“To crawl” letteralmente significa, dall’inglese, “strisciare”, “avanzare carponi”. Immaginate quindi un bebè appena nato che cerca il seno della mamma affidandosi a questo movimento primordiale.

Le più importanti autorità riguardo all’infanzia e alla salute del bambino (dall’OMS all’UNICEF) raccomandano una cosa: l’allattamento al seno dovrebbe cominciare entro un’ora dalla nascita. Chiaramente si parla di parti fisiologici e senza intoppi, di bambini nati perfettamente sani e di mamme che scelgono l’allattamento al seno.

Vediamo quindi come il breast crawling aiuti l’allattamento al seno, come primo approccio del bambino al latte materno.

Il breast crawl, per iniziare l’allattamento al seno: come il bambino sa fin da subito che il seno della mamma è per lui vita

Appena nato, il bambino solitamente viene posato sull’addome della madre. È un contatto naturale, un momento perfetto di sintonia tra mamma e bebè, ed è assolutamente raccomandato. Perché? Basta guardare il piccolo: una delle prime cose che farà sarà cercare il capezzolo della mamma, decidendo così da solo quando è il momento della prima poppata.

Come? Non meravigliamoci: come il bambino scalciava in utero, nei primi istanti di vita mantiene i riflessi e li utilizza per “scalare” la pancia della mamma. Ma non solo i riflessi delle gambe: anche quelli delle braccia, ma soprattutto delle mani, sono importantissimi, perché le sue manine capiscono come stringere, e toccando il seno della madre aiutano fin da subito a capire come debba attaccarsi.

Il breast crawl è questo: semplicemente, lasciare che il bambino si arrampichi piano piano verso il seno, cercandolo con il viso e con la bocca, seguendo il suo istinto naturale.

Sembra qualcosa di banale o stupido, ma non lo è, perché questa pratica semplice e naturale (che si discosta da quella più “meccanica” del cercare di attaccare al seno il bambino quando decidiamo noi) è un modo perfetto per far sì che il bambino, ascoltando il suo corpo, segua i suoi tempi naturali.

Questa buona abitudine di appoggiare il neonato al ventre della mamma per lasciare che si faccia strada verso il capezzolo ha iniziato a prendere piede nei paesi in via di sviluppo, dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di trovare una soluzione al terribile problema della morte infantile nei primi mesi di vita. Si è notato che l’allattamento al seno era una delle pratiche che riducevano la mortalità, e per far sì che questa abitudine si diffondesse e non fallisse (perché molte mamme la abbandonano trovandolo faticoso e difficile, con i bimbi che non sembrano proprio volersi attaccare) hanno osservato per qualche tempo il comportamento naturale dei bambini, cercando di individuare l’istinto, guardando cosa facessero i neonati se lasciati liberi di agire.

Si è quindi visto come i bambini abbiano questo istinto innato in loro che li spinge naturalmente ad avanzare verso il seno, per decidere poi quando è il momento giusto di iniziare a nutrirsi. L’abitudine a “spingere” i bambini ad attaccarsi al seno, dunque, sembra solo smorzare questo istinto, sballandolo e portando poi alle conosciute difficoltà.

Da lì il breast crawling ha iniziato a diffondersi, poiché si è notato un fatto molto semplice: quando i bambini, al momento della nascita, vengono lasciati liberi di cercare il seno e di poppare quando se la sentono, l’allattamento al seno rimarrà poi qualcosa di naturale e semplice, con meno difficoltà.

Anche negli ospedali occidentali si è quindi iniziato ad appoggiare subito il neonato al ventre materno. Ciò che si deve però tenere presente è la necessità di calma e tranquillità: il bambino, infatti, nelle prime ore di vita è molto cosciente e attento a ciò che lo circonda, curioso e anche intimorito dal nuovo mondo. Ecco perché è bene lasciarlo tranquillo, rilassato, lasciandogli i suoi tempi, evitando il caos ospedaliero che solitamente segue una nascita (anche fisiologica).

Questa pratica aiuta quindi lui a scoprire il mondo e a capire ciò di cui ha bisogno, così come aiuta la mamma, facendo sì che i due si aiutino reciprocamente: gli ormoni e gli odori sono importantissimi durante questo contatto. È proprio grazie a loro che il bimbo capisce dove deve andare, ed è ancora grazie a loro che il corpo della mamma inizia a conoscere il bambino, ma soprattutto a produrre prolattina per la formazione e la discesa del latte.

 Giulia Mandrino

Lo spettacolo che parla ai bambini della Shoah

Venerdì, 26 Gennaio 2018 09:40

(Foto di Federico Riva)

L’arte sa parlare. I libri, la musica, la pittura, la scultura: parlano all’animo umano, rendendo più comprensibili le cose strane della vita e facendo sì, a volte, che siano più sopportabili.

Domani sarà il Giorno della Memoria, e parlarne ai bambini, piano piano e rispettando la loro età, è un nostro dovere. Ma non è mai facile, lo sappiamo. È terribile, ma è doveroso conoscere. E anche in questo caso l’arte ci viene in aiuto, nello specifico nella forma teatrale.

Domani sera, sabato 27 gennaio, per i genitori e i bambini di Roma c’è un’occasione speciale: lo spettacolo Brundibàr, l’opera per bambini scritta nel 1938 da Hans Krása per non dimenticare l’orrore nazista.

Lo spettacolo che parla ai bambini della Shoah: a Roma in scena “Brundabàr”, per parlare ai bambini di un capitolo orribile della nostra storia

Sabato 27 gennaio alle ore 20: questo l’orario da segnare in agenda. Al Teatro Palladio dell’Università Roma Tre andrà infatti in scena “Brundabàr”. Sul palco ci saranno le giovani promesse del Teatro dell’Opera di Roma, della Scuola di Canto Corale e della Youth Orchestra (diretta da Carlo Donadio e Roberto Di Maio). La regia è di Cesare Scarton, mentre la scenografia è curata da Michele Della Cioppa.

In scena sarà l’opera per i più piccoli scritta da Hans Krása nel 1938 su libretto di Adolf Hoffmeister. La prima volta che fu rappresentata in pubblico fu nel 1943, nella fortezza di Terezín, vicino a Praga, città allora controllata dalle SS. Le SS, meramente a scopo propagandistico, davano la possibilità di organizzare attività culturali, e a Terenzín, lager dove transitarono circa 140mila ebrei, furono molti i compositori, i cantanti e i musicisti che si diedero da fare, continuando a svolgere il proprio lavoro e creando così opere meravigliose in barba al regime.

A rappresentarla furono proprio i bambini del campo di concentramento di Theresienstadt.

