o di chiarire quando e quali farmaci somministrare ai bambini.

Insomma: mala-informazione e ansia sono molto presenti tra le mamme, che devono quindi sapersi destreggiare tra le informazioni della gente (le famose zie Ignazie che tutti conosciamo), di internet e del pediatra (al quale in realtà dovrebbero dare molta più fiducia).

Detto questo, l’ansia dovrebbe essere tenuta sottocontrollo: non preoccupiamoci prima dei 3 giorni di febbre! È questo, infatti, il momento giusto per chiamare il pediatra: se il bambino ha 40 di febbre ma salta, gioca e corre, non preoccupiamoci troppo e non somministriamo farmaci.

Anche questa dei farmaci, infatti, è una questione delicata, poiché è ancora presentissima la credenza secondo cui a 38.5 gradi di temperatura è obbligatorio somministrare paracetamolo. Il paracetamolo deve essere somministrato solo in caso di dolore, e non basandoci semplicemente sulla temperatura! Come dicevamo, infatti, l’innalzamento della temperatura corporea, e quindi la febbre, è un meccanismo assolutamente naturale di difesa che il nostro organismo mette in atto per combattere i virus, quindi cercare di abbassarla a priori è davvero controproducente.

Le regole da seguire sarebbero quindi opportunamente queste:

- La febbre è da considerarsi meccanismo naturale del corpo, quindi una temperatura tra i 36.5 e i 37.5 è assolutamente normale. Consideriamola “febbre” solo dai 37.5 in poi, senza comunque allarmarci subito. Quindi dopo una partita di calcio, la sera o quando siamo accaldati è assolutamente normale per alcuni di noi avere 37,3 -37,4.

- Per misurarla, affidiamoci alla misurazione ascellare con un semplice termometro digitale. La misurazione sublinguale e quella rettale non sono sicure.

- Per trattare la febbre, se scegliamo terapie non farmacologiche evitiamo sempre le coperte calde e i vestiti pesanti, così come la vicinanza alle fonti di calore, anche se il bambino ha freddo. Idem no alle docce fredde, alle borse del ghiaccio e alle spugnature. Da evitare assolutamente l’alcool!!! Sì, invece, a tenere il bambino idratato facendogli bere molta acqua.

- Le terapie farmacologiche andrebbero sempre concordate con il pediatra, che saprà indicare (sempre in caso di dolore e non solo di temperatura alta!) l’ibuprofene (che è analgesico, antinfiammatorio e antipiretico) o il paracetamolo (antipiretico e analgesico), in base al peso del bambino e alla fascia d’età.

- Il pediatra andrebbe chiamato: prima dei trenta giorni di vita se il bambino ha qualsiasi linea di febbre; prima dei tre mesi di vita quando supera i 38 gradi; dai 3 ai 6 mesi quando la febbre è associata ad altri sintomi, o comunque nelle prime 24 ore dell’insorgere della febbre; dopo i sei mesi, solo quando sono presenti altri sintomi, quando il bambino ha dolore e quando la temperatura supera i 38.5 gradi.

Capitolo a parte meritano le convulsioni febbrili, molto presenti tra i bambini. Se è la prima volta che accade, controlliamo la durata della crisi, mettiamo il bambino su un fianco, non apriamo la bocca né muoviamo la lingua e portiamolo subito al pronto soccorso (se è il primo episodio, se la crisi dura più di cinque minuti o se il bambino ha più di sei anni). Non allarmiamoci: nella stragrande maggioranza dei casi le convulsioni non hanno assolutamente conseguenze sul bambino e non si verificano a causa di febbre elevata, ma probabilmente l’evento scatenante è un repentino cambiamento di temperatura.

Giulia Mandrino

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Dura la vita da duro

Martedì, 10 Ottobre 2017 13:38

"Non è neanche brutto, ma riesce ad essere cattivo, veramente cattivo, soprattutto con me": il libro parte con il pensiero di tutti i bambini che almeno una volta nella vita sono stati vittime di bullismo. Ogni giorno se lo ritrovano lì, quel ragazzino che li ha presi di mira. E ogni giorno andare a scuola diventa pesantissimo, psicologicamente e fisicamente, cone quelle fitte allo stomaco e il cuore martellante che non sembrano mai andare via.

