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Lenticchie in scatola: come cucinare questo legume in modo gustoso

Mercoledì, 16 Novembre 2022 14:08

La dieta vegetariana richiede di assumere maggiori quantità di legumi per fare incetta di proteine, ma in generale lenticchie, ceci e fagioli andrebbero consumati regolarmente. Certo è che non sempre si sa come cucinarli!

Trovare ricette gustose per i legumi a molte persone pare difficile. Eppure esistono numerose preparazioni gustosissime per mangiarli!

Per esempio: sai che le lenticchie in scatola sono estremamente versatili? Essendo cotte al vapore e in barattolo, non necessitano dell'ammollo e sono quindi molto comode, oltre che deliziose.

Ecco quindi 4 semplicissime ricette per cucinare le lenticchie in scatola in maniera diversa dal solito.

Il dahl di lenticchie

Si tratta di un piatto tipico del Nord Africa, un contorno delizioso e speziato che riempie, dà energia e soddisfa le papille gustative. Si prepara unendo alle lenticchie in scatola del pomodoro, delle carote e tante spezie. Qui trovate la ricetta.

Le polpette

Per fare mangiare i legumi anche a chi non vanno giù, uno dei modi più antichi ed efficaci è nasconderli nelle polpette! E questa ricetta per preparare le polpette di lenticchie (con farina di mandorle!) è davvero salva-cena.

Zuppa di lenticchie e cavolo nero

Niente di più semplice: affettiamo grossolanamente una cipolla e mettiamola a rosolare in una pentola, quindi tagliamo a pezzetti un bel cespo di cavolo nero e facciamolo insaporire. Aggiungiamo anche una o due lattine di lenticchie scolate (a seconda della quantità di zuppa) e copriamo con tanto brodo vegetale. Facciamo cuocere per circa venti, trenta minuti e serviamo ben calda.

Il curry di lenticchie

Cremoso e saporito, il curry di lenticchie è un'alternativa vegetariana ma altrettanto proteica del più classico curry con carne. Accompagnato da un semplice piatto di riso integrale bollito è una cena perfetta.

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I libri da leggere se ami Harry Potter

Martedì, 15 Novembre 2022 10:56

Hogwarts è proprio magica e i Potterhead lo sanno. Ma nella letteratura esistono numerosissime altre saghe fantasy, oltre a Harry Potter! E se ami il mondo magico creato da J.K. Rowling, non potrai non amare questi libri, che parlano di streghe, maghi, magie, pozioni, mondi fantastici e avventure incredibili.

Ecco quindi una selezione dei migliori libri da leggere per chi ama Harry Potter, saghe fantasy e romanzi bellissimi per immergersi nelle atmosfere gotiche, magiche e coinvolgenti di scrittori e scrittrici incredibili. 

Le streghe di Brooklyn

Una graphic novel perfetta per tutti i lettori e tutte le lettrici, anche i più riluttanti. I fumetti, infatti, sono sempre più diffusi e questa forma di narrativa sta prendendo sempre più piede (nel caso di tutte le fasce d'età!). 

Le streghe di Brooklyn di Sophie Escabasse vi piacerà non solo se amate le storie magiche e la stregoneria, ma anche le atmosfere newyorkesi e le storie familiari che emozionano.

Fuga da Magopoli

Un libro che parla di amicizia e di talenti personali, che coinvolge dalla prima pagina: Fuga da Magopoli di Enzo Fileno Carabba, edito da Marcos y Marcos, è un libro per bambini e bambine dai 9 anni che parla di Agostino e Igor, due maghi poco maghi che vengono allontanati da Magopoli proprio per la loro scarsa attitudine magica. Ma se Agostino viene mandato dagli accoglienti nonni, Igor si ritrova nel Tritacarne, per imparare davvero la magia. E Agostino non può che partire per andare a salvarlo. Senza magia.

Streghetta

Questo libro è consigliato dai 7 anni: l'ha scritto Gisella Laterza e si tratta del primo volume di una saga. Il titolo completo, infatti, è "Streghetta, una strana compagna di banco", ed è pieno di stregoneria, pasticci, stranezze e incantesimi. In più è illustrato divinamente da Stefano Tambellini.

La trama? Si parla di Miriam e di come diventi amica di Priscilla, strega la cui casa è spuntata in paese improvvisamente in una notte e che non riesce a fare incantesimi quando le emozioni le intralciano i pensieri.