La trama è molto semplice e riprende varie fiabe tra cui Hansel e Gretel e i Musicanti di Brema. Parla di Aninka e Pepicek, fratellini orfani di padre a causa della guerra con una madre malata che per guarire ha bisogno di latte. La povertà però non li ferma e decidono di cantare nella piazza del mercato per elemosinare qualche soldo.

Arriva però Brundibàr, l’antagonista malvagio suonatore di organetto (metafora di Hitler) che con l’aiuto dei venditori del mercato li caccia via. In loro aiuto però arrivano un gatto, un passero, un cane e alcuni bambini della città che riusciranno a mandare via Brundibàr e a cantare insieme a loro nella piazza, raccogliendo così i soldi per il latte destinato alla madre dei fratellini.

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Lo spettacolo fu replicato circa cinquanta volte e furono 15000 i bambini coinvolti, che lasciarono la loro testimonianza con i loro disegni (ritrovati nelle valigie di Friedl Dicker-Brandeis, una pittrice di Vienna deportata proprio a Terezín nel 1942 (morta a Birkenau nel 1944). I

Se già questo spettacolo non fosse un gioiello, durante la messa in scena saranno esposti proprio alcuni di questi disegni (grazie alla collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica Ceca presso la Santa sede e il Museo Ebraico di Praga.

Il biglietto intero costa 10 euro, mentre il ridotto (fino a 26 anni) 6 euro. Per acquistarlo o per avere informazioni si rimanda a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., 327 2463456 (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 29. È possibile acquistare i biglietti in prevendita anche su Live Ticket.

Giulia Mandrino 

I migliori musei per bambini in Italia

Giovedì, 25 Gennaio 2018 15:59

(Photo credit: FB Mart Rovereto)

Portare i bambini nei musei è una di quelle abitudini che dovremmo prendere sin da quando sono piccolissimi, in modo da fargli prendere confidenza con l’ambiente e trasmettergli l’amore non solo per l’arte e la cultura, ma per la curiosità in generale. Esistono moltissimi musei per bambini, e non solo per bambini (ma con attività ed esposizioni perfette per loro), diversi dai soliti Museo Egizio di Torino, Palazzo Reale di Milano o altre realtà meravigliose ma già più conosciute nei quali possiamo portarli, approfittando sia delle mostre permanenti sia di quelle temporanee. Soprattutto, possiamo affidarci alle attività didattiche per bambini che sempre più musei organizzano, tutti i giorni o nei weekend.

Ecco quindi la nostra selezione dei migliori musei nei quali portare i bambini, da Nord a Sud passando per le isole!

I migliori musei per bambini in Italia: una lista di realtà museali perfette nelle quali portare i nostri figli per immergerli nel mondo dell’arte e della scienza

MILANO

MUDEC

Il Mudec di Milano (Museo delle culture, in via Tortona) ci piace non solo per le mostre sempre interessantissime (recentemente ci sono stati Gauguin, Basquiat, Barbie Icon, e tra poco inaugurerà quella dedicata a Frida Kahlo) ma anche per l’esposizione permanente dedicata alle culture e per i laboratori didattici per le famiglie e i bambini. Sul sito troviamo la sezione dedicata alla didattica sempre aggiornata con le date delle attività. Possiamo ad esempio scegliere i laboratori sulle storie del viaggio, quelli sugli oggetti per la festa della mamma, la Caccia al Mudec con papà organizzata ogni anno in occasione della sua festa… E poi tutti i laboratori dedicati all’esposizione temporanea in corso (qui trovate quelli su Frida), che si compongono da una vivacissima visita animata per immergere i bambini nella particolare arte dell’autore e di laboratori per passare una domenica tutti insieme in famiglia al museo.
I costi dei laboratori variano a seconda dell’attività, mentre per l’ingresso al museo (che solitamente è comunque compreso nel biglietto del laboratorio) rimandiamo alla pagina delle tariffe.

MUBA

Del Muba di Milano, il Museo dei Bambini, vi abbiamo già ampiamente parlato. Un motivo c’è: è davvero il museo perfetto per i bambini, perché a loro misura e fatto apposta per farli divertire creando e imparando. Il Muba prende molto dalla filosofia didattica ideata da Loris Malaguzzi (il Reggio Approach) e ha quindi un messaggio ecologico, etico, estetico, educativo ed economico. Leggete quindi il nostro articolo dedicato al museo, oppure visitate la sezione dedicata.

MUSEO DEL GIOCATTOLO

Il Museo del Giocattolo e del Bambino si trova a Cormano (in un ex cotonificio) e a Santo Stefano Lodigiano, in un vecchio casolare sul fiume (esatto, ha due sedi). È aperto il sabato, la domenica e i festivi a Cormano (dalle 14.30 alle 18) e la domenica e i festivi a Santo Stefano Lodigiano (dalle 14.30 alle 19, prenotando) e il biglietto costa 6 euro (4 il ridotto).
I bambini possono qui ammirare vecchie bambole, soldatini, macchinine, carretti, libri per l’infanzia, riproduzioni del “Corriere dei piccoli”… Una carrellata di giocattoli dal Settecento al secolo scorso, che affascinerà i piccoli non solo per la bellezza degli oggetti ma anche per la storia che ci sta dietro: osservando infatti i giocattoli si può iniziare a capire il cambiamento della società nella storia.
Sul sito (http://www.museodelgiocattolo.it) possiamo trovare il calendario aggiornato dei laboratori organizzati per le famiglie (sia per la sede di Cormano che per quella di Santo Stefano Lodigiano).

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TORINO

MUSEO DEL CINEMA

Si trova all'interno della Mole Antonelliana ed è fantastico non solo perché si trova proprio dentro al simbolo della città di Torino, ma perché visitandolo sembra di stare proprio dentro a tutti quei film che abbiamo di fornte! Stimolante e interattivo, il Museo del Cinema propone un percorso nella storia del cinema, con pellicole, manifesti e oggetti di scena, ma è anche una buona occasione per conoscere come avvenga la realizzazione dei film, scoprendo tutte le figure che vi lavorano. E poi c'è il magnifico ascensore panoramico per ammirare tutta la città! Visitarlo con i bambini è fantastico perché è davvero coinvolgente. Ci sono laboratori, visite animate, cacce al tesoro, lezioni, cineforum per i ragazzi e proiezioni mattutine dedicate alle famiglie con i bimbi più piccoli. Qui troviamo tutti gli appuntamenti aggiornati in questo senso! Il museo è aperto tutti i giorni tranne il martedì dalle 9 alle 20 e l'ingresso (compreso della salita con l'ascensore panoramico) costa 14 euro l'intero e 11 il ridotto (ma fino ai 5 anni è gratuito)