Dura la vita da duro: il libro di Daniela Valente per parlare di bullismo, comprenderlo, non lasciarsi sopraffare e trovare una soluzione

"Dura la vita da duro" (scritto da Daniela Valente, illlustrato da Margherita Micheli e edito da Coccole Books) è un libro illuminante: a volte sono proprio i libri a guidarci nella comprensione della vita, portandoci l'esempio metaforico di chi come noi sta passando la stessa situazione. Passivamente o attivamente, perché non dobbiamo concentrarci solo su chi il bullismo lo subisce, ma anche su chi lo fa, andando a guarire il problema dalla radice. Ecco perché la storia è raccontata da due punti di vista che si alternano: quella del gatto perseguitato e quella del gatto cattivo.

Il libro parla di due gatti: uno perseguitato a scuola da un personaggio cattivo, e l'altro prepotente. Ogni mattina, il prepotente se la prende con il più debole, inventando di volta in volta nuovi e crudeli scherzi.

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Daniela Valente, l'autrice, è molto brava: descrive alla perfezione le sensazioni dei due, così come la situazione, che sembra ripetersi in tutti i casi di bullismo. Il prepotente che gira con il suo gruppetto, il malcapitato che si sente come un topo con i gatti, le risa che fanno sbellicare la gang e che fanno venire voglia di urlare dall'altra parte della barricata.

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Poi, la svolta: una micina si avvicina al gatto indifeso e gli chiede qualcosa. La prima cotta. Ecco cosa spinge lui a capire di dover chiedere aiuto, di raccontare cosa gli accade, di trovare alleati per porre fine alla situazione. Per non avere più PAURA. 

Ma la svolta arriva anche per il bullo: la stessa ragazzina non vuole avere niente a che fare con lui, lui che ha fatto il figo solo per essere bello ai suoi occhi e che invece ne esce sconfitto, perché a lei non sta bene il suo comportamento. Anche lui, così, comincia a capire di avere sbagliato. 

Da una parte il parlare, il dialogo, l'esternare che fa bene e che finalmente libera. Dall'altra parte la consapevolezza di avere sbagliato grazie a qualcuno che finalmente ti dice apertamente cosa pensa del tuo comportamento. Due liberazioni, che passano solo dalla consapevolezza.

Immaginarsi il bullismo come qualcosa di pesantissimo è giusto, ma dobbiamo ricordarci che sono anche i piccoli gesti, gli insulti pacati, i dispetti costanti e quelle mille altre piccole cose che i bambini e i ragazzini intavolano ogni giorno ad essere deleterie.

Facciamo attenzione ai piccoli segnali da parte dei nostri bambini: potrebbero essere vittima di altri ragazzini, oppure potrebbero essere loro stessi i bulli. In ogni caso leggere "Dura la vita da duro" può fare davvero bene!

Mercoledì scorso noi di mammapretaporter siamo state ad un evento davvero favoloso. Spoiler: abbiamo potuto assaporare il cappuccino più buono della nostra vita! Non esageriamo: schiumoso in maniera esagerata, saporito e bilanciato. E non eravamo in un bar. No. Ma era meglio di quello del bar!

L’evento era il lancio della linea di capsule Barista di Nespresso: un’edizione limitata di tre cialde pensate per chi (come noi) ama la colazione al bar e vorrebbe provare il piacere di gustare caffè e cappuccino a regola d’arte anche a casa.

Il cappuccino più buono che abbiamo mai provato: con Nespresso Lattissima One e le cialde Barista in edizione limitata ecco il cappuccino sano e perfetto anche a casa

Partiamo da un presupposto forse scontato ma che ci teniamo a ribadire: fare il caffè è un’arte. Lo sappiamo bene noi italiani, che quando andiamo in giro per il mondo ci prepariamo alle smorfie che compariranno sul nostro viso ogni volta che berremo un caffè inevitabilmente peggiore del nostro.

Il caffè è un’arte, dicevamo, perché le variabili sono davvero tante: innanzitutto, è la mano del barista che fa moltissimo. Quanto bisogna pressare il caffè nella macchina? Quanto caffè dobbiamo mettere? Insomma: una tazzina di caffè è un fiocco di neve: è impossibile prepararne una esattamente identica ad un’altra. Be’, lo stesso vale per il cappuccino, altro must della caffetteria italiana e inimitabile nel mondo: la quantità di schiuma e lo spessore della stessa variano sempre, perché non è una preparazione meccanica, ma fatta da una mano umana che conosce a menadito l’arte che sta dietro alla preparazione di un cappuccino.

