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Controllare troppo i bambini mette a rischio il loro sviluppo mentale

Controllare troppo i bambini mette a rischio il loro sviluppo mentale

Un genitore che sorveglia ogni passo, anticipa ogni bisogno e impedisce qualsiasi rischio può sembrare amorevole. Ma questa iperprotezione, secondo nuove evidenze scientifiche, può diventare un vero ostacolo per la salute mentale del bambino e della bambina. È quanto emerge da due studi pubblicati su Child Abuse & Neglect e Journal of Affective Disorders, condotti dall’Università di Torino in collaborazione con l’Università Europea di Roma. I risultati, riportati dall’agenzia Ansa, sottolineano che il controllo genitoriale eccessivo rappresenta una forma di trauma relazionale infantile, con effetti neurofisiologici paragonabili a quelli causati da abusi e trascuratezza.

Genitorialità disfunzionale: quando il problema non si vede

Le forme di maltrattamento infantile più gravi, come abusi fisici o abbandono emotivo, sono riconosciute da tempo come traumi in grado di influenzare in profondità lo sviluppo del cervello. Meno considerati, invece, sono gli stili genitoriali disfunzionali più sottili, come il controllo eccessivo.

Questa forma di genitorialità, spiegano le ricercatrici e i ricercatori, si manifesta con un’intrusione continua nella vita del figlio o della figlia, impedendo l’esplorazione dell’ambiente e lo sviluppo di un senso di sé autonomo. L’iperprotezione può apparire come una forma d’amore premuroso, ma in realtà ostacola la crescita dell’autonomia personale, della capacità decisionale e della fiducia in sé.

Rita Ardito, docente del dipartimento di psicologia dell’Università di Torino e coordinatrice del gruppo di ricerca, spiega: “Il controllo eccessivo limita fortemente l’esplorazione dell’ambiente e l’autonomia del bambino, impedendogli di sviluppare fiducia in sé stesso e capacità decisionali. Il nostro gruppo di ricerca è stato tra i primi a livello internazionale a dimostrare con evidenze neuroscientifiche che il controllo genitoriale eccessivo deve essere considerato una forma di trauma relazionale infantile” (fonte: Ansa).

Cosa succede nel cervello dei bambini troppo controllati

Il punto centrale delle due ricerche è che l’impatto del controllo genitoriale eccessivo non è solo psicologico, ma anche neurobiologico. Le analisi, condotte con tecniche di neuroimaging e valutazioni psicometriche, mostrano alterazioni strutturali e funzionali nel cervello dei bambini e delle bambine cresciutɜ con genitori iperprotettivi.

In particolare, sono state osservate modifiche nelle aree cerebrali coinvolte nella regolazione delle emozioni, nella risposta allo stress e nei processi decisionali. Queste alterazioni sono simili a quelle riscontrate in minori vittime di traumi gravi, come violenze o trascuratezza. Si tratta di cambiamenti persistenti, che possono aumentare la vulnerabilità a disturbi d’ansia, depressione e difficoltà relazionali anche in età adulta.

Il rischio non riguarda solo l’infanzia: anche da adolescenti e adulti, chi ha subito un controllo genitoriale costante può sviluppare un basso senso di autoefficacia, paura del giudizio, difficoltà nella regolazione delle emozioni e nella gestione dell’indipendenza. Tutto questo può favorire disturbi del comportamento, ansia sociale, dipendenza affettiva o ritiro relazionale.

Quando l’amore diventa limite

Una madre o un padre che vogliono proteggere il figlio o la figlia da ogni difficoltà possono finire col bloccarne lo sviluppo. Questo avviene, spesso, senza consapevolezza. L’idea di “fare tutto per loro” può sembrare un gesto d’amore, ma in realtà può trasformarsi in una dinamica di controllo che priva bambine e bambini di esperienze essenziali.

Secondo le ricerche dell’Università di Torino, l’autonomia è una competenza che va sviluppata sin dai primi anni di vita. I piccoli hanno bisogno di confrontarsi con frustrazioni, piccole sfide, momenti di noia o incertezza. Solo così costruiscono un’identità autonoma e strumenti per affrontare il mondo. Quando questi momenti vengono costantemente evitati dal genitore o dalla genitrice, si crea una “zona protetta” che però non prepara alla realtà.

Inoltre, l’intrusività dei genitori non si limita alla supervisione costante, ma può includere anche l’interferenza emotiva: scegliere al posto del figlio o della figlia, impedirgli di esprimere rabbia o tristezza, sostituirsi in ogni decisione. Questi comportamenti, anche se motivati dal desiderio di “fare il meglio”, possono essere interiorizzati come messaggi impliciti: non sei capace, non ce la fai da solo, hai bisogno di me per tutto.

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