VENEZIA

PEGGY GUGGENHEIM COLLECTION

La Peggy Guggenheim Collection è uno tra i musei più belli e affascinanti per chi ama l’arte contemporanea. Se anche voi la apprezzate non potete non portare i bambini in questo ambiente favoloso, reso più accessibile e meno difficile da comprendere dalle attività proposte dal museo. Per i bambini, infatti, tutte le domeniche dalle 15 alle 16.30 sono in programma i Kids Days, laboratori gratuiti per bambini tra i 4 e i 10 anni per scoprire l’arte contemporanea facendone esperienza (basta prenotare obbligatoriamente per telefono, dalle 9.30, il venerdì precedente il laboratorio ai numeri 041 24.05.444/401).
Il museo è aperto tutti i giorni (tranne a Natale) dalle 10 alle 18 e il biglietto costa 15 euro (ma è gratuito per i bambini fino ai 10 anni e ridotto a 9 euro per ragazzi fino ai 26).

TRIESTE

IMMAGINARIO SCIENTIFICO

Immaginario scientifico è tra i musei dedicati alla scienza più ben fatti che abbiamo in Italia: è super interattivo, e oltre al museo è famoso per organizzare durante i weekend dei favolosi laboratori durante i quali i bambini si trasformano in veri scienziati (qui trovate tutte le attività aggiornate). Ma scienziati che lavorano anche attraverso la creatività! Le attività proposte sono ludo-didattiche, e cioè includono sempre una componente giocosa, divertente e creativa, che stimola tanto la creatività quanto le capacità logico-matematiche. È perfetto per appassionare i bambini alla scienza, facendo loro capire l’importanza dell’esperienza diretta per capire i processi fisici, chimici, creativi e naturali.
Anche il museo in sé è proprio bello: ci sono collezioni, installazioni multimediali, tecnologie, percorsi tematici, schermi coinvolgenti…
I laboratori costano 7 euro a bambino (incluso il biglietto al museo), mentre l’ingresso senza attività varia a seconda della sezione del museo che vogliamo visitare (“Kaleido” è gratuito mentre “Fenomena” costa 6/4 euro e “Cosmo” 3/2 euro). In inverno (da ottobre a maggio) è aperto la domenica dalle 10 alle 20 mentre in estate il sabato e la domenica dalle 15 alle 20.

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ROVERETO

MART

Il Mart è un altro bellissimo museo imperdibile per gli amanti dell’arte moderna e contemporanea. Si trova nel centro di Rovereto (bellissima città da visitare in famiglia) e oltre ad una bellissima collezione permanente propone sempre mostre temporanee imperdibili. Vicino, poi, c’è la Casa d’Arte Futurista Depero, fondata dallo stesso Depero per dissacrare il mondo museale (e anche per questo piacerà ai bambini!).
All’interno del museo è presente l’area Baby Mart, uno spazio permanente dove i bambini e i genitori possono giocare, disegnare o rilassarsi, nel quale ogni tanto hanno luogo i laboratori proposti dal museo. Ce ne sono per tutti, anche per le famiglie (si trovano qui): ci sono lezioni di approfondimento, itinerari, laboratori per sperimentare le tecniche artistiche, workshop, laboratori ludici e creativi
Il Mart è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18 (e il venerdì resta aperto fino alle 21). Il biglietto costa 11 euro l’intero e 7 il ridotto, con possibilità di acquistare quello cumulativo per la famiglia a 22 euro.

AOSTA

FORTE DI BARD

Che figata il Forte di Bard: oltre al fascino che ha di per sé questo antico luogo militare, il Forte organizza per i bambini attività davvero fantastiche. Su tutte la simulazione della scalata del Monte Bianco, che i ragazzi possono provare percorrendo le sale del museo, scoprendo così le meraviglie dell’escursionismo, dell’alpinismo e delle scalate (capendo anche l’importanza della sicurezza!). Muniti di caschetti e imbracature, i bimbi organizzano per filo e per segno l’avventura, accompagnati da guide esperte e coinvolgenti.
Possiamo visitarlo dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18 e nel weekend dalle 10 alle 19, pagando un biglietto intero di 6 euro e ridotto (fino ai 18 anni) di 4 euro. I bambini fino a 6 anni, poi, entrano gratuitamente!

GENOVA

LA CITTÀ DEI BAMBINI

La Città dei bambini si trova a Genova ed è nata vent’anni fa in collaborazione con l’omonima Cité des Enfants parigina. Su quel modello è sorta quindi questa realtà museale dedicata ai più piccoli (per bimbi dai 2 ai 12 anni) nella quale la scienza e la tecnologia possono essere scoperte attraverso il gioco. La Città dei Bambini è possibile visitarla dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18 e il biglietto costa 5 euro per gli adulti, 7 euro per i bambini dai 3 ai 12 anni e 5 euro per i bambini di 2 e 3 anni (gratis i neonati fino ai 24 mesi).
Il percorso espositivo è super interattivo e vi troviamo una novantina di installazioni. Ci sono riproduzioni di boschi e fiumi, ma anche cantieri, pareti digitali su cui arrampicarsi… E poi laboratori per scoprire i misteri del mondo della fisica, della fisica, della scienza e della tecnologia attraverso attività pratiche e ludiche che coinvolgono dalla A alla Z i bambini.

ROMA

EXPLORA

Explora è il Museo dei Bambini di Roma ed è bellissimo perché è costruito come se fosse una città tutta loro, che in due ore possono girare e ammirare: ci sono la stazione con i treni, il supermercato (nel quale scoprire tutto ciò che c’è da sapere sui cibi), una cucina, una zona per imparare i pesi e le misure, un orto, il camion dei pompieri, percorsi tattili, aree gioco, una zona nella quale sperimentare il vento… Insomma, tutto è ricostruito a misura di bambino per lasciare che i piccoli sperimentino la vita adulta, scoprendone i segreti, giocando, proprio come un grande gioco libero e di ruolo di quelli che ci piacciono tanto.
È perfetto per i bambini di tutte le età, che hanno zone dedicate agli 0-3, ai 3-6 e ai 6-12 anni.
Explora di Roma si può visitare dal martedì alla domenica scegliendo uno degli ingressi (dal momento che i bambini hanno due ore per girovagare: i turni servono per far sì che tutti abbiano il proprio spazio senza sovraffollamento!): alle 10, alle 12, alle 15 o alle 17.
Il biglietto intero per i genitori e i bambini dai 3 anni in su viene 7 euro mentre i più piccoli (0-3) non pagano.