Nespresso ha pensato quindi di ispirarsi all’arte dei baristi veri, unendola al piacere di prendersi il caffè al bar. Il risultato sono queste tre cialde, Barista Chiaro (per un cappuccino dolce); Barista Scuro (per un Espresso macchiato intenso e super cremoso); e infine Barista Corto (per preparare un Ristretto Nero intenso ed estremo).

Se già conoscete le cialde Nespresso, allora saprete che il loro sapore è inconfondibile e inimitabile, e che effettivamente sono le capsule di caffè che più si avvicinano al sapore del caffè preso al bar. Be’, queste sono ancora più incredibili, perché si ispirano direttamente all’esperienza dei baristi più esperti.

Abbinando alle capsule Barista la macchina per caffè Lattissima One (che in questi giorni è in promozione: la possiamo comprare a 199 euro, invece dei soliti 249!), ecco quindi che la nostra esperienza di baristi a casa si completa: grazie alla funzione per preparare una perfetta schiuma di latte, i nostri cappuccini e caffellatte casalinghi sono davvero perfetti. Ve lo possiamo assicurare!

Durante l’evento Nespresso abbiamo potuto assaggiare la combinazione capsule Barista+schiuma di Lattissima: non esageriamo se diciamo che era il cappuccino più schiumoso e godurioso che abbiamo mai assaporato!

Il bello è che con Lattissima One (che per noi mamme è super comoda, poiché oltre all’essere compatta è parzialmente lavabile in lavastoviglie!) possiamo prepararci a casa dei cappuccini, del caffellatte e delle bevande schiumose (a noi sono venuti subito in mente il Pumpkin Spice Latte e il Matcha Latte!) assolutamente sane e naturali.

Basta utilizzare al posto del latte vaccino quello vegetale. Il nostro consiglio? Il latte vegetale migliore per ottenere una schiuma perfetta per il cappuccino è certamente quello di soia. Ma anche quello di mandorla non è da disdegnare: la schiuma sarà meno corposa, ma il sapore finale del cappuccio e del caffellatte è certamente delizioso.

Giulia Mandrino 

Cosa succede quando una coppia trentenne vede le famose due lineette rosa sul test di gravidanza? Succede che la vita si stravolge. In bene, in male, con eccitazione, con paura. Ma sempre si stravolge. Martino Corti, cantante, attore e regista, per un anno è stato fermo. Perché anche lui ha assistito alla comparsa delle famose due linee, e si è stoppato per un attimo. Ora è pronto a tornare a teatro, con uno spettacolo dedicato proprio al tema della famiglia che si forma.

È tutto da vedere, lo spettacolo per tutti i genitori: Martino Corti torna allo Spazio Avirex Tertulliano con uno spettacolo dedicato proprio a tutti, che parla di vita e di maternità

Accanto a Martino sul palco ci sarà l'attrice Vanessa Korn (e accanto a loro Luca Nobis, alla chitarra e alla loop station): "È tutto da vedere" andrà in scena presso lo Spazio Avirex Tertulliano (invia Tertulliano 68 a Milano), dal 19 al 29 ottobre 2017, dal giovedì al sabato alle 21 e domenica alle 16.30 e 20.30 - biglietti prenotabili a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), e si prospetta già uno spettacolo per tutti. Per le giovani famiglie, per le coppie, per i nonni, ma anche per i single, per i bambini. Per tutti, ecco.

La storia si snoda attorno al primo vagito di Mirtilla: ci sono Martino e Vanessa, ma ci sono anche le nonne, ci sono le loro prime volte, c'è la loro infanzia che diventa adolescenza e che diventa età adulta, ci sono i primi appuntamenti, ci sono gli abbracci, ci sono gli incontri.

Lo spettacolo sarà proprio questo: un viaggio di vita nella quotidianità di ognuno di noi, con le situazioni ironiche e i passaggi seri, il tutto per arrivare a quel primo fantastico abbraccio in tre che segna l'arrivo sognato da tante coppie. Le lineette, la pancia che cresce, le riflessioni, le paure, la gioia incontenibile, le difficoltà...