Queste oscure materie

La trilogia di Philip Pullman che si apre con "La bussola d'oro" (ma che si trova anche nella versione completa con copertina flessibile) ha tutti gli elementi per appassionare chi ama leggere romanzi fantasy che non si discostano, però, troppo dalla nostra realtà. Lyra Belaqua è la protagonista: insieme al suo Daimon affronta gli adulti di due mondi comunicanti, immersa in atmosfere inglesi e oxfordiane che gli amanti di Harry Potter non possono che apprezzare. 

Il signore degli anelli

Come Le cronache di Narnia (altro libro per gli amanti del genere), Il signore degli anelli non ha bisogno di presentazioni: si tratta della saga fantasy per antonomasia, quella più conosciuta e forse più amata al mondo, anche per le trasposizioni cinematografiche che ne sono state fatte e per le innumerevoli versioni illustrate. Lunga, corposa, finemente intrecciata: una saga che trasporta in un intero mondo, quello nato dalla mente di J.R.R. Tolkien.

Il ciclo di Shannara

Scritto da Terry Brooks, questo ciclo è lungo e appassionante, proprio come chi ama il fantasy vuole. Ecco la trama: "Le Quattro Terre, un mondo in cui l'equilibrio imposto dall'ordine del Bene vive sotto la costante minaccia di antiche forze demoniache, deve lottare a ogni generazione per preservarsi dall'invasione del Male. A vegliare su di esse, attraverso i tempi, il druido Allanon, ultimo rappresentante di una stirpe di custodi della magia, e la famiglia Ohmsford, erede di una nobiltà ormai dimenticata. Quando il Signore degli inganni torna dal passato, sarà Shea, primo erede della famiglia, a dover riscoprire la propria origine, e con essa il potere che questa le conferisce".

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Omini di pan di zenzero: la ricetta dei biscotti natalizi

Cosa c'è di più natalizio degli omini di pan di zenzero? Forse solo la casetta di pan di zenzero da decorare! E il bello è che sono davvero semplicissimi da preparare.

Ecco dunque la ricetta dei biscotti più natalizi che ci siano, gli omini di pan di zenzero che profumano di inverno e coccole, speziati e golosissimi, oltre che super teneri e ornamentali.

Omini di pan di zenzero: la ricetta dei biscotti natalizi

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Togliere il ciuccio, come farlo dolcemente e senza traumi

Venerdì, 11 Novembre 2022 09:02

Ci sono alcuni passaggi nella vita dei bambini più o meno piccoli che rappresentano un vero e proprio trauma, per quanto ai nostri occhi adulti sembrino cambiamenti necessari e non così difficili. Per esempio, il passaggio dal pannolino al vasino, lo svezzamento, i primi passi...

Ma tra gli stress che possono rivelarsi più impattanti (più o meno a seconda del bambino) sta certamente l'abbandono del ciuccio.

Esistono tuttavia metodi che rendono questo passaggio più tranquillo, meno stressante e più efficace.

Qual è l'età raccomandata per togliere il ciuccio

Partendo dal presupposto che non tutti i bambini utilizzano il ciuccio e che il grado di attaccamento a questo strumento è decisamente diverso tra bambino e bambino, l'età raccomandata da pediatri e pediatre per togliere il ciuccio sono (suppergiù) i tre anni. Attorno a quest'età, infatti, i bimbi e le bimbe smettono gradualmente di interessarsi agli oggetti attorno a loro "assaggiandoli" con la bocca (senza lo scopo del nutrimento) e di conseguenza il ciuccio perde via via il proprio ruolo.

Oltre a questo, togliere il ciuccio entro i tre anni evita di incorrere nella malocclusione dentale e in alcuni disturbi del linguaggio.

Tendenzialmente, l'abbandono del ciuccio avviene naturalmente e senza grandi traumi, in maniera graduale, e in questo caso i genitori non si trovano a chiedersi come allontanare i bimbi e le bimbe dalla tettarella. Ma in altri casi può invece risultare più complicato, soprattutto se il bimbo o la bimba che lo usa ne è particolarmente attaccato.

Quando il passaggio è traumatico?

