Quando stare seduti a scuola è un problema

Iniziando questo discorso non si può prescindere da un dato di fatto: l'uomo per sua natura non è fatto per stare seduto. Tuttavia il nostro tempo ci vuole sempre di più incollati alle nostre sedie, a partire dall'infanzia. E non è un bene, è ovvio. Tutto questo si ripercuote sui bambini, che a scuola sono costretti a stare davvero moltissime ore seduti davanti al loro banco. Ma il problema non è solo fisico, ma anche e soprattutto psicologico e mentale.

Quando stare seduti a scuola è un problema: non sono i bambini iperattivi, è il tempo passato con le gambe sotto al banco che è troppo

La conseguenza diretta di queste ore passate seduti è l'irrequietezza, e l'irrequietezza si traduce (spesso) immediatamente in una diagnosi di iperattività o di deficit dell'attenzione. Il pericolo di diagnosi affrettate e superficiali, anche se effettivamente molti bambini ne soffrono, è dietro l'angolo... 

Il corpo del bambino sta crescendo, e ha un naturale bisogno di moto. Arrivare in prima elementare significa frenare per un attimo questo moto: i bambini, non abituati, si ritrovano a dover stare seduti per almeno quattro ore di fila, in posizioni innaturali per un corpo fatto per scalpitare.

Certo, la scuola è fatta anche per avere momenti movimentati apposta per evitare l'eccesso di ore seduti in ordine, ed è questo che servono le ricreazioni (che dovrebbero durare almeno mezz'ora, e dovrebbero prevedere spazi il più ampi possibile!), le ore di ginnastica e i momenti (troppo rari, purtroppo) passati all'aperto. Ma il problema è anche un altro: non è solo la scuola a obbligare i bambini a non muoversi, ma anche la vita quotidiana.

I bambini non sono più abituati a correre, a rotolarsi, a giocare liberi in uno spazio aperto senza apparenti limiti. In poche parole, non si muovono abbastanza.

Rispetto alla generazione precedente, comunque abituata alle ore scolastiche, quella odierna sta troppo ferma, anche fuori da scuola. L'educazione sembra aver preso una direzione che va verso l'educazione statica; ma muoversi e agitarsi, rotolarsi e correre per un bambino non significa maleducazione o abitudini sregolate, anzi! E' proprio l'assenza di questi momenti che, causando frustrazione fisica e mentale, porta a comportamenti opposti.

Il corpo di un bambino ha bisogno del movimento. Ha bisogno di sfogarsi. Ha bisogno di spendere le energie che ha dentro di sé.

E non pensate che dieci, venti minuti di movimento all'aperto quotidianamente siano abbastanza. No. I bambini hanno bisogno di ORE di moto. Non appena arrivano a casa da scuola (meglio andarci sempre a piedi o in bicicletta!) sarebbe meglio mettersi a giocare, non a fare subito i compiti. 

Fare subito i compiti cosa significa? Aggiungere staticità, e quindi stanchezza, ad un corpo e ad una mente già stanchi. E non è una stanchezza fisica: il corpo è stato fermo, e sembrerebbe un controsenso, ma si stanca di più. Perché è fatto per muoversi, e se non si muove il cervello si spegne.

Provata a lasciare giocare i bambini prima di fare i compiti, e vedrete che saranno molto più concentrati e attenti rispetto alle volte in cui si fiondano sui libri non appena arrivano a casa da scuola.

Insomma: lasciateli andare fuori, giocare liberamente e sfogarsi. Anche la concentrazione e le prestazioni ne usciranno migliorate, non c'è dubbio. Perché non è solo il fisico, ma è soprattutto il cervello a richiedere tutto il movimento di cui un bambino è capace!

Sara

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Cecilia

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