 

"Per più di un anno non ho scritto nulla", scrive Martino nel suo blog. "Canzoni, monologhi, niente. Non ero bloccato, semplicemente ero consapevole che diventare papà mi stesse portando su un piano diverso e le parole per raccontarlo, semplicemente, non c’erano. Poi hanno iniziato ad arrivare, e con loro il desiderio di condividere la meraviglia che stavo vivendo, il mondo che avevo sempre avuto davanti agli occhi ma che non avevo mai visto senza gli occhi di Mirtilla. Ed eccoci qua, finalmente con Vanessa Korn, attrice, regista e autrice meravigliosa con cui ci inseguiamo da tanto tempo, e ancora una volta insieme al meraviglioso Luca Nobis, con uno spettacolo che possono vedere tutti. Con uno spettacolo che i genitori DEVONO vedere".

Se volete farvi un'idea dello spettacolo, quindi, basta seguire Martino sulla sua pagina Facebook: parla di Cami, la sua compagna, e parla di Tilla (Mirtilla), la sua bambina, che gli ha stravolto la vita. Tilla che ride per le parole strane, che quando ha la febbre si mette a rassettare casa. Tilla che era nella pancia durante uno spettacolo del 2014 e Tilla che ormai gli ispira tutti i monologhi e le canzoni. 

Un papà dolcissimo che mette in arte il suo amore per la famiglia. Un papà dolcissimo che potremo finalmente rivedere sul palco tra qualche giorno!

Giulia Mandrino

 

Lo slime che vien dal mare

Martedì, 10 Ottobre 2017 08:26

(Photo credit)

Siamo già tornati a scuola e al lavoro, è autunno inoltrato. Ma siamo certi che moltissimi voi avranno già malinconia del mare, e che stiano già pensando di comprare un po' di sabbia da mettere nei recinti in giardino per giocare con secchiello e paletta. Oppure per provare qualche esperimento! Bene: ne abbiamo uno che fa per voi, tra i più divertenti in assoluto, perché si ottiene una sabbia cinetica tipo slime perfetta, naturale e giocosissima.

Lo slime che vien dal mare: come realizzare uno slime naturale e divertentissimo partendo dalla sabbia che ci ricorda le vacanze al mare

Lo slime, una sabbia cinetica morbida e delicata che si presta a tutte le forme che vogliamo dargli (tornando subito alla sua forma originaria) è uno strumento davvero utile per quanto riguarda sensorialità, esplorazione e creatività. La sensorialità viene stimolata grazie alla consistenza di questa specie di pongo che in realtà pongo non è, perché è molto più morbido e malleabile e perché non serve per fare piccole sculture ma semplicemente per godere del momento del “modellare”. L’esplorazione è altrettanto presente, poiché i bambini scoprono questa sabbia direttamente con le mani. E infine la creatività è stimolata, appunto perché non la si usa per scolpire con il pongo ma per creare senza soluzione di continuità forme che variano continuamente, incessantemente.

Per preparare il nostro slime, ecco ciò di cui avremo bisogno:

  • Sabbia (la troviamo online o nelle giardinerie)
  • Amido liquido non tossico (Possiamo usare anche quello farinoso, l’amido di mais. In questo caso il rapporto con la colla sarà di 3 a 1: per ogni parte di colla, ne andranno 3 di amido, restando un po’ indietro per aggiungere la nostra sabbia e non renderlo troppo duro)
  • Colla liquida (la Elmer’s è la migliore, perché non tossica e perché ha una consistenza perfetta)
  • Acqua
  • Una ciotola, un cucchiaio e dei misurini

Ed ecco il procedimento:

  • Mischiamo in una ciotola mezza tazza di acqua e mezza tazza di colla liquida. Mescoliamo molto bene con un cucchiaio finché non saranno omogenee, quindi aggiungiamo un po’ di sabbia alla volta, fino a che non sarà integrata nel mix.
  • Aggiungiamo quindi mezza tazza di amido liquido, togliendo il cucchiaio dalla ciotola, e vedremo in un attimo formarsi la nostra sabbia cinetica (o slime). Mescoliamo bene con le mani, finché la colla non sarà interamente incorporata. Sentiremo sotto le mani lo stime formarsi completamente!

Possiamo giocarci subito, oppure attendere 15/30 minuti: in questo lasso di tempo lo slime si assesta e prende la perfetta consistenza, ma non è proibito non resistere e giocare subito!

Una volta terminato il gioco, possiamo conservarlo per circa una settimana, tenendolo in un recipiente ben chiuso.

Giulia Mandrino

Siamo abituati alle lezioni classiche, praticamente in tutte le scuole: lezioni frontali, compiti, verifiche, interrogazioni e voti. Quello che non sappiamo è che in realtà esistono metodi educativi e approcci didattici davvero innovativi. Sono numerosi, e gli insegnanti che stanno iniziando (almeno) ad integrarli nei loro programmi, affiancandoli alle classiche lezioni, sono fortunatamente sempre di più.

