Perfezione, no grazie

Da quando ho memoria mi sono sentita dire da ogni parte la seguente frase: “Che caratterino, la bambina!”. Perfino mio padre che, sono sicura, mi amava moltissimo, davanti alle manifestazioni spontanee del mio caratterino soleva esclamare: “Poveraccio chi ti sposa”.

Suonerebbe quasi divertente se la poveraccia in realtá non fossi stata io sposando quel personaggio del mio ex marito. Ma questa é un’altra storia.

La pressione a cui le bambine e donne di ogni etá vengono sottoposte ogni giorno é tanto subdola quanto potente. 

Una donna é dolce. Paziente. Accondiscendente. Fragile. Delicata. Debole. Votata al sacrificio. E spesso isterica.

Questo é a grandi linee il messaggio (vogliamo chiamarlo imprinting?) che la nostra societá invia costantemente a ognuno di noi, donne e uomini. Non ci vuole un QI particolarmente alto per capire che questa idea di come dovrebbe essere la donna perfetta non viene, appunto, da una donna, ma sono sicura che in molti casi gli stessi maschi che spontaneamente vivrebbero l’altro sesso come suo pari ne rimangono schiacciati.

Che esagerate siamo, nevvero? Essere paragonate a un giglio puro e delicato o a una madonna dal cuore trafitto é decisamente romantico e lusinghiero. 

Sí, certo: ti dipingo fragile, cosí hai bisogno di me; ti descrivo paziente, cosí io sono libero di non prendermi le mie responsabilitá e tu sarai lí a perdonarmi; ti chiamo “isterica” cosí posso tagliare corto davanti ad ogni tipo di confronto alla pari; ti dico “puttana” tutte le volte che fai di testa tua e mostri la tua forza perché fai impallidire la mia.

Nel mio caso, durante moltissimi anni, questa pressione mi ha portato a non accettare il mio “caratterino”. Spesso perfino io ho utilizzato questo termine per definirmi. Da qualche anno lo rinnego e uso “carattere” o “personalitá”. In altre parole: io sono cosí, non é che ho un caratterino. Questa sono io. Punto. 

Ognuno di noi ha una personalitá innata che viene plasmata da familia, societá e cultura. Non voglio dire che la frustrazione della personalitá sia una sofferenza prettamente femminile. Immagino che molti uomini vivano spesso la pressione di dover essere “uomini veri”.  Ma parlo di ció che conosco e io sono donna, e madre di una donna e voglio parlare di come la pressione sociale ci faccia passare una vita intera rincorrendo un ideale che é solo una chimera ed una fonte di grande sofferenza. 

Solo da poco, alla soglia dei quarant’anni, ho cominciato a credere che il fatto di essere forte, indipendente, intraprendente e coraggiosa vada benissimo e che non devo nasconderlo, né tantomeno negarlo a me stessa e agli altri, o addirittura proteggere gli uomini della mia vita dal mio modo di essere. Quando ho smesso di farlo ho incotrato il mio compagno e padre di mia figlia. Ta-dan!

La forza e la energia sono una costante del mio essere. Questi due aspetti si legano anche con la dolcezza, la pazienza e con tutte le mie debolezze, caratteristiche che, intendiamoci, potrei non avere e andrei benissimo lo stesso. Semplicemente io sono cosí. Cerco di volermi bene come sono (e non é che sia una passeggiata a volte...), vivo nella speranza di migliorare, conosco i miei limiti e li faccio rispettare agli altri.

E qui arriviamo al punto: tantissime persone mi chiedono perché faccio Crossfit. Per chi non lo sapesse si tratta di uno sport molto intenso, che include, tra altre cose, sollevare peso e movimenti di ginnastica. Me l’hanno chiesto perplessi i miei amici quando iniziai, mi hanno giudicato sconosciuti e non quando ho continuato a farlo in gravidanza, adesso le altre madri mi guardano come se fossi una disgrazata che toglie tempo alla figlia per sudare come un cammello e poi mostare gli addominali nelle reti sociali.

In realtá faccio Crossfit perché in questo sport ho trovato un modo per esprimere ció che sono davvero: sono forte, posso esserlo ancora di piú e rimanere comunque una donna, anche migliore di prima, anche con i muscoli, anche con la cellulite che scappa dal pantaloncino che uso per allenarmi. Perché nel box (dove si fa crossfit) quello che conta é cercare sempre la migliore versione di te stesso, non la perfezione. Se non é importante questo nella vita, ditemi cosa lo é. Cosa aspettiamo, nella vita, per cominciare a mostrare la migliore versione di noi stessi? 

Che sia ogni giorno per me. Che lo sia per mia figlia. Che ogni giorno sia un giorno migliore di ieri, non un giorno perfetto. Che ogni caduta o erorre sia un passo verso la realizzazione di noi stessi, attraverso le lezioni che la vita ci da. 

Questo é l’esempio che io voglio essere per la mia bambina. Voglio che mi veda inseguire le mie passioni rinunciando a altre cose; che mi veda riconoscere i miei limiti...per poi poterli poi spostare un po’ piú in lá. Voglio che cresca sentendo e vivendo che puó fare e diventare tutto ció che desidera perché lo ha visto in me. Voglio che impari che la sua forza e l’amore per se stessa é tutto ció di cui ha bisogno per vivere felice.  

É ovvio che il Crossfit é solo un modo (il mio) in cui, ogni giorno, cerco di passarle il messaggio. In realtá poi non é nemmeno che lo faccia coscientemente. Semplicemente cerco di essere me stessa ogni giorno (con i nervosismi, il crossfit, le scemenze, il lucidalabbra, etc.) per insegnarle che é solo cosí che si puó essere felici. 

Se tu, amica mia, sei felice scegliendo di essere ballerina, va benissimo. Se scegli e sei contenta facendo le torte in casa, perfetto! Se scegli di guidare i camion e sei contenta di  viaggiare per ore ed ore, io sono contenta per te.

Fondamentalmente sono contenta per ogni donna o essere umano che sia libero di scegliere di poter essere se stesso.

Perché si puó chiedere scusa per ció che facciamo, se sbagliamo, ma non per ció che siamo.

E che la forza sia con noi.

 

Sara

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Cecilia

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