Da architetto a mamma full time: la storia di Erika

Molte di noi crescono pensando si di avere una famiglia e dei figli, ma sopratutto un lavoro. Così studiamo, lavoriamo, ci impegniamo per raggiungere i nostri piccoli grandi obiettivi, sogniamo di svolgere un lavoro che ci appaga, che ci fa esprimere le nostre potenzialità. Alcune di noi hanno la fortuna di veder realizzati questi sogni, altre no. Altre ancora dopo aver sudato 7 camicie per svolgere la professione dei sogni vedono questo progetto di vita andare in frantumi una volta diventate mamme, a volte perchè vengono discriminate in quanto soggetti "poco produttivi e poco affidabili", altre ancora perchè l'impegno lavorativo risulta incompatibile con la propria visione di maternità, ma in altri casi ancora perchè lavorare è un lusso con dei costi non sostenibili. Ed è proprio questo il caso di Erika, architetto che ha dovuto lasciare la sua professione una volta diventata mamma: lei ha avuto la forza e la capacità di reinventarsi, e questa è la sua storia stupenda. 

"La mia vita lavorativa da architetto è iniziata subito dopo la laurea, carica di entusiasmo, piena di speranze e orgogliosissima di me, lavoro in uno studio di progettazione con un contratto di apprendistato, soldi pochi ma non è importante all’inizio, devo crescere e dopo andrà meglio. Il mio lavoro mi appassiona, mi assorbe, mi ritengo una privilegiata che può fare ciò che le piace, nessun dubbio. Cambio città e studio di progettazione, il dipendente con contratto è una figura estinta negli studi professionali, scelgo molto liberamente se andare avanti o restare a casa e apro  la mia partita iva da “libera professionista”. Sei avvisata: le spese sono tante, contributi, tasse, commercialisa, iscrizione all’albo… le entrate sono da impiegato con paga base, tolte le spese non è proprio un gran guadagnare ma puoi sopravvivere...  Rimango ottimista, sono giovane la gavetta è necessaria, sarà un ottimo incentivo, lavorerò per altri professionisti e potrò crescere, cercare clienti miei, piccole pratiche... non ho ambizioni galattiche, voglio iniziare dal basso un passo per volta.

Investo su me stessa, frequento corsi, studio, leggo, mi aggiorno, divento certificatore energetico, coordinatore della sicurezza...ho un sacco di qualifiche su carta e tante altre nuove spese fisse ogni anno (assicurazione professionale obbligatoria, albo dei certificatori energetici, firma digitale obbligatoria, formazione obbligatoria,pec…). Lavoro full time in uno studio di Milano, mi sposto in treno, in metro, in tram, in bicicletta, la spesa di corsa, rientro in tempo per preparare la cena,... una tranquilla vita frenetica da donna e moglie lavoratrice.

Rimango incinta, la mia gioia è grandissima, mi sembra di sognare, la mia pancia inizia a crescere e il lavoro comincia a scarseggiare, si trasforma in part time… accetto di buon grado, la mia gravidanza è a rischio e mi devo riposare, anzi, mi devo proprio fermare. Nasce il mio bambino, la mia gioia più grande,  inizia la mia vita da mamma e per i primi mesi mi dedico esclusivamente a lui, il lavoro è sempre più in calo e qualcuno si sta occupando di sostituirmi, posso stare tranquilla, rientrerò dopo la maternità. Ho sempre pensato che non avrei smesso di lavorare dopo essere diventata mamma, ho sempre pensato che non dovevo mollare perchè avevo dedicato molto impegno e tempo alla mia professione, ho sempre pensato che nel 2014 qualsiasi mamma se stringe i denti può tornare a lavorare, anche senza l’aiuto dei nonni, conosco donne meravigliose che riescono a conciliare lavoro e famiglia senza fatica (almeno apparente), ho sempre pensato tanto ma non sono mai stata mamma.

La realtà non coincide con le mie aspettative:  il lavoro che avevo prima di partorire non esiste più, lo studio ha chiuso; nella ricerca di nuove occupazioni lo status di neomamma prevale su qualsiasi altra esperienza/competenza. In passato ho sempre impiegato poche settimane per ritrovare un  lavoro, ingenuamente mi porto dietro questo ottimismo e questa sicurezza,  ma non sono mai stata mamma prima di questo momento. Le mie convinzioni mi hanno provocato una grande sofferenza, un senso di inadeguatezza e di sconforto, la gioia infinita dell’io-mamma si scontra tutti i giorni con la delusione e il fallimento dell’io-architetto. Riuscendo anche  a trovare qualche piccolo cliente, qualche lavoretto, ho bisogno di tempo per lavorare ma il nido costa moltissimo e senza uno stipendio fisso non è proprio il caso rischiare, quindi niente nido, lavoro quando il bimbo dorme, lavoro la sera, lavoro la domenica, lavoro nel tempo che dovrei dedicare a me stessa, sono molto stanca. Alla fine dell’anno le spese sono sempre più alte dei guadagni e mi trovo a dover chiedere al marito i soldi per pagare i contributi. Basta, il mio lavoro che dovrebbe portare un entrata in famiglia in realtà porta solo uscite, un anno è di assestamento, ma dopo altri non vedo più un’uscita... getto la spugna, mollo tutto, chiudo la partita iva, mi cancello dall’albo degli architetti, sono arrabbiatissima… sono un fallimento.

Inaspettatamente rinasco, realizzo che fare la mamma a tempo pieno è un lavoro a tutti gli effetti,  mi concedo una tregua dai miei sensi di colpa, dallo stereotipo della donna-mamma-lavorarice perfetta, respiro. Ricomincio da capo, conosco mamme meravigliose che sono nella mia stessa situazione e non si sono perse d’animo, cerco una nuova strada e qualcosa di nuovo che mi appassioni e mi permetta di cercare o inventare un nuovo lavoro, continuo a respirare.

Al momento il lavoro è tutto un forse, di certo c’è il mio essere una mamma e donna più consapevole, sempre e comunque ottimista.

 

Erika




immagine tratta da steppingstonellc.com

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