Gli approcci a cui ci riferiamo sono innovativi perché mettono al centro il bambino e il ragazzo, e non più la materia; perché coinvolgono la concretezza dell’imparare; perché tentando di capovolgere gli schemi per avere più risultati a livello ampio; e perché mettono in gioco non solo le nozioni, ma anche la socialità, le emozioni e la praticità.

6 metodi didattici da prendere in considerazione: dal cooperative learning all’autoeducazione, le migliori strategie didattiche per gli insegnanti di scuola

COOPERATIVE LEARNING

Il cooperative learning è probabilmente il metodo più distante da quello frontale a cui siamo abituati, perché prevede l’apprendimento attraverso la collaborazione di tutti, insegnanti e ragazzi, esattamente come suggerisce il nome. Coinvolgendo direttamente i bambini e i ragazzi, li si stimola e li si interessa maggiormente, e la concretezza del processo aiuta ad apprendere meglio i concetti. Non solo: anche la socialità ne esce rafforzata, così come l’empatia e il rispetto (degli altri e di se stessi, ognuno con i propri limiti e le proprie forze, dal momento che ognuno mette la sua a disposizione degli altri).

Qui trovate il nostro articolo che spiega nello specifico di cosa si tratta quando parliamo di cooperative learning (o apprendimento cooperativo).

CIRCLE TIME

Il circle time, o “momento in cerchio”, prevede che in classe una volta al giorno (o un paio di volte a settimana) ci si impegni in un momento di lezione nel quale i ragazzi dispongono le loro sedie in cerchio, insieme all’insegnante (che si siede insieme a loro, allo stesso livello). È un momento di parità in classe, nel quale non c’è più l’insegnante di fronte a loro e soprattutto durante il quale scompaiono le disposizioni degli alunni (davanti “gli indisciplinati”, dietro “i bravi”). Può essere utilizzato per apprendere nuove nozioni e fare lezione in maniera diversa, ma è soprattutto un momento buono per le riflessioni, per il problem soling e per la risoluzione di tensioni e dubbi.

Qui il nostro articolo dedicato al Circle Time.

CLASSE CAPOVOLTA

Per classe capovolta si intende un metodo educativo che prevede l’apprendimento attivo da parte dei bambini, che non subiscono più passivamente le lezioni ma che divengono protagonisti della propria educazione. L’aula diviene il luogo dello scambio e non più solo del “ricevere informazioni”, dal momento che queste informazioni vengono fornite ai ragazzi attraverso diversi strumenti che loro possono scegliere.

PEER EDUCATION

Simile alla classe capovolta (o flipped classroom) è la peer education, ovvero l’educazione tra pari. Prevede lo scambio diretto e concreto tra i ragazzi, che dopo avere assistito alle lezioni rispondono alle domande dell’insegnante in gruppo, oppure discutono insieme sull’argomento. In questo modo, applicando la peer education a tutte le materie, i ragazzi che hanno capito meglio l’argomento lo spiegano a quelli rimasti un attimo più indietro, stimolando una tipologia di comprensione diversa, più attiva da parte di entrambi perché più stimolante. Non ci sarà mai quello “più bravo” e quello “più scarso”, poiché in generale in ogni materia e in ogni argomento ci sarà chi è più portato e chi meno, chi ha capito tutto e a chi è sfuggito qualcosa, e nel lungo termine tutti si troveranno allo stesso livello, educativo e sociale.

DIDATTICA LABORATORIALE

La didattica laboratoriale si fonda su una concezione costruttivista e concreta dell’apprendimento. Ovvero: intraprendendo più laboratori durante l’orario scolastico, si stimolano i bambini a lavorare con le proprie mani o a mettere in gioco il loro intelletto in maniera più concreta e applicata, per giungere ad un apprendimento più solido perché provato sulla propria pelle.
Rispetto alle lezioni frontali, i laboratori fanno sì che i ragazzi apprendano i concetti attraverso problemi concreti da risolvere, attraverso tecniche da applicare e attraverso esperimenti da provare, stimolando l’attività pratica ma anche l’interazione e mettendo in gioco tutte le risorse, non solo quelle intellettive più pure di studio e di comprensione astratta.

