Controllare il cellulare dei figli: sì o no?

I tempi sono cambiati. Controllare i nostri figli non è più "fisico", ma soprattutto virtuale. Perché gli adolescenti (e i preadolescenti) spendono moltissimo tempo online, e non solo sui social come Instagram o TikTok, ma anche sulle app di messaggistica come WhatsApp. Se noi adolescenti degli anni Novanta, insomma, potevamo scambiarci solo pochi messaggi (risicando sll lettere xké il crdt poteva terminare), oggi il flusso delle conversazioni è lungo, potenzialmente infinito e pericolosissimo. Perché non solo c'è poco controllo, ma anche perché tutto resta indelebile. Se prima, quindi, le parole restavano solo ascoltate nel gruppetto alla panchina, ora rimangono appiccicate.

Controllare il cellulare dei figli può essere la soluzione? Non c'è una risposta univoca e le implicazioni educative sono diverse. Vediamole in questo articolo.

Il dialogo, prima forma di protezione

Il primo passo verso la protezione online dei nostri figli deve essere sempre il dialogo. E non solo riguardo alla loro vita e alle loro emozioni, ma anche sulla tecnologia di per sé. Non cominciamo a parlare dei device, delle app e dei social in adolescenza, ma iniziamo a farlo prima (ricordando sempre che prima dei 3 anni è meglio non dare smartphone e tablet ai bambini!), facendo sì che i nostri figli abbiano una confidenza sana con la tecnologia e internet. Parliamo dei pericoli, portiamo esempi (anche personali: siamo stati adolescenti, c'era - che so - Messenger, e possiamo avere avuto esperienze che possono guidare i nostri bambini), spieghiamo come stare sicuri online e soprattutto stressiamo bene le implicazioni dei messaggi che oggigiorno restano sempre indelebili e leggibili potenzialmente da tutti (e per sempre: anche quando diventeranno adulti).

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La fiducia

Dopo il dialogo, la fiducia è imprescindibile in famiglia. Dobbiamo essere guide, e non ditattori. Cerchiamo quindi di fare capire ai ragazzi che abbiamo fiducia in loro, che preferiamo che ci parlino dei problemi e delle situazioni borderline (senza che li giudichiamo) piuttosto che scoprirlo da altri, che la porta è sempre aperta.

Detto questo, quando c'è il sentore che qualcosa non vada (e i pericoli di internet sono davvero moltissimi: adescatori, baby gang che si riuniscono online, cyber bullismo, video non adatti alla loro età, dipendenza da tecnologia...) è giusto indagare a fondo. Anche perché le situazioni possono essere due: nostro figlio può essere vittima, ma anche carnefice. Sono entrati in giri strani? Contribuiscono a deridere qualche compagno o a isolarlo? Oppure sono loro stessi il bersaglio di commenti fuoriluogo? Stanno partecipando a qualche challenge strana? Insomma, i pericoli sono davvero moltissimi.

Legalmente, possiamo controllare il cellulare?

Controllare il cellulare è la nuova versione del controllare il diario segreto. Ma lo si può fare o è un'invasione della privacy? Se parliamo legalmente, i figli minori di 14 anni non rispondono dei loro reati in quanto minorenni, e non ne rispondono nemmeno i genitori o i tutori legali, ma questi sono comunque responsabili del comportamento dei figli e garanti nei confronti degli altri. I minori di 18 anni, invece, e quindi dai 14 ai 18 anni, rispondono delle proprie azioni subendone anche le conseguenze (anche penali e legali).

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Secondo la legge italiana, i genitori sono quindi tenuti al controllo per evitare azioni illecite e reati, anche sfruttando le app e i servizi di parental control. Tutto questo lo fa sapere il sito La Legge Per Tutti, che sottolinea come a ben vedere controllare il cellulare dei figli sia un dovere educativo.

In effetti, poi, se ci pensiamo il cellulare è legalmente della mamma o del papà. Non può essere intestato ai bambini e di conseguenza tutto il contenuto è di "proprietà" dei genitori. Chiarendolo, i ragazzi capiranno che è loro responsabilità non combinare nulla di illegale o pericoloso (almeno sulla carta).

In generale, quindi, sì alla fiducia, ma sì anche al controllo quando annusiamo che qualcosa non va bene. Un buon metodo è siglare un "contratto" con i ragazzi: le regole saranno ben definite e ogni sgarro significherà perdere i diritti tecnologici. 

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