Una foto per parlare della depressione post-partum
Kathy scorreva la sua home di Facebook e vedeva solo fotografie di mamme felici con bimbi piccolissimi, vite perfette di giochi insieme e giornate passate all’aperto, sorrisi enormi e gioia che sprizzava da tutti i pori. Ed è vero: è così, molto probabilmente su tutte le bacheche Facebook.
Kathy è diventata mamma per la seconda volta, e a lei tutti questi sorrisi sembrano lontanissimi. Perché Kathy soffre di depressione post-partum. Certo, anche lei si sentiva in dovere di mostrarsi felicissima sui social. Finché ha capito che invece è meglio aprirsi, parlare della depressione post-partum e mostrare al mondo cosa significa sentirsi male, malissimo nel periodo più bello della vita di una donna.
Una foto per parlare della depressione post-partum: il progetto fotografico di Kathy DiVincenzo per mostrare cosa significa davvero convivere con la depressione post parto
Nella prima immagine Kathy appare stanca, disordinata, stravolta. Un bambino qui, sdraiato sul suo tappetino, e la primogenita là, che gioca con le bambole. E lei al centro, con lo sguardo perso, esausto.
Nella seconda foto è tutt’altro. Sembra una mamma felice, normale, curata, riposata e appagata dai suoi figli che le giocano accanto.
Cosa accomuna queste fotografie (della fotografa Danielle Fantis)? Solo il soggetto, Kathy DiVincenzo, che purtroppo si sente davvero così. Un giorno perfetta, energica e felice. L’altro (la maggior parte delle volte) stanca, debilitata, triste, sporca.
Il 15% delle neomamme soffre di Depressione PostPartum. Maggio è stato dichiarato il Mese Mondiale per la sensibilizzazione sulla depressione postpartum, e Kathy si è sentita finalmente così coraggiosa da strappare il velo che troppo spesso è calato davanti a questo tema, nascosto da tutte le donne che ne soffrono perché impaurite che il mondo le giudichi cattive madri. Potrà essere così, potranno giudicarvi, forse (ma siamo sicuri che ci interessi, il giudizio degli sconosciuti?); ma sappiate che non lo siete. Non siete cattive madri. Nessuna di noi lo è. Siamo semplicemente madri, e la depressione è una malattia molto più comune di quanto si creda. Soprattutto in un periodo delicato come quello del post-gravidanza, con gli ormoni in subbuglio e la vita che ti travolge.
“Probabilmente ti sentirai parecchio a disagio in questo momento (esattamente come me). Ma voglio sfidarvi a spingere via questo disagio che la società ha piazzato sopra alla depressione postpartum facendomi ascoltare”.
(foto: Facebook)
“(...) È tempo di mostrare com’è davvero, la depressione, e non solo le immagini che sono “degne di Facebook”. Queste immagini rappresentano entrambe la mia vita, a seconda della giornata. Tuttavia solitamente condividerei solo una di queste foto, e questo è il problema. Poiché l’unica cosa più stressante di soffrire di questa malattia è fingere quotidianamente di non averla. Faccio il doppio della fatica per cercare di nascondere questa realtà da voi perché ho paura di mettervi a disagio. Ho paura che pensiate che sono debole, pazza, una madre terribile, e una delle altre milioni di cose che la mia mente mi convince che io sia. E so di non essere l’unica che prova queste cose.
Dobbiamo smettere di pensare che il periodo che segue alla nascita sia solo euforico, perché una volta su sette non lo è. Dobbiamo iniziare a chiedere ai neogenitori come riescono a farcela, ma in maniera più profonda, non solo ascoltando la risposta al nostro “allora, come state?” (“Benissimo!”), ma anche leggendo i segnali, i sintomi, gli indicatori di rischio.
Dobbiamo rompere il silenzio condividendo le nostre storie e lasciando che le altre sappiano che non sono da sole”.
Chiede quindi di condividere la propria storia, Kathy, in modo che le donne sappiano che è giusto chiedere aiuto, senza fingere felicità dove non c’è. E, ad ora, sono già più di 13000 i commenti che questo post ha provocato, mettendo finalmente luce sull’argomento. Perché ormai abbiamo capito che non possiamo fidarci solo delle foto sorridenti, e nemmeno delle risposte positive.
Mamme, non preoccupatevi: se sentite di stare male, quando vi chiedono “Allora, come stai?”, non serve rispondere “Benissimo!”. Va bene anche chiedere aiuto, informarvi (magari con un libro semplice ma davvero utile, come “Il pianto della mamma”) e condividere le vostre paure con gli altri: non potreste farvi regalo migliore!