Il passaggio diventa quindi traumatico quando vi è un attaccamento profondo al ciuccio. La causa a monte è da ricercarsi nell'utilizzo errato di questo strumento. Se, infatti, culturalmente siamo abituati a pensare al ciuccio come a un mezzo per rispondere all'esigenza naturale dei bambini a succhiare, in realtà questo bisogno naturale è soddisfatto tranquillamente dal seno (o dal biberon), come spiegano anche da Uppa.

Dare il ciuccio diventa invece un "plus", un oggetto confortevole che rassicura il bambino, ma che se utilizzato in maniera sbagliata - quando, per esempio, dato ad ogni pianto - si trasforma in un'esigenza profonda, perché in grado di consolare immediatamente il momento di disagio.

È normale, quindi, che togliere quest'àncora di salvezza al bambino può traformarsi in un passaggio stressante e traumatico, perché si trasforma in una difficoltosa modifica di un'abitudine ormai radicata molto in profondità.

I metodi per dire addio al ciuccio

Prima di tutto, meglio evitare i metodi a strappo improvviso, come quello che prevede la "sparizione" del ciuccio o il "rapimento" del ciuccio da parte di una strega. È facile intuire che, soprattutto per bimbi e bimbe particolarmente attaccati al loro ciuccio, questa modalità rischia sempre di acuire il disagio e di allungare i tempi.

Un buon modo per favorire l'addio al ciuccio è invece quello più graduale che prevede la decisione da parte del bambino. È chiaro che alcuni bambini non la prenderebbero mai da soli, non gli verrebbe mai in mente! Ma con frasi buttate qua e là, dialogo e ragionamenti insieme è possibile portare il bambino a fare sua la decisione. Per esempio, puntando i riflettori sui benefici della bocca libera dal ciuccio (le parole più chiare, le risate più libere...), oppure decidendo insieme il luogo dove riporre il ciuccio durante la maggior parte delle ore della giornata. Il ciuccio sarà lì, a disposizione, ma non sarà del tutto proibito, e questo favorirà un lento passaggio verso l'abbandono.

Un altro consiglio è quello di trovare insieme altri gesti o abitudini confortevoli, che vadano a "sostituire" il ciuccio. Per esempio, durante il pianto si può optare per le coccole e il contatto visivo, mentre prima di dormire si può cominciare a leggere insieme, a cantare insieme una ninna nanna. Insomma: il bambino capirà che esistono altri gesti e strumenti di gestione delle proprie emozioni e della propria quotidianità, e i genitori possono aiutare a individuarli, guidando il bambino senza che il passaggio risulti troppo traumatico.

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La ricetta del risotto alle castagne

Autunno: foglie che cadono, tisane calde, zucca, maglioni caldi... E castagne, tantissime castagne!

Che tu le abbia comprate al mercato o che le abbia raccolte nel bosco (la castagnata è una delle attività autunnali con i bambini più divertenti e stimolanti!), ora ti starai chiedendo che farne. Caldarroste? Castagne al forno? In padella o bollite?

C'è però un'altra ricetta, meno conosciuta ma davvero deliziosa: il risotto alle castagne. E qui scoprirai come prepararlo!

Ecco la ricetta del risotto alle castagne, vegetariano e davvero cremoso, che adorerai se ami il sapore della zucca, della buccia della zucca e, in generale, delle castagne e della frutta secca.

La ricetta del risotto alle castagne: come preparare un risotto a partire dalle castagne raccolte nel bosco

 

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Se ti piace l'Hummus, adorerai il Msabbaha

L'hummus, salsa mediorientale a base di ceci e tahina, è tra i piatti più diffusi e amati al mondo. Ma non molti conoscono questa versione leggermente diversa e molto, molto sostanziosa e saporita: si chiama Msabbaha ed è una sorta di hummus caldo e abbondante, una crema a base di ceci condita con funghi, uova e olio.

Tipico piatto della zona mediorientale della Galilea, si prepara - un po' come l'hummus di ceci - in pochi passaggi. Ed è davvero delizioso.

Ecco dunque la ricetta del Msabbaha, chiamato anche Masabacha o Mashawsha, l'hummus caldo di ceci da gustare come un primo piatto gustosissimo, accompagnato da verdure miste e da un buon estratto di frutta di stagione.

