Bambini e timidezza: come incoraggiarli a giocare con gli altri

Ogni bambino e ogni bambina ha la propria personalità, e su questo non ci piove. Rispettare le inclinazioni è la prima regola per la serenità e per una crescita armonica. Detto questo, la socialità è fondamentale per l'essere umano e non è quindi sbagliato voler incoraggiare quei bimbi e quelle bimbe che sembrano estremamente timorosi quando si tratta di fare amicizia o di interagire con gli altri. Soprattutto nei casi in cui i bambini si "trasformano" in esserini timidini quando prima non lo erano, o quando in casa e con le persone con cui sono a proprio agio si lasciano andare completamente, senza alcun problema.

Quando la timidezza è un problema?

Sia chiaro: la timidezza non è un problema.

La timidezza è una caratteristica di molte persone, di tutte le età.

Le relazioni sociali sono diverse per ognuno di noi, e lo sono anche per ogni bambino e bambina. La prima cosa da fare per un genitore di un bambino timido è quindi accettare la natura del proprio figlio, in quanto essere umano a se stante. Non si è sociali alla stessa maniera!

Chiarito questo punto, è normale desiderare che i propri figli non si sentano a disagio con le altre persone. Soprattutto per la nostra cultura: in Occidente, le persone estroverse sono ritenute (senza fondamento!) in qualche modo più positive rispetto a quelle introverse, non è vero? Ecco perché in alcuni casi le mamme e i papà vorrebbero che i propri figli e le proprie figlie fossero più spigliati. Perché nella credenza comune una persona spigliata è più agevolata nella vita, e vive le giornate in maniera più rilassata e serena.

Non c'è quindi una timidezza "sbagliata" che diventa un problema. Chiarito questo, si potranno incoraggiare i bambini in maniera più sana, senza spingerli ma accompagnandoli alla scoperta della socialità.

Insegnare, non spingere

Spingere è infatti un rischio. Anche un innocuo "Ma dai, gioca con lei!" può sembrare innocente, eppure pone una pressione notevole sui bambini timidi e introversi, che si sentono sbagliati perché i grandi, con quella frase, dimostrano che fare amicizia e lasciarsi andare sia una cosa semplice, naturale e normale.

La prima regola è quindi quella di frenare la lingua e cercare di parlare in maniera più inclusiva nei confronti di una personalità diversa dalla nostra o diversa da ciò che la società vorrebbe.

Parlare e chiedere

Dopodiché, possiamo parlare con i bambini e le bambine e utilizzare un approccio diverso. Ad esempio, invece di dire "Vai a giocare con loro!", possiamo chiedere: "Hai visto che quei bimbi stanno giocando? Vorresti farlo anche tu?", oppure "Perché non gli chiedi se puoi unirti a loro? Ti andrebbe?". Si tratta di una maniera più soft e meno giudicante, che farà percepire ai bambini e alle bambine un maggior senso di sicurezza. Giocare con gli altri, infatti, diventa così una scelta loro, e non un'attività imposta dai grandi.

Allo stesso modo, ci sono molte altre domande che possiamo utilizzare per fare sentire i bimbi e le bimbe sicuri e ascoltati, portandoli così a prendere decisioni ponderate e più serene (anche se decideranno di giocare da soli! Non è un problema!). Per esempio: "A quale gioco vorresti giocare?"; "Come ti sentiresti a giocare insieme a loro?"; "Senti le farfalle nello stomaco quando giochi con bimbi che conosci poco? È normale!". 

Si tratta di domande molto semplici. Che spesso non poniamo perché ci lanciamo subito sulla spintarella del "Dai, vai a giocare con loro e vedrai come ti diverti!", ma che sono decisamente più rispettose ed efficaci.

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Sara

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Cecilia

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