VIGAMUS

A Roma c’è anche il Museo del videogioco, il VIGAMUS. Non siamo super fan della tecnologia (quando abusata!) ma non siamo nemmeno delle talebane e in questo senso non è giusto nemmeno negare del tutto l’accesso ai nuovi giochi digitali. Questo museo è davvero fantastico, perché mostra la storia di un’attività ludica che riteniamo solo erroneamente nuova: il primo “videogioco” risale al 1958, e nel museo possiamo così ripercorrere la storia a partire da quel periodo. I bambini scopriranno moltissime cose, appassionandosi anche della tecnologia che sta dietro ai device (che indagata in questo modo, cronologicamente, diventa più semplice da capire) e noi genitori ci divertiremo a vedere i nostri “dinosauri”, i videogame anni Ottanta, Novanta e Duemila che credevamo scomparsi!
Il museo è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20; l’intero costa 8 euro e il ridotto 5.

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NAPOLI

LA CITTÀ DELLA SCIENZA

La Città della Scienza di Napoli si trova in via Coroglio 57 e vale la pena assolutamente visitarla. È tra i pochi musei scientifici interattivi e al suo interno i bambini possono dialogare e toccare con mano la scienza e la tecnologia sperimentandole direttamente.
Al suo interno troviamo Corporea (il centro del Corpo Umano, favoloso!), un planetario e, a breve, una mostra interattiva dedicata al mare e un’Officina dei Piccoli, riservata ai bambini fino ai 10 anni. Ci sono poi il Villaggio della Dieta Mediterranea e della Biodiversità, un FabLab dei piccoli, una Casa degli Insetti e lo Spazio Galilei: c’è quindi davvero moltissimo!
Ogni mese ci sono eventi diversi (che possiamo tenere controllati su http://www.cittadellascienza.it/calendario-degli-eventi/). Ma anche la visita “semplice” al museo è già molto interattiva e laboratoriale: il biglietto intero costa 10 euro mentre il ridotto 7, e possiamo visitare la Città della Scienza dal martedì al sabato dalle 9 alle 17, e la domenica dalle 10 alle 19 (prenotando la visita sul sito del museo).

PALERMO

GAM

Alla GAM, Galleria di arte moderna di Palermo, troviamo l’arte figurativa italiana dell’Otto e del Novecento. È una bellissima galleria, in un antico luogo della città (il Complesso monumentale di Sant’Anna alla Misericordia) e propone opere favolose conosciute e meno conosciute. Tra gli artisti troviamo Giuseppe Sciuti, Francesco Lojacono, Antonio Leto, Ettore De Maria Bergler, Giovanni Boldini, Massimo Campigli, Felice Casorati, Mario Sironi, Renato Guttuso… È un museo classico, che ci piace proprio per questo: visitarlo in famiglia significa portare i bambini in un museo non “per bambini”, ma davvero meraviglioso, che offre anche la possibilità di visite su misura. In famiglia possiamo scegliere varie attività e percorsi, come i laboratori “Un menu ad arte”, “Se fossi uno scultore” o “Caccia all’opera”, tra gli altri. Le attività costano dai 4 ai 5 euro a persona e basta prenotarle a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (dopo aver dato un’occhiata a tutti i laboratori qui).
La GAM è aperta dal martedì alla domenica dalle 9.30 alle 18.30 e il biglietto intero costa 7 euro (il ridotto 5). La prima domenica del mese, inoltre, l’ingresso alla collezione permanente è gratuito!

NUORO

MUSEO DELLE MASCHERE MEDITERRANEE

A Mamoiada, in provincia di Nuoro, ecco il Museo delle maschere mediterranee, nato per mostrare al pubblico l’arte isolana delle maschere tradizionali, i Mamuthones o gli Issohadores, come quella del Carnevale. È quindi un museo particolarissimo che piace sempre molto ai bambini! Ci sono elementi multimediali come video per introdurre l’argomento, e poi sale dedicate alle diverse maschere. Anche qui troviamo varie attività per i bambini e le famiglie, come i laboratori o le domeniche al museo per le famiglie, che possiamo tenere d’occhio a questa pagina.
Il museo è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, e il biglietto costa 4 euro (per i bambini 2.50).

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Il balletto è anche per bambini

Mercoledì, 24 Gennaio 2018 14:33

Portare i bambini al balletto? Sì, è una buonissima idea. C’è chi pensa sia noioso, o difficile, o non adatto ai più piccoli. Ma il balletto è bellissimo, e non ha genere (quindi non azzardiamoci nemmeno a pensare che sia solo per femminucce).

Ecco quindi una piccola panoramica utile a chi sta pensando di portare i suoi bambini a vedere il balletto per la prima volta!

Il balletto è anche per bambini: perché portare i bambini a teatro è sempre una buona idea

Innanzitutto, come per l’opera (qui trovate il nostro articolo dedicato all’opera e al Barbiere di Siviglia), il primo ottimo motivo per portare i bambini ad assistere ad un balletto classico è l’ambiente: che sia in teatro o in un palazzetto (ormai sono sempre più i palatenda che ospitano questi spettacoli), il fascino del sipario che si alza, delle poltroncine e del pubblico accanto a te venuto apposta per assistere a qualcosa di magico è davvero coinvolgente.

Se pensate, poi, che il balletto sia qualcosa di antico, vetusto e borioso vi sbagliate di grosso, e basterà vedere i primi passi di un’opera per capire che se il balletto è diventato una tradizione un motivo c’è: i ballerini sul palco, i costumi e le musiche sono affascinanti e meravigliosi da vedere, e anche quando un balletto è più lungo di altri è difficile annoiarsi o sentire il bisogno di alzarsi dalla poltrona.

In primo luogo perché nei balletti c’è sempre una trama. Utile, in questo senso, è leggere insieme ai bambini la storia, prima di recarci a teatro. Possiamo trovare online un sacco di informazioni, e poi ci sono dei carinissimi libri che possono aiutarci.

Ad esempio, per Lo Schiaccianoci ci sono questi due bellissimi libri: il primo è di Stefano Bordiglioni  ed è piccolo e tascabile (quindi ottimo perché poi possiamo portarlo con noi in teatro!) e il secondo è illustrato da Valeria Docampo.

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Per quanto riguarda invece “Il lago dei cigni” bellissimo è il libro illustrato di Charlotte Gastaut. E poi a noi piace moltissimo “Il lago dei cigni e altre storie dai balletti”, un libro che raccoglie i racconti tratti dai balletti più conosciuti trasponendoli come fiabe!