Se ti piace l'Hummus, adorerai il Msabbaha: come preparare il piatto chiamato Msabbaha, Masabacha o Mashawsha, o semplicemente hummus caldo di ceci

 

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L'amico immaginario è davvero importante

Martedì, 08 Novembre 2022 08:12

Capita spesso che a lui ci si riferisca come a qualcosa di buffo, o che addirittua lo si infili in battute denigratorie per sottolineare l'ingenuità o la bizzarria di alcune persone. Eppure l'amico immaginario è davvero importante per le bambine e i bambini.

"Un personaggio invisibile, che ha un nome e che viene nominato nelle conversazioni con altre persone oppure con il quale si gioca per un periodo di tempo - almeno qualche mese -, che per il bambino ha una parvenza reale, e che tuttavia non ha oggettivo fondamento": questa la definizione data da Svendsen nel 1934 e ancora oggi utilizzata per indicare l'amico immaginario dei bambini, una presenza importante per lo sviluppo sociologico. Ecco perché.

Moltissimi bambini lo hanno

È intuibile, ma anche i numeri lo dimostrano: la maggior parte dei bambini e delle bambine durante la propria vita ha avuto un amico immaginario. Secondo uno studio dell'Università dell'Oregon condotto insieme all'Univesità di Washington su un campione di bimbi e bimbe di 7 anni, si parla circa del 65%. Un dato che, peraltro, non varia molto tra bimbi piccolissimi e bimbi che hanno iniziato la scuola elementare.

Secondo la professoressa Stephanie Carlson, assistente di psicologia presso l'Università di Washington, si tratta di percentuali importanti che contraddicono molte delle teorie passate riguardanti le fasi dell'infanzia, come per esempio quelle proposte da Sigmund Freud e Jean Piaget, dal momento che i numeri dimostrano come avere un amico immaginario sia normale anche tra i bambini che frequentano la scuola, e non solo tra quelli di 2-3 anni.

I 2-3 anni, peraltro, è proprio l'età più comune attorno alla quale cominciano a comparire i compagni immaginari, che non sono definitivi e che spesso cambiano e si evolvono durante l'infanzia, aumentando di numero, variando completamente o trasformandosi in diversi personaggi (non solo umani).

A volte, gli amici immaginari sono fisici e concreti: si tratta dei peluche, dei pupazzi e delle bambole. Altre volte si tratta di persone o animali "invisibili" con i quali le bambine e i bambini comunicano e si interfacciano, ad alta voce oppure nella propria mente.

A cosa serve l'amico immaginario

Ma perché i bambini e le bambine hanno un amico immaginario? Qual è il suo ruolo? La sua funzione?

Prima di tutto, l'amico immaginario rappresenta un'opportunità unica e molto profonda per giocare di ruolo, inventando situazioni (infantili o adulte) nelle quali i bambini possono sperimentare la lettura del mondo, il problem solving e la fantasia.

Si tratta poi di uno strumento per praticare la propria socialità. E non è per nulla vero che ad avere gli amici immaginari siano i bambini e le bambine più timidi. Anzi: fare pratica con l'amico immaginario permette ai bimbi di interagire con più agio con i loro coetanei.

Questo amico, inoltre, è un ascoltatore molto prezioso. A lui i bimbi e le bimbe confidano le proprie domande, i propri timori, i propri pensieri, ricevendo risposte adeguate alla loro comprensione, perché di fatto arrivano da loro stessi.

Comprendere ed esprimere le emozioni

Accanto a tutto questo, l'amico immaginario rappresenta anche la possibilità per il bambino di affrontare meglio ciò che ha dentro, indagando le proprie emozioni e i propri sentimenti mentre "parla" con un'altra persona (seppur invisibile e reale solo per lui - che, tuttavia, sa molto bene che si tratta di finzione).

Infine, l'amico immaginario è un grande consolatore, proprio per tutti questi motivi: a lui i bimbi e le bimbe affidano le emozioni, le insicurezze, i dialoghi interiori, le fantasie, i giochi, e a lui si affidano quando hanno paura o si sentono a disagio, facendoli sentire meno soli.

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Come si prepara il mate

Conosci il mate? Si tratta di una bevanda tipica argentina ottenuta dall'erba mate, che viene infusa in acqua molto calda per rilasciare il suo sapore, proprio come un tè. A differenza del tè, tuttavia, non si beve direttamente dalla tazza, ma si succhia attraverso un cucchiaino apposito (chiamato bombilla) che permette di gustare l'infusione senza che le foglie di erba mate salgano in bocca.

