Un matrimonio equo non è solo dividersi perfettamente le faccende di casa

Quante volte, quante volte la frustrazione ci prende e ci porta via. Quando vediamo i panni ancora da piegare, il lavandino pieno e la lavastoviglie ancora vuota, la polvere sul mobile, la pattumiera zeppa. Non era nostro compito, ma alla fine ci ritroviamo a farlo noi. E non stiamo parlando di mogli arrabbiate con i mariti. Anche i mariti possono sentire questa frustrazione, soprattutto quando i compiti in famiglia sono divisi tra i partner (come ormai è sempre più).

Ma l’equità non esiste mai. E il problema è che questo provoca arrabbiature, frustrazioni e incrinature. Il problema sta proprio nell’equità: è difficilissima da raggiungere; è un equilibrio molto precario. Ma non per forza deve significare arrabbiature. Basta fermarsi un attimo ed entrare in un diverso stato mentale.

Un matrimonio equo non è solo dividersi perfettamente le faccende di casa: la parità di genere in casa non la si raggiunge cercando la perfetta divisione dei compiti

Come diciamo nel titolo, la parità di genere in casa non la si raggiunge cercando la perfetta divisione dei compiti. Perché è difficilissimo, se non impossibile, e a volte più che gioire e rallegrarci della bellezza di dividersi i compiti ci ritroviamo a concentrarci su quanto faccia uno e quanto di meno faccia l’altro.

Non sono quindi i compiti non divisi equamente a portare frustrazione e litigi. È lo stato mentale, il ragionamento, il focus su questo disequilibrio. E bastano pochi gesti e pochi pensieri per tornare sul una via serena e tranquilla. Perché la frustrazione fa molto male non solo alla persona ma anche alla coppia. E per evitarla basta portare un nuovo equilibrio, non basato per forza sulla perfetta e granitica divisione dei compiti.

Innanzitutto, è bene non esitare a chiedere aiuto al partner nel momento in cui ne abbiamo bisogno. E non in maniera brusca. Con semplicità, esprimendo un bisogno, una necessità. Senza arrabbiarsi. Perché arrabbiandosi l’effetto è l’opposto: chi abbiamo di fronte magari ha altre priorità, o semplicemente ha più tolleranza rispetto al disordine o alla polvere e l’avrebbe fatto successivamente. E basta una parola detta con naturalezza e senza nervosismo per far sì che lo faccia, con altrettanta naturalezza. Meno nervosismo noi, meno nervosismo loro e più faccende concluse, insomma. Certo che capiterà il momento di fretta e caos e luna storta che farà arrabbiare entrambi; ma la normalità è ciò su cui dobbiamo lavorare.

In secondo luogo, a volte basta parlarne. Ma non in quel momento. Quando vediamo che qualcosa non è stato fatto quando non sarebbe stato nostro compito, respiriamo, calmiamoci, chiediamolo con gentilezza (come dicevamo prima). Ma non affrontiamo subito il discorsone. Facciamolo in un momento di tranquillità, magari durante una cena dopo una giornata “sì”, ponendo la questione per quella che è, e cioè qualcosa di cui parlare tranquillamente, con rispetto, tra adulti che si amano e che vogliono aiutarsi a vicenda. “Tu che riesci a fare? Perché mi sono accorto che per me è più comodo portare fuori la spazzatura prima del lavoro. Magari tu in quel momento puoi caricare la lavatrice”. Solo un esempio, per dire che a volte basta la tranquillità per rendere le faccende meno nervose e più piacevoli per la famiglia. Perché quando ognuno ha un compito è tutto più semplice.

Questi compiti, in ogni caso, non dovrebbero essere divisi “equamente”. O quantomeno non nel senso solito e assoluto del temine. Dividerli in maniera esatta e precisa è impossibile: ognuno ha i suoi orari, ognuno ha i suoi tempi, non sempre ce la si fa a fare tutto. Vediamo quindi ciò che riusciamo a fare noi e quanto riesce a fare l’altro, e non preoccupiamoci di essere poco “parità di genere”: la parità di genere non significa tutto esattamente uguale, ma rispetto nel fare ciò che ognuno riesce ad eseguire. Ognuno dei due partner può portare qualcosa alla famiglia, e deve arrivare dove può arrivare, senza strafare e senza andare oltre, Altrimenti eccoli gli squilibri frustranti!

Infine, non pretendiamo che l’altro faccia tutto come vogliamo noi. Come vi sentireste se vi imponessero un modo di eseguire i compiti che non vi va proprio? Magari a cucinare lui usa più olio, che a voi non piace, e voi utilizzate quell’ammorbidente che non ha un profumo per lui gradevole, oppure ognuno ha il suo copriletto preferito o lo spolverino prediletto. È inutile e deleterio imporre il proprio modo di lavorare: altrimenti sì che il partner farà le faccende svogliatamente! E avrà anche ragione! E poi, diciamo la verità: lasciare andare, dare all’altro delle responsabilità in maniera vera e completa, è davvero rilassante. Nel momento in cui saremo in grado veramente di lasciare fare, nervosismo, stress e tensioni se ne andranno, e alla fine, la sera, saremo tutti più rilassati, tranquilli e piacevoli.

Giulia Mandrino

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