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Non è un caso se finora vi abbiamo parlato dello Schiaccianoci e del Lago dei Cigni: a nostro parere, sono i due balletti più adatti ai bambini, per cominciare ad approcciarsi a questa arte. Entrambi sono musicati da Tchaikowski e coreografa da Marius Petipa. Il primo, “Lo schiaccianoci”, è addirittura ambientato in un mondo dei sogni abitato da giocattoli e i protagonisti impersonano dei bambini: niente di meglio, no?

Il secondo, “Il lago dei cigni”, è una favola più cupa, ma adatta assolutamente ai bambini (anche perché sempre più spesso il finale “tragico” del cigno che muore insieme al principe è sostituito con quello a lieto fine introdotto dopo la rivoluzione russa per mostrare eroi positivi al pubblico). Se serve, qui trovate come spiegare ai bambini il Lago dei Cigni.

Anche la “Bella Addormentata” (sempre del duo Tchaikowski-Petipa) è degno di essere visto anche dai neofiti. Un po’ perché la fiaba la conosciamo molto bene, e un po’ perché tecnicamente è il balletto che contiene tutti i passi del metodo ideato da Agrippina Vaganova. Ottimo anche il Don Chisciotte (stavolta di Minkus), con la sua atmosfera avventuriera.

Oggi parliamo di figlie femmine. Perché? Perché ci siamo rese conto che uno degli stereotipi più diffusi, anche tra i media d’intrattenimento, è quello della ragazzina stronza e bulletta. Un esempio su tutti? Il film “Mean Girls”, che ci ha fatto sorridere e per molte di noi è un cult (anche noi lo amiamo!); e che, per quanto simpatico, nasconde effettivamente qualche nota reale che non ci piace proprio.

Sono molti, insomma, i film e le serie tv che portano sullo schermo il cliché della ragazzina cattivella e insolente, preadolescente o adolescente, e anche se alla fine i messaggi nella finzione sono sempre positivi (fortunatamente sono la bontà e la gentilezza a vincere quasi sempre), qualche vena di verità c’è: il bullismo a scuola sembra dilagare, cyber o reale, e in effetti l’adolescenza è un periodo delicato, nel quale le nostre figlie, quando insicure o non abituate alla gentilezza, rischiano di scivolare prendendo una discesa difficile da risalire. Quella della cattiveria e della non empatia.

Crescere figlie gentili è più semplice di quanto crediamo: iniziamo fin da subito a insegnare empatia, gratitudine e gentilezza, per far sì che non diventino le bullette cattivelle che tutti temiamo


Durante le scuole medie e superiori le insidie in questo senso sono dietro l’angolo: molti di noi durante l’adolescenza hanno subìto episodi di violenza (più o meno forti, più o meno importanti, più o meno ripetuti). Bastava avere qualche brufolo in più, qualche chilo in più o qualche vestito alla moda in meno, no? È ancora così. Il bullismo purtroppo non sembra diminuire, ma, anzi, con i social e i mezzi di comunicazione che i ragazzi si ritrovano è ancor più semplice oggi nascondersi continuando a fare del male.

E il bullismo non è solo una prerogativa dei maschi. Per niente. Tra di noi c’è chi ricorda ancora la pressione psicologica buttata addosso da quella ragazzina alla moda che tutti seguivano, che ti metteva tutti contro se quel giorno non le andavi a genio e che dopo averti puntato il dito contro, ridendo, ti faceva vergognare davanti a tutta la scuola. Il bullismo purtroppo non ha sesso. E quest’età è pericolosa, perché se le nostre figlie non si sono fatte una corazza abbastanza forte rischiano non solo di soccombere davanti alle azioni malvagie, ma soprattutto rischiano di trovarsi dall’altra parte del dito, quello accusatore, per nascondere la propria insicurezza e diventando così loro stesse delle bullette (anche perché, lo dicono molti psicologi, il bullismo deriva dalla sofferenza: solitamente i bulli sono stati per primi bullizzati, anche a casa).

Gli strumenti per scegliere la strada giusta, quella della gentilezza e della consapevolezza di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, non dobbiamo però fornirglieli il primo giorno delle medie. Dobbiamo iniziare molto prima, sin dai primi anni di vita (se non giorni). Perché la gentilezza è qualcosa che si vive, e che non si insegna solo.

Attraverso l’esempio e l’esperienza, dunque, dobbiamo prima di tutto insegnare l’inclusione. L’inclusione sociale, certo, ma anche quella emotiva. L’inclusione emotiva la si pratica abbracciando tutte le nostre emozioni, anche quelle negative, vivendole e non reprimendole. L’inclusione sociale, invece, la si vive cercando di entrare in empatia con tutti. Prima di tutto, quindi, con i nostri figli.

Se noi ascoltiamo i nostri figli, davvero e fino in fondo, allora loro per primi sapranno esprimersi. Ma soprattutto sapranno ascoltare gli altri, perché vedranno noi che prima di tutto siamo ascoltatori.

Cerchiamo di esprimere sempre ciò che proviamo, sia quando siamo felici sia quando siamo tristi o arrabbiati. In questo modo lo faranno anche i nostri bambini, con il tempo, e impareranno a riconoscere le emozioni e le situazioni.

Soprattutto, poi, pratichiamo sempre la gentilezza e la gratitudine. La gentilezza non significa solo essere educati (il “grazie” e il “per favore” sono solo la base), ma significa esserci davvero per l’altro, supportando e aiutando. E la gratitudine vuol dire cercare sempre di trovare il positivo della vita, esprimendo a parole e a gesti ciò che ci rende felici.

Quando le emozioni sono lì, davanti agli occhi di tutti, noi e i nostri figli diventiamo più consapevoli. Consapevoli delle cose belle, ma soprattutto consapevoli delle cose brutte, di ciò che ci fa soffrire e di ciò che fa soffrire gli altri. Crescendo, quindi, i nostri bambini sapranno riconoscere ciò che ferisce gli altri, e in qualche modo sentiranno il bisogno di arginare tutto ciò, di aiutare, o almeno di non infierire. Perché sanno riconoscere quando qualcosa fa male, perché sanno cosa ferisce loro stessi.

Quando le nostre bambine ci diranno cosa non va, o quando ci faranno sapere che qualche bambino le sta trattando male, non andiamo in panico. Non arrabbiamoci. Non facciamo sentire la paura. Cerchiamo solo di fare esprimere loro ciò che sentono, cercando una soluzione insieme. È così che regaliamo loro la forza che servirà loro nella vita. Non risolvendo per loro le cose, ma facendo sì che usino la loro voce per parlare forte e chiaro.