L'erba mate si trova in commercio essiccata e sminuzzata, ed è proprio essa che ti servirà per preparare il mate, che è abbastanza diuretico, e che - attenzione! - ha un alto contenuto di caffeina (circa il 2% per tazza).

Come si prepara il mate: come ottenere una tazza di mate dall'erba essiccata

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La lallazione, un momento importante dello sviluppo

Venerdì, 04 Novembre 2022 09:35

Lallazione: già dal suono di questa parola si intuisce di cosa parliamo. "La-lalla-la": la tipica cantilena dei bambini piccoli ha un nome, e soprattutto rappresenta una fase delicata e importantissima dello sviluppo, ovvero il momento che precede le prime parole.

 Il termine deriva dal latino: la parola lallatio, traducibile con il verbo "lallare", indica l'abitudine di canticchiare semplici sillabe (come "La-la", appunto) per addormentare i bimbi e le bimbe. Ma non è solo una ninna nanna: gli stessi bambini "lallano", ripetendo suoni semplici e facilmente articolabili.

Cos'è la lallazione

La lallazione può essere considerata il punto di partenza dell'espressività del bambino, ovvero uno dei primi segnali di comunicazione (in questo caso verbale, anche se solo sonora) con il mondo esterno, diverso dal mero pianto.

Tendenzialmente i bimbi e le bimbe iniziano a lallare intorno ai sei mesi. Non si tratta di prime parole, come si tende a voler credere, ma di sillabazioni a se stanti, che spesso cambiano da lingua a lingua. Ecco perchè i primi "ma-mma" (o "pa-ppa", o "te-te", "la-la"...) non possono essere ritenuti propriamente prime parole. Si tratta più semplicemente di una cantilena di sillabe ripetute, la cui origine è l'imitazione della lingua vista e ascoltata tra gli adulti.

Per capire che non si tratta di prime parole ma di lallazione, basta osservare i bambini: non usano queste sillabe per chiamare, destare l'attenzione o indicare qualcosa, ma sfruttano il suono un po' per tutte queste cose, ripetendolo anche tra sé e sé mentre giocano.

Perché è importante

La lallazione è importante perché è una delle prime modalità con le quali i bambini sperimentano il controllo della propria voce, ascoltandola e osservando cosa provoca all'esterno e nelle altre persone.

Ha quindi una duplice importanza: sociologica e di crescita, perché di fatto i bambini si rendono conto di stare comunicando con gli altri; ma anche fisica e psicomotoria, in quanto la lallazione è un vero e proprio allenamento alle prime parole.

Come stimolare la lallazione

Prorpio come avviene con le prime parole (ci sono piccole abitudini che possono aiutare i bimbi e le bimbe a imparare a parlare), anche la lallazione ha bisogno di stimoli esterni, anche se viene abbastanza naturale (comparendo intorno ai 6 mesi, fino ai 7-8, e modificandosi verso i 9-10, con la comparsa di nuove vocali mischiate tra le sillabe).

E anche in questo caso gli stimoli primari sono gli esempi che forniamo ai bebè: filastrocche, canzoni, paroline ripetute... Possiamo anche fare terminare a loro qualche parola, lasciando che inseriscano qua e là le loro lallazioni, con costanza e pazienza.

Utilissimo è anche il contatto visivo: quando il bebè è tranquillo e concentrato sul nostro volto, approfittiamone per lallare a nostra volta, lasciando che il bimbo o la bimba osservi i movimenti della bocca e i suoni che ne conseguono. L'imitazione, infatti, è molto efficace, e quindi questi momenti sono estremamente importanti.

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La ricetta della pasta sfoglia senza burro

Essendo senza uova e senza burro, questa pasta sfoglia è irresistibilmente vegana: leggera e saporita, è condita da meno sensi di colpa (in termini salutistici) ed è adatta a chi ha scelto una dieta priva o povera di ingredienti di origine animale.

E chi crede che preparare la pasta sfoglia senza burro sia impossibile, o che il risultato non sia soddisfacente, certamente si stupirà.

Ecco dunque la ricetta della pasta sfoglia vegana senza burro, alla base della preparazione di croissant, grissini e altre deliziose leccornie.

La ricetta della pasta sfoglia senza burro: come preparare la pasta sfoglia vegana

 

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