AUTOEDUCAZIONE

È ancora poco diffusa, e c’è nello specifico una scuola in particolare che la pratica, e da cui potremmo prendere spunto: la Sudbury Valley School, che segue il pensiero studiato da Peter Gray che prevede di intendere l’insegnamento non come una trasmissione in linea verticale insegnante-bambini, ma come un processo lineare orizzontale nel quale i ragazzi vengono lasciati liberi per giungere in maniera naturale a imparare tutto ciò di cui hanno bisogno. L’insegnante diviene una guida, a disposizione dei bambini, che scelgono da sé come impiegare il tempo scolastico. La cosa che stupisce è come i bambini siano diligenti nell’apprendimento: non pensiamo che se lasciati liberi impieghino il loro tempo solo a giocare senza altro fine. I bambini sanno in maniera innata e istintiva di cosa hanno bisogno, e una volta abituati a decidere come sfruttare il proprio tempo giungono ad un perfetto equilibrio.

Se volete approfondire il metodo, ecco un articolo che lo spiega in dettaglio.

Giulia Mandrino 

(Photo: https://lydioutloud.com/peppermint-sugar-scrub-cubes-recipe/)

Lo scrub è un’abitudine davvero sana e virtuosa: farlo due o tre giorni a settimana significa donare alla pelle morbidezza e lucentezza e renderla liscia, grazie al potere esfoliante del prodotto, che con gentilezza elimina le cellule morte, le tossine superficiali e uniforma l’epidermide.

Essendo molto semplice da preparare in casa, noi siamo solite preparare il nostro personale scrub a partire da ingredienti naturali che abbiamo in cucina, come lo scrub a base di tè verde e zucchero. Stavolta ve ne proponiamo uno ancora più comodo, perché prevede la creazione di cubi solidi davvero molto pratici e naturali!

Cubetti fatti in casa per lo scrub quotidiano: l’esfoliante solido homemade a base di zucchero e sapone di Marsiglia

Combinando l’azione dello zucchero, del sapone e dell’olio di cocco, il nostro scrub homemade diventa un perfetto strumento per l’igiene e la cura di noi stesse, poiché mentre esfolia pulisce e ammorbidisce l’epidermide, in una multiazione.

Inoltre, la forma a cubo, solido, risolve un problema forse poco noto ma che comunque esiste: i prodotti che siamo abituati ad utilizzare solitamente sono in forma fluida o semi-fluida. Restando in doccia o ai margini della vasca da bagno costantemente, vengono a contatto (inevitabilmente) con l’acqua, che si annida nei barattoli e che ristagnando favorisce il proliferare dei batteri. Con i cubetti questo problema non viene debellato, ma certamente la situazione viene contenuta e i batteri dimezzano.

Oltre al sapone e allo zucchero di canna, che sta alla base dello scrub per il potere esfoliante, noi aggiungiamo anche un po’ di argilla rosa, un’argilla molto fine che depura, assorbe gli oli in eccesso e purifica la pelle, anche quella più sensibile che si arrossa facilmente.

Ecco gli ingredienti:

Una tazza di zucchero di canna

1.5 kg di sapone di Marsiglia solido

2/3 di tazza di olio di cocco

1 cucchiaio di argilla rosa

30 gocce di olio essenziale di lavanda

Ed ecco la ricetta:

Iniziamo tagliando a pezzetti il sapone di Marsiglia e mettendolo in una ciotola di vetro, infilata in una casseruola riempita per metà d’acqua. Accendiamo il fuoco (medio) e lasciamo sciogliere a bagnomaria, mescolando di tanto in tanto.

In un’altra ciotola, mescoliamo l’argilla rosa con l’olio di cocco, e una volta che il sapone è pronto mescoliamo tutto insieme. Se si formano troppi grumi o il composto diventa solido, mettiamolo di nuovo a sciogliere.

Nel composto aggiungiamo quindi l’olio essenziale e immediatamente lo zucchero. Mescoliamo molto velocemente e riempiamo con il composto uno stampo per cubetti di ghiaccio in silicone. Mettiamolo in frigorifero per un’ora, quindi, una volta che i cubi si saranno solidificati, stacchiamoli. Possiamo conservarli in barattoli chiusi, al riparo da luce e calore diretti.

L’utilizzo è semplicissimo: basta utilizzare i cubetti sotto la doccia come del sapone, passandoli sulla pelle e sfregando bene, risciacquando poi con acqua.

Giulia Mandrino 

Sara

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Cecilia

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