Insegnando anche il girl power, quando necessario. Perché non possiamo nasconderci, il maschilismo esiste ancora e il bullismo lo riceveranno anche in quel senso, a scuola e sul lavoro da adulte. Ma la consapevolezza aiuta anche in questo senso!

Questa è la forza. Questa è l’empatia. Ed è questa che aiuterà a rendere gentili, inclusive e non cattive le nostre bambine.

Giulia Mandrino

(Foto: Comune di Monza - Ufficio Cultura)

C’è tempo fino all’11 febbraio 2018: chi si trova a Monza e dintorni non dovrebbe lasciarsela scappare. Parliamo della mostra “Suoni in gioco” allestita presso la Galleria Civica, un’esposizione ricca di installazioni interattive che piacerà moltissimo a tutti i bambini!

“Suoni in gioco”, una mostra sensoriale a Monza: fino all’11 febbraio alla Galleria Civica la mostra che stimola udito, vista e tatto

La mostra “Suoni in gioco” ha inaugurato a Monza (alla Galleria Civica, in via Manfredo Camperio 1) il 29 dicembre e sarà visibile (dal martedì al venerdì dalle 16 alle 19 e il sabato e la domenica negli orari 10-13 e 15-19) fino a domenica 11 febbraio (tutte le info le si possono trovare sulla pagina web dedicata, oppure basta inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o chiamare lo 039.230.21.92).

Quello che ci è piaciuto fin da subito è la doppia valenza della mostra: prima di tutto è super sensoriale, dal momento che le installazioni interattive per i bambini stimolano moltissimo la loro curiosità a tutto tondo; in secondo luogo la mostra si rifà parecchio alla filosofia del riciclo: tutti i giochi sonori esposti sono infatti realizzati con oggetti di recupero quotidiano che nelle mani degli organizzatori (l’associazione culturale Erewhon in collaborazione con il Comune di Monza) si sono trasformati in qualcosa di magico e unico.

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(Foto: Comune di Monza, Ufficio Cultura)

Entrando nella galleria subito si viene immersi in questo mondo strano e affascinante: ruote, pentole, pannelli, bottiglie, tappi, campanellini… Il tutto combinato in macchine stravaganti, meccanismi sonori e sculture in movimento che i bambini possono toccare, guardare, ascoltare e mettere in moto.

Ciò che i bambini scoprono durante la loro divertente visita è la potenzialità creativa degli oggetti di uso comune. Non solo: toccano materiali differenti, si lasciano incuriosire, e capiscono attraverso l’esperienza come ogni materiale abbia un suo rumore e un suo suono, e come questo suono sia influenzato dagli altri materiali che si appoggiano l’uno sull’altro. Un tappo di bottiglia non fa lo stesso rumore se sfregato contro un cartone ondulato o contro una lamina in metallo. E le bottiglie di plastica, girando attaccate ad una ruota di bicicletta, riescono a ricreare un rumore divertente e inusuale!

Fatto da non sottovalutare, grazie a “Suoni in gioco” i bambini scoprono la musica, e non solo i rumori: attraverso l’attività ludica (apparentemente, agli occhi dei grandi, “futile” o “senza senso”) i più piccoli cominciano infatti a capire come gli oggetti possano essere strumenti musicali. È un primo approccio alla musica, insomma, che può diventare pretesto per cominciare a scoprire i “veri” strumenti musicali.

Il tutto in un ambiente super analogico: niente tecnologia, niente digitale. Non diamolo per scontato: certo, le mostre interattive con elementi digitali sono bellissime e utili, ma in un’epoca come la nostra, fatta di tecnologia ad ogni angolo, trovare un pezzo di mondo nel quale per un attimo si possa staccare la spina per ritrovare il contatto con la realtà oggettiva, tattile e sensoriale è un sollievo. I bambini ne trarranno beneficio, ma anche e soprattutto gli adulti che li accompagneranno!

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(Foto: Comune di Monza, Ufficio Cultura)

Giulia Mandrino 

9 ricette sane con le lenticchie

Martedì, 23 Gennaio 2018 15:54

Le lenticchie sono tra i nostri legumi preferiti, sia per il loro sapore sia per l’essere parecchio versatili. Mangiare legumi è molto importante per la nostra alimentazione, soprattutto in caso di diete povere di derivati animali, poiché è da essi che possiamo prendere le proteine vegetali necessarie al nostro benessere.

Per proporre le lenticchie in tavola basta un po’ di fantasia: in questo modo anche i meno amanti dei legumi apprezzeranno il menù a base di lenticchie!

9 ricette sane con le lenticchie: dall’humus per il pinzimonio alle varie polpette per proporre i legumi ai bambini, i piatti più buoni e sani da preparare con le lenticchie

- La versione dell’humus con le lenticchie è deliziosa: noi la proponiamo spesso come aperitivo spezza fame prima di cena, con delle verdure crude tagliate a listarelle da immergere nella salsa come fosse pinzimonio. Basta frullare una lattina di lenticchie già cotte con due cucchiai di salsa tahina, il succo di mezzo limone e poco sale!

- Delizioso è poi il dal di lenticchie, il piatto indiano a base di legumi e spezie leggere. Sembra uno spezzatino e si prepara davvero in pochissimo tempo (deve cuocere per una ventina di minuti). Si accompagna benissimo con un riso basmati bianco. Qui trovate la nostra ricetta, corredata da un video per semplificarvi ancor più le cose!

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- Classicone della nostra cucina sono le polpette di lenticchie (la ricetta la trovate qui): sono semplicissime polpette di legumi arricchite con semi di chia e foglioline di menta (ma voi potete sperimentare anche altri sapori e spezie!), da cuocere in padella con pochissimo olio.

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- Se amate la pasta e fagioli, amerete anche la pasta e lenticchie. Il procedimento è lo stesso: dopo aver soffritto delle carote e delle cipolle tagliate finissimamente in poco olio, aggiungiamo in padella una lattina di lenticchie precotte con un goccio di brodo vegetale fatto in casa. Aggiungiamo dopo cinque minuti della salsa di pomodoro e lasciamo cuocere per circa 15 minuti minuti. Aggiungiamo quindi in padella la pasta (meglio corta e integrale) e copriamo con dell’altro brodo caldo in modo che cuocia. Assaggiamo, aggiungiamo eventualmente altro brodo e serviamo quando si sarà formato un bel sughetto.

- Fresca e deliziosa è l’insalata di quinoa, lenticchie e basilico. Sembra estiva, ma in realtà è ottima tutto l’anno, soprattutto da portare a pranzo in ufficio nella nostra schiscetta sana e naturale.

