Siamo tutti creativi, ma la scuola ci cambia

“È un bambino molto creativo”. “Gli piace tantissimo inventare storie”. “Nel disegno è davvero dotato”. E poi, da grandi: “È sempre stato più creativo degli altri, per questo è diventato architetto”. Frasi comuni, luoghi comuni che sentiamo spessissimo, no? È normale pensare che ci sia qualcuno più creativo di altri. Ma in realtà, a quanto pare, non è così: tutti nasciamo creativi. Ma la nostra società e il sistema in cui viviamo spesso ci tarpano le ali e ci indirizzano su diverse strade facendoci perdere quella naturale creatività con cui nasciamo.

A dirlo sono nientepopodimeno che gli scienziati della NASA. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Siamo tutti creativi, ma la scuola ci cambia: la ricerca degli scienziati della NASA che svela come tutti nasciamo creativi

Nel 2011 alla famosa conferenza TEDxTucson salì sul palco il dottor George Land. Lo scienziato è esperto in creatività, crescita e cambiamento. Per tutta la vita ha studiato questi fenomeni umani, e sul palco di Tucson ha quindi parlato di una sua esperienza con la NASA che ebbe qualche anno prima.

L’agenzia governativa responsabile del programma spaziale statunitense lo chiamò, insieme alla collega Beth Jarman, perché misurasse il potenziale creativo dei loro scienziati e ingegneri (dal momento che la creatività è uno strumento indispensabile in ogni settore, anche nell’ingegneria, nell’economia e in tutti i campi generalmente non considerati “creativi”). Il test fu molto proficuo, ma lasciò in testa ai responsabili della NASA una domanda: “da dove viene la nostra creatività?”. Una domanda che implica altre due questioni: la creatività è innata o la impariamo? Oppure deriva dalle esperienze che facciamo?

Con queste domande in mente, gli scienziati della NASA hanno quindi preso in considerazione 1600 bambini di età compresa tra i 4 e i 5 anni, per provare a darsi delle risposte veritiere, scientifiche e comprovate.

Il test che hanno proposto ai bambini gli scienziati della NASA doveva fare capire quanti di loro potessero essere considerati dei “geni della creatività”. La percentuali dei “geni creativi” fa riflettere: il 98% dei bambini, infatti, è rientrato in quella categoria. Tradotto: il 98% dei bambini sono da considerarsi “creativi”.

Dopo cinque anni, quindi, gli scienziati hanno richiamato i 1600 bambini, per vedere lo sviluppo della loro creatività a 10 anni. Il risultato? Solo il 30% dei bambini poteva essere ancora considerato un genio nel settore creatività e immaginazione. Dopo altri cinque anni la percentuale è precipitata ancora, fino al 12%. E in età adulta le persone “rimaste” creative erano solo il 2%.

I dati fanno riflettere, e la prima cosa che viene in mente è che effettivamente possa essere proprio la scuola ad essere ritenuta responsabile della perdita di creatività. Se ci pensiamo, la scuola (che storicamente nasce come istituzione per formare le menti dei futuri leader, e non della gente comune) ci dà strumenti per incanalare le nozioni, per sistematizzarle, per accettarle nonostante i dubbi. Certo, la scuola con gli anni sta cambiando (speriamo in meglio), e il bambino è fortunatamente sempre più considerato il centro del suo apprendimento.

Ma non si può non pensare che effettivamente la scuola tappi un po’ il canale creativo, per sua natura.

La soluzione per non perdere questa creatività, fondamentale per la crescita e per il lavoro futuro, è semplicemente non tappare più questo canale, non relegandolo alle semplici ore di arte in classe, ma integrandolo in tutte le materie, sfruttando il potenziale del pensiero divergente più che di quello convergente.

Giulia Mandrino 

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