Tutto quello che devi sapere sull'inserimento del tuo bambino

L’ingresso del proprio figlio al nido o alla scuola materna è una tappa obbligata che tutti i genitori si troveranno ad affrontare e sempre più spesso è un momento che genera ansia nella famiglia. Le mamme e i papà vengono investiti da molti dubbi, preoccupazioni ed ansie. Quale scuola scegliere? Sarà giusto mandare mio figlio al nido? E se si a che età? Come affrontare l’inserimento? Le insegnanti saranno competenti? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che i genitori si pongono quotidianamente quando arriva il momento di affidare il proprio figlio ad una istituzione educativa. Sia nel caso del nido che della scuola dell’infanzia il momento dell’inserimento è il primo vero momento di separazione che il bambino e i genitori vivono. Ci sono delle sostanziali differenze tra la frequentazione della scuola dell’infanzia e del nido, in primis l’età a cui la si affronta . L’inserimento al nido può avvenire nei primi mesi di vita e molto spesso nasce dalle necessità della famiglia, la più diffusa è la necessità della mamma di rientrare al lavoro e/o l’assenza di altre figure (nonni o tate) a cui affidare il bambino. L’inserimento per un bambino di 3 mesi è diverso da quello di uno di 9 mesi o di 3 anni, ma a prescindere dall’età è il primo vero momento di separazione, il bambino esce dalla famiglia per andare in un posto nuovo dove sta diverse ore.
Non voglio addentrami nei diversi tipi d’inserimento a seconda degli approcci pedagogici e dell’età dei bambini ma mi interessa sottolineare che il momento dell’inserimento è il momento del distacco, dell’entrata nel mondo delle istituzioni, è il primo approccio al “mondo sociale” che il bambino sperimenta. E’ un processo di conoscenza ed apprendimento dove potrà sperimentare delle nuove relazioni con figure adulte di riferimento fuori dal contesto famiglie, le insegnanti e il gruppo di pari, i compagni. Come tutti i cambiamenti genera frustrazione, ogni bambino avrà il suo modo di reagire ed ogni genitore vivrà questo passaggio in modo soggettivo.
Molti genitori mi chiedono qual’è il modo giusto per rendere questo passaggio indolore, credo che non sia possibile,né per il bambino né per il genitore: la separazione crea per sua natura del dolore, ci si deve staccare da qualcosa di importante ma allo stesso tempo apre la possibilità di conoscere qualcosa di diverso, di nuovo e nella maggior parte dei casi anche di bello.

Separarsi dal proprio figlio non vuole dire abbandonarlo, è invece un credere alle sue capacità, alle sue risorse, è la condizione necessaria per permettergli di crescere e di esplorare ed allo stesso tempo di sperimentare la felicità del ritrovarsi. Il genitore non è immune al dolore della separazione, le mamme soprattutto vivono l’inserimento al nido o alla materna come un abbandono, e questo è legittimo, l’importante è dichiararselo, ricordarselo e guardare questa tappa di crescita da una prospettiva più allargata, dove non è visibile solo l’abbandono ma anche l’apertura al mondo che il bambino si trova a sperimentare e l’osservazione delle sue capacità o difficoltà nel relazionarsi, di adattarsi alle novità e la gioia nel farlo.

Ogni bambino avrà i suoi tempi per adattarsi, molti piangeranno, faranno i capricci e altri invece si ambienteranno subito, questo dipende dal carattere del bambino e dalla sua storia ma anche da come la mamma vive questo momento. Un buon modo per aiutare i propri figli in questo passaggio è dirgli la verità, li si lascia in quel posto perché si deve andare a fare altro e poi si ritorna a prenderli. Focalizzare l’attenzione ed il dialogo sul fatto che si va via e poi si ritorna aiuta il bambino a tranquillizzarsi, lo aiuta a contestualizzare quel posto in uno spazio e in un tempo preciso che imparerà ad apprendere e lo aiuterà a gestire l’angoscia abbandonica che sta vivendo.

L’inserimento graduale è un periodo necessario per il bambino e per la mamma, utile e indispensabile per far entrare nella quotidianità questa nuova dinamica relazionale, dove ci si lascia per un periodo di tempo più o meno limitato e poi ci si ritrova. Nel caso in cui il bambino sperimenti una eccessiva ansia nel separarsi i genitori possono aiutare con fiabe, racconti, giochi come il cucù o nascondino, esempi (a seconda dell’età del bambino), che favoriscono l’interiorizzazione di questo processo è bene però ricordarsi che ci vuole tempo e che per ognuno il tempo necessario è diverso. Inserirsi in un nuovo ambiente, con nuove persone, con nuovi bambini è un’esperienza emotivamente forte per tutti i bambini ed i genitori ma per ognuno ha dei connotati diversi, per questo i paragoni tra le reazioni dei vari bambini sono sterili e controproducenti.

Imparare a stare da soli senza mamma e papà o figure famigliari non è una gara ma un processo di crescita che richiede di essere sostenuti e legittimati delle proprie emozioni che possono spaziare dall’entusiasmo di andare all’asilo e di essere grande alla paura che si prova o alla diffidenza verso i compagni e le insegnanti. Come per i bambini anche per i genitori i vissuti emotivi saranno ambivalenti, intrisi di gioia, dolore, paura o entusiasmo e come i genitori i bambini dovranno imparare a gestirli e per farlo hanno bisogno del sostegno, della fiducia e dell’amore degli adulti che gli vogliono bene.

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Sara

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Cecilia

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