- Per un contorno saporito, ecco le patate e lenticchie al forno. Dopo aver tagliato a fettine quattro patate, sbollentiamole in acqua per cinque minuti. Scoliamole e disponiamole in una pirofila unta con dell’olio, come fossero sfoglie di lasagne. Copriamo il primo strato con le lenticchie precotte, quindi facciamo un altro strato con le fettine di patate e così via fino al bordo della pirofila. Spolveriamo l’ultimo strato con del pecorino grattugiato e inforniamo a 180 gradi per circa 15-20 minuti.

- Per questi mesi invernali perfetta è la vellutata di lenticchie e limone, una crema calda davvero saporita e ricca di benessere. Qui trovate la nostra ricetta.

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- Altra minestra calda e appetitosa a base di questi legumi è la tradizionale zuppa di lenticchie. Dopo aver tagliato a pezzetti piccoli un gambo di sedano, due carote e una cipolla rossa, mettiamoli a rosolare con un filo d’olio evo. Uniamo un goccio di salsa di pomodoro quindi aggiungiamo in padella 400 grammi di lenticchie precotte e brodo vegetale (non troppo, in modo che la zuppa rimanga bella densa). Lasciamo cuocere per venti minuti e serviamo con delle fette di pane integrale tostato.

- Infine, la ricetta del cous cous con lenticchie che trovate sul nostro sito: il bello di questo piatto è che si prepara praticamente in cinque minuti, rivelandosi un salvacena perfetto, ricco di gusto e di tanta salute!

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 Giulia Mandrino

Le letture per parlare della Shoah ai bambini

Martedì, 23 Gennaio 2018 14:13

Doveroso in questi giorni è dedicare un po’ di tempo alla Memoria. Il 27 gennaio di ogni anno ricorre infatti il Giorno della Memoria, 24 ore durante le quali possiamo prendere l’occasione per riflettere sugli orrori del nazismo nei confronti degli ebrei e dei più deboli (anche se dovremmo ricordarcene sempre, non solo un giorno all’anno). Soprattutto, possiamo cominciare a parlare ai nostri bambini e bambine di questa situazione terribile che mai più dovrà accadere. E uno dei modi migliori per farlo, come sempre, è affidandosi ai libri.

Le letture per parlare della Shoah ai bambini: i libri per bambini e ragazzi sul nazismo e i suoi orrori

Per i più piccoli, ci sentiamo di consigliare “La Shoah spiegata ai bambini” di Paolo Valentini (con le illustrazioni della bravissima Chiara Abastanotti): attraverso una metafora delicatissima (protagonisti sono gli oggetti della bottega di una sarta) i bambini scoprono cosa significano i soprusi e le cattiverie senza motivo. Ecco la sinossi: “Nella bottega della sarta Nuvoletta Gentile, Bottoni, Fili di Seta, Aghi, Ditali, Spille e Tessuti lavorano in armonia per realizzare splendidi abiti da sposa. Fino all’arrivo del nuovo sindaco, il Generale coi Baffi, che impone le sue leggi crudeli a tutti gli abitanti del Piccolo Villaggio”.

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A partire dai 10 anni un classico di questa letteratura è “Quando Hitler rubò il coniglio rosa” di Judith Kerr, il racconto di Anna, bambina costretta con la sua famiglia a vagare di città in città a causa delle leggi razziali di Hitler.

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Bellissimo e molto tenero è anche il racconto narrato in “Un sacchetto di biglie” di Joseph Joffo. Consigliato a partire dai 10 anni, parla di un ragazzo francese perseguitato, con i suoi famigliari, a causa della sua religione nella Francia occupata dai tedeschi nella seconda guerra mondiale. È una storia vera, autobiografica, quindi il significato e il senso assumono ancor più importanza.

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Uri Orlev ha scritto invece “Corri ragazzo, corri”, la storia del piccolo Yoram scappato dal ghetto di Varsavia. Anche questo libro è adatto dagli 11 anni ed è denso di avvenimenti e tragedia: l’odio razziale, la perdita della madre…

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Ormai è un classico anche “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman: il bello di questo libro è che, in mezzo all’orrore della guerra, si parla di un’amicizia profonda e delicata tra il figlio di un ricco aristocratico e il figlio di un medico ebreo. Oltre alla tragicità di un momento storico da non dimenticare, i ragazzi imparano anche l’empatia e l’importanza di non lasciarsi prendere dai pregiudizi.

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Per i lettori più grandi (dai 14 anni) è uscito in questi giorni un altro libro: “Ho guardato un nazista negli occhi” di Kathy Kacer. È il resoconto del processo ad uno degli ultimi nazisti più feroci rimasti in vita, Oskar Gröning, ma non è noioso o professionale come sembra: la storia è infatti narrata in prima persona da una ragazza di 19 anni che ne ha preso parte.

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Sempre per i più grandi (almeno liceali, anche se l’età consigliata è dai 12 anni: noi sentiamo che ci sia bisogno di un po’ più di maturità per digerire bene questo capolavoro), la lettura secondo noi perfetta è “Maus” di Art Spiegelman, la fortissima opera di graphic novel che senza nemmeno troppe metafore racconta per filo e per segno questo periodo buio, narrandola attraverso una storia di topi e gatti crudeli. È molto forte e veritiera, quindi è una lettura adatta a chi il nazismo già lo conosce e vuole capire fino in fondo cosa accadde durante la Shoah.

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E, infine, "Il Diario di Anne Frank": classico, tradizionale, “lo conoscono tutti”. Eppure c’è un motivo. E ogni adolescente dovrebbe leggerlo. Perché qui è una ragazza che parla ad altri ragazzi, con il loro linguaggio e i loro sentimenti. Anche lei era un’adolescente come tanti, e non c’è lingua migliore per parlare ad un teenager se non quella del cuore di un altro teenager.

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 Sara Polotti

Avete mai visto un caseificio dal vivo? Non parliamo di quelli industriali, grandi, grigi e spenti, ma di quelli tipicamente altoatesini, incastonati nel cuore delle Alpi per produrre, da sempre, formaggi, yogurt e latticini buoni, veri e genuini.

Da poco abbiamo scoperto un luogo bellissimo nel quale passare una vacanza con i bambini: il rifugio Kreuzwiesenalm, sull’Alpe di Luson, che vale la pena, veramente, visitare!

Il rifugio Kreuzwiesenalm, per una vacanza in un vero caseificio: un rifugio meraviglioso sull’Alpe di Luson, per una vacanza diversa, didattica e divertente con i bambini

Il rifugio Kreuzwiesenalm, come dicevamo, è aperto nel periodo di Natale (dal 26 dicembre fino alla prima settimana di gennaio), ma anche durante i weekend di gennaio e febbraio (dobbiamo quindi affrettarci a prenotare!) e poi da maggio a ottobre (tutti i giorni). Le camere vengono circa 53 euro a persona con trattamento di mezza pensione, per un soggiorno di minimo 3 notti).

Questa apertura breve lo rende ancora di più un gioiello raro. Il rifugio, infatti, non è solo bellissimo: si trova sull’Alpe di Luson e dalle finestre si possono ammirare tutte le vette circostanti (le Dolomiti, la Plose, le Alpi del Sarentino e dello Stubai), quasi sempre innevate durante questo periodo dell’anno e quindi davvero bellissime da guardare!

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Il rifugio è però anche bello da vedere nella sua struttura: è infatti interamente costruito in legno di larice e in pietra degli anni Trenta, e all’interno il profumo della resina e dei materiali naturali è dappertutto. Tra i profumi dei paesaggi alpini e quelli della struttura, i nostri nasi si sentono davvero in vacanza e trasmettono benessere a tutto il corpo! Le camere sono altrettanto favolose: i letti in ferro o in legno e i classici, morbidissimi piumini bianchi candidi rendono l’ambiente ancora più affascinante. E poi, uscendo, ecco il rumore rilassante del torrente, il gallo che canta e la vista mozzafiato dei monti circostanti…

Altra nota positiva: no alla tivù, in questo rifugio!

La particolarità del Kreuzwiesenalm, tuttavia, è il suo essere in realtà un caseificio: al suo interno, infatti, si producono ancora con le tecniche tradizionali alpine i formaggi tipici della zona, come le tome al profumo di erbe alpine, il formaggio magro grigio, lo ziggolan e lo yogurt. Tutto a partire dal latte d’alpeggio, quello delle mucche che respirano ogni giorno l’aria incontaminata di questa zona.

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Il rifugio, infatti, non è in paese: in inverno, con la neve, lo si raggiunge o con il pick up che i proprietari mettono a disposizione oppure (fantastico!) con una passeggiata con le ciaspole sulla neve.

Le giornate, qui, possono quindi trascorrere tra la scoperta della produzione nel caseificio e le passeggiate alpine, le ciaspolate e gli sport invernali. E poi possono terminare, come in ogni albergo altoatesino che si rispetti, con un rilassamento in sauna: la sauna in legno allenta ogni tensione e corrobora, ma la parte più bella è certamente (per i più forti!) il laghetto alpino balneabile.

 Giulia Mandrino

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Oggi parliamo del ruolo di “Mamma” come se fosse considerato un lavoro. Quindi mettiamo per un attimo da parte la distinzione tra mamme lavoratrici e mamme casalinghe e consideriamo semplicemente l’essere mamma full time come un’occupazione. Siete pronti?

Le ore che di media una mamma passa a “lavorare” in una settimana sono 98. Circa 14 al giorno.

Quante ore lavora in media a settimana una mamma: quantificare l’impegno che richiede essere mamma come se fosse una professione dà un risultato che fa riflettere

La media di 98 ore a settimana di “lavoro da mamma” è stata calcolata durante uno studio finanziato dall’americana azienda Welch’s (produttrice di succhi e prodotti a base di frutta sani e nutrienti): hanno preso in considerazione 2000 mamme con figli di età compresa tra i 5 e i 12 anni (quindi non stiamo parlando delle neomamme, che comprensibilmente si occupano dei bambini praticamente 24 ore al giorno!).

L’obiettivo era capire quanto lavorano in un giorno e in una settimana, comparando quest’impegno ad una professione, cercando però di capire anche quali siano gli strumenti e gli aiuti necessari per rendere le giornate meno stressanti e più rilassate e per far sì che tutto fili liscio.

Ciò che le mamme hanno votato come strumenti più “lifesaver” (e cioè le manne dal cielo indispensabili per non affogare) le cose più disparate, ma ai primi venti posti troviamo questi: le babysitter, le salviettine umidificate, i pantaloni della tuta, ma anche Netflix e gli iPad (senza nasconderlo) e i pasti da asporto, così come il caffè, i pisolini strategici e la voce grossa quando proprio non è più possibile farne a meno.

Le giornate delle mamme, combinando i dati delle 2000 donne, cominciano circa alle 6.30 del mattino e fino alle 8.30 non c’è tempo di fermarsi. Spesso poi le 20.30 diventano le 21.30 o le 22.30, perché ogni volta c’è qualcosa di nuovo.

Se prendiamo questo dato per buono una mamma ha per sé solo un’oretta e poco più al giorno, quando è fortunata. Ecco perché i nonni, soprattutto, prendono il primo posto nella classifica dei “lifesavers”: averli vicini e disponibili è davvero utile. Lo stesso vale per le babysitter, nel caso, soprattutto, della mancanza dei nonni.

In tutto questo anche gli snack sani e veloci prendono un buon posto, poiché quando sopraffatte dagli impegni le mamme temono di non dare il meglio ai bambini, ripiegando su merende veloci ma non propriamente sane. I succhi di frutta veri, la frutta secca e altri prodotti confezionati di aziende di cui ci si possa fidare diventano quindi un altro di quegli strumenti indispensabili su cui si conta moltissimo.

A pensarla così è addirittura il 72% delle mamme intervistate, che si strugge davvero tra l’andare sempre di corsa e l’offrire ai bambini e alla famiglia il meglio in fatto di cibo. Come sapete, noi di mammapretaporter ci teniamo moltissimo, ed è per questo che le nostre ricette e i nostri consigli vanno sempre in questa direzione che vuole coniugare fretta e benessere! Perché, diciamolo, non tutte abbiamo il tempo, ogni giorno o ogni settimana, di preparare estratti freschi, congelare la frutta e la verdura per gli smoothies o preparare una torta per ogni mattina. Ma possiamo fare ciò che riusciamo, senza stressarci e trovando le soluzioni perfette per la nostra famiglia, che è diversa da tutte le altre.

Detto questo, dallo studio emerge anche la tendenza delle mamme a non chiedere aiuto: ecco, qui dobbiamo un po’ cambiare il nostro modo di agire e metterci in testa che chiedere un aiutino non significa fallire, ma, anzi, essere molto più efficienti. Avere l’intelligenza di capire quando non riusciamo a fare tutto da sole è davvero importante: non solo per i figli, che ne beneficeranno, ma anche per noi stesse, che potremo così davvero dedicarci a noi stesse facendo ricadere il nostro benessere su tutta la famiglia!

 Giulia Mandrino

 

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Sara